Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Alessia Krum    15/10/2017    1 recensioni
Acquamarina aveva continuato a vedere immagini, immagini brutte e spaventose, che non avrebbe mai voluto vedere. Acqua poteva pensare e vedere quelle figure, ma non stava né dormendo, né era svenuta, non era sveglia e non poteva svegliarsi. Voleva vedere e capire che cosa stava succedendo. Vide un villaggio, un piccolo villaggio sormontato da un castello. Il paesino sembrava tranquillo, ma fuori dalle mura si stava svolgendo una feroce battaglia. Persone con la pelle blu e le pinne combattevano con tutto quello che avevano e una grande speranza contro eserciti interi di mostri viscidi, squamosi e rivestiti da armature pesanti che mandavano bagliori sinistri. La battaglia infuriava. Per ogni mostro abbattuto, morivano almeno due uomini. Poi Acqua vide un uomo, protetto da un cerchio di mostri, che sembravano i più potenti e i più grossi. Quell’uomo aveva un qualcosa di sinistro e malvagio. Indossava un pesante mantello nero e continuava a dare ordini e a lanciare fiamme ovunque.- Avanti, Cavalieri, sopprimete Atlantis e l’oceano intero sarà mio! –
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 32
Tre secondi

Negli ultimi giorni, Acqua aveva continuato  a ripensare alla spedizione fallita dell’Intoccabile, e si era ricordata di quella conversazione avuta con Max qualche settimana prima. Con un’insistenza sempre maggiore, era tornato a perseguitarla il pensiero della battaglia. Avvertiva la necessità pressante di fare qualcosa. Sapeva di non poter più stare con le mani in mano, e l’unico modo per combinare qualcosa era quello di imparare a combattere. Spesso passava dei momenti in cui non faceva altro che fare congetture su quanto avrebbe potuto essere d’aiuto in combattimento con i suoi poteri. E, altrettanto insistentemente, le martellavano in testa le parole di Max: loro non aspettano un secondo di più a tagliarti la testa, sappilo. A volte, quelle parole le si incidevano talmente tanto nella memoria che pensava di ritrovarsi faccia a faccia con un mostro da un momento all’altro. A volte si sorprendeva a guardarsi le spalle, alla ricerca di un nemico che non c’era. Loro non aspettano un secondo di più a tagliarti la testa. Si sentiva totalmente inutile e spaurita, senza una possibilità di difendersi. E, allo stesso tempo, sentiva una smania di mettersi in campo che non riusciva a frenare. A volte se ne spaventava, non riuscendo a capire da dove venissero quegli impulsi, che la percorrevano come una scarica di adrenalina. Scese un paio di volte nella stanza delle armi, per vedere l’Intoccabile. E ogni volta che restava impietrita di fronte al metallo bluastro, sentiva la sua determinazione crescere sempre di più. Doveva imparare a combattere, nonostante tutto quello che diceva Max. Con altrettanta chiarezza, però, capiva che non sarebbe mai riuscita ad ottenere il suo aiuto, o anche solo il suo consenso.

***

Ad Acqua sembrò di aver visto una sagoma famigliare in lontananza, mentre passeggiava come al solito per il mercato con Julian, come era diventata abitudine negli ultimi giorni. Quella figura era Max, avvolto nella divisa blu dell’esercito. Il cuore di Acqua perse un battito. Non lo vedeva da un’eternità, anche se quell’eternità corrispondeva a un paio di giorni, non vedeva l’ora di restare qualche momento sola con lui. Si accorse qualche secondo in ritardo che accanto a lui camminava la figura esile di Celeste, come sempre altera. Quel giorno pareva essere di buon umore, perché la salutò con un sorriso cordiale che raramente aveva visto sul suo volto. A pensarci bene, l’aveva visto solamente una volta, qualche giorno prima, incontrandola per caso lungo le vie della città. In quel momento l’aveva notata per l’espressione beata che le rilassava i tratti del viso. Quando Celeste non si muoveva con cadenza militare era sempre aggraziata, ma era una grazia costruita, composta, mentre quella… beh, era una leggerezza così spontanea e vitale, che quel giorno Acqua aveva solo potuto immaginare che le fosse successo qualcosa di bello. Qualcosa di fantastico, a giudicare dalla testa tra le nuvole: l’aveva a malapena riconosciuta quando l’aveva salutata. 
