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Autore: MackenziePhoenix94    16/12/2017    1 recensioni
SECONDO LIBRO.
Sono trascorsi due anni dall'ormai ribattezzata Civil War.
Bucky Barnes, Steven Rogers, Sam Wilson, Clint Barton, Sharon Carter, Scott Lang e Wanda Maximoff sono scomparsi senza lasciare alcuna traccia.
Charlotte Bennetts si è trasferita nell'attico di Tony dopo che il suo appartamento è stato distrutto.
Nick Fury è semplicemente furioso perché, usando parole sue, il progetto Avengers è andato a farsi fottere.
L'Hydra sembra essere, ancora una volta, solo apparentemente sconfitta.
E poi c'è James, che di normale ha solo l'aspetto fisico.
Sarà proprio una decisione impulsiva del ragazzo a scatenare una serie di eventi catastrofici...
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brock Rumlow, James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers, Tony Stark, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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C’era tantissima gente, in fila, che attendeva solo di entrare nella nuova stanza del Museo interamente dedicato a Steven Rogers.

Nella stanza dalla forma circolare c’era solo una enorme statua, a grandezza naturale del giovane eroe, che sovrastava una tomba interamente costruita con marmo bianco, che conteneva il corpo di colui che si era sacrificato per il suo migliore amico.

Tony Stark aveva pagato di tasca propria l’intero monumento, una sorta di espiazione per il litigio che aveva avuto con Rogers solo poche ore prima che venisse ucciso; i sensi di colpa lo attanagliavano da quel momento e nemmeno l’alcol lo aiutava a dimenticare solo momentaneamente lo sbaglio che il suo orgoglio gli aveva fatto commettere.

La gente restava in fila per ore ed ore solo per posare un fiore, mormorare poche parole o versare delle lacrime sulla tomba di un giovane che non aveva mai avuto occasione di vivere la sua vita; di costruirsi una famiglia e di avere dei figli.

Era ormai l’ora di chiusura quando un giovane uomo, con addosso una giacca ed un cappello a visiera, si avvicinò al monumento a sua volta; sollevò il viso e rimase a guardare la statua che riproduceva in modo fedele i lineamenti del ragazzo con cui era cresciuto.

Quando la bomba era esplosa all’interno del laboratorio, a Londra, Bucky e gli altri si erano salvati solo perché Nicholaj era riuscito a creare un campo di forza in grado di proteggere tutti loro; il suo primo, vero, campo di forza era riuscito a salvare la vita di dieci persone.

Una volta che si era ripreso, Bucky se ne era andato dal laboratorio ed era tornato a New York, per poi trasferirsi a Washington e far perdere le proprie tracce a Charlie, allo S.H.I.E.L.D ed a tutti gli altri.

Il giovane uomo posò la rosa bianca che aveva in mano vicino ad un altro mazzo di fiori, poi infilò le mani in tasca ed abbassò gli occhi al pavimento.

“Mi dispiace, Stevie…” sussurrò poi, in un soffio che nessuno sarebbe riuscito ad udire “mi dispiace di non essere riuscito a salvarti. Mi dispiace per quello che è accaduto due anni fa e di averti trascinato in questa faccenda. Mi dispiace anche per Clint, non lo conoscevo bene ma sembrava una brava persona. Ahh, Steve, maledizione. Mi manchi in ogni singolo momento. Ricordi quando eravamo ragazzini? Quando passavamo intere giornate a pescare, senza prendere nemmeno un pesce. E poi tornavamo a casa ma prima andavamo a comprare qualche trota, giusto per ricevere qualche complimento dai nostri genitori. Mia madre dava un bacio a me ed uno a te e poi cucinava subito il pesce. Quanti soldi abbiamo speso per comprare quelle stupide trote? Cazzo, Steven, non dovresti essere qui. Dovresti essere a Brooklyn. No, dovresti essere vivo. Tu sei sempre stato il migliore dei due. Cazzo, Steve…”.

