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Autore: piccina    10/11/2017    4 recensioni
"Non era mai stato un padre tradizionale, ma a quel figlio voleva bene e sentiva che in questo momento aveva bisogno di lui"
Brian alle prese con la difficile adolescenza di Gus fa i conti con il suo essere padre. Justin è al suo fianco.
Idealmente circa una decina di anni dopo la 5X13
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Gus Kinney, Justin Taylor, Lindsay 'Linz' Peterson, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Solo poche righe per augurarvi buon fine settimana.

Sta per telefonarvi. Ha bisogno di mamma e di sapere che gli vogliamo bene, a prescindere, anche se ha dato di matto. Siate affettuose. Domani vi chiamo. Buona notte.
Questo il wahtsapp che aveva mandato a Linz e Mel immediatamente dopo essere uscito dalla stanza di Gus.
Non pensava che il figlio intendesse telefonare per attaccare briga, tutt’altro, ma considerata la serata appena trascorsa e lo stato d’animo di Gus, un cambiamento repentino di tono e umore era a rischio anche per una banalità e magari Linz e Mel erano ancora indispettite dal modo in cui Gus si era accomiatato da loro due giorni prima. Un’eventualità da evitare.
D’altra parte il discorso che dovevano affrontare richiedeva calma, tempo e freschezza mentale, tutte cose che in quel momento gli mancavano, le avrebbe messe al corrente delle novità l’indomani.
Mel e Linz avevano letto il messaggio praticamente in contemporanea sui rispettivi cellulari. Si erano scambiate una occhiata sbigottita – che tono particolare per essere un messaggio di Brian. “Siate affettuose” aveva letto a voce alta Mel, neanche avesse ricevuto una ingiuria, cosa che, probabilmente, visto il mittente l’avrebbe stupita meno.
“Brian ci invita a essere dolci? Sta male?”
In quel momento il cellulare di Mel aveva squillato. Era Gus.

“Domani hai tempo per una video chiamata con Linz e Mel?” aveva chiesto a Justin mentre si faceva cadere sul letto. Il materasso era leggermente affondato sotto il peso di Brian e a Justin era stato facile rotolare verso di lui.
“Certo, ma sei sicuro di non voler parlare da solo? Almeno all’inizio”
“Sicurissimo. Non sentirti obbligato, però”
Justin non aveva dato peso all’ultima affermazione, gli aveva passato un dito sullo sterno e aveva risposto: “Domani non ho lezione, contavo di stare a casa a lavorare, quindi per me va bene in qualunque momento.”
Brian aveva mosso il capo per un leggero assenso e sospirando rumorosamente si era girato sulla pancia.
“Ho tutti i muscoli indolenziti, non so dire se per la sgambata o per la tensione” e nel dirlo aveva roteato il capo e il collo, che aveva scrocchiato. Le dita di Justin erano volate leggere a fare una piccola pressione sui muscoli alla base della nuca e Brian aveva apprezzato emettendo un debole soffio.
Per una decina di minuti le abili mani del marito si erano dedicate alla schiena, al collo, ai punti di pressione sulla testa, poi le cosce, i polpacci, la pianta dei piedi e un po’ di tensione era scivolata via. Brian stava quasi per addormentarsi quando aveva sentito la lingua di Justin risalirgli la spina dorsale. “Hai proprio una bella schiena” aveva commentato rifacendo il percorso al contrario, scendendo lento e umido verso il culo.
Un’espressione beata gli aveva aperto il viso, aveva spostato il capo sul guanciale per stare più comodo e rilassato si era offerto alle cure del compagno. Quei gesti, quella confidenza silenziosa erano un balsamo su quella giornata terribile.
Non sapeva fin dove avesse intenzione di arrivare Justin, ma era una di quelle sere in cui voleva essere nelle sue mani.  
Mentre il cuore accelerava il battito, Brian per una frazione di secondo aveva pensato che Jus l’aveva imparato proprio bene cosa fosse il rimming.
Più passavano gli anni e più gli capitava di ricordare Justin ragazzino, Justin che lo tormentava impedendogli di metterlo via, di archiviarlo, Justin che gli stava addosso, che gli era entrato sotto pelle a tradimento e c’era rimasto. Il loro presente era già tutto lì, in quei primi mesi, scritto nella sua incredibile incapacità di chiudere, in quell’arrendersi all’ineluttabilità di averlo intorno senza che sentisse di doversi ribellare.
Era impossibile che Justin facesse paura, così piccolo, così sbagliato e così dannatamente sexy ai suoi occhi. L’aveva fottuto con la tenerezza e il coraggio e quando se ne era accorto era veramente troppo tardi.
Stava quasi per venire, quando Justin aveva allontanato la bocca, una mano era rimasta all’attaccatura delle natiche e le accarezzava piano. Un dito fresco di lubrificante aveva sostituito la lingua a forzare la sua apertura.
Aveva respirato a fondo e si era preparato ad accogliere Justin che con un movimento lento e dolce stava entrando in lui.
Pochi secondi immobilità, un bacio sulla spalla, un dio quanto ti amo, sussurrato all’orecchio e Justin aveva iniziato una danza languida dentro di lui.   

 
  
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