Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: FatSalad    03/11/2017    4 recensioni
Spartaco è giovane, bello, spiritoso, laureato, con un contratto a tempo indeterminato e con un “superpotere”: quello di far cadere ai suoi piedi qualsiasi donna senza fare assolutamente niente.
Il rovescio della medaglia di una capacità del genere, però, è che Spartaco è incapace di costruire rapporti di amicizia con le ragazze e, soprattutto, quando si scoprirà completamente e perdutamente innamorato si renderà conto di una cosa: non ha assolutamente idea di come si conquista una donna.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Renetta, come stai? Ho visto un fiocco rosso da lontano ed ero sicuro che fossi tu!» esclamò Filippo tutto sorridente raggiungendo Irene per stringerla in un abbraccio.
Spartaco si stupì nel constatare che la collega si stava lasciando toccare così impunemente, senza irrigidirsi o fare smorfie, anzi, stava toccando lievemente la spalla del ragazzo in segno di partecipazione.
«Come sei carina!» disse poi Filippo allontanatosi, strizzandole le guance.
Ancora una volta, Spartaco aspettò una reazione da parte di Irene, ma lei, al contrario, accettò il complimento con una risata. Con lui l’unica volta che si era lasciata toccare era mentre piangeva nella stanza dell’archivio.
Perplesso, il moro non poté fare a meno di notare quanto Filippo apparisse diverso rispetto al giorno in cui l’aveva visto in ufficio. Sembrava un’altra persona: rilassato, allegro e sicuramente più corrispondente all’immagine che emergeva dal racconto di Irene.
«Tesoro, ti avevo perso!»
Una ragazza, l’amica che si era messa con Filippo, dedusse Spartaco, li raggiunse e non appena notò Irene la salutò dandole due bacetti sulle guance ai quali, ancora una volta, la collega non si sottrasse.
«E lui sarebbe…?» chiese poi indicando Spartaco con il capo, curiosa.
«Allora sei davvero il suo ragazzo?» chiese direttamente Filippo, che fino a quel momento l’aveva bellamente ignorato come se fosse diventato trasparente.
Spartaco prese fiato e aprì la bocca per rispondere.
«Sì.»
Richiuse la bocca e guardò interrogativamente Irene. Non era certo di aver sentito bene.
«Scusate se non ve l’ho presentato prima – continuò Irene – Lui è Spartaco, loro sono Filippo e Costanza, i miei ex-colleghi di università. Ti ricordi? Te ne ho parlato...»
“Cosa?! Mi stai chiedendo di fingermi chi non sono?” le chiese Spartaco con lo sguardo, niente affatto contento della piega che aveva preso la situazione.
«Sì, certo, che mi ricordo. Piacere.»
Si stupì egli stesso di sentirsi rispondere a quel modo, sfoderando un sorriso cordiale. Non gli piacevano i giochetti, non sapeva mentire e non gli andava, ma, per qualche strano motivo, sentì che in quel momento era la cosa giusta da fare e si fidò di Irene, porgendo la mano ai due ragazzi. Strinse solo un po’ più forte quella di Filippo, serrando anche la mascella.
«Ma dai! E come hai fatto ad accalappiarti un fustacchione del genere?» domandò Costanza, sfarfallando le sopracciglia nella sua direzione.
«Io non ho fatto proprio nulla! – chiarì Irene – Siamo colleghi e lui si era preso una bella sbandata per me.»
“Sul serio?!” pensò Spartaco cercando di non sgranare gli occhi in modo troppo evidente.
«Sul serio?!» esclamò Costanza assumendo l’espressione esatta che avrebbe voluto metter su il moro.
«Sì, ma lui a quel tempo aveva una ragazza. Si è torturato per mesi, finché non l’ha lasciata e poi non ha avuto pace finché non gli ho concesso un appuntamento.» disse Irene con aria vagamente annoiata.
“Ma da dove le vengono certe idee?” si domandava Spartaco, sorpreso dal modo naturale con cui la ragazza mentiva.
