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Autore: LysandraBlack    21/10/2017    3 recensioni
Aenor Mahariel, fiera Cacciatrice tra i Dalish.
Geralt Amell, ambizioso mago intrappolato nella Torre del Circolo.
Kallian Tabris, sogna una vita tranquilla nell'Enclave di Denerim.
Elissa Cousland, ansiosa di mettersi alla prova.
Natia Brosca, che non conosce altro che i bassifondi di Orzammar.
Duran Aeducan, comandante dell'esercito e Principe della città dei nani.
Sei eroi, provenienti da ambienti radicalmente diversi, si ritroveranno loro malgrado a fermare il Flagello che si abbatte sul Ferelden. Ce la faranno?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alistair Therin, Custode, Leliana, Morrigan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO DODICI: KINLOCH HOLD II



 



«Sono arrivati i soldi da Orzammar, capo.»

Natia si voltò svogliatamente verso il nano, che procedeva a testa bassa verso di lei, attraversando la grande sala del palazzo. «Gli affari vanno a gonfie vele da quando gestisci tu il Carta, capo.»

“Capo”. La ragazza assaporò quelle parole, mentre beveva a grandi sorsi da un boccale di pregiata birra al miele, seduta ad un elegante tavolo di pietra.

Leske fece capolino dalla porta, un vassoio di carne profumata tra le braccia. «Tua sorella manda i suoi saluti, e quelli del nipotino.» La raggiunse, sedendosi di fianco a lei.

«Non ti manca Orzammar?» Gli chiese Natia, prendendo un po' di cibo. «E mia sorella, non puoi più vederla, qui in superficie.»

L'altro bevve un po' della sua birra, appoggiandosi allo schienale della sedia e sospirando appagato. «Cosa me ne frega di tua sorella, quando abbiamo più soldi di quanto riusciamo a contarne?» Le poggiò una mano sulla coscia. «E poi, ci sei tu qui, Salroka. Molto meglio di Rica.»

«Sì, come no...» Bevve il resto della birra, ignorandolo e portando la sua attenzione sulla stanza. Qualcosa non andava. La birra era troppo dolce, la carne avrebbe dovuto essere migliore di così, invece sembrava la solita sbobba. E la stanza sembrava un miscuglio tra una catapecchia di legno a Denerim e il palazzo di Beraht in pietra giù ad Orzammar. L'arredamento era pomposo e inutile, con statue di ogni tipo raffiguranti gli Antenati e i cani del Ferelden, ricoperti di oro e pietre preziose.

“Che spreco.” Pensò. Afferrò un pezzo di carne, mettendoselo in bocca. Sapeva di nug vecchio.

«Il contrabbando di Lyrium alla Torre è in ascesa, con tutti quei templari. E anche gli affari con Le Marche Libere vanno alla grande.» Continuò il nano che era entrato prima. Aveva estratto una pergamena e cominciato ad elencare numeri su numeri, tributi di tutti i distaccamenti del Carta nelle varie parti del Thedas.

“La Torre dei Maghi... Non era successo qualcosa?” Un flash di una creatura di fuoco le balenò in mente, facendola sobbalzare e versarsi addosso un po' di birra.

«Salroka.» La interruppe Leske, riportando la mano sulla sua gamba e facendola scorrere verso l'alto, con fare lascivo. «Che ne dici di lasciare perdere questi noiosi elenchi di denaro e darci a qualcosa di più interessante...?» Le chiese allusivo.

Lei si alzò in piedi di scatto, allontanandosi. “Da quando Leske trova i soldi noiosi? E cosa sta...”

«Salroka, che ti prende?» Cercò di calmarla lui. «Stavo solo pensando che sei bellissima, stasera.»

«Oh.» La verità la colpì in faccia come una pietra. «Niente di tutto questo è reale.» Si girò verso la parete di roccia, appoggiando la mano su di essa. Niente. Il suo senso della pietra le confermava che quella non era vera roccia.

«Natia...»

«Stà zitto, Leske.» Ordinò lei. «Come sono finita qui?»

«Diventando il capo del Carta, ovviamente!»

La ragazza estrasse i coltelli dalla cintura. Erano i suoi soliti pugnali, rozzi, affilati e segnati da innumerevoli scontri. «Credo me ne ricorderei, se avessi fatto una montagna di soldi. E invece, nulla.» Si lanciò contro la cosa che faceva finta di essere Leske, cogliendola di sorpresa e infilzandola al petto con entrambi i pugnali. «E nessuno mi chiamerebbe mai “bellissima”.»

La creatura cadde a terra con un gemito. L'altro nano le si lanciò addosso, ma fu uno scontro breve.

«Allora, come esco da qui?» Si chiese a voce alta Natia, guardandosi attorno e grattandosi il capo.

Uno strano piedistallo si ergeva sul fondo della stanza, accanto ad una grande arcata di quella che non era pietra. Si avvicinò ad esso. Sembrava sfrigolare. Lo toccò.

Sentì come uno strappo all'altezza della vita, mentre la stanza attorno a lei roteava vertiginosamente. Chiuse gli occhi, sforzandosi di non vomitare. In un attimo, era di nuovo ferma. Riaprì le palpebre.

