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Autore: Marne    23/10/2017    4 recensioni
Dopo quattro anni di apparente pace e prosperità, il Mondo Magico si ritrova ad attraversare un nuovo periodo di crisi. Qualcuno ha iniziato ad uccidere i vecchi Mangiamorte ed Harry Potter, distrutto dopo la Guerra, inizia a soffrire di incubi spaventosi che sembrano voler mettere in dubbio quell'equilibrio raggiunto con tanta difficoltà.
Hermione Granger, dopo esser sparita per ben due anni a causa di un impiego segreto, fa ritorno nella sua terra d'origine per portare una notizia terribile a Draco Malfoy e per riunirsi al vecchio amico nella lotta contro il nuovo Male che sembra volerli sopraffare.
Un bambino è intenzionato a distruggere ciò che è stato costruito in tantissimi anni e con immense difficoltà e nessuno sembra avere il potere di fermarlo. Come si uccide chi è giù sfuggito alla morte?
Genere: Dark, Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Katie Bell, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heir Universe'
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LErede del Male.


 

Réquiem aetérnam dona eis, Dómine,
et lux perpétua lúceat eis.
Requiéscant in pace.”.



[derivata dall'apocrifo “Apocalisse di Esdra”]

                                  

 

Atto XIII – Requiem aeternam

 

 

 

Theodore Nott era un giovane uomo che si era sempre vantato di avere delle chiarissime priorità nella vita. Al primo posto, per quasi ventun anni, c’era stata la sua sopravvivenza. Era assolutamente normale, da parte sua, voler evitare di fare una brutta fine in un contesto in cui suo padre sembrava non veder l’ora di buttarlo fra le fauci dei Mangiamorte ed i suoi ipotetici compagni di classe non vedevano l’ora di punirlo per le sue origini non perfettamente immacolate. Non aveva scelto lui di essere l’unico figlio sopravvissuto di uno dei tirapiedi più importanti di Lord Voldemort, dopotutto, quindi era più che naturale che il suo scopo principale fosse stato quello di evitare implicazioni che potessero portarlo ad una veloce dipartita. Le cose erano cambiate, tuttavia, con l’arrivo di Beth. Non era stato un cambiamento immediato, non c’erano stati momenti di rivelazione come quelli dei libri, in cui il protagonista si limitava a guardare negli occhi la più bella ragazza del posto e ad innamorarsene perdutamente.

Assolutamente no. Il loro primo incontro era stato burrascoso ed era quasi finito in rissa. Poi lei gli aveva puntato contro un indice accusatore, l’aveva minacciato di infilare un cucchiaio di legno in posti occulti e l’aveva informato di conoscere almeno sei vie differenti per nascondere un cadavere senza farsi scoprire. In quel momento Theo era caduto ai suoi piedi come una pera cotta ed aveva iniziato quel non troppo lungo processo di devozione che l’aveva spinto a mandare al diavolo tutti i suoi più cari principi e partecipare ad una missione di salvataggio a dir poco suicida.

Edelweiss era stata molto chiara, quando Weasley l’aveva scaricata davanti a lui come un grazioso ma inquietante pacco regalo. Se non si fosse unito a quel tentativo di suicidio di massa, Beth non sarebbe sopravvissuta al suo prossimo compleanno, che era piuttosto vicino. Non gli aveva spiegato perché, non gli aveva detto come la sua morte sarebbe potuta giungere e, sinceramente, Theo non si era neppure sprecato a chiederlo. Come fare a decifrare immagini oniriche di una bambina di quattro anni, quando lei stessa era troppo giovane ed inesperta per capire davvero il significato delle sue visioni? Una parte di lui dubitava che Edelweiss avesse compreso l’effettiva gravità di ciò che li stava costringendo ad affrontare. Però aveva toccato le corde giuste e, mosso da un feroce istinto di protezione, Theodore aveva messo da parte la sua scala di valori personali e si era materializzato a Casa Weasley, per unirsi a chiunque fosse stato richiamato alle armi.

Prima di partire, riportando a galla una delle poche abitudini materne che aveva mantenuto, aveva avuto il buonsenso di fermarsi al Manor dei Malfoy – in cui ancora aveva libero accesso, proprio come da ragazzo – e rastrellare tutti i libri che potessero contenere una qualche informazione utile su Negromanti, Succubi, Incubi e Magia della Morte in generale. Il totale dei volumi che aveva trovato poteva essere contato sulle dita di una singola mano e la sua ansia non aveva fatto che crescere a dismisura1. Non gli piaceva non avere informazioni sul suo avversario, non gli piaceva neppure avere poche informazioni su cosa avrebbe mangiato per cena.

La sua frustrazione era tanta.

«Cosa crederete che troveremo, una volta raggiunti gli altri?» chiese la Granger, facendo strada lungo i bui corridoi. I loro patronus erano stati mandati avanti in avanscoperta, così da evitare che potessero presentarsi brutte sorprese lungo la strada, ma fino a quel momento nulla li aveva ostacolati. Theodore non era riuscito a condividere il sollievo di Weasley, quando proprio lui aveva fatto notare quel dettaglio. Nessuna guardia, di solito, indicava una trappola imminente.

No, Theodore non era sollevato. Soprattutto perché era piuttosto sicuro che qualcosa si stesse muovendo alle loro spalle, silenzioso.

«Difficile a dirsi» le rispose Potter, a meno di dieci centimetri di distanza dall’amica. C’era qualcosa, in lui, che aveva fatto accigliare Nott. Qualcosa nel suo sguardo, forse, oppure nel suo modo di camminare. Non era riuscito a comprendere cosa fosse e, forse, non gli importava neppure scoprirlo. Però c’era e lui non riusciva a non vederlo. «Kate è ancora viva, in un modo o nell’altro credo che la troveremo lì, possibilmente insieme agli altri. In che condizioni li troveremo è un’altra domanda».

Weasley fece una smorfia. «Domanda che nessuno ha posto» precisò, voltandosi per un istante per cercare qualcosa nell’oscurità che li tallonava. Anche lui se n’era accorto, allora. «Cos’ha detto di preciso Eddie?» Qualcosa riguardo una vasca da bagno».

«Buttate la vasca con tutto il sangue» specificò Theo, con una smorfia. C’era stata qualche indicazione piuttosto vaga riguardo la necessità di controllare il sangue di qualcuno di loro, ma non era una informazione rivolta a lui, quindi non si era concentrato per ricordarla. Forse avrebbe dovuto. Stava iniziando a realizzare quanto poco sapesse del loro nemico, quanto dannatamente stupida fosse tutta quella spedizione. Edelweiss non gli aveva neppure assicurato che la sua partecipazione avrebbe scongiurato la morte di Beth.

«Immagino che capiremo una volta che l’avremo davanti agli occhi» azzardò il Magizoologo – Maine? Wisconsin?2 Era sicuramente uno dei cinquanta Stati americani – con una voce fin troppo ottimista per la situazione tragica in cui si stavano trovando. Theo non lo considerò pazzo solo perché, gettandogli un’occhiata, notò quanto fosse pallido e palesemente nervoso. Sua moglie era lì da qualche parte, stando alle informazioni ricevute da Weasley. Ed era incinta.

Al riguardo, Theodore aveva davvero un pessimo presentimento.

«Sempre se sopravvivremo abbastanza a lungo da raggiungere suddetta vasca» fece notare allora, tetro, imponendo a se stesso di andare contro qualsiasi istinto di autoconservazione e smetterla di voltarsi a fissare il vuoto assoluto. Qualunque cosa li stesse seguendo, era abbastanza veloce o talentuosa da non farsi scoprire da almeno tre persone – lui, Weasley e Potter – e palesemente non era intenzionata a rivelarsi nell’immediato futuro. Perché stuzzicare il can che dorme? Forse si trattava solo di qualche bestiolina arrivata lì per caso o fuggita dal sotterraneo del castello. Non era un mistero che le Banshee avessero laboratori di ricerca sulle più disparate scoperte magiche, che riguardassero nuovi incantesimi o creature era irrilevante per i suoi interessi.

La Granger gli lanciò un’occhiata storta. «Sai, Nott, avevo quasi dimenticato il tuo solare ottimismo» sbottò, senza riuscire più a nascondere un piccolissimo sorriso. «Era tutto ciò che mi motivava a non addormentarmi durante le lezioni di Storia della Magia al sesto anno3» aggiunse, stringendo le labbra per evitare che il sorriso potesse allargarsi a dismisura. Doveva aver ricordato l’episodio della Grande Carestia di Mandragole del 1271, uno dei momenti più alti della carriera di Theodore come studente.