«Alla fine ho dovuto cedere per l’insistenza, capisci? – stava dicendo Irene scuotendo il capo – E appena ha potuto mi si è praticamente gettato addosso!»
«No!» fece Costanza, allibita, prima di scoppiare in una risatina divertita.
“Oh” pensò Spartaco. Improvvisamente gli parve di capire. “Non sta inventando di sana pianta, sta interpretando quello che è successo realmente!”. Così però non andava, la sua descrizione lo stava facendo passare per un pappamolle!
«Dai, chicca, – chiocciò allora, dandole una lieve gomitata sul fianco – dillo che ti ho conquistato!»
Lo disse cercando di mettere su l’espressione più ebete e innamorata possibile e non gli venne tanto male, a giudicare da come Costanza si produsse in un verso che pareva uno squittio e scosse Filippo per l’avambraccio.
«Guarda come sono carini!» esclamò a mo’ di rimprovero rivolta al proprio ragazzo.
“Che pomeriggio… interessante!” pensò Spartaco tra sé, cercando di non tradirsi con una risata fuori luogo.

«Scusa, non volevo metterti in mezzo, sono mortificata.» disse Irene dopo qualche metro di silenzio.
Lei e Spartaco avevano scambiato due parole con Filippo e Costanza, come due vere coppiette felici, poi Irene, con totale naturalezza, aveva accampato una scusa per troncare la conversazione ed andarsene. Si erano salutati con il proposito (Spartaco non sapeva fino a che punto sincero) di ritrovarsi per una cena o simili.
«Non volevo che la mia amica pensasse che tra me e Filippo possa nascere ancora qualcosa. Ti ho detto del perché era venuto a cercarmi, vero?» continuò la ragazza, facendo capire quanto le premesse dare delle spiegazioni.
«Mi hai detto che il tuo amico aveva un problema, sì.»
«Già, sono stata abbastanza gentile con i termini. Il fatto è che ha messo incinta Costanza ed è andato nel panico. Era pieno di ripensamenti, paure… insomma, tutto comprensibile: da un giorno a un altro sta per diventare padre! Solo che non l’ha presa nel migliore dei modi, ecco. Ha cominciato a pensare di non essere pronto, di non essere con la ragazza giusta e… evidentemente si è ricordato che avevo una cotta per lui.»
Mentre parlava Irene aveva tenuto lo sguardo sulla strada ed un’andatura da marcia, Spartaco aveva dovuto allungare il passo per starle dietro.
«Cioè, fammi capire: quel giorno in ufficio era venuto col proposito di lasciare la sua ragazza e mettersi con te?»
«Più o meno.» disse Irene scrollando le spalle.
«Ah!»
Spartaco si lasciò sfuggire il principio di una risata senza allegria.
«Non giudicare, per favore.»
A quelle parole gli tornò in mente la frase che era risuonata per gli uffici quel caldo venerdì.
«Sei migliore di tuo padre»
«Diciamo che poco fa non volevo dare a quei due un motivo in più per dubitare del loro rapporto.»
Spartaco non voleva nemmeno immaginare cosa nascondesse il passato di quel ragazzo, ma…
«Ma tu hai davvero pensato che io somigliassi a quel… - stava per apostrofare il ragazzo in un modo poco carino, poi si ricordò che era pur sempre un amico di Irene – a quel ragazzo?»
Irene abbassò lo sguardo.
«Beh, per certi versi…»
«Io non scapperei se la mia ragazza fosse incinta e stesse aspettando mio figlio!» protestò, scaldandosi.
«Ma che c’entra? Questo è successo dopo, io pensavo al Filippo che conoscevo prima…»
Spartaco avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma capiva che l’argomento era sgradevole alla ragazza e si ripeté le sue parole “Non giudicare, per favore”. Schioccò la lingua e decise di cambiare discorso.
«Comunque… non ti facevo una così brava attrice.» disse dopo qualche istante cercando un tono più calmo.