Max invece sibilò un “ciao” con aria torva, lo sguardo tagliente inchiodato su Julian. Acqua si sarebbe aspettata un saluto più caloroso, ma rimase delusa. Max non la degnò nemmeno di uno sguardo e proseguì per la sua strada, scuro in volto.
Nonostante Acqua cercasse di essere comprensiva con lui - non poteva biasimarlo se era impegnato per l’esercito e non aveva molto tempo per il resto - ci rimase male. 
- Scusalo, è di fretta. - le disse Celeste, che sembrava aver capito il suo stato d’animo. Acqua si meravigliò di quanto stesse cambiando in quel periodo la ragazza di ghiaccio. Evidentemente a disagio, dopo averle rivolto un cenno, Celeste si lanciò all’inseguimento di Max. 
Acqua rimase un attimo interdetta, poi continuò per la sua strada, con la voglia bruciante di prendere a pugni qualcuno. Quei tre secondi erano bastati a rovinarle la giornata. 
- Non vorrei essere indelicato, ma che cos’ha il tuo amichetto contro di me? - chiese Hyles, seguendola.
Anche a me piacerebbe saperlo” pensò Acqua, stizzita. 
- Sai, penso che sia per via dell’esercito, lo assorbe totalmente. - sospirò la ragazza. Quella era la versione ufficiale, ma sentiva che sotto c’era qualcos’altro. Julian l’affiancò, le sopracciglia aggrottate.
- Già, dev’essere dura. Tutte quelle responsabilità, tutte le squadre da gestire…non riesco ad immaginare quante energie richieda un compito del genere. - commentò.
- In realtà non mi parla molto dell’esercito… penso che abbia voglia di accantonare certi pensieri almeno per un po’ di tempo, no? - disse Acqua. Procedettero qualche minuto in silenzio, fianco a fianco. Il rumore dei loro passi si mescolava ai suoni della città che brulicava di vita attorno a loro. - E in un certo senso è comprensibile. Però mi sento come tagliata fuori, come se volesse evitare di parlarmi di certi argomenti. Per esempio, come funziona l’esercito? Non mi ha mai detto niente a riguardo, e a scuola non ne ho mai sentito parlare. - 
- Beh, forse perché ormai per noi è una cosa normale e non avrebbe senso insegnarlo a scuola. A dire la verità le mie conoscenze sono abbastanza limitate. So che ci sono due Generali, di cui uno è il re, e che ogni Generale ha due squadre, una per le spedizioni verso i campi e di controllo dell’esterno e una per la difesa. Poi ovviamente queste squadre sono divise in vari gruppetti, però non so di più. Io non sono mai stato nell’esercito, combatto per conto mio. - Julian terminò la frase con una sorta di mezzo sorriso orgoglioso, gli occhi luminosi e fieri. Acqua rimase in silenzio. Fu il ragazzo a dare voce ai suoi pensieri: - Certo che è strano che tu non ne sappia niente. In fin dei conti, dovresti essere tu uno dei due Generali, e anche se non lo sei perché ormai è Max ad aver preso il posto di tuo padre, pensavo che almeno ti avesse spiegato come funziona. - Julian si scrollò nelle spalle, come se avesse detto una cosa di poca importanza. Ma Acqua continuò a rimuginarci su, un mostro nero fatto di dubbio e sospetto che le divorava i pensieri. Affamato, insaziabile.