Anche lui, nonostante l’ansia, non riuscì ad impedirsi di sorridere lievemente, attirandosi le occhiate strabiliate di Potter e Weasley. Washington – o Maine, Vermont, Hawaii che fosse – non stava prestando loro alcuna attenzione, comprensibilmente. Theodore si ritrovò a simpatizzare per lui. Aveva delle buone priorità nella vita. «Neppure le lezioni di Aritmanzia erano poi così male, Granger. Il tuo calcolo sul risultato delle gare di Quidditch è ancora utile».

A quelle sue parole, le sopracciglia di Weasley e Potter raggiunsero altezze spropositate. Fu il rosso a parlare per primo, mettendo una mano sul braccio della donna. «Hermione» disse, serio come Theodore probabilmente non l’aveva mai visto. «Hermione, usare l’Aritmanzia per il Quidditch è gioco d’azzardo» sbottò, senza riuscire a nascondere il tono decisamente entusiasta. Sembrava ammirato e, conoscendo il giro d’affari che intratteneva con il fratello, non c’era di che essere sorpresi.

«Ed il gioco d’azzardo è un reato» aggiunse Potter, molto meno felice del futuro cognato. «Hermione, non me lo sarei mai aspettato da te. Usare l’Aritmanzia per le scommesse… soprattutto quando hai sempre minacciato di fare la spia con la McGranitt se io e Ron avessimo anche solo pensato di provarci».

La Granger si strinse nelle spalle, tranquilla. «Io non l’ho mai usato, non mi piace il Quidditch e di certo non ho mai avuto intenzione di farmelo piacere. E per far scommettere te e Ron avrei dovuto usare quel calcolo. Che altri del mio corso abbiano dato uno sguardo alla mia idea per poi riproporla non mi riguarda» si giustificò. «E comunque, io godo dell’immunità».

Theo inarcò le sopracciglia a quella sua affermazione. «Sai, Granger, non sono certo che valga ancora. È evidente che l’Ordine sia caduto» le fece notare, indicando con un cenno le mura che li circondavano. Il silenzio innaturale intorno a loro era da brividi. «In quanti siete rimasti? Una trentina? Gli agenti sotto copertura di certo non potranno abbandonare tutto per correre ad aiutarvi».

«Gli agenti sotto copertura avranno ricevuto immediatamente il messaggio che li avvisava di non tornare indietro» confermò Hermione, con una smorfia. «L’Olimpo è caduto4, alla fine» sbottò, lanciando uno sguardo al suo unico collega presente, che abbassò gli occhi al suolo. «In questa particolare evenienza, tutti noi siamo ancora coperti dall’immunità diplomatica totale ed obbligati a dare la vita per fermare chiunque abbia provocato il collasso. Abbiamo prestato un giuramento quando il nostro ruolo è diventato effettivo».

«Un giuramento? Nel senso di un voto infrangibile?», lo sconcerto di Weasley era piuttosto evidente.

La Granger scosse il capo. «No, naturalmente no. È solo una questione d’onore, diciamo. In fondo, però, morire per fermare Sisifo e Tiresias è proprio la nostra intenzione, sempre che si riveli necessario. Noi Banshee siamo nate per questo, per difendere la Comunità Magica fino alla Morte».

«Ed oltre» aggiunse il Magizoologo, stizzito. «Avevo detto a mia moglie che avremmo fatto bene a ritirarci a vita privata anni fa».

«Dubito che se anche avesse voluto avreste potuto farlo» gli fece notare Potter, scuotendo il capo. Osservandolo, Theodore notò una certa rigidità nelle spalle, forse per lo stesso motivo che aveva stretto il suo stomaco in una morsa. Chiunque li stesse seguendo si era fatto molto più vicino. «Stando a quanto mi è parso di capire, siamo stati tutti manipolati da quel bastardo di un veggente. In questo momento ho paura che anche la scelta dello spazzolino da denti non sia stata mia».

La Granger rabbrividì, mordendosi il labbro. Doveva essere un argomento parecchio delicato per lei e – stando alle sue occhiate non troppo furtive – per un inconsapevole Weasley.

Un crepitio ben distinto li fece fermare tutti, come agghiacciati. Chiunque li stesse seguendo doveva aver deciso che fosse giunto il momento di palesarsi. Fu Potter a voltarsi per primo, la bacchetta in mano e negli occhi una determinazione che Theodore ricordava di aver già visto la notte in cui Hogwarts era arrivata al collasso. Lo sguardo di qualcuno deciso a fronteggiare qualunque cosa il destino avesse deciso di mettergli davanti. Theodore non amava quello sguardo, di solito anticipava esperienze suicide.

Nel tempo che tutti impiegarono a voltarsi, una figurina era riemersa dalle ombre, i lunghi capelli scuri lasciati liberi sulle spalle delicate ed i grandi occhi curiosi puntati proprio sull’Auror, quasi avesse voluto studiarlo attentamente. Quasi fosse stato un cagnolino molto buffo e apparentemente amichevole. Theodore non aveva la minima idea di chi fosse quella piccoletta, ma il suo sesto senso lo stava avvisando di tenere gli occhi aperti. Era assai improbabile che una bimba normale potesse trovarsi lì, al buio e circondata da creature praticamente appena uscite da un incubo.

Sempre che la bambina stessa non fosse un incubo.

«Andate via» fu tutto ciò che Potter disse, senza staccare gli occhi dalla piccola neppure per un istante. I due avevano preso a fissarsi come se anche solo in quel modo avessero potuto comunicare. «Andate adesso, non credo che impiegherà molto prima di esplodere come un petardo a Capodanno».

La Granger si fece avanti, una mano sulla spalla dell’amico. «Harry, cosa diavolo credi di poter fare? Nessuno ha idea di come fermare gli Obscuriali, men che meno tu» gli fece notare, cercando di tirarlo indietro, ma senza successo.

Anche il Magizoologo si fece avanti, ansioso. «Non essere idiota, sai bene cos’è lei, non puoi far nulla».

Evidentemente tutti e tre condividevano un’informazione che non si erano premurati di condividere con lui. Quattro, considerando lo sguardo preoccupato di Weasley. L’ansia di Theodore non fece che crescere ad ogni secondo battuto dall’orologio.

Potter scosse il capo. «Proprio perché so cos’è lei sono sicuro di cosa dico, quando vi chiedo di andare via» comunicò, senza tuttavia staccare lo sguardo da quello della bambina. C’era qualcosa, in lei, che terrorizzava Theodore. Gli sembrava di averla già vista, di averla già incrociata a qualche parte.

Ma dove? Non avrebbe potuto avere più di cinque o sei anni, lui non aveva conoscenze che rispecchiassero quei caratteri. L’unica eccezione era la figlia di Bellatrix e Rodolphus, ma lei era-

Paralizzato dalla realizzazione, Theodore dovette far forza su se stesso per non arretrare di colpo. Doveva essere lei, la bambina che tutti credevano fosse morta prima della battaglia. La bambina concepita ricorrendo ad una magia così oscura da non poter essere condivisa neppure con i fedelissimi di Lord Voldemort. La stessa magia che suo padre aveva usato quando a sua madre era stato comunicato che non avrebbe potuto generare figli suoi5.

Il più grande fallimento di Augustus Nott era stato il non essere riuscito a dare a Bellatrix Lestrange la stessa possibilità che lui aveva dato a sua moglie. Tutti lo ripetevano come un mantra, quasi volendosi confortare nell’idea che il pozionista più brillante mai passato per la Gran Bretagna non fosse poi così infallibile, che neppure lui fosse davvero riuscito a tirare i fili della natura, della biologia al punto di rendere fertile un corpo sterile. Lo avevano accusato di aver mentito riguardo la miracolosa nascita di Theodore, avevano ritirato tutte le onorificenze ed i premi che gli erano stati riconosciuti per la sua ricerca. Dopotutto, aveva fallito nel dare a Bellatrix – l’unica per cui avrebbe certamente fatto un’eccezione al suo famoso divieto di commercializzazione del siero – ciò che lei, il marito ed il Signore Oscuro desideravano, non c’era dubbio che avesse sempre mentito. Quel fallimento ne era sempre stata la prova.

Ma Augustus non aveva mai fallito.