«Te l’ho detto: a casa ho imparato a mostrarmi sempre allegra e perfetta, ho fatto un discreto allenamento.»
«L’ho notato, ma non è giusto che la mia performance sia sminuita così.»
«Non sia mai, caro il mio fustacchione innamorato! A tal proposito, mi riaccompagni a casa? Grazie alla nostra scenetta ho perso l’autobus.» disse dopo aver dato uno sguardo al display del cellulare.
«Certo, chicca.» fece Spartaco mieloso.
«Chicca? Ma sul serio?!»
«È il nomignolo più sdolcinato che mi sia venuto in mente.»
I due si guardarono di sottecchi, poi scoppiarono a ridere nello stesso momento.
 
“Venerdì non ci sono, guardo se riesco a liberarmi per domenica...”
Tornato a casa Spartaco si era gettato sul letto e, con gli avvolgibili abbassati e le finestre spalancate nella speranza di far passare un po’ d’aria, aveva riletto per l’ennesima volta l’ultimo messaggio che gli aveva mandato Lilla.
“Guardo se riesco a liberarmi” voleva dire che se veramente voleva vederlo si sarebbe fatta viva, altrimenti…
Era quasi ora di cena e la ragazza non gli aveva fatto sapere nient’altro riguardo al giorno seguente, facendogli perdere le speranze. Sussultò quando il cellulare, fino ad un secondo prima inerme nelle sue mani, cominciò a vibrare e mostrò il nome di una ragazza che lo stava chiamando.
Spartaco rispose con un sospiro: non era la ragazza a cui stava pensando, ma dopo un po’ d’insistenza lo incastrò per una cena fissata al giorno dopo.
“Dunque” pensò Spartaco sollevandosi dal letto per andare a prepararsi la cena “anche volendo domani non potrò vedermi con Lilla”.
Le scrisse controvoglia un messaggio per informarla, nel caso le fosse interessato, che non era più disponibile per la domenica sera. Abbandonò il telefono sul materasso e stiracchiò la schiena. Per qualche motivo non aveva alcuna voglia di presentarsi a quella cena.
La sera successiva si fermò di fronte ad un portone e fece un respiro profondo. Mise su un bel sorriso e suonò il campanello.
Udì perfettamente un ciabattare concitato e poco dopo una donna di mezza età gli aprì la porta.
«Spartaco, sei tu! Perché non hai usato le chiavi?» gli chiese sua madre, facendolo entrare in casa.
«Non avevo voglia di cercarle.» mentì Spartaco, che avrebbe preferito dire “Non avevo voglia di essere qui stasera”. Non lo fece solo per non far preoccupare la mamma.
«Ho portato una bottiglia.» proseguì Spartaco, cambiando discorso.
«Enrico! È arrivato anche Spartaco!» annunciò Sara dirigendosi con zelo verso la cucina, con la bottiglia di vino in mano.
«Alla buon’ora!» lo rimproverò Giulia sbucando fuori da qualche parte e raggiungendolo per dargli un lieve cazzotto sul petto.
«Capitano!» lo salutò Nathan, al seguito di Giulia, tirando fuori una mano dalla tasca.
Era da tempo che non cenava con i suoi, Giulia e Nathan. A volte, doveva ammetterlo, aveva evitato simili ricorrenze per non sentirsi di troppo in quel quadretto di perfetta felicità di coppia. Lui non aveva mai portato nessuna a cena in famiglia, Giulia aveva portato sempre il solito ragazzo e neanche troppo spesso, tanto che Nathan mostrava ancora qualche cortese reticenza in presenza dei loro genitori.
«Tutto a posto, Scheggia?» gli chiese Spartaco.
Nathan rispose in modo vago e gli fece qualche domanda sulla squadra di calcio e lui non ebbe il coraggio di approfondire.
