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Autore: Vanya Imyarek    30/12/2017    6 recensioni
Italia, 2016 d.C: in una piccola cittadina di provincia, la sedicenne Corinna Saltieri scompare senza lasciare alcuna traccia di sé. Nello stesso giorno, si ritrova uno strano campo energetico nella città, che causa guasti e disguidi di lieve entità prima di sparire del tutto.
Tahuantinsuyu, 1594 f.A: dopo millenni di accordo e devozione, gli dei negano all'umanità la capacità di usare la loro magia, rifiutando di far sentire di nuovo la propria voce ai loro fedeli e sacerdoti. L'Impero deve riorganizzarsi da capo, imparando a usare il proprio ingegno sulla natura invece di richiedere la