«Quel laido figlio di puttana» fu il commento con cui Theodore attirò l’attenzione di tutti. «Ha davvero permesso che quel mostro si riproducesse, alla fine» sibilò, tentato di tirarsi via i capelli per la rabbia. Era un vizio che, a detta di Beth, gli sarebbe costato la calvizie prematura. Beth, che suo padre aveva promesso di non toccare nonostante fosse furioso con entrambi. Beth, che probabilmente era stata la vittima di uno scambio premeditato anni prima6. Si spiegava tutto. Partendo dalla volontà di collaborare con Voldemort nonostante avesse giurato di non utilizzare mai più il siero fin al suo volerlo abbandonare prima della battaglia. Suo padre sapeva cosa sarebbe successo, sapeva che lui un giorno avrebbe abbandonato tutto per amore di una Magonò e che nessun mago avrebbe mai potuto avvicinarla senza trovarsi Theodore stesso fra i piedi. Se lui non fosse stato lì ad aiutare quella squadra di pazzi, Tiresias avrebbe pagato il prezzo pattuito cinque anni prima ed avrebbe ucciso Beth, liberando l’unico erede della famiglia Nott dal suo peso. «Potter ha ragione, dovete andare via. Resterò io ad aiutarlo».

«Sei diventato scemo?» ruggì la Granger, voltandosi verso di lui come se avesse voluto fracassargli il cranio contro il muro. «Quella è una Obscurus! Ed un Horcrux».

Theodore strinse i denti, ringraziando mentalmente Edelweiss ed appuntandosi di comprarle il più bel vestitino da damigella mai creato, se fosse riuscito a sopravvivere e, quindi, a sposarsi. Le fialette che la piccola gli aveva fatto portare con sé erano un confortante peso all’altezza del cuore. «Un Horcrux può essere distrutto solo da un altro Horcrux e credo che Potter, anche se in minima parte, lo sia ancora» fu tutto ciò che disse, guardando la bambina dai capelli neri, immobile a circa settanta, ottanta metri di distanza. Non si era mossa da quando loro avevano iniziato a discutere. Dandosi poi un colpetto ad altezza del petto, Theodore si passò la lingua sul labbro inferiore. «Quanto all’altro piccolo problema, credo di poter fare qualcosa».

«Nott-».

«Hermione» sbottò Potter, decisamente più irritato di quanto non fosse stato fino a quel momento, «andate. Se anche non riusciremo a fermarla, potremo rallentarla abbastanza da darvi il tempo di raggiungere gli altri. Ophelia è fra le mani di quel mostro, così come George e Malfoy e Katie. Noi ce la caveremo, non sappiamo invece in che condizioni siano loro» spiegò, deglutendo rumorosamente. Era impallidito, ma era piuttosto comprensibile. «Barry, andate. Pensa a tua moglie, maledizione».

Il Magizoologo lo guardò per un lungo istante, prima di poggiare la mano sulla spalla della Granger. Weasley sembrava pronto ad andare, probabilmente spinto dal pensiero del gemello e della negromante cui era collegato. «Potter, fa’ in modo di sopravvivere. Tua cugina non se lo perdonerebbe mai se non dovessi farcela».

Potter sorrise leggermente. «Nel caso, chiamate vostro figlio come me. E cercate Ginny, voglio che i miei figli abbiano anche dei parenti dal ramo paterno che non siano disgustati al solo pensiero della Magia».

 

***

 

Rimasti soli, Harry si voltò in direzione di un Nott ben più cupo del solito. «Allora, credi di potermi illuminare riguardo il tuo segreto sugli Obscuriali? Tutta quella scenata coraggiosa di poco fa mi sta abbandonando e mi farebbe piacere una minima rassicurazione».

Nott lo guardò per un solo istante, tornando poi a concentrarsi sulla bambina. «Sono un pozionista, io… faccio pozioni. Di ogni tipo. Pozioni curative, pozioni d’attacco o di difesa. Posso avvelenare una persona in almeno settanta modi diversi, trentadue dei quali non lasciano segni» gli disse, cupo. «Potrei avere qualcosa capace di congelare la magia e questo qualcosa potrebbe riportare la bambina ad uno stato più umano, anche se solo temporaneamente. Quindi non rallegrarti, dovrai comunque farla fuori, con o senza esplosioni magiche».

Harry lo fissò per un lungo istante, consapevole dell’orrore dipinto sul suo viso. «Tu hai inventato cosa?» gli chiese, indeciso fra il sentirsi spaventato o disgustato. Bloccare la magia era… assurdo. E potenzialmente disastroso. Congelarla per farne cosa? Era forse un progetto voluto da Voldemort? Suonava come un progetto di quel folle. E perché lui lo stava sviluppando? Quali erano i suoi interessi?

Nott strinse le labbra. «Potter, calmati. Ho semplicemente portato a termine un progetto che il Ministero mi ha richiesto, volevano usarlo come metodo punitivo sostitutivo dei Dissennatori, ma c’è stato un veto della Confederazione, non verranno mai usate. Io ho l’unica fialetta ancora esistente e non sono neppure sicuro che funzionerà» ammise, esasperato. «Ammetto di aver sperato di invertire il processo e sviluppare la magia nella mia fidanzata, ma lei non me l’avrebbe mai permesso» aggiunse, con un certo imbarazzo. «Adesso ti dispiace concentrarti sul vero problema? La piccoletta ha iniziato a ridere ed io sono sinceramente inquietato».  

«Per lei è divertente» sbottò Harry, guardando il piccolo Horcrux come se lei personalmente avesse preso a schiaffi la sua ritrovata, per quanto fasulla, serenità. Perché avrebbe dovuto preoccuparsi, dopotutto, se ai suoi occhi loro due non erano altro che due pivellini? Per lei, quello che si sarebbe svolto da un momento all’altro sarebbe stato solo un momentaneo intoppo. «Quando ho ricominciato ad avere i miei incubi, ho anche ricominciato a sentire il collegamento con l’altra parte dell’anima di Voldemort» spiegò, avanzando di qualche passo. «Mi ero chiesto il perché della sua presenza nel Limbo, ma non immaginavo certo che fosse perché ce n’era ancora uno ben nascosto7».

«Intendi dire che il Signore Oscuro non è davvero morto?» chiese Nott, le sopracciglia scure aggrottate. «Hanno seppellito il suo corpo, la notizia era su tutti i giornali. Non hanno neppure detto dove proprio per evitare che la sua tomba potesse essere oggetto di attenzioni indesiderate o, ovviamente, della prosecuzione di un culto sulle sue opere».

Harry strinse le labbra. «Hai letto dei libri sulla Negromanzia, Theodore. Hai già una pallida idea di cosa Kate e quelli come lei possano fare. Credi davvero che la morte del corpo possa porre fine all’anima? Voldemort è sopravvissuto per tredici anni senza un vero corpo, immagino che parte della sua essenza possa ancora sopravvivere in noi» spiegò, indicando con un cenno la piccola. Lei si era avvicinata lentamente, come per studiarli meglio, e non sembrava intenzionata a far loro alcun male. Per il momento, ovviamente. Testando un po’ la sua fortuna, Harry decise di provare qualcosa che credeva di non aver più la capacità di fare. O almeno così aveva sperato. «Tu sai chi sono io?». Le parole uscirono dalle sue labbra con la stessa naturalezza di un tempo, quasi non avesse mai smesso di praticarle. Non si rese quasi conto di aver cambiato lingua, a tradirlo fu solo la sensazione decisamente estranea della lingua contro i denti. Nott, al suo fianco, si irrigidì. Non doveva aver mai visto quel talento al di fuori di Voldemort. Forse lui non si era iscritto al Club dei Duellanti, quasi dieci anni prima8.

La bambina si illuminò di un sorriso immenso, facendo internamente morire Harry. Una parte di lui era colmo d’orrore nel vederla così tranquilla, così normale e innocente. Un’altra parte aveva ricevuto conferma della sua reale natura e temeva di non poter fare nulla per fermarla. Non aveva una spada o del veleno di basilisco, con sé. A sostegno di quel suo insensato gesto di coraggio c’era solo l’assurda convinzione che Horcrux potesse distruggere Horcrux, proprio come credeva fosse accaduto quattro anni prima.

«Certo che ti conosco! Tu sei quello che ha ucciso mio padre» rispose la bambina, puntandogli contro il piccolo indice della mano paffutella. «Anche tu parli con i serpenti! Neppure Tiresias ci riesce. Non mi piace che anche tu sappia farlo» gli comunicò, incrociando quindi le braccia al petto. I contorni del suo corpo sembrarono tremolare, la sua immagine farsi più sfocata. «Perché sei venuto qui? Io non voglio parlarti». Voltatasi leggermente, la piccola scorse Theodore, che sembrava ad un passo dal volersi fondere con la parete di pietra. «Lui mi piace, anche se ha la pozione che mi toglie la magia».

Il mugolio terrorizzato che Nott emise avrebbe fatto sorridere Harry, se lui stesso non fosse stato sul punto di farsela sotto.