Non gli aveva ridetto niente riguardo al suo rapporto con Giulia dopo la chiacchierata che avevano fatto davanti ad un pallone poche settimane prima. Dall’atmosfera che regnava nel salotto dove si sedettero ad aspettare, però, Spartaco immaginò che la coppia fosse ancora in una situazione di stand-by. Sua sorella e Nathan erano sempre stati piuttosto discreti, senza mostrare grandi gesti d’affetto in presenza di altre persone, ma quella sera a Spartaco sembrò di notare un filo di tensione tra i due. Sospirò quando sua madre annunciò che la cena era pronta e mentre si spostavano tutti verso il tavolo si impose di non indagare oltre sulla questione.
Spartaco stappò la bottiglia di vino che aveva portato e fece qualche battuta per non pensare più alle sorti di sua sorella e Nathan, sperando che la sua risata non risultasse forzata.
Ad un certo punto, mentre mamma Sara si preoccupava di portare in tavola la torta fatta in casa, Giulia e Nathan si lanciarono uno sguardo complice e Spartaco immaginò che si stessero tenendo per mano sotto la tovaglia. In un certo senso cominciò a preoccuparsi.
Giulia si schiarì la voce.
«Mamma, papà… devo dirvi una cosa.»
Giulia era una ragazza minuta con gli occhi innocenti e una voce spesso flebile, ma a quelle parole tutti si zittirono, concentrando un’attenzione tesa su di lei. Sara rimase in piedi con il coltello per tagliare il dolce a mezz’aria e il silenzio fu tanto assoluto da permettere a Spartaco di sentire la sorella deglutire.
«Io e Nathan ci siamo fidanzati.»
Giulia aveva tre paia d’occhi puntati su di lei, sgranati, attoniti. Nessuno accennava a parlare.
«Sì… insomma… ci sposiamo.» aggiunse, messa un po’ a disagio da quella mancanza di reazioni.
Nathan le sorrise e le diede una carezza sulla mano che stringeva e Giulia la sollevò, mostrando un piccolo anellino intorno all’anulare, a cui fino a quel momento nessuno aveva fatto caso.
«Oh!»
Mamma Sara proruppe in un’esclamazione emozionata, rompendo il silenzio e dando inizio ad una serie di complimenti e domande a raffica. La donna abbandonò il coltello che teneva in mano e andò ad abbracciare Giulia con slancio, poi si gettò su Nathan e abbracciò anche lui, riempiendolo di baci fino a farlo arrossire.
«Lascialo in vita almeno fino alle nozze!» scherzò Spartaco, aiutando Nathan a liberarsi dalla stretta della madre.
Gli posò una mano sulla spalla e lo guardò negli occhi sorridendo. I suoi occhi gli chiesero scusa per non avergli detto niente prima, gli dissero che avrebbe sempre trattato bene sua sorella, gli dissero che sarebbe sempre stata lei la sua priorità. O almeno fu quello che vi lesse Spartaco. Poi lo abbracciò forte e lo sollevò da terra con un grugnito per sciogliere quella strana tensione che si era venuta a formare.
«Spartaco!» lo rimproverò sua sorella.
Allora lasciò andare Nathan e gli diede una pacca sulla schiena.
«Papà?»
La voce di Giulia suonava preoccupata mentre chiamava suo padre. Spartaco si voltò e vide il signor Enrico ancora perfettamente immobile al suo posto, gli occhi lucidi persi nel vuoto.
Quando si sentì chiamare l’uomo si riscosse, come svegliato da un dormiveglia e con un gesto rapido si toccò gli occhi, sperando inutilmente che nessuno avesse notato la sua commozione.
Si schiarì la gola, si alzò tra le risate generali e andò ad abbracciare Giulia.
«La mia bambina…» bisbigliò e a quel punto proruppe in un pianto non più trattenuto.
 
“Ce la facciamo a vederci domani mattina per un caffè?”
Preso dalla cena e dalla notizia del fidanzamento, Spartaco si era completamente dimenticato di Lilla per qualche ora. Tornato al suo appartamento scoprì che la ragazza gli aveva mandato un messaggio, che lesse con trepidazione e piacere.