- Sai, anche io lo trovo strano. È come… - esitante, la ragazza continuò la frase - …se stessero cercando di tenermi nascosto qualcosa. Per esempio, è da un po’ che chiedo a Max di insegnarmi a combattere, nel caso ne avessi bisogno… Continua a rifiutarsi, secondo lui “per proteggermi”, ma a me sembra solo una scusa, per nascondere qualcosa d’altro. - Acqua abbassò il viso, cercando di trattenere la sua profonda inquietudine. Non le piaceva pensare male di Max, ma non poteva evitarlo, era tutto così evidente.
- Se ti fidi, posso insegnarti io. - la buttò lì Julian, pensando che probabilmente la ragazza si sarebbe mostrata titubante, o almeno spaventata. Acqua invece alzò la testa di scatto, speranzosa. Era l’ultima cosa che Julian si sarebbe aspettato.
- Lo faresti? - chiese, sorpresa. Ormai non ci sperava più.
- Certo, però dovresti procurarmi delle armi, io ho solamente una spada. - le rispose lui, tranquillo. 
- Per quelle non c’è problema. - Era strano per Acqua sentirlo parlare così leggermente di armi, battaglie e combattimenti. Lui era un tipo gentile e tranquillo e non avevano mai parlato di argomenti di quel genere, perciò suonava un po’ strano. Gli lanciò un’occhiata di sottecchi, ma non vide nient’altro che il solito ragazzo sereno dagli occhi lucenti di profonda speranza.
Improvvisamente, Acqua si rese conto di quello che aveva appena fatto. Aveva deciso di imparare a usare un’arma, a lottare, a uccidere. Era pericoloso. Prendere parte alla guerra significava svegliarsi una mattina e affrontare il proprio destino, senza sapere se ci sarebbe stato un ritorno. Loro non aspettano un secondo di più a tagliarti la testa, echeggiarono nella sua mente le parole di Max.
Max. In un certo senso, stava tradendo la sua fiducia, stava andando incontro all’unica cosa che lui cercava di evitare. Acqua si sentiva in colpa. Magari Max cercava veramente di proteggerla e nient’altro. 
Ma lei non intendeva demordere. Avrebbe ottenuto ciò che voleva.
- Com’è combattere? - chiese, dopo un lungo silenzio che nessuno dei due si era azzardato a rompere.
- Beh, è complicato… - cominciò Julian, senza sapere come continuare. Le parole iniziarono ad uscire dopo un po’: - In battaglia è tutto…confuso, agisci solo in base agli istinti. La paura di tiene in pugno come se fosse l’unica cosa che ti fa andare avanti. L’unica cosa che respiri. Ti riempie completamente, ti piega al suo volere, ti blocca. Ma se hai un obiettivo chiaro dentro la tua testa e combatti per arrivare ad uno scopo, allora nulla può distoglierti dal raggiungerlo, nemmeno la paura. Quello è il motivo per cui sai di rischiare di morire, quello è il motivo per cui tutto il resto non conta, ed è quello che ti libera dalla prigionia della paura. Trova un motivo per cui combattere, cerca di raggiungerlo e nulla te lo impedirà. O almeno, con me ha sempre funzionato. - 

***

Seguendo il consiglio di Corallina, Max andò a cercare Acqua nel Salone degli Anemoni al terzo piano. Il salone era uno dei meno frequentati nel castello perché, essendo nell’ala est, si trovava nell’area degli appartamenti privati della corte reale, che essendo in quel periodo inesistente, era completamente disabitata. La stanza era una delle preferite di Max, perché era lì che si incontrava spesso con il re, quando ancora era vivo, per discutere di argomenti militari. Era il luogo dove aveva imparato tutto quello che sapeva, dove aveva posto le basi per diventare quello che era ora. La stanza trasmetteva un’atmosfera rilassata, famigliare e un po’ meno austera ed elegante rispetto al resto del castello. Intorno ad un tavolo centrale di legno scuro decorato da arabeschi dorati, erano posti