Il paesaggio attorno a lei era offuscato, colonne e alberi si ergevano senza un senso logico da tutte le parti, a volte a testa in giù, a volte senza quasi poggiare sul terreno. Il pavimento era terra, ma non le dava la giusta sensazione. Poco distante, una figura vestita da mago la salutò con la mano.

«Chi sei?» Le chiese, una volta che lei si fu avvicinata.

«Qualcuno che vuole uscire da qui.» Rispose, i coltelli ancora stretti in mano nel caso quello decidesse di attaccarla. Con quei maghi, non si poteva mai sapere.

«Ah. È la tua prima volta nell'Oblio, immagino. I nani non sognano, non possiedono alcuna capacità magica. Forse è per questo che sei riuscita a liberarti prima dei tuoi compagni.»

«Niente di quello che hai appena detto ha senso.»

Il mago scosse la testa. «Scusa. Sono Niall. Sei caduta nel tranello del Demone della Pigrizia, come è successo ai tuoi compagni e a me. Il Demone intrappola tutti coloro che incontra, in modo che non possano, o non vogliano, liberarsi dall'illusione che lui costruisce loro attorno. Sei stata brava.»

«Non era molto realistico.» “Magari fosse stato tutto vero...” Pensò Natia.

«Ero convinto di esserne uscito anche io, ma mi sono ritrovato a girovagare per questo posto, senza riuscire ad andarmene.»

«Beh, io non ho intenzione di restarmene qui con le mani in mano.» Ribattè lei, risoluta. «Deve esserci un modo per uscire da questo posto.»

«Siamo nell'Oblio, il mondo oltre al Velo. Il posto abitato dai demoni. È praticamente impossibile.»

«I mostri che ho incontrato finora sono morti come chiunque altro.» Strinse i coltelli. «E noi nani siamo resistenti a tutte queste stronzate magiche.»

«In tal caso, ti dirò quello che ho scoperto. Vedi quel piedistallo, da cui sei arrivata?»

Natia annuì.

«Ne ho studiato le rune. Ognuna di esse rappresenta una delle isole del mondo creato dal Demone della Pigrizia. Lui stesso si trova nell'isola al centro, ma non puoi arrivarci finchè non avrai rimosso la barriera che si erge grazie alle isole tutt'attorno ad essa, e sconfitto i guardiani. E ci sono innumerevoli ostacoli che rendono impossibile il passaggio, fino a farti impazzire. Alcune volte, occorrerà attraversare portali come quello, per proseguire.» Indicò una macchia violacea e luminescente poco distante.

Alla ragazza girava la testa. «Isole, portali, guardiani, barriera, demone. Beh, se riesco a capirci qualcosa, tornerò a prenderti.»

«Un'ultima cosa!» La fermò Niall. «Ci sono altri sognatori, intrappolati tra le isole. Alcuni possono essere i tuoi compagni, altri si credono animali o creature diverse. Potrebbero darti una mano, se li incontri.»

«Sicuro, volevo tanto conversare con un bronto.» Borbottò la nana, dirigendosi verso il portale e attraversandolo. La vista le si oscurò per un attimo.

Il paesaggio era lo stesso del precedente. Camminò per un poco, vagando sperduta tra le collinette tutte uguali. Incontrò una delle creature fiammeggianti, ma riuscì a cavarsela. Quella esplose in una nuvola di fumo e scintille, rivelando un piccolo topo marrone, il muso alzato verso di lei.

«Grazie mille, ma per me è troppo tardi.» Disse l'animale.

Natia fece un salto indietro, allarmata. «Parli?!»

«E posso aiutarti. Uccidi Yevena, il demone che controlla questo posto. Prendi il mio potere, e salva gli altri rimasti intrappolati...»

«Che stai-?» Prima che potesse chiedere spiegazioni sul potere del topo, esso stramazzò a terra. «Fantastico.» Borbottò Natia, colpendolo leggermente col piede per verificare se fosse davvero morto. Appena la punta dello stivale toccò la pelliccia dell'animale, sentì una fitta allo stomaco.

“Per la Pietra!” Imprecò, scuotendo la testa. Una nuvola di fumo era comparsa dal nulla, facendola tossire. Doveva essere caduta a terra, perchè... Era troppo bassa. Decisamente bassa. Cercò di alzarsi in piedi, ma riuscì solo a sollevarsi di pochi centimetri. Mise a fuoco naso peloso, i baffi che vibravano frenetici. Sentiva le orecchie muoversi a captare ogni rumore, i peli ritti su tutto il corpo. Abbassò lo sguardo su un paio di zampine rosa, coperte di pelliccia rossiccia. Sentiva qualcosa muoversi e solleticarle la schiena.

“Oh, merda. È una coda quella?”

Mosse qualche passo incerto, tentando di guardarsi. Era un fottuto topo. Voleva urlare, ma riuscì ad emettere solo qualche squittio irritato. “Odio i maghi!”

Accanto a lei, un tunnel, della grandezza sufficiente a far passare un roditore di piccole dimensioni.



 

Andava sempre peggio. Era appena riuscita in qualche modo a capire come trasformarsi in topo e tornare normale senza troppe difficoltà, che un altro di quei pazzi le aveva dato fuoco.

Letteralmente.

Si ritrovò a correre in circolo, tentando di spegnere le fiamme che la avvolgevano interamente, bruciandola, il dolore che... “Hei, aspetta. Perchè non sento niente?”