“Ce la facciamo” rispose in fretta e non si accorse di sorridere.
Nessuno dei due aveva molto tempo, ma Lilla si propose di avvicinarsi al luogo di lavoro di Spartaco, cosa di cui il ragazzo fu molto grato.
“Questo” pensò la mattina seguente arrivando al luogo dell’appuntamento “significa trovare del tempo per una persona”. Era il fatto di non avere tempo, ma di ritagliarsi quel poco che potevano a rendere un incontro desiderato, importante, necessario.
Entrò nel bar affollatissimo e la cercò con gli occhi. Sorrise quando la vide alzare e sventolare lievemente una mano per farsi scorgere.
«Ehi, ciao!» la salutò, andandole incontro per lasciarle due baci sulle guance.
Il suo profumo però gli diede fastidio. Sì, il suo profumo dolce, quello che lo ammaliava, quello che gli dava alla testa. Non sopportava l’idea che lo indossasse così in pieno giorno, così tanto, quando doveva stare a contatto con tanti altri uomini. Il solo pensiero gli fece prudere i palmi e strinse le mani.
«Allora, cos’è che dovevi assolutamente dirmi?» chiese per scacciare gli altri pensieri dalla testa.
«Quindi vogliamo andare subito al dunque?»
Spartaco scrollò le spalle.
«Non mi chiedi neanche come sto?»
«Lo vedo che stai benissimo. Sei splendida.»
Lilla abbassò lo sguardo, senza nascondere di essere lusingata dalle sue parole.
«Anche io ti trovo bene.»
«Sì? Beh, in realtà sono un po’ spossato da questo caldo. – Stava seriamente parlando del tempo? Doveva essere più nervoso di quanto non volesse ammettere a se stesso. – L’idea che le vacanze siano ancora lontane non mi tira su.»
«Ecco, proprio di questo volevo parlarti.»
«Del tempo?»
Cavoli, allora anche Lilla doveva essere messa maluccio!
«No, stupido, delle vacanze!»
«Oh.»
«Volevo dirti che… mi dispiace. So che ti avevo detto che ci avrei pensato, riguardo all’uscire di nuovo insieme, intendo. Il fatto è che con la tesi da scrivere e tutte le beghe che ne sono derivate… ho avuto letteralmente la testa altrove. Ora, con il professore abbiamo concordato di risentirci a settembre e se tutto va bene entro la fine dell’anno sarò laureata.»
«Ehi, ma è grandioso!»
«Già. Però per il momento mi voglio prendere una bella pausa. Se me l’ha concessa il prof, non vedo perché non dovrei concedermela io. Quindi parto.»
«Parti? Bene. E dove vai?» chiese Spartaco allegro, cercando di ignorare il fatto che Lilla stesse evitando il suo sguardo, rigirandosi una tazza di cappuccino quasi vuota tra le mani.
«In Norvegia.»
«Seriamente? Ma è fantastico! Ci sono un sacco di posti per fare mountain bike, escursioni e… ma questo forse non ti interessa.»
«Non molto, già.» rise Lilla.
«E quanto starai in Norvegia?»
La ragazza fece un breve pausa prima di rispondere, nonostante la domanda elementare.
«Ecco, è qui che volevo arrivare. Un mese.»
«Quanto?!»
«Sì, hai capito bene: un mese. Ecco perché volevo vederti.»
«Per dirmi che se non risponderai alle mie chiamate sarà per l’assenza di segnale?»
C’era qualcosa nel tono della ragazza che lo spingeva a cercare di sdrammatizzare, alleggerire la tensione. Aveva voglia di non penderla sul serio, ma sapeva che era sbagliato.
«Per dirti che utilizzerò questo tempo per rilassarmi e pensare un po’ a me… a noi.»
«E immagino di non poter disturbare questa tua riflessione.»