«Non avere paura, ti ucciderò in modo poco doloroso» tentò di rassicurarlo la piccola, con un gran sorriso tutto fossette. «Nessuno si è mai lamentato e Tiresias ha sempre detto che sono una bambina molto pulita e beneducata» continuò, dondolandosi sui talloni con un sorriso incantevole quanto lei.

«Com’è… confortante» mormorò Nott, lanciando un’occhiata ad Harry, una mano già infilata nel mantello, forse per recuperare la pozione. «Che ne dici di non uccidermi afffatto? Sai, avrei un matrimonio a cui prendere parte».

La bimba sorrise di più. «Quale matrimonio? Mi piacciono i matrimoni, le signore si mettono vestiti da principesse! Tireasias dice che quando tornerò in vita anche io potrò mettere un vestito come quelli» spiegò, sbattendo quasi subito il piedino per terra e lasciando che, ancora una volta, i suoi contorni sbiadissero pericolosamente. Harry non aveva mai assistito alla trasformazione di un Obscurus e non era decisamente pronto a farlo in quel momento. «Vuoi dirmi chi si sposa?».

«Io, io dovrei sposarmi. Non posso farlo se tu mi uccidi, sai?».

La piccola bocca si aprì leggermente in una smorfia di scontento. «Oh, è un peccato. Mi sarebbe piaciuto vedere un matrimonio, ma tu devi morire, Tiresias ha detto che nessuno deve raggiungere lui e la signora che fa paura».

«Hai fatto passare gli altri, però» le fece notare Nott, attirandosi un’occhiata allibita da parte di Harry. Invece che farle scordare gli altri lui li stava usando per rinfacciare un qualche trattamento di favore? Avrebbe potuto mettere a rischio l’intera missione, per Merlino! «Mi rifiuto di credere che tu li abbia dimenticati davvero. Dimmi, credi che ucciderci sarà così tanto un giochetto da ragazzi da poterli poi raggiungere senza che Tiresias se ne renda conto? Sei una povera sciocca».

Che diavolo…?

«La stai facendo irritare» gli fece notare l’Auror, con una certa stizza. «Cosa credi di f-», qualunque cosa avesse voluto dirgli, gli morì in gola sotto il peso di un incantesimo silenziatore. Nel panico totale, Harry si voltò a fissarlo, ritrovandolo tutto intento a ricambiare lo sguardo della bambina.

«Credi ci abbiano lasciati qui senza un motivo? Noi possiamo distruggerti in modo tale che neppure Sisifo potrà riportarti in vita. Possiamo fare in modo che tu non torni mai più in vita» continuò a stuzzicarla, facendosi coraggiosamente avanti di vari passi. Quando abbassò la mano in cui non reggeva la bacchetta, Harry notò che stesse tenendo un’ampolla con dentro un liquido bluastro. La pozione.   

I contorni della bambina tremolarono di più ed un brivido gelido attraversò Harry. Doveva essere il suo istinto di autoconservazione che, dopo essere tornato in servizio per quattro anni, decideva nuovamente di fare i bagagli e tornare nello steso paradiso tropicale in cui doveva aver trascorso i sette anni che Harry aveva trascorso in guerra – più o meno dichiarata – contro Voldemort ed i suoi scagnozzi. Il suo pensiero corse a Ginny, in quel momento probabilmente rinchiusa in una stanza dai suoi fratelli così che non li raggiungesse per combattere, ed ai suoi bambini. Se quella creatura avesse perso il senno, lui non avrebbe avuto alcuna possibilità di conoscerli.

Sarebbero stati degli orfani, proprio come lui.

Ma Nott non sembrava curarsi dei suoi crucci interiori.

«Sei una bambina viziata, credi davvero che una volta morta ti riporteranno in vita? Probabilmente ti hanno mandata qui perché così ti saresti tolta dai piedi» insistette, beffardo, avanzando con un cipiglio sempre più fiero e superbioso. La pozione era ben stretta nel suo pugno, nascosta alla vista della piccola ma ancora visibile ad un ammutolito Harry. Condividere il suo piano non doveva essere nelle sue intenzioni. Forse far morire il povero Bambino Sopravvissuto senza dargli modo di partecipare attivamente era un modo perverso per aiutarlo. Voleva evitargli l’angoscia, forse.

Oppure non aveva la minima considerazione dei suoi interessi e credeva che Harry l’avrebbe seguito a prescindere da tutto.

«Stai zitto» intimò la bambina, le labbra strette con furia. Qualcosa di oscuro si stava sprigionando da lei, quasi la sua ombra avesse improvvisamente deciso di estendersi nella terza dimensione per assorbire tutto ciò che avrebbe potuto trovare sul suo cammino. Come se avesse voluto inghiottirli tutti, lei per prima. «Non farmi arrabbiare, signore. Io non voglio arrabbiarmi» aggiunse ancora lei, questa volta con una strana nota di preoccupazione ad incrinarle la vocina angelica.

La realizzazione colpì Harry come un pugno allo stomaco. Credeva di aver già realizzato quanto giovane fosse quella vittima innocente di Voldemort e Tiresias, ma si era sbagliato. Si era sbagliato terribilmente. Nessun Obscuriale era mai sopravvissuto e l’unico con cui Newt Scamander avesse avuto modo di parlare9 aveva solo accennato al terribile dolore che le esplosioni di magia potevano portare. Era uno shock terribile che aveva spinto tanti bambini, fra cui anche Ariana Silente, a rinchiudersi in se stessi, scollegarsi dalla realtà per illudersi che quell’orrore non stesse accadendo proprio a loro. E quella bambina non era diversa, nonostante la sua mente fosse stata controllata per tutta la sua vita. Nonostante fosse stata plasmata affinché potesse diventare un’arma di distruzione di massa.

Era solo una bambina ed aveva paura del dolore.

E loro avrebbero dovuto ucciderla.

La paura di morire era solo un ingrediente nell’enorme miscuglio che si stava agitando nel suo piccolo cuore, solo un mattone nella muraglia che le stava precipitando addosso. La bambina sarebbe dovuta morire a prescindere, perché così era stato previsto, così le era stato inculcato. Morire l’avrebbe liberata dal suo dolore, ma morire faceva paura, quasi più paura del dolore ma non a sufficienza da spingerla a ribellarsi ai suoi padroni.

«Potter». Il richiamo di Nott lo tirò via bruscamente dalla sua trance, facendogli sbattere le palpebre un paio di volte. «Conosco quello sguardo e non ti permetterò di mandare tutto all’aria» lo avvisò, con una smorfia irata. Era arretrato nuovamente fino ad affiancarlo, la fiala non più nascosta perché la bambina era ormai troppo presa dai suoi dolori per prestare loro alcuna attenzione. La trasformazione era stata innescata, l’esplosione era sul punto di presentarsi.

«È solo una bambina, dovremmo tentare di aiutarla» esalò Harry, senza riuscire a guardarla per un secondo in più. In una parte recondita della sua mente sentiva il suo dolore, la sua disperazione e la paura. Le percepiva come se fossero l’eco di sue emozioni passate. Forse lo erano. Dopotutto, anche lui era stato solo un bambino spaventato rinchiuso in un sottoscala buio e polveroso quanto doveva esserlo la gabbia in cui la bambina aveva costretto la sua innocenza per poter sopravvivere tanto a lungo.

    «È quello che stiamo tentando di fare, Potter». Nott lo afferrò per il braccio, scuotendolo piuttosto violentemente. «Credi davvero ci sia un’altra possibilità di salvezza, per lei? Preferiresti condannarla a vivere con quello spettro dentro di lei? Mettiti nei suoi panni. Se qualcosa ti stesse soffocando dall’interno, giorno dopo giorno, e tu non potessi far nulla per fermarlo o rallentarlo… non preferiresti mettere fine a tutto?».

Harry non riusciva neppure a contemplare quell’idea. La possibilità di dover porre fine ad una vita così innocente, così giovane lo stroncava.

«Togli la testa dal culo, Potter, e guardala!» sbottò di nuovo l’altro, indicando la massa informe ed oscura che lentamente stava esplodendo dal petto della bambina. «Io non posso far altro che darti modo di aiutarla, ma solo tu puoi ucciderla, tu sei un Horcrux, sai cosa vuol dire. Toglile quel mostro dall’anima e lasciala libera» gli intimò, secco, abbassando tuttavia il tono di voce così da renderlo più gentile. «La mia pozione dovrebbe poterla rallentare, tu hai qualche minima idea di come… finirla?».