Fermò la sua corsa, guardandosi le mani. Abbassò lo sguardo, girandosi su sé stessa. “Quel tipo aveva ragione. Sto completamente impazzendo.” Era completamente in fiamme, ma sembrava non farle alcun male.

Una creatura orrenda spalancò la porta accanto a lei, facendola sobbalzare. Alzò le mani per difendersi, non trovando i suoi coltelli...

Una palla di fuoco si schiantò contro il mostro, riducendolo in cenere. Sorpresa, si guardò nuovamente le mani, puntandole davanti a sé, come aveva visto fare ai maghi nella torre. Di nuovo, le fiamme che la avvolgevano si concentrarono vorticando attorno alle sue dita. Fece per spingerle via, facendo sì che la sfera di fuoco si schiantasse sulla parete vicina, esplodendo.

“Ora sì che si ragiona...” Pensò con un ghigno.

 


 

Il demone giaceva a terra, mezzo bruciacchiato e senza vita.

Natia si passò una mano sulla fronte, sudata. L'intera isola andava a fuoco. Le ricordava alcuni passaggi sotterranei ad Orzammar, quelli che passavano vicino alle colate di lava.

Scrocchiò il collo, muovendo la testa a destra e a sinistra. Tutte quelle trasformazioni la stavano distruggendo. Guardò il cadavere a terra. Ora non doveva far altro che trovare gli altri bloccati sulle isole minori, rappresentate dalle piccole rune ai lati del piedistallo, collegate alle rune più grandi che corrispondevano alle isole delle quali aveva appena sconfitto l'ultimo guardiano.

Ne afferrò una a caso, sentendo l'ormai familiare strappo alle viscere, chiudendo gli occhi. Un paio di volte aveva vomitato. Poi non è che proprio ci avesse fatto l'abitudine, ma almeno aveva imparato a tenere a bada lo stomaco. Oppure, più probabile, non aveva più nulla da rimettere.

Mise a fuoco il posto dove si trovava.

Era pieno di alberi, dall'aspetto minaccioso e terrificante. Rami carichi di foglie pendevano dappertutto, il terreno era coperto d'erba e radici, mentre dal nulla si alzavano fischi e ronzii.

Deglutì, rimpiangendo la torre in fiamme mentre proseguiva incerta tra la foresta.

Sentì delle voci ridacchiare, e ne seguì la provenienza fino ad una piccola radura. Quattro persone era radunato attorno ad un falò. Avvicinandosi, notò che erano elfi.

«Hei, tu, da dove arrivi?» Le chiese uno di loro, i capelli biondi che incorniciavano il viso delicato, sul quale spiccava un elaborato tatuaggio.

La ragazza che gli sedeva accanto, il capo appoggiato sulla sua spalla, aprì gli occhi.

Natia la riconobbe subito. «Ma certo, sei tu l'elfa che mi deve portare a Redcliffe!»

L'altra la guardò come se non capisse. «Redcliffe? Perchè dovrei tornare nel Ferelden?»

«Non starla a sentire, probabilmente si è persa e farnetica.» Si intromise l'elfo biondo.

«Sì, non c'è alcun motivo di andarsene da questa meravigliosa foresta.» Prese parola un'altra elfa, la quale portava un bastone magico sulle spalle. «Il Ferelden era un posto orribile, vero Tamlen?»

Il biondo annuì, stringendo a sé la compagna.

Natia ne aveva abbastanza. Si diresse verso di loro, corrucciata. «Ora basta, tutto questo non è reale, non te ne accorgi?» Afferrò per le spalle la Custode, scuotendola con violenza. «Muoviti e andiamocene da qui!»

Quella si divincolò con uno strattone, spingendola via. I compagni si alzarono in piedi, fronteggiando Natia, le armi in pugno.

La nana scosse la testa. «Non mi lasci altra scelta...»

Cominciò a crescere vertiginosamente, la pelle che si trasformava in pietra, gonfiandosi e superando gli elfi di almeno un paio di metri. Prese a ceffoni la maga, spedendola a terra prima che potesse lanciarle un incantesimo. Sentì le ossa sfracellarsi, mentre passava al successivo, un elfo che le si scaraventò addosso munito di spada e scudo. Senza farsi praticamente un graffio, lo afferrò per un braccio, facendolo volare oltre il falò e schiantarsi al limitare della radura. Quello non si rialzò.

Si girò a fronteggiare l'ultimo rimasto, pronta a tirargli un possente pugno, quando la Custode le si parò davanti, frapponendosi tra loro. «Ferma!»

«Spostati.» Le intimò Natia, la voce che usciva cavernosa e profonda.

«Toccalo e ti uccido!» La minacciò l'altra, la voce che tradiva il panico.

Natia sbuffò sonoramente. Afferò la spada che l'elfa le stava puntando addosso, strappandogliela di mano e lanciandola lontano. Poi, senza pensarci due volte, la spinse da parte, alzandola di peso e buttandola a terra. Quella rotolò su un fianco con un gemito, cercando di rimettersi in piedi.

Senza darle il tempo, Natia chiuse la mano, colpendo con un pugno granitico l'ultimo elfo, centrandolo in pieno petto.