«Esatto. Cioè, no! Voglio dire… sì, vorrei un po’ di tempo per stare un po’ con me stessa e capire…»
Spartaco si passò una mano tra i capelli in un gesto nervoso, cercando di non lasciarsi andare all’irritazione. Doveva essere calmo e razionale se voleva arrivare a Lilla, allora fece un bel respiro prima di parlare di nuovo, con estrema serietà.
«Cosa c’è da capire? Io sto bene con te, tu stai bene con me? Onestamente non capisco questa tua reticenza. Non capisco perché stai cercando di capire se vuoi stare con me senza… di me! Io…»
Spartaco si accorse che, malgrado la sua buona volontà, si stava scaldando troppo. Si interruppe e guardò altrove, cercando le parole più giuste. Sospirò e, calmatosi, tornò a guardare Lilla negli occhi.
«Non capisco, ma proverò comunque ad accettarlo. Ora devo andare a lavoro. Buone vacanze. Quando tornerai, beh, saprai dove trovarmi, sempre se ti andrà.» concluse, non senza un po’ di risentimento, dopo aver dato un occhio all’orologio.
Uscì dal bar sotto lo sguardo attento di Lilla, che non disse neanche una parola di saluto. Forse, immaginò il ragazzo, si era aspettata esattamente quella reazione da parte sua.
Si bloccò sul posto e fece dietrofront sul marciapiede, andando a sbattere contro una signora di mezza età.
«Che modi!» fece quella, sistemandosi un’orribile foulard sdrucito sul collo.
«Mi scusi» rispose Spartaco serio.
La signora allora lo seguì con lo sguardo mentre entrava nel bar da cui era appena uscito con passo deciso.
“Beh, almeno mi ha chiesto scusa…” pensò la donna subito più indulgente dopo aver ammirato il suo fondoschiena.
«Lilla! – esclamò Spartaco non appena fu davanti alla ragazza – Non fraintendermi, per favore. Vorrei solo che fosse più semplice tra noi.»
«Ma non lo è mai stato.»
«Già…» ammise lui, tirando fuori un sorriso sghembo.
Alzò una mano e le lasciò una carezza sulla guancia con il dorso delle dita.
«Dicevo sul serio: divertiti in Norvegia. Buone vacanze.»
Non era il tono con cui di solito si augurava un buon viaggio a qualcuno, Spartaco aveva un’espressione troppo seria, quasi triste mentre pronunciava quelle parole. Lilla si limitò ad annuire e per un attimo gli parve che stesse per aggrapparsi al suo collo per baciarlo, ma non lo fece.
Quando uscì definitivamente dal bar Spartaco era tranquillo e si diresse verso l’ufficio senza nemmeno ricordarsi che non aveva fatto colazione.
 
 
Poche ore dopo:
- Ho fame!
- Ma che fai, Spartaco?! Ora usi la chat anche durante le ore di lavoro??
- Ho fame…
- Io ho da fare, invece!
- Io sono a patire il caldo quassù mentre tu ti godi l’aria condizionata del terzo piano e… ho fame. Non riesco a concentrarmi con lo stomaco vuoto.
- …
- Non ignorarmi! …perché non mi consideri? Divento irritabile quando ho fame e ora ho molta fame… e caldo… e lavoro da sbrigare… e gente che bussa alla porta dell’ufficio.
- Sono io, cretino! Aprimi: vengo in pace e ho una merendina con me.
- <3 
 

Il mio angolino:
Nel correggere, sistemare, cambiare il capitolo precedente e questo… ho tagliato via una parte considerevole senza accorgermene… com’è possibile che sia sparita? Dove l’ho messa?!?
Dopo i primi momenti di sconcerto-panico-rabbia è arrivata la rassegnazione ed ho riscritto la parte mancante. Niente di male, solo che ha significato perderci più tempo del dovuto. T__T Vi auguro che non vi capiti mai una cosa del genere.
Alla prossima,
FaTontSalad
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: FatSalad