Stranamente – e miracolosamente – Harry riuscì a riprendere il controllo di se stesso. Aveva pensato alla bambina come un Obscuriale, qualcosa che nessuno conosceva e che lui aveva solo associato con una paura ed un dolore a lui sconosciuti. Lui non aveva mai avuto timore della propria magia. Ma Nott aveva ragione, loro erano entrambi Horcrux. Harry sapeva cosa significava avere quel mostro nero sul fondo del cuore. Lui era stato libero per anni, prima di subire gli effetti di quel parassita, lei, invece…

Doveva aiutarla.

«Per distruggere un Horcrux, bisogna distruggere il suo contenitore in modo che non possa più essere ricostruito» spiegò, senza degnare di un’occhiata Nott, che aveva già tolto il tappo alla sua pozione. L’Obsurus era sempre più grande, sempre più potente. Solitamente si trattava di esplosioni di magia, ma quel mostro era fin troppo esperto nel cambiamento, aveva imparato a mangiare la sua piccola ospite un morso alla volta, lasciando che soffrisse. «Credo che un’Avada Kedavra possa funzionare, se scagliato da me».

Nott strinse le labbra. «Tu, però? Credi di essere ancora un Horcrux?».

Harry si strinse nelle spalle, sentendo il cuore quasi esplodergli nel petto. «Non lo so, il mio Horcrux potrebbe essere rimasto al suo posto, ma potrebbe essere solo un eco. La Magia nera lascia sempre dei segni, ovunque passi… se lei dovesse morire per mano mia, allora io stesso potrei morire».

«Sei disposto a rischiare?».

«No, ma dovrò farlo comunque. Per Ginny, per i miei figli e per tutti gli altri».

I due si guardarono per un lungo istante, poi Nott annuì. «Draco aveva ragione nel dire che voi Grifondoro siete dei veri martiri» fu il suo commento, vagamente ilare. Il suo black humour era famoso in tutta Hogwarts, dopotutto. «Tieniti pronto, non ho idea di cosa succederà quando la colp- sta arrivando!» urlò all’improvviso, dando ad Harry il minimo preavviso necessario ad alzare la sua bacchetta e puntarla dritto davanti ad entrambi, evocando uno scudo come minima difesa. L’impatto dell’essere oscuro contro di esso gli fece tremare le gambe, l’intero braccio si contrasse come in preda ad uno spasmo.

Non aveva mai risposto ad un attacco così potente.

Stretti i denti, tentò di raddrizzarsi e avanzare ma, nonostante l’aiuto dello scudo evocato da Theodore, non riuscì a far altro che limitare il proprio arretramento a pochi passi. «Non possiamo trattenerlo! Serve la pozione! Aspetta che torni indietro per prendere la mira, allora io abbasserò la protezione per un istante e tu la colpirai!» gli urlò, lanciandogli uno sguardo velocissimo solo per assicurarsi che fosse capace di muoversi. Un altro potentissimo attacco della creatura li fece balzare indietro di parecchi centimetri. Oltre al braccio, anche la spalla aveva iniziato a dolergli. «Nott, adesso!»

Il movimento fulmineo con cui Nott scagliò la fiala fu ammirevole, soprattutto perché riuscì a centrare il suo terrificante obiettivo, aprendogli un foro luminoso proprio al centro. Sembrò quasi che un raggio ghiacciato l’avesse attraversato, lasciando che il gelo si diramasse da quella prima feritoia con una velocità impressionante. Cristallizzato, l’Obscurus restò a pochi metri da loro, bloccato nella sua purissima essenza magica, come un’ombra imprigionata in un cristallo.

Sfiniti, i due crollarono in ginocchio al suolo, tenendosi il petto e respirando a fatica.

«La mia pozione blocca la magia, la cristallizza e la rende inutilizzabile» spiegò Nott, una volta recuperato il fiato. «Un Obscuriale è pura magia incontrollata. L’ho… pietrificato».

Harry restò per un istante immobile a fissare quella strana statua davanti a loro, una brutta sensazione allo stomaco. «Ho la sensazione che se dovessi colpirlo con qualunque incantesimo finirebbe con l’esplodere. Ti prego, dimmi che sto esagerando e che sono un pessimista».

Nott strinse le labbra, scuotendo poi il capo. «Mi dispiace, Potter, ma temo tu abbia ragione. Credevo che sarebbe regredita al suo corpo umano, mentre così… posso solo ipotizzare che sarà come far scontrare due incantesimi potentissimi. Spezzeremo il fisico ma l’impatto sarà… distruttivo». Lentamente si passò una mano sugli occhi, forse cercando di nascondere le lacrime di rabbia e paura che involontariamente avevano cercato di fuggire via. «Non c’è via d’uscita, Potter. La pozione non è infinita, a breve dovrebbe perdere i suoi effetti».

«Tu puoi smaterliazzarti via, Nott. Solo io devo morire» gli disse, in un modo di cavalleria che non era del tutto scomparsa in quegli anni. «Va’ via, trova la mia fidanzata e dille che mi dispiace e che non ho mai smesso di amarla, neppure un istante».

La risata di Nott suonò disperata anche alle orecchie di Harry, che non poteva negare di essere un po’ tardo. «Potter, io non posso andare da nessuna parte. Non ci si smaterializza dal Quartier Generale delle Banshee e l’unica uscita è…» indicò l’Obscuriale, «proprio lì dietro. Sono incastrato qui tanto quanto te, non potrò portare alcun messaggio a tua moglie. O baciare la mia per l’ultima volta» confessò, la voce roca. «Non c’è niente da fare, al riguardo, quindi tira fuori il coraggio Grifondoro e uccidi quel mostro».

Harry lo fissò per qualche istante. «Non ho mai pensato che sarei morto al fianco di un figlio di Mangiamorte10» gli disse, rialzandosi ed allungandogli la mano libera affinché potesse imitarlo.

«Siamo tutti uguali davanti alla morte, Potter. Adesso fallo, prima che io me la faccia sotto dalla paura. Voglio morire con dignità».

Era il massimo che avrebbe ottenuto da lui, ma ad Harry fu sufficiente. Avrebbe voluto morire circondato da persone amate, avrebbe voluto dire i suoi addii come l’ultima volta.

Avrebbe dovuto sentirsi abbandonato, disperato. Aveva paura, era desolato, ma l’inevitabilità del suo destino gli impedì di perdersi. Ancora una volta, tutto si riduceva ad un faccia a faccia con i suoi incubi. Ancora una volta, il Bambino Sopravvissuto doveva affrontare la Morte a testa alta.

Questa volta, semplicemente, non sarebbe tornato indietro.

Sollevò la bacchetta, distogliendo lo sguardo dall’unica lacrima sfuggita al controllo di Nott.

Mi dispiace Ginny.

Inspirò profondamente, lasciando che i muscoli delle spalle si rilassassero.

Mi dispiace, ti prego di perdonarmi.

«Avada Kedavra».

Ti amerò per sempre.

 

***

 

Kate si svegliò dalla sua trance inspirando bruscamente, liberandosi dalla presa di Draco e tossendo per cercare di riacquistare la funzionalità della gola più velocemente. Nonostante lo sguardo appannato, riuscì a scorgere benissimo l’espressione straziata del suo Auctor, le mani portate al petto quasi avesse provato il suo stesso dolore. Quasi avesse voluto nasconderle anche alla propria vista, tanto era l’orrore di ciò che lei l’aveva costretto a fare. Era pallido – prevedibile, essendo morto – ed appariva piuttosto malaticcio. Se avesse avuto un battito cardiaco ed uno stomaco funzionante probabilmente avrebbe dato di stomaco per l’ansia.

«Quanto… quanto tempo è… passato?» gli domandò lei, afferrandolo per il braccio così da potersi tirare a sedere, seppur con parecchie difficoltà. La testa le girava e le ferite cauterizzate bruciavano e prudevano in modo infernale.

Draco la fissò per un istante come se avesse voluto ricominciare a strozzarla11. «Neppure un minuto. Non chiedermelo mai più, ti prego» la supplicò, respirando velocemente come se fosse stato sul punto di iperventilare. «Credevo di averti uccisa» esalò poi, a bassa voce. Kate riuscì appena a sentirlo a causa del fracasso che Sisifo e la sua rabbia stavano provocando a pochi passi da loro.

«Tranquillo caro, un lieve soffocamento per alcuni è addirittura piacevole».

«Lasciamo questo tipo di negoziazioni per la camera da letto, che ne dici?» fu la risposta che lui le dedicò, sarcastico. Gettò un’occhiata alle sue spalle, probabilmente preoccupato dai gemiti addolorati di Tiresias. «Non credo che quel teatrino durerà ancora a lungo. Sei riuscita a trovarla? Ha deciso di aiutarti?».