«No! Tamlen!» Sentì l'altra gridare. Si rimise in piedi barcollando, guardandola con odio.

Si girò, ricambiando lo sguardo, impassibile. «Mi hai promesso dei soldi, e se devo prenderti a ceffoni per farti uscire da qui, non ho alcun problema nel farlo.» Prima che potesse raggiungerla, però, quella sparì in una nuvola di fumo.

“Le è andata bene.” Pensò Natia tornando alla sua normale forma nanica, mentre accanto a lei compariva un portale violaceo. Lo attraversò senza esitare, venendo trasportata accanto ad un altro piedistallo. Toccò un'altra runa.

Si ritrovò all'interno di un edificio. Illuminate soltanto dalle candele, che pendevano dal soffitto in giganteschi lampadari o poggiavano sui tavoli in elaborati candelabri, le stanze erano quasi interamente ricoperte di scaffali ricolmi di libri, riposti ordinatamente. Alcuni tomi giacevano aperti sopra dei tavolini di legno, affiancati da cataste di carta piena di annotazioni e disegni ordinati.

L'aria sapeva di cera e altri odori che Natia non riuscì ad identificare. Le girava la testa.

Proseguì superando altre due stanze, uguali alle precedenti, fino a ritrovarsi davanti ad una porta chiusa, in legno dorato. Dall'interno provenivano dei rumori.

Si appoggiò ad essa, premendo l'orecchio sul legno.

Qualcuno stava ansimando pesantemente. Sentì chiaramente due voci distinte, roche e nettamente maschili. “Uh-oh. Ci stanno dando dentro.”

Si alzò sulle punte, sbirciando dalla serratura. La curiosità era troppo forte.

Nonostante la luce fioca delle candele, la sua vista abituata all'assenza del Sole le fornì un panorama abbastanza dettagliato di quello che stava succedendo là dentro.

Due umani giacevano avvinghiati su un letto. Quello più alto, dai lunghi capelli rossi intrecciati e la barba lunga sfatta, premeva il compagno contro il cuscino, tenendolo saldamente sotto di sé, una mano tra i capelli mori dell'amante, l'altra a stringergli il fianco.

Brosca deglutì a vuoto, costringendosi ad allontanarsi dalla porta.

“Cazzo. Da quant'è che non faccio un po' di movimento?” Si chiese, la temperatura della stanza che sembrava essersi alzata improvvisamente. Inspirò profondamente. Che doveva fare, sfondare la porta e...? Sembrava terribilmente egoista e sgarbato. Inoltre, non aveva idea di chi fossero. Magari erano demoni che sapevano come divertirsi...

Scosse la testa. Uno dei due era chiaramente rimasto intrappolato lì dal Demone della Pigrizia, come l'elfa di prima e lei stessa.

“Forse avrei dovuto accettare la proposta del finto Leske.” Con una punta di invidia, afferrò una sedia e ci si appollaiò sopra con qualche difficoltà. Due bicchieri di vino erano posati sul tavolino di fronte a lei, una caraffa accanto ad essi.

Nell'altra stanza, i due non accennavano a smettere.

Sbuffò, riempendosi generosamente il bicchiere. Era dolciastro, non assomigliava a nulla che aveva mai assaggiato prima d'ora. Si concentrò sul vino, cercando di ignorare il resto.

Quando la porta si aprì di scatto, era ormai agli ultimi sorsi del terzo bicchiere.

L'uomo dai capelli rossi stava cercando di rassettarsi la tunica, strappata e insanguinata in più punti. Accortosi di lei, si fermò sorpreso. «Oh. Non sapevo ci fosse qualcun altro.»

Natia lo fissò divertita. «Intendi oltre al demone che ti stavi martellando?»

L'uomo ignorò il commento, prendendo l'altro bicchiere e versandosi tre dita di vino, che bevve lentamente. «Dovremmo andare.»

«E il demone?»

«Me ne sono occupato.» Appoggiò il bicchiere ormai vuoto sul tavolo. «Non sapevo ci fossero dei nani, nella torre. Come sei entrata?»

«C'è un piccolo tunnel, dietro al magazzino. Non si vede, se non si sa dove cercare.» Rispose lei, vantandosi. «Non serve usare la magia, è una porta meccanica che si apre dietro ad una libreria, attraverso un varco nel muro. Porta direttamente al molo sotto la torre.»

«Interessante.»

Se il mago pensava di andarsene dalla torre così facilmente, aveva una brutta notizia da dargli. «Ovviamente, devi essere abbastanza piccolo per passare dal tunnel, e infilarti in una delle casse dei rifornimenti ed essere trasportato sul lago dal barcaiolo assieme al resto delle provviste settimanali...»

«Capisco. Beh, dovrò trovare un altro modo per andarmene, allora.» Commentò l'altro, senza battere ciglio. Finì di abbottonarsi le vesti.

La nana lo guardò di sottecchi. «Quindi, sapevi dall'inizio che non era...?»

Il mago annuì.

«E non ti sei fatto alcun problema?»

L'uomo alzò un sopracciglio. «Fino a che punto ti sei goduta lo spettacolo, esattamente?»

«Abbastanza. Come ci sei finito qua dentro?» Gli chiese, sviando il discorso.