poltrone e divanetti di morbido tessuto rosso cremisi, intervallati in modo che le poltrone fossero agli angoli e i divanetti tra le poltrone. Una parete era completamente occupata dalle finestre, mentre quella di fronte era rivestita di legno, intagliato ad imitare una barriera corallina, e decorata con drappi di tessuto rosso, che si ricongiungevano con il lampadario di cristallo al centro. Max entrò con cautela nella stanza e vi trovò Acqua, seduta sulla poltrona più vicina alla sua destra. Vi era accoccolata sopra con le gambe incrociate e la testa lasciata andare all’indietro sullo schienale imbottito. Si era appisolata nel bel mezzo dello studio, come testimoniava il libro aperto sulle gambe. Max sorrise notando quanto quelle poltrone enormi la facessero sembrare minuscola. La osservò con tenerezza, mentre chiudeva la porta. Poi le si avvicinò e le tolse delicatamente il libro dalle gambe, chiudendolo e riponendolo sul tavolo, facendo attenzione a non fare alcun rumore. Infine, con tutta la dolcezza del mondo, la svegliò con un lieve bacio. Acqua aprì gli occhi lentamente, accigliata. 
- Pensavo che fossi arrabbiato con me. - bisbigliò, confusa. Max rimase sorpreso, perché tra tutte le reazioni possibili che si era immaginato, non aveva pensato nemmeno per un secondo a una domanda del genere.
- Perché dovrei? - le chiese.
- Beh, ieri non mi hai neanche salutato e stamattina sulla Terra non sei venuto. - disse Acqua, senza distogliere lo sguardo dagli occhi di Max. Il ragazzo si sollevò dalla poltrona.
- Non sono arrabbiato con te. - si scusò, allontanandosi di qualche passo da lei. Era stato dolce e gentile, ma sembrava che fosse scoraggiato. Stanco, deluso. Acqua non avrebbe saputo dire il perché.
- E allora che hai? - gli domandò, preoccupata. Lo seguì con lo sguardo mentre si muoveva un po’ a caso per la stanza, irritato, fino a quando non si sedette sul divano accanto a lei. Le lanciò un’occhiata supplice, per poi abbassare subito gli occhi. Sembrava lacerato da un dubbio esistenziale.
- Niente - sospirò - è solo che sto impazzendo. Ho troppe cose a cui pensare, troppi compiti da svolgere, troppe responsabilità e, in poche parole, non capisco più cosa devo fare. - Acqua si alzò e gli si sedette di fianco, con le gambe di traverso sulle sue. 
- Sei perfetto così. - gli sussurrò, abbracciandolo. Max sorrise, intenerito ma scettico.
- Mi piacerebbe. - rispose, sarcastico. Acqua alzò gli occhi al cielo, spazientita. Possibile che non si rendesse conto di quanto fosse bravo?
- Sai, ti ho visto l’altro giorno, con quel carro di chira. - gli rivelò, stringendosi nell’abbraccio.
- Ah, si? - fu la reazione di Max, il quale non sembrava aver deciso se essere amareggiato o imbarazzato. Acqua alzò gli occhi verso di lui.
- Sì. Ho visto nei ricordi di mio padre altre situazioni del genere e ho capito un po’ anche il suo modo di pensare. Avrebbe fatto esattamente come te. - Acqua vide aprirsi un sorriso orgoglioso sul viso di Max, un sorriso che però recava con sé tracce di malinconia. La ragazza represse la sensazione di malessere che l’accompagnava quando si concentrava su quegli argomenti delicati. - Ad ogni modo, sono sicura che sarebbe fiero di te. - aggiunse, sapendo che avrebbe colpito nel segno. Sapeva quanto fosse smisurata l’ammirazione di Max nei confronti del sovrano e sapeva anche che lui stava cercando di seguire le sue orme, di continuare la sua opera. Acqua aveva immaginato che anche solo poter credere di essere a sua volta ammirato da Aquarius sarebbe stato il massimo per Max. Pieno di riconoscenza, Max si chinò e le diede un piccolo bacio giocoso, rimanendo poi vicini, con i nasi che si sfioravano.