Kate strinse le labbra, piuttosto restia a confessare le dinamiche del suo delizioso incontro con Beatrice Vane. «Ha deciso di aiutarci, sta solo aspettando che io le faccia superare il confine fra i due mondi» mormorò, lanciando un’occhiata preoccupata alle spalle che Winter stava voltando loro. Aveva smesso di colpire l’amante immortale ma ancora non si era voltata a guardarli. Che stesse riprendendo il controllo di sé? Che stesse combattendo una lotta interiore fra i due aspetti del suo essere?

C’era speranza.

«Vi farà piacere sapere che abbiamo visite» commentò all’improvviso, quasi l’avesse sentita. Lentamente Sisifo si voltò, un sorriso sadico ad incurvare le labbra di Winter mentre i suoi occhi si puntavano alle spalle di Kate e Draco, oltre anche i corpi pietrificati nella fuga di Ophelia e George. Con orrore, Kate realizzò che dovesse esserci qualcun altro con loro, qualcuno che lei non aveva previsto si presentasse. «Fred Weasley, proprio l’uomo di cui avevo bisogno».

Kate avrebbe voluto voltarsi e prendere a schiaffi il gemello apparentemente oltre la barriera temporale. Se Sisifo avesse ottenuto anche solo una goccia del suo sangue – e l’avrebbe ottenuto senza orma di dubbio – sarebbe stata la fine per tutti loro.

«Cos’hai fatto a mia moglie?» fu il sibilo terribile di Barry a far stringere il cuore di Kate e darle il coraggio, finalmente, di voltarsi. Erano lì, tutti e tre, uno più pallido e terrorizzato dell’altro, fermi sulla porta a causa della barriera temporale. Hermione aveva le braccia alzate nel vano tentativo di distruggere l’ostacolo, pietrificata dalla scoperta che le si era parata davanti agli occhi.

«Io nulla, ma temo che la sua angoscia abbia ucciso il vostro embrione» rispose Sisifo, ridacchiando. I suoi occhi si spostarono velocemente sull’unica donna del gruppo, brillando d’irritazione. «Hermione Granger, che razza di volgarità ci sono nella tua testolina!» la riprese, tirando fuori il vecchio accento strascicato del sud degli Stati Uniti che era stato tanto caro a Winter. «Naturalmente ti sto leggendo nel pensiero, questo corpo apparteneva alla più grande Legilimens mai passata per questo mondo, credevi forse che io avrei rinunciato a questo privilegio, dopo che il povero Tiresias ha dovuto faticare tanto per convincere Mulciber a riprodursi?» le chiese, scuotendo il capo e lasciando dondolare i capelli neri sulle spalle. L’incantesimo di dissimulazione con cui Winnie li aveva sempre resi biondi non era più attivo, Sisifo non aveva alcun motivo di continuare a mantenerlo attivo.

Con un gesto, Kate intimò a Draco di stare in silenzio e di allontanarsi da lei. Il suo tentativo di lamentarsi venne immediatamente stroncato sul nascere con un solo sguardo da parte sua. Lui, dopotutto, doveva obbedirle. Nel frattempo, Barry aveva raggiunto sua moglie e George, separato da loro solo da una barriera invisibile. Kate non riuscì ad immaginare cosa stesse provando e preferì non pensarci. Se le cose fossero andate come lei aveva ipotizzato, quel suo dolore non sarebbe stato eterno.

La sua certezza tuttavia vacillò quando Barry spostò lo sguardo e, finalmente, notò anche lei.

«Ah, sì, anche quella è opera mia» si rallegrò Sisifo, con un sorrisino. Tornò a guardare Kate, la sua tranquillità quasi disturbante. «Certo, fosse per me sarebbe morta, Malfoy è riuscito a ricucirla. Ma non preoccupatevi per il suo viso, non permetterò che vada in giro così sfregiata! Ho intenzione di ucciderla per… uhm… seconda» rifletté, piegando il capo di lato. «Il primo a morire dovrai essere tu, Fred. Una volta morto tu, potrò finalmente occuparmi di quella creatura».

«Prima di uccidere Trina, dovrai passare sul mio cadavere!» ringhiò Barry, scagliandosi con violenza contro la barriera e facendola vibrare. Si trattava di una vera e propria cupola che li circondava in ogni direzione, spessa almeno un paio di metri. Philly e George erano incastrati lì in mezzo, pietrificati in un istante eterno. Kate sentì gli occhi pizzicarle al solo guardare l’orrore nel viso dell’uomo che avrebbe voluto poter chiamare padre. Il suo dolore non sarebbe mai scomparso davvero.

«Posso sempre uccidervi tutti davanti ai suoi occhi» rifletté Sisifo, fingendo di riflettere su quella possibilità. «Ovviamene lei non può nulla contro di me e ne è consapevolissima, però spera davvero di potermi rallentare abbastanza da consentirvi di fuggire ed aiutarvi, altrimenti dubito che sarebbe rimasta in silenzio per tutto questo tempo».

«Sempre geniale, Sisifo» si congratulò la Succubus, tentando di inarcare le sopracciglia ma rinunciando in partenza. Il suo viso era quasi completamente atrofizzato, le cicatrici le rendevano difficili anche le parole più semplici.

Fu Hermione a parlare, a quel punto, un sorriso vittorioso. «Mi sembra di ricordare che la Captio Temporis possa essere spezzata solo dall’esterno e soltanto da una persona diversa da quella che l’ha evocata. Una misura di sicurezza dei tempi antichi, si dice che Morgana l’avesse inventata per consentire che nessuno potesse toccare Camelot fino al ritorno di Re Artù e, con lui, dell’altro grande Mago, Merlino». La guardò con un sorriso vittorioso. «Non puoi fare assolutamente nulla».

Sisifo annuì, stringendo le labbra per tentare di nascondere un sorriso. «Hai ragione, naturalmente. Tuttavia non hai forse notato il silenzio di qualcuno? Qualcuno solitamente molto loquace?» le chiese quindi, accennando con il capo alla destra di Hermione. Kate, con orrore, vide Fred con le braccia alzate e lo sguardo completamente vuoto, intento ad eliminare tutto ciò che impediva a Sisifo di poter completare il suo piano malefico.

«Non toccarlo, Hermione!» l’urlo di Kate arrivò un attimo prima che l’altra donna potesse muoversi in direzione di Fred. «È controllato da Sisifo, non ci penserebbe un momento ad ucciderti e lui non se lo perdonerebbe mai» la avvisò, tentando di rialzarsi proprio mentre la Captio Temporis crollava tutt’intorno a loro, disperdendosi in una nube traslucida. George riprese la sua corsa, fermandosi, confuso, quando Barry gli strappò Ophelia dalle braccia, stringendola a sé con cupa disperazione. Lei era ancora senza sensi, sporca di sangue sfortunatamente suo.

«Non sei poi così sciocca, allora, Succubus» si complimentò Sisifo, mentre Fred avanzava lentamente verso la vasca, incurante dello sguardo disperato di Hermione. «Osserva il destino arrivare al suo naturale compimento, dopo millenni d’attesa!». Un dolore sordo impedì a Kate di risponderle, mozzandole il respiro in petto e facendole piegare le ginocchia. Maledizione Cruciatus, realizzò una parte di lei, quella abbastanza lucida e non impegnata ad urlare con tutto il fiato che aveva a disposizione. Sisifo aveva recuperato la bacchetta di Winter, anche se Kate dubitava fortemente ne avesse davvero bisogno.

Le braccia di Draco si strinsero intorno a lei in un momento e velocemente anche Hermione la raggiunse, aiutandolo a sorreggerla. Fred era quasi giunto all’enorme vasca d’oro.

Ora o mai più.

Tutte le forze di Kate si concentrarono in quella singola azione, in quella preghiera.

«Stellina mia, fermati».  

 

***

 

Sisifo si congelò, improvvisamente rigido. I suoi occhi chiarissimi si spostarono lentamente fra i vari occupanti della Sala, passando da George, Philly e Barry – i più lontani –, per poi spostarsi su Hermione e Draco. Solo alla fine guardò Kate, ancora accasciata al suolo ma con i grandi occhi neri spalancati e puntati su di lui. Su loro. A parlare non era stata la sua voce, non c’era traccia del suo pesante accento irlandese. Al suo posto c’era un tono gentile, garbato, dolce come quello di qualunque madre.