«Intrappolato come tutti gli altri. Ero nella torre, quando è scoppiato questo caos.» Il mago indicò un portale violetto che si era aperto davanti a loro. «L'uscita.»

«Ne ho attraversati talmente tanti oggi che non è proprio il caso di spiegarmelo, spilungone.»

«Ah. Quindi immagino tu sappia tutto riguardo l'Oblio e il movimento all'interno di una dimensione diversa da quella a cui siamo abituati, con leggi e-»

«So trasformarmi in un golem di pietra e prenderti a pugni, sai?»

Il mago ridacchiò. «D'accordo, fai strada.»

Attraversarono il portale, comparendo a fianco del piedistallo di prima.

«Ecco, ora dobbiamo solo scegliere una delle rune.» Gli spiegò Natia.

«Lo vedo. Ogni runa rappresenta un'isola nello spazio creato dal Demone. Tutti i collegamenti sono ora aperti...» Si interruppe, guardandola ammirato. «Hai davvero sconfitto tutti i guardiani?»

Natia gonfiò il petto, facendo roteare in aria uno dei coltelli e riafferrandolo al volo. «Ovvio. Se aspettavo che gente come te finisse di farsi gli affari propri...»

«Complimenti. Anche se deve essere dovuto in parte alla naturale resistenza alla magia della tua razza. Un nano nell'Oblio, succede estremamente di rado.»

“Niente male per una senzacasta, eh?” Pensò Natia, un ghigno tronfio stampato in faccia.

«Dobbiamo liberare anche gli altri.» La fermò il mago prima che lei potesse toccare la runa centrale. «Niall deve essere su una delle isole minori...»

«Niall?» Se lo ricordava, il mago che aveva incontrato all'inizio! «L'ho visto, mi ha spiegato lui come muovermi con i portali.» Toccò una delle rune, che li trasportò all'istante.

«Geralt?!» Esclamò sorpreso quello, vedendoli comparire. «Non... Come hai fatto a finire qui?»

«Beh, ero esattamente al centro del macello quando Uldred e i suoi hanno deciso di massacrare tutti. Sono riuscito a sgusciare via dopo che quel pazzo di Surana ha centrato uno dei Templari con una palla di fuoco. Non mi sono fermato finchè non ho trovato una stanza dove barricarmi. L'idea era di sfruttare la situazione per uscire dalla Torre, ma Owain mi ha riferito che avevano chiuso le porte esterne con una barriera magica.» Spiegò il mago dai capelli rossi. «Mi ha anche detto della tua missione per fermare tutti con la Litania di Adralla, quindi ho cercato di raggiungerti prima che facessi qualche scemenza. Ho fallito, evidentemente. Appena sono entrato nella sala il Demone della Pigrizia mi ha steso.»

“Non è l'unico ad averti steso...” Pensò Natia, trattenendo una risata.

«Scemenza?! Come se fossi stato io a cominciare tutto!» Gridò Niall, offeso.

«Vedo che pensi ancora che i templari abbiano ragione a tenerci qui dentro...»

«Quello che è successo ne è la prova!» Alzò la voce l'altro. «Quante persone devono ancora morire per causa nostra?!»

«Hanno forzato loro la mano.» Ribattè Geralt, gelido. «In ogni caso, non è il luogo adatto per discuterne. Dobbiamo affrontare il Demone della Pigrizia e andarcene da qui.»

Niall si fece, se possibile, ancora più pallido. «Non credo mi sia possibile.»

«Hei, qualsiasi cosa sia, ne potete parlare dopo!» Si intromise Natia. «Niall, possiamo farcela.»

Il mago rimase in silenzio, lo sguardo puntato su Geralt.

L'altro sospirò. «Da quanto sei qui?»

«Abbastanza da sapere di non poter più rientrare nel mio corpo.»

«Dannazione!» Sbottò Geralt, una scintilla magica che si sprigionò dal pugno chiuso. «Non potevi evitare di fare l'eroe?!»

«Senti chi parla...»

«Sono serio, Niall. Prima Anders, poi Jowan... sono stanco di perdere i miei amici.» Alzò lo sguardo, puntandolo sul cielo innaturalmente verdognolo.

«Mi dispiace. Pensavo di poter sistemare tutto. Almeno, tu hai una possibilità di uscire da qui.» Niall strinse il braccio dell'amico, costringendolo a guardarlo negli occhi. «Hei. Devi ancora trovare Jowan, no? Non puoi arrenderti così.»

«Ormai sarà nel Tevinter.»

«Beh, tu trovalo, e digli che è stato il peggiore stupido che mi sia capitato di incontrare.»

«Peggio di Surana?»

«Molto peggio. Ora andate, prima che sia troppo tardi anche per voi.» Gli diede una pacca sulla spalla, in segno d'incoraggiamento. «È passata prima un'elfa, sembrava furiosa. Le ho spiegato come muoversi tra le isole, e sembra che abbia liberato gli altri due intrappolati qui...»

Natia rimase sorpresa. «Oh. Quell'elfa.» “Essere presa a sberle deve averle fatto bene.”

I due maghi si strinsero la mano, un'ultima volta. Poi, Natia e Geralt si avvicinarono al piedistallo.




Vennero trasportati nel bel mezzo di un putiferio.