- Mi dispiace di non avere molto tempo libero… - le sussurrò, stringendole le braccia attorno alla vita. Acqua gli disse che non doveva preoccuparsi, che capiva. Gli occhi di Max erano illuminati da un raggio di luce che entrava sinuoso attraverso le tende semichiuse della finestra alle loro spalle. Scintillavano, ricolmi di sollievo e d’amore. Acqua si sentiva in pace col mondo e allo stesso tempo euforica, ma c’era qualcosa che la turbava. Le sembrava di scorgere una punta di senso di colpa nello sguardo limpido di quegli occhi nocciola. Max si schiarì la voce e, sempre sussurrando, come se fossero in mezzo a una folla di curiosi, ruppe il silenzio.
- Ieri non ti ho salutato perché ho avuto vari problemi con l’esercito, e poi ho visto  che eri di nuovo con quel tipo e… - 
- Non ti va proprio  genio, eh? - domandò Acqua, con un sorriso indulgente.
- Per niente. - rispose Max, abbassando gli occhi, divertito. Acqua spostò una mano ad intrecciarsi con quella del ragazzo.
- Però non sei geloso. - constatò, sorpresa. Abbracciati l’uno all’altra e stretti come un nodo inestricabile, non percepiva nemmeno un briciolo di elettricità attraverso la sua pelle. Ed era una sensazione bellissima, sollevante.
- Perché so che di te mi posso fidare. - rispose lui, sicuro. Acqua pensò che forse la stava sottoponendo a una specie di test. Forse Max aveva percepito che lei si sentiva insicura e che gli nascondeva qualcosa. Forse voleva vedere come avrebbe reagito. Sentendosi osservata, Acqua sollevò lo sguardo dalle loro mani giunte e lo fissò dritto negli occhi, perfettamente a suo agio. Forse, invece, Max non sospettava niente, ed era solo lei che si creava inutili problemi. Si diede della stupida per quei pensieri vergognandosi di quanta poca fiducia dimostrava nei confronti dell’onestà del ragazzo.
E, dopotutto, non dirgli che si sarebbe allenata a combattere non le sembrava chissà quale mancanza. Non doveva per forza metterlo al corrente di ogni minima cosa, no? Ma il mostro che le si agitava dentro sembrava dire l’opposto.  
Scacciando quell’infida sensazione, Acqua gli sorrise a confermare la sua domanda.
- E comunque, te l’ho detto, è solo che mi sembra troppo sospetto. - continuò Max - Preferirei che non uscisse con te così spesso. - Acqua corse col pensiero a quello che aveva insinuato Julian il giorno prima.
Era la stessa cosa che le aveva detto lui a proposito di Max. Ma chi era tra i due ragazzi quello veramente sospetto? Acqua pensò che doveva assolutamente iniziare a fare ordine in quella matassa di ipotesi senza nessuna conferma. Così, cambiando discorso, pose a Max una domanda a bruciapelo, per togliersi i dubbi. Forse un po’ troppo diretta, ma se avesse aspettato un secondo in più avrebbe probabilmente finito per rimanere zitta.
- Anche io mi fido di te. Non mi nascondi niente, vero? - l’espressione di Max si indurì, gli occhi prima così luminosi si incupirono. Acqua attese una risposta, con il cuore che batteva a mille. Perché non parlava? La ragazza assistette al dibattito che si stava svolgendo dentro di lui, impaziente di sapere. 
Un angolo della bocca di Max si curvò verso l’alto.
- No. - rispose, risoluto. Ma, per quanto potesse sentirsi sicuro, il suo sorriso era poco convincente.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Alessia Krum