«Sei andata a recuperare uno spirito nel Limbo?» chiese Sisifo, inarcando le sopracciglia. Hermione sentì le proprie gambe tremare al solo sentire il suo tono. Era gelido, terrorizzato. Avrebbe giurato ci fosse anche una nota di rispetto sotto il più evidente disappunto. «Nostro padre ha sempre proibito di avventurarsi lì senza di lui, ti ammiro per il tuo coraggio, Succubus, ma temo che sia stato un rischio inutile».

Alle loro spalle, Fred ricominciò a camminare verso la vasca, entrambe le braccia sollevate. Hermione – che sinceramente non aveva idea di cosa stesse succedendo – fissò prima lui, che per tanto tempo aveva amato senza neppure rendersene conto, e poi George, intimandogli in silenzio di arretrare. Barry sapeva come difendersi dai Terrori Notturni e Philly aveva immediato bisogno di assistenza medica. Avrebbero dovuto approfittare di quel momento di distrazione per mettersi in salvo.

«No, Granger» fu il sussurro di Draco ad impedirle di rendere più evidenti le sue intenzioni all’altro gemello, che restò a fissarla finché Sisifo non ricominciò a ridere in modo maniacale. «Ophelia e suo marito sono gli unici che possono aiutare Kate a mantenere il controllo. Averli qui, per quanto terribile, la aiuterà a non abbandonarsi allo spirito».

«È davvero posseduta?» gli chiese, sconvolta, osservando proprio la Succubus rialzarsi ed avvicinarsi lentamente al loro nemico. Per un istante le parve quasi che i suoi tratti fossero cambiati e che gli occhi neri si fossero trasformati in gemme verdi. «Ha richiamato Beatrice Vane?» aggiunse, completamente allibita. «Credevo che le possessioni fossero solo-».

«Una leggenda?» la interruppe proprio Malfoy, con un sorrisino. «Guardami, Granger, sono praticamente un morto vivente. Gli zombie come me secondo alcuni non dovrebbero esistere, sei certa di voler toccare il tasto della leggendarietà proprio adesso?».

«Cosa credi di ottenere?» stava chiedendo Sisifo, con un ringhio furioso, arretrando ad ogni passo che Kate stava facendo verso di lui. «Lei è morta, sua madre non potrà far nulla per riportarla indietro» aggiunse, senza tuttavia poter nascondere la nota di panico nella voce. C’era qualcosa nel suo modo di guardarsi intorno che fece accigliare Hermione. Se non avesse saputo che davanti a lei ci fosse Sisifo, avrebbe pensato solo e soltanto alla vecchia Winter, con la sua perenne paura di aver fatto la cosa sbagliata, di aver fatto del male a qualcuno che non lo meritava.

«Stellina, non ascoltarlo. Quel mostro ha sussurrato al tuo orecchio per così tanti anni ma tu sei sempre riuscita a mandarlo via» disse invece Beatrice, sfruttando il corpo di Kate per potersi avvicinare, per poterla guardare direttamente negli occhi. «Piccola mia, cosa ti hanno fatto?» la sua voce sembrò tremare come se fosse stata sull’orlo delle lacrime ed Hermione percepì distintamente il proprio cuore stringersi in una morsa. «Ricordi cosa facevamo quando venivi a trovarmi, nonostante i divieti di tuo padre?».

Sisifo strinse le labbra, impallidendo. Alle sue spalle, Fred si fermò di colpo, sbattendo un paio di volte le palpebre con aria particolarmente confusa. L’incantesimo stava perdendo i suoi effetti. «Non riuscirai a riportarla abbastanza indietro da riprendere il controllo di questo corpo! E per ogni istante che lo spirito passerà qui, tu sarai più debole, sciocca di una Succubusle rinfacciò urlando, completamente preso dal panico. Hermione non si lasciò prendere dall’entusiasmo e men che meno dal sollievo. Non aveva idea di cosa stesse succedendo ad Harry e non sapeva come aiutare Fred. Senza contare Malfoy ridotto a poco più di un cadavere che le restava accanto, completamente immobile.

«Winter, stellina, tu sei migliore di così, sei migliore di lui» rincarò la dose Beatrice. «Pensa a quei bambini che hai salvato, pensa a tutte quelle vite innocenti… Io ti ho vista, lo sai? Ti ho vista e sono stata così tanto fiera di te! Hai dimostrato di non essere come tuo padre, di essere diversa dal mostro che ti sta controllando» le mormorò, avanzando imperterrita e con un sorriso gentile a curvare le labbra deturpate di Kate. «Vuoi davvero lasciare che lui possa renderti ciò che non sei?».

«Cosa diavolo sta succedendo qui?» sbottò Fred, guardandosi intorno proprio mentre Sisifo si prendeva la testa fra le mani, ringhiando ed urlando a Winter di smetterla di combattere, perché tanto sarebbe stato tutto inutile, tanto niente l’avrebbe salvata. Come attirato da una calamita, gli occhi scuri di Fred si posarono dapprima su George, inginocchiato vicino alla porta per poter aiutare Barry a far riprendere Ophelia, poi immediatamente su Hermione, che non riuscì a trattenere un sorriso sollevato. «Quella è Winter?» chiese allora lui, sconvolto. «E cos’è successo a Kate? E… Merlino! Malfoy, ma tu sei morto?».

Accanto ad Hermione, Draco inspirò bruscamente, come a voler impedire a se stesso di fare qualcosa di molto stupido. «Potresti zittire il tuo fidanzato? Tutti gli sforzi di Kate rischiano di essere mandati al diavolo perché lui le sta distraendo» le chiese, indicando con un cenno proprio la Negromante, arretrata di tanti passi quanti Sisifo era avanzato. La confusione sembrava sparita dal suo volto, sostituita da rabbia cieca. «Maledizione, ha ripreso il controllo».

Anche Kate/Beatrice dovette realizzare quanto grave fosse diventata la loro situazione. «Stellina» ritentò infatti, guardandosi intorno alla ricerca disperata di un qualche appiglio, di un consiglio su cosa dire per riottenere ancora l’attenzione di una sempre più debole Winter. «Ti ricordi la notte della mia morte?» tentò allora, disperata. «Ricordi cosa successe?».

Sisifo si fermò, una smorfia addolorata sul viso. «Io ti ho uccisa» rispose, attirando nuovamente l’attenzione di tutti i presenti nella stanza. La sua voce era suonata strana, come se fossero state due persone a parlare e non una soltanto, quasi ci fosse stato un eco di sottofondo, molto più addolorato e disperato. Winter.

Kate/Beatrice scosse il capo, cercando nuovamente di sorridere. Le sue guance erano macchiate di lacrime rosse. «Non lo ricordi più, è per questo che lui riesce a controllarti così bene» la rassicurò, tornando ad avanzare. «Ricordati quella notte, stellina. Ricorda come Tiresias ti tenne stretta per impedirti di salvarmi. Ricorda come mi tagliò la gola e ti costrinse a bere il mio sangue. Ricorda il tuo dolore, Winter» insistette, alzando la voce nel momento in cui riuscì a raggiungere nuovamente il corpo di colei che era stata una collega ed amica di Hermione, afferrandola per le spalle e costringendola a guardarla in viso. «Ricorda come dovettero tenerti ferma, come dovettero imbavagliarti! Non lasciare che lo facciano ancora, piccola mia! Non lasciare che ti distruggano di nuovo».

Sisifo urlò con tutto il fiato che dovette trovare in corpo, prima di cadere in ginocchio ai piedi del corpo posseduto dalla madre di Winter. Stava piangendo, le spalle tremavano incontrollate a causa della forza dei singhiozzi ed Hermione, che non si era neppure resa conto di aver trattenuto il fiato, espirò lentamente.

«Mi dispiace, mamma. Mi dispiace così tanto» mormorò Winter – finalmente tornata se stessa, abbracciando le gambe di Kate come se fossero state il suo unico appiglio con la realtà. Guardando la Negromante, Hermione dovette concentrarsi per riuscire a scorgere i suoi veri tratti dietro quelli sfocati di Beatrice. Sembrava quasi che lo spirito avesse acquistato più forza dalla vittoria riportata contro Sisifo. C’era da preoccuparsi? Malfoy le aveva afferrato il braccio, quasi a volersi far forza e non la lasciò mai andare. Guardandolo meglio, Hermione notò quanto stesse iniziando a sembrare più morto di prima.

«Malfoy?».

«Kate sta morendo» fu tutto ciò che le disse, la voce ridotta ad un sussurro roco. «Sento la sua vita scivolare via. Se non lascerà andare Beatrice, la perderò per sempre».

Hermione non ebbe il tempo di rassicurarlo, di dirgli che sarebbe andato tutto bene, perché in quell’istante Fred urlò.