Barnes non riuscì più a continuare a parlare ed uscì velocemente dal museo, ritornando nel vecchio appartamento abbandonato dove, ormai, viveva da sei mesi; era situato nella parte più povera della città, in modo che nessuno potesse trovarlo con facilità.

Mentre rientrava passò vicino ad una giovane coppia che passeggiava ed a un gruppo di uomini che chiacchierava, seduti sopra ad un muretto.

Salì le rampe di scale sporche, disseminate d’immondizia, quando chiuse la porta d’ingresso alle proprie spalle s’irrigidì all’istante, sentendo un profumo dolce e costoso che lui di sicuro non usava.

Appoggiò a terra la busta piena di cibo d’asporto ed entrò nel salotto con passo felpato, sicuro che il profumo venisse da quella stanza.

“Buongiono, Barnes” lo salutò una voce femminile, proveniente da un angolo della stanza: Charlotte era seduta in una logora poltrona.

Indossava un abito bianco, a collo alto, senza maniche e lungo appena fino alle cosce; i capelli erano raccolti in un nodo e le labbra erano appena pitturate di rosso.

Al giovane uomo ricordava in tutto un vecchio film, intitolato Basic Instict, dove la protagonista era vestita in modo simile nella famosa scena in cui accavallava le gambe, mostrando per pochi secondi che non indossava alcuna biancheria intima.

Lui si pose la stessa domanda per Charlie e sentì subito il sangue defluire nel basso inguine, concentrandosi tutto sul membro.

“Che cosa vuoi? Come mi hai trovato?” domandò dopo aver deglutito, con la gola completamente arsa.

“Ti stiamo cercando da sei mesi. Siamo venuti qui per parlarti”

“Ahh, quindi non sei sola. Avrei dovuto immaginarlo. Tu sei stata mandata per addolcirmi la pillola amara, vero? Scommetto che la casa è circondata. Quando sono arrivato c’era una coppia ed un gruppo di uomini. Sono Agenti in borghese, giusto?”

“Come hai fatto a scoprirlo?”

“Qui non passa mai nessuno”

“Faresti meglio ad ascoltare quello che ho da dirti, Barnes. L’appartamento è circondato. Sam è sopra al tetto, pronto ad intervenire e Sharon sta controllando la situazione a distanza. Io ho i miei poteri. Non sarebbe saggio attaccare”

“Io non voglio attaccare nessuno. Voglio solo andarmene. Non mi sembra che abbiate molta voglia di parlare”

“Sergente Barnes”.

Bucky non veniva chiamato in quel modo da settant’anni, dato che l’ultima volta che era successo era stato al cospetto del Colonnello Chester Phillips; si voltò in direzione della porta del soggiorno e vide un uomo, vestito completamente di nero, con un lungo cappotto in pelle, ed una benda che gli copriva l’occhio sinistro.

Nick Fury era nel salotto del suo rifugio.

“Oh, splendido…”

“Stai calmo, sergente, non è nostra intenzione attaccarti. Come ha detto l’Agente Bennetts, siamo qui per parlare”

“E perché dovrei fidarmi delle tue parole?”

“Perché sono qui di persona. Non credi che sia una prova sufficiente?”

“Abbiamo trovato una cura. Una cura alle parole” intervenne la ragazza.

“Stai mentendo”

“No”

“Siete venuti a dirmi solo questo?”

“No, siamo venuti qui per essere i primi a farti i complimenti, Sergente”

“Complimenti?” chiese Bucky, senza capire a che cosa si stesse riferendo Nick.

“Per la promozione”

“Promozione?”

“Si” rispose l’uomo congiungendo le dita delle mani “sei stato appena promosso al grado di Capitano”.




N.D.A: No, non è ancora arrivato il momento dei saluti finali. Avete presente le scene che ci sono in mezzo e dopo i titoli di coda dei film Marvel? Benissimo, tra sabato prossimo e sabato 30 dicembre pubblicherò i quattro capitoli extra che ancora ci sono...
   
 
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