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Autore: nikita82roma    15/11/2017    4 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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Castle avrebbe solo dovuto accompagnare Alexis a casa di Allison ed invece aveva prima dovuto fare una sosta al loft per permettere a sua figlia di prendere le sue cose ed il regalo per l’amica e poi, una volta raggiunta casa dei Backer si era imbattuto nella zia dell’amica di sua figlia, una giovane donna molto intraprendente e appariscente che si era subito dichiarata sua fan, invitandolo a bere qualcosa con loro, o da soli come gli aveva sussurrato all’orecchio mentre si presentava. Preso in contropiede non riuscì a declinare l’offerta e fu solo alla fine l’intraprendenza di sua figlia a salvarlo, ricordandogli che era meglio se tornava in ospedale da Joy e dalla sua fidanzata, disse Alexis sottolineando bene l’ultima parola mentre guardava dritta la giovane zia della sua amica visibilmente delusa. Per Rick però fu la via di fuga perfetta e dopo aver salutato cordialmente tutti i presenti ed Alexis in modo più affettuoso, tornò in ospedale.

Era rimasto fuori molto di più di quanto pensasse e già immaginava che quello sarebbe stato il suo turno di scusarsi, ma quando arrivò lì si trovò davanti una scena che gli riempì il cuore più di ogni altra cosa. Joy e Kate erano addormentate sullo stesso letto, abbracciate. Abbassò le luci e cercò di fare il minor rumore possibile baciò entrambe, accorgendosi di come Kate, rimasta sopra le coperte fosse fredda. Trovò una trapunta nel piccolo armadio ed imprecò quando tornando verso il letto per coprirla inciampò in una sedia facendo rumore.

- Scusami… - Disse appoggiando la coperta su Kate che si era immediatamente svegliata.

- Mi sono addormentata… Che ore sono?

- È tardi, continua a dormire - sussurrò dandole un bacio, assicurandosi poi che Joy continuasse a dormire. Kate annuì e accarezzò il volto di sua figlia addormentata.

- E tu? - Gli chiese in un barlume di lucidità.

- Mi metto nel letto qui vicino. Mi assicuro che Babbo Natale non vi rapisca. - Le diede un altro bacio e si accorse che stava ridendo.

- Babbo Natale porta i regali, non rapisce le persone, Castle… - Mugugnò Kate prima di scivolare di nuovo nel sonno, mentre lui si sdraiava nel piccolo letto vicino al muro, guardandole nella penombra. Erano le ultime aggiunte a quel quartetto sensazione che erano le sue donne, quelle con le quali non aveva nessun legame di sangue, ma che gli avevano rubato il cuore. Amava Joy come se fosse sua figlia, forse perché il lei c’era così tanto di Kate, la donna che gli era entrata dentro come mai nessuna prima di lei, quella che era riuscita a stravolgere completamente i suoi sentimenti, a fargli provare e desiderare cose mai sentite prima di lei. Aveva capito di amarla dalle prime righe che aveva cominciato a scrivere di Nikki Heat ed il suo inconscio di scrittore lo aveva capito prima di quanto non avesse fatto la sua mente. Erano stati mesi intensi, frenetici, pieni di sentimenti contrastanti, di situazioni al limite, come era tutto da quando aveva conosciuto Beckett. Avrebbe rifatto tutto, però, per arrivare lì con loro, qualche sbaglio in meno magari, ma anche tutte le difficoltà passate valevano sicuramente la pena per avere tutto quello che aveva. In quel Natale non poteva desiderare altro, perché tutto quello che voleva era lì: lui e Kate ed essere una famiglia per Joy, poteva solo desiderare che nulla cambiasse da quel piccolo ritratto di perfezione che aveva in mente e che Joy stesse bene, gli bastava questo. Si addormentò felice in quel piccolo e scomodo letto di ospedale.