«Ce ne hai messo di tempo!» Le ringhiò contro l'elfa, parando con la spada il colpo di una creatura tutta bitorzoli, che doveva essere il Demone della Pigrizia.

“Senti chi parla...” voleva rispondere Natia, ma stava già cambiando forma.

Gli altri quattro guardarono sbalorditi la nana trasformarsi in un enorme Golem di pietra, caricando poi di peso il demone. Combinando le loro abilità, riuscirono ben presto a sopraffarlo.

Con un ultimo strattone alle budella, tornarono nel mondo reale, nella grande sala della Torre.

«Ugh.» Si lamentò Natia, seduta a terra a massaggiarsi le tempie. «Ne ho avuto abbastanza.» L'odore pungente del demone era ovunque.

Individuò Geralt chino sul corpo di Niall. Aveva un rotolo di pergamena in mano.

«Allontanati subito!» Urlò la maga anziana, il bastone puntato verso di lui. «Mago del Sangue!»

Gli altri due saltarono subito in piedi, le armi in pugno.

«Fermi!» Gridò loro Natia, rimettendosi faticosamente in piedi.

«Stanne fuori, contrabbandiera, sono affari del circolo!» Le intimò la vecchia, lanciando un incantesimo contro l'altro mago.

Geralt lo evitò per un soffio, lanciandosi dietro una colonna e nel contempo evocando una piccola barriera luminescente attorno a sé. «Non posso dire di essere lieto di vederti, Wynne!»

L'altra non perse tempo, roteando di nuovo il bastone sopra la testa.

Natia cercò di fermarla, lanciandosi contro di lei, ma era troppo lontana. «Aspetta!»

«Wynne, no!» Esclamò l'elfa, voltandosi su sé stessa e parandosi di fronte alla maga. «Prima spiegaci cosa sta succedendo. Ci ha aiutato, contro il demone, quindi perchè...?»

La maga non abbassò la propria arma, limitandosi a fermare l'incantesimo. «Tutto quanto è iniziato per colpa sua. È un mago del sangue, e doveva essere processato davanti ad un'Assemblea. Ma i suoi compagni hanno scatenato un esercito di demoni nella torre, permettendogli di fuggire.» Lanciò uno sguardo furente alla colonna dietro la quale era nascosto il mago. «Ma non questa volta, Amell!»

«Non ho niente a che fare con Uldred e i suoi!» Urlò Geralt, ma la donna sembrava non volerne sapere. Non fosse stato per l'elfa e Natia, che era corsa ad affiancarla, avrebbe fatto a pezzi l'intera sala pur di colpire il presunto mago del sangue.

«Se voleva scappare, perché non lo ha fatto?» Cercò di farla ragionare l'elfa. «Poteva andarsene, e invece ha scelto di darci una mano.»

«Perché da solo non riusciva a liberarsi dal demone!» Ribattè Wynne, cercando di spostarle. «Fatevi da parte, non avete idea di chi stiate difendendo! Ha preso la Litania di Adralla, in modo da distruggerla e assoggettarci tutti al suo volere.»

«Niall lo conosceva.» Si intromise Natia. «E gli ha parlato lui stesso di quella roba. Si è fidato!»

La vecchia non voleva saperne. «Ma certo che si è fidato, erano amici! Ha ingannato Niall, proprio come il resto di noi. È pericoloso, ha già aiutato un mago del sangue a fuggire.»

«L'avreste sottoposto al Rituale della Calma, se non fosse scappato da qui!» Ribattè Geralt, uscendo finalmente dal suo riparo. Aveva in mano un bastone magico, che brillava minaccioso.

«Rituale di che?!» Gli chiese la nana, cercando di guadagnare tempo. Le mancava potersi trasformare in un gigante roccioso. Avrebbe potuto prendere a calci tutti e farli ragionare.

«Gli avrebbero strappato ogni emozione! Sarebbe stato un servo di quei maledetti templari, ecco cosa gli avrebbero fatto se non l'avessi aiutato!» Urlò Geralt, lanciando tutto attorno a sé una pioggia di fiammelle roventi. «E voi vecchi non fate niente, lasciate che i templari si approfittino di noi maghi, senza poterci ribellare, rifiutare... Poi quando finalmente ne abbiamo abbastanza, ci tramutate in fottuti burattini!» Puntò loro contro il bastone, ma improvvisamente le fiamme si spensero. Si guardò attorno, per poi puntare lo sguardo allarmato in direzione di Alistair. «Tu!»

Il guerriero biondo, che per tutto il tempo era rimasto in silenzio e in disparte, alzò le mani. «Già, proprio io. Ora, se vogliamo tutti darci una calmata...»

«Maledetto templare!» Gli ringhiò contro Geralt, spezzando qualsiasi cosa avesse fatto l'altro per impedirgli di lanciare incantesimi. Il bastone tornò a ricoprirsi di fiamme vorticanti.

«Alistair, allontanati da lì!» Lo avvertì Wynne, approfittando del momento di distrazione di Natia e dell'elfa per lanciare un incantesimo di protezione verso il guerriero.

«Ora basta!» Urlò a pieni polmoni l'elfa. Diede una gomitata tra le costole alla vecchia, facendola piegare in due per il dolore e la sorpresa.

«Datevi una calmata.» Rincarò la dose Natia, avanzando impavida verso l'uomo. «Geralt, non fare stronzate. E tu.» Si girò nuovamente a fronteggiare la maga. «Lui è stato d'aiuto, proprio come te. E da quanto ho capito al piano di sopra ci sono un mucchio di altri culi secchi dalle mani scintillanti che non vedono l'ora di farci a pezzi.»

«Una sintesi accurata.» Commentò il guerriero. «Ma sì, concordo con lei.»

«Quindi,» Proseguì Natia, lanciandogli un'occhiataccia, «non è il caso di scannarci tra di noi. E se dice di non essere in combutta con gli altri, gli credo.»

«Oltretutto, condannarlo per aver evitato ad un amico una brutalità del genere, è da pazzi.» Disse l'efa. «Nessuno dovrebbe essere rinchiuso in un posto del genere.»

«Non potete fidarvi...» Cercò di ribattere Wynne, ma ormai la decisione era stata presa. In netta minoranza, rilassò le spalle, sistemandosi la veste e guardandoli con un cipiglio severo. «Ve ne pentirete, ve lo garantisco.»

L'elfa si avvicinò a Geralt. «Il tuo amico si chiama per caso Jowan?»

Quello si illuminò. «Come-?»

«L'abbiamo incontrato a Redcliffe. Nonostante abbia ammesso di essere un mago del sangue, sembrava sinceramente dispiaciuto di tutto quello che è successo lì, quindi sono disposta a darti il beneficio del dubbio. Torneremo là, una volta risolta questa faccenda. Puoi unirti a noi per il resto del viaggio. Ora, dammi quella roba.» Allungò una mano verso di lui, indicando la pergamena.

L'altro esitò un attimo, ma alla fine le porse il rotolo.«Spero che questo mi faccia guadagnare un po' di fiducia... E credo non ci sia modo di uscire da qui, per me, coi Templari a guardia della porta. Sono contento che Jowan sia vivo, però, puoi dirgli-»

«Qualunque cosa sia, glielo dirai tu stesso.» Lo interruppe l'elfa. «So esattamente come farti uscire da qui, fidati di me. Siamo Custodi Grigi, dopotutto.»

«Strano come continui a cambiare idea, Aenor.» La punzecchiò il guerriero, per poi voltarsi verso il mago, fissandolo dritto negli occhi. «Ora, se davvero non hai intenzione di assoggettarci tutti, sarà il caso di proseguire. Sempre che i tuoi amici al piano di sopra non ci facciano a pezzi.»

Nonostante la riluttanza dei due maghi a collaborare assieme, e dopo brevi presentazioni, si diressero verso le scalinate che portavano all'ultimo piano della Torre.

Prima di salire, si imbatterono in un templare rimasto intrappolato in una gabbia magica.

«Ancora?! Non funzionerà!» Urlò il prigioniero, gettandosi in ginocchio e unendo le mani come in preghiera. «Resisterò, demone!»

«Questo è quello che avete fatto, Amell. Sei fiero di te stesso?» Disse Wynne, rivolgendosi all'altro mago, che la guardò accigliato, avvicinandosi alla gabbia. «Cullen?»

Quello alzò lo sguardo, allarmato, sgranando gli occhi. «Tu! Demone, perché devo vederlo di nuovo?! Lui, lui ha causato tutto questo!» Urlò tenendosi la testa tra le mani.

«Siete tutti così convinti della mia colpevolezza, che non riesco nemmeno a dispiacermi della tua situazione.» Ribattè asciutto Geralt, squadrandolo impassibile.

«Uccidimi! Uccidimi e basta, smettila con questi giochi.» Il templare crollò a terra, il capo chino, supplicandolo. «Se è rimasto qualcosa di umano in voi, uccidetemi.»

«Credevo che i vostri templari fossero guerrieri formidabili... non sono colpita.» Commentò Natia, guardandolo. Aveva visto di meglio tra i bassifondi di Orzammar.

«Andatevene, demoni! Andatevene o uccidetemi!» Gridò il prigioniero, serrando gli occhi, le unghie che graffiavano le guance rigate di lacrime. Li riaprì dopo qualche istante, guardandoli spaesato. «Ma... ha sempre funzionato per ora...»

Geralt sollevò un sopracciglio. «Non siamo demoni, idiota.»

L'altro scosse la testa, la voce rotta. «E pensare che un tempo provavo pena per i maghi del Circolo. Ora...» Strinse i pugni, alzando lo sguardo verso il mago, carico d'odio. «Ora, non desidero altro che veniate tutti spazzati via dalla faccia del Thedas.»

Geralt non mosse un muscolo, ricambiando lo sguardo. «In quel caso, farai la stessa fine.»

«Ci sono dei sopravvissuti?» Chiese Aenor, interrompendoli.

Prima che il templare potesse rispondere, un urlo agghiacciante li fece sobbalzare. Rimasero impietriti ad ascoltare. Proveniva dal piano superiore.

«Abbiamo la nostra risposta.» Commentò Natia. «Ora, possiamo anche andarcene, tornare al piano terra, uscire da qui e mettere almeno un paio di giorni di marcia tra noi e qualsiasi cosa ci sia là sopra. Mi sembra l'unica idea sensata.»

L'elfa, seppur pallida come un cencio, sfoderò la grande spada a due mani che portava dietro la schiena. «Non se ne parla neanche.»

L'altro custode annuì, estraendo anche lui la propria arma. «Già, ci vuole ben altro che un esercito di abomini per farci scappare a gambe levate.»

Wynne strinse a sé il bastone magico, scoccando un'occhiata decisa al soffitto. «Il Primo Incantatore è ancora lì sopra, come alcuni dei maghi anziani. Dobbiamo fare di tutto per salvarli.»

Natia lanciò uno sguardo a Geralt, che tra tutti quei pazzi le sembrava, impensabile a dirlo parlando di un umano e per di più mago, il meno folle. Quello si strinse nelle spalle, indicando i due Custodi. «Se muore l'elfa, se ne va la mia unica possibilità di uscire da qui. Non ho altre alternative.»

La nana scosse la testa, incredula. «Lo sapevo che stare a contatto con il cielo e tutta l'aria che gira qua sopra, dovevano farvi male al cervello...» Estrasse i pugnali dalla cintura, puntandone uno in direzione dell'elfa. «Dopo questa cosa, voglio l'equivalente del mio peso in oro.»

L'altra scoppiò in una risatina nervosa. «Fortunatamente non sei un Qunari.»

«Non potete salvarli! Sono lì dentro da troppo tempo.» Si oppose il templare imprigionato, urlando. «Circondati da maghi del sangue, che... che... Saranno ormai degli Abomini, controllati dai demoni. Dovete ucciderli tutti, nessun mago del sangue o Abominio deve uscire dalla Torre. Partendo da lui!» Indicò Geralt, che fece un gesto di rabbia col bastone, facendo comparire delle piccole fiamme vorticanti attorno all'estremità.

«Muoviamoci a salire, prima che questo idiota mi dia un ulteriore motivo per dargli ragione.» Ringhiò il mago.

«Ci servono i maghi, e il Primo Incantatore. Fine della storia.» Dichiarò Aenor, voltando le spalle al templare e alle sue inutili proteste, mentre cominciava a salire le scale.

“Per la Pietra, come ci sono finita in questo casino?!” Pensò Natia. Le urla che provenivano dal piano di sopra erano terribili, le rimbombavano nelle orecchie, perforandole i timpani e facendole rizzare i capelli in testa. Se soltanto quel maledetto giorno non avesse deciso di intromettersi nelle Prove...

Spalancarono la porta, ritrovandosi di fronte ad una scena raccapricciante.

Un mago torreggiava su un altro uomo steso a terra, circondato da creature mostruose, torturandolo con saette magiche che facevano gridare di dolore il malcapitato.

«Cedi!» Urlò il mago, colpendo l'altro con una scossa più forte delle precedenti.

Le urla cessarono improvvisamente, l'umano a terra aveva smesso di contorcersi.

Con uno schiocco sinistro, la schiena dell'uomo si inarcò talmente tanto da spezzarsi, mentre si sollevava da terra, fluttuando ad un paio di metri dal pavimento in pietra, trasformandosi. In pochi istanti, ciò che restava era una creatura deforme e mostruosa, che andò ad affiancarsi obbediente alle altre.

Il mago si girò verso i nuovi arrivati, allargando le braccia in segno di benvenuto. «Ah, intrusi. Siete venuti per unirvi a noi?» La sua voce era un insieme di tonalità sovrapposte, come se ci fossero almeno due persone a parlare contemporaneamente. Lo sguardo vagò sul gruppo, allargandosi poi in un sorriso. «Ah, Amell. Mi chiedevo che fine avessi fatto. Surana e Jowan mi hanno sempre parlato così bene di te... Ma ti dirò la verità, secondo me sono sempre stati gelosi del tuo potere. Non importa, ora potrai esprimere il tuo vero potenziale, ti aiuterò a farlo...»

Natia lanciò uno sguardo preoccupato al mago dai capelli rossi. Quello stringeva il bastone magico con tanta forza da sbiancarsi le nocche, lo sguardo carico d'odio.

«Wynne.» Proseguì l'altro, apostrofando la maga. «Non mi aspettavo niente di meno, da una vecchia ostinata come te. Sarà un vero piacere spezzarti.»

«Non la passerai liscia, Uldred!» Rispose quella.

«Vedo che avete seriamente intenzione di opporvi all'inevitabile... Come volete. Renderà solo più dolce la mia vittoria.» Sibilò il mago, un ghigno mostruoso che gli si allargava sul volto, deformandolo.

Reclinò il capo all'indietro, mentre una luce accecante lo avvolgeva, costringendo i nuovi arrivati a coprirsi gli occhi. Natia rimase accecata per qualche istante, strizzando le palpebre. Un potente ruggito, come non aveva mai sentito prima, scosse la sala, facendo tremare il pavimento sotto di loro. Strinse spasmodicamente i pugnali, maledicendosi per essere finita in quella situazione. Perchè, perchè non era rimasta a Denerim, ad occuparsi di qualche normale furtarello in casa di qualche spilungone ricco sfondato?! 












Note dell'autrice: Natia è un tipo particolare, decisamente. Se la storia continua a piacervi, lasciate magari un commentino, anche se avete critiche o osservazioni, è sempre gradito ricevere dei pareri. :D

  
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