Alzati gli occhi, lei vide quasi a rallentatore Tiresias – lo stesso Tiresias di cui tutti sembravano essersi dimenticati, troppo presi da Sisifo e dal dramma che Kate aveva tentato di risolvere – estrarre una lama dalla schiena dell’uomo che probabilmente l’aveva amata di più in tutta la sua vita. Il Veggente era coperto del suo stesso sangue, a stento capace di reggersi in piedi, ma il sorriso vittorioso con cui lanciò la lama sporca nella grande vasca non permise a nessuno di dubitare quanto fosse soddisfatto.

Fred la guardò, un attimo prima di accasciarsi al suolo fra le urla di George e, sorprendentemente, di Hermione stessa. Non si era resa conto di aver aperto la bocca finché non cominciò a dolerle la gola e le gambe decisero di cedere all’improvviso, lasciandola cadere fra le braccia di Draco.

No, ti prego, no! Era tutto ciò cui riusciva a pensare, nella memoria impressa l’espressione vuota di Fred un attimo prima di cadere. Ti prego, non posso perdere anche lui.

«Niente potrà fermarci!» urlò Tiresias, aggrappandosi al bordo della vasca, per potersi reggere in piedi. Il contenuto iniziò a ribollire, cambiare colore ed emettere strani fumi nerastri. Kate sembrò tornare se stessa solo per un istante, l’orrore dipinto in viso. «Credevi di avercela fatta? Nessuno è più forte di noi, neppure tu! Ed i prossimi a morire saranno i tuoi stupidi genitori» sibilò, respirando a fatica. Hermione osservò la scena come se stesse accadendo tutto all’interno di un televisore, lontano da lei, lontano dal suo shock. Non si sentiva più le gambe. «Vieni, amore mio, dimostra a questi mortali la forza del nostro amore».

Con l’orrore di tutti – soprattutto di Kate, che non fece nulla per impedirlo – Winter si rialzò, sorridendo nello stesso inquietante modo che in poco tempo Hermione aveva imparato ad associare a Sisifo. La osservarono raddrizzare le spalle, sollevarsi e fare l’occhiolino alla Succubus, prima di darle le spalle ed incamminarsi verso la vasca. «Ce ne hai messo di tempo, Sisifo, stavo per perdere il controllo di me» disse all’amante immortale, raggiungendolo fino a mettersi alle sue spalle.

«Ah, io non ti abbandonerò mai» gli rispose proprio il Veggente, osservando con dolcezza il contenuto della vasca. «Poche gocce dovrebbero bastare e allora tu tornerai per sempre, amore mio» aggiunse, senza tuttavia voltarsi. Le sue mani accarezzarono le dita di Winter, strette sulle sue spalle con la dolcezza di un innamorato.

Kate sbatté le palpebre un paio di volte, prima di deglutire. Qualcosa di Beatrice ancora aleggiava su lei, ma sembrava quasi completamente scomparso. «L’immersione totale vi distruggerebbe entrambi» disse, con una nota d’avvertimento nella voce. «Non si torna indietro da lì, non resterà assolutamente nulla da salvare».

Tiresias la fissò come se fosse diventata pazza. «Grazie per il tuo aiuto, Succubus, ma sarai comunque la prima a morire» le disse, facendole l’occhiolino. «Coraggio, amore mio, è giunto il nostro momento».

Stranamente, Sisifo sorrise. Una lacrima scivolò sulla guancia pallida, mentre i suoi occhi si posavano lentamente su tutti gli occupanti la sala. «Sì, è giunto il nostro momento» confermò, la voce sicura ed in netto contrasto con la sua espressione. Anche Hermione notò il modo in cui le sue mani si strinsero di più sulle spalle del Veggente, che si irrigidì. «Il Nulla è meglio di tutto questo» aggiunse, lasciando che l’emozione iniziasse a trasparire. Anche nel suo stato quasi comatoso, Hermione capì. Winter inspirò per l’ultima volta, mentre l’orrore si dipingeva sul volto di Tiresias. «Mi dispiace».

Quando saltò, il tempo sembrò fermarsi per un lungo istante e poi esplodere come un nuovo, terrificante e sanguinario Big Bang.

 

 

 

 

» Marnie’s Corner

 

Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!

 

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La sentite la marcia funebre?

 

Sono passati dieci mesi ed io sono arrivata all’ultimo capitolo. Se vogliamo essere precisi, ho già iniziato a scrivere l’Epilogo. Non mentirò, questa storia è stata molto più difficile del previsto ed ammetto di aver perso spesso e volentieri la mia ispirazione andando avanti, ma mi auguro comunque di avervi presentato una conclusione degna e sensata, soprattutto considerando i deliri a cui vi ho sottoposti.

Le morti non sono finite qui.

Rimando al prossimo capitolo per i ringraziamenti finali ed il discorso strappalacrime. Se comunque siete sopravvissuti a queste (circa) diecimila parole avete tutto il mio rispetto.

 

Punti importanti:

 

» * - “Eterno riposo dona loro o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace”. Una cosa delicata e adatta al capitolo

 

» 1 – Nott ha tante cose della sottoscritta, fra cui l’ansia, la passione per le pozioni ed il black humour. A lui non piace non avere idea di cosa stia facendo.

 

» 2 – Il Maine è uno stato degli USA, Theodore poverino non ha ben capito quale fra i cinquanta è quello di Barry. Diciamo pure che non è che gli importi particolarmente, quindi non si è neppure preso la briga di chiedere.

 

» 3 – Cosa avrà detto Nott alla lezione di Storia della Magia? È un segreto fra i quattro gatti che frequentavano la lezione, nessuno esterno saprà mai. L’idea di Theodore ed Hermione che condividono una specie di legame (non amicizia ma neppure reciproco odio) mi entusiasma particolarmente. Lui era il più brillante, subito dopo di lei.   

  

» 4 – Tipica frase da filmone americano su un attacco terroristico, lo so, ma in questo caso parlare di Olimpo di mi divertiva. Nello specifico si tratta della frase in codice che viene comunicata agli agenti sotto copertura ed ai sopravvissuti.  

 

» 5 – Diciamo pure che Nott Sr ha inventato un siero della fertilità super potente e che grazie a questo – di cui si è sempre rifiutato di condividere la ricetta – è riuscito a far nascere Theo. Fortunatamente è nato da un rapporto d’amore, altrimenti avremmo avuto Voldemort 2.0. Quando Voldy gli ha chiesto il siero per Bellatrix e RODOLPHUS (niente stronzata alla Delphini a casa mia!!!!!!) lui si è inizialmente rifiutato di collaborare.

 

» 6 – Nott Sr non ha voluto collaborare con Voldemort, all’inizio, ma è allora che Tiresias gli ha raccontato di cosa avrebbe fatto suo figlio con una Magonò, comprandosi il suo silenzio. Nott era consapevole che progenie di Bellatrix sarebbe stata solo un abominio, ma il terrore di cosa Beth avrebbe fatto a suo figlio l’ha fatto cedere. La pozione in cambio della promessa di uccidere la Magonò e far sopravvivere Theo.

 

» 7 – Avete presente la scena in cui Harry è a “King’s Cross” e si ritrova a guardare FetoVoldemort? Quella è l’anima di Voldemort bloccata nel Limbo. Kate nello scorso capitolo avrebbe anche potuto inciamparci sopra. Sostanzialmente la bambina è il motivo per cui Voldy non è finito all’inferno o, comunque, altrove.    

 

» 8 – Secondo anno, Club dei Duellanti di Allock, Harry “litiga” con Draco e si fa quattro chiacchiere con una vipera. Tutta la scuola ha scoperto che lui fosse rettilofono ma Theodore, che per natura se ne infischia dei pettegolezzi, non ci ha mai fatto caso. Per lui l’Erede di Serpeverde era solo una sciocchezza. Oltretutto sapeva che la linea di sangue di Salazar si fosse interrotta con i Gaunt.

 

» 9 – Riferimento ad “Animali Fantastici”, Newt ha conosciuto Credence ed io spero vivamente che lui sia sopravvissuto per fare altre quattro chiacchiere con il nostro adorato Magizoologo.

 

» 10 – Pseudo citazione da “Il Signore degli Anelli” in cui Harry è Gimli e Theodore è Legolas.

 

» 11 – Sì, per fare un salto nel Limbo Kate ha dovuto farsi quasi ammazzare. Draco non era proprio contento.

 

 

 

Mi dispiace, ma non è ancora finita.

Winter Vane resterà per sempre nel mio cuore come uno dei personaggi più sfortunati mai esistiti nella storia.

 

  

 

Manca solo l’Epilogo.

 

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

 

   
 
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