 

 

Le feste erano finite ed avevano portato via la spensieratezza di quei giorni dove tutto sembrava bello, possibile ed anche un po’ più facile. La realtà con la quale fare i conti tutti i giorni, però, era presto arrivata con la notifica del tribunale che aveva fissato la data per quel secondo, decisivo, dibattimento sull’affidamento di Joy. Non ce ne sarebbero stati altri, avrebbero dovuto giocarsi tutte le loro carte lì e sapevano di non poter più sbagliare nulla. Questa certezza aveva piano piano minato le loro, soprattutto quelle di Kate, che era sempre più tesa e preoccupata e non poteva far a meno di pensare a tutti gli scenari negativi. Razionalmente sapeva che avevano tutto dalla loro, ma non riusciva a fidarsi di Connor ed aveva paura che per qualche motivo i loro testimoni non si sarebbero presentati, che  Cooper avrebbe trovato qualche altra scappatoia al limite o oltre la legalità e che loro sarebbero rimasti di nuovo con nulla in mano. Aveva deciso, però, di comune accordo con gli avvocati di Castle, di rimanere il più lontano possibile da tutte le questioni legali. Lei, di fatto, in quella storia non c’entrava nulla. Era difficile dirselo e ricordarselo, ma era Castle contro Cooper, lei era solo una spettatrice interessata, ma non avrebbe cambiato di una virgola tutto quello della sua posizione legale nei confronti di Joy: per la legge loro avrebbero continuato a non essere niente e questo ogni volta che ci pensava la devastava ed anche se si ripeteva che la scelta di rinunciare a lei era stata la migliore e l’unica logica da fare, le faceva male, le faceva tanto male.

Beckett aveva così deciso di buttarsi anima e corpo nel lavoro in quei giorni, le serviva a non pensare a tutto il resto. Aveva lasciato tutto nelle mani dei fratelli Cameron che avevano già convocato Calvin Cooper, il cugino di Connor e Stanley Banks il direttore dell’ospedale che volevano mettere davanti al vero Jim Beckett per poter smascherare la truffa fatta da Connor con il suo investigatore privato. Matt e Luke erano molto ottimisti sull’esito finalmente positivo della questione, così come lo erano anche il padre di Kate e Arthur Miller, il suo socio che collaborava con gli avvocati di Castle. Avevano nuove testimonianze che smontavano il castello di menzogne di Connor ed in più dalla loro avevano anche le dichiarazioni di Emily, l’assistente sociale, e del dottor Thompson che avrebbero espresso tutte le loro perplessità sulle capacità di Connor di occuparsi degnamente di Joy, anche alla luce di quanto accaduto nei pochi giorni che la bambina era stata con lui.

Kate ascoltava di sfuggita i loro discorsi ma non voleva sapere nulla di più: non poteva gestire la cosa, non dipendeva da lei, non poteva fare niente, era qualcosa fuori dal suo controllo e questo senso di impotenza la faceva solo stare peggio. Per questo tutto il tempo che non passava a lavoro lo trascorreva in ospedale con Joy, con il peso sul cuore che quelli potessero essere gli ultimi giorni che poteva trascorrere con sua figlia, anche se a lei cercava di nascondere tutti i suoi timori, cercando di essere sempre più sorridente ed allegra possibile. Sfogava poi le sue frustrazioni sul lavoro, le era anche capitato un paio di volte di andare oltre con dei sospettati, e solo l’intervento di Montgomery le aveva evitato di compromettere delle indagini con un comportamento poco professionale. Lui l’aveva capita ed aveva chiuso un occhio, anzi tutti e due, e lei si era lasciata andare con Roy, confidandogli le sue paure. Il capitano l’aveva ascoltata ed aveva compreso le sue paure, aveva cercato di incoraggiarla senza illuderla, le era stato vicino da amico.

 

Beckett era appena tornata al loft dall’ospedale, aveva passato gran parte del pomeriggio con Joy ed era andata via solo quando, poco dopo che le avevano portato la cena, erano arrivati Margaret e Connor. Sarebbe rimasta volentieri ancora quella sera, anche tutta la notte, ma preferì andare via e lasciarla con loro, in quel tacito accordo di non belligeranza che avevano stipulato qualche settimana prima. Era tornata quindi a casa un po’ delusa di non aver salutato Joy come avrebbe voluto, ma si sentiva sempre molto in imbarazzo a manifestare i suoi sentimenti verso di lei, di mostrare al mondo quel lato di madre che ancora faticava lei stessa a trovare, erano sentimenti troppo grandi, delicati e privati che doveva imparare a gestire.

Era seduta in camera da letto a fissare il quadro che le aveva regalato Castle per Natale, un regalo insolito che solo lui avrebbe potuto farle. Era la rappresentazione di un cielo stellato, una mappa con le costellazioni e sotto solo il nome della città ed una data. Lei non aveva capito subito cosa fosse, poi lui le aveva spiegato: erano le stelle nel cielo di New York il giorno che si erano conosciuti, la sera del suo party per l’ultimo libro di Derrick Storm, quando lei era piombata lì ed aveva stravolto la sua vita, la vita di entrambi. Rick le aveva detto che in quelle stelle c’era scritto che loro sarebbero dovuti stare insieme, che lì c’era già tutto, per questo glielo aveva regalato, perché era il simbolo dell’universo che voleva così e quella sera, in quelle stelle, avrebbe voluto trovare le risposte alle sue domande. Castle era ancora fuori a definire gli ultimi dettagli con i suoi avvocati per la prima udienza che il giorno successivo ci sarebbe stata per l’affidamento di Joy e lei a modo suo pregava quelle stelle, sperando che avessero scritto anche quella pagina del loro destino.

- A Richard piace molto credere nelle stelle e nel fato… Quando era piccolo lo trovavo spesso con il naso all’insù nelle sere senza luna a guardare il cielo, mi sono sempre chiesta cosa pensasse e quando glielo domandavo lui mi rispondeva che lì c’era già scritta tutta la nostra storia. - Kate si voltò di scatto, sorpresa dalla voce alle sue spalle, convinta di essere sola.

- Martha! Ero convinta che non ci fosse nessuno a casa… - Si morse il labbro sorpresa.

- Scusami Katherine, non volevo disturbarti. Stavo mettendo un po’ delle mie cose nelle scatole.

- Martha, mi dispiace, io non voglio mandarti via di casa, non devi sentirti in obbligo…

- Non lo dire nemmeno per scherzo tesoro! - La interruppe la donna - Casomai sono io che sto mandando via te dalla tua nuova casa! È giusto che ognuno abbia i suoi spazi e la sua famiglia e questa sarà la tua ed hai tutto il diritto di vivere qui senza avere un’egocentrica attrice che ti disturba mentre stai pensando.

- Tu non disturbi mai Martha!

- Oh mia cara, farò tesoro di queste tue troppo gentili parole ma sono sicura che tu le rimpiangerai quando mi vedrai troppo spesso quassù! Non potrei stare troppo tempo lontana da Alexis e Joy.

- Dai per scontato che Joy sarà qui… - Sospirò Kate.

- Certo che sarà così. È questo che ti affligge? - Le chiese l’attrice sedendosi vicino a lei che rispose semplicemente alzando le spalle. - Io sono convinta che Richard questa volta vincerà, perché avete raccolto elementi schiaccianti per dimostrare che Cooper è solo un meschino bugiardo che voleva la nostra piccola Joy per altri motivi. E quando questa storia sarà finita, la piccola potrà tornare a casa e Richard finalmente manterrà la sua promessa di aiutarti a portare sù tutte le tue cose.

- Vorrei tanto che fosse così, Martha.

- Lo sarà ragazza mia, lo sarà… - La donna l’abbracciò offrendole il conforto di un abbraccio materno che a Kate sembrava in quel momento mancare terribilmente.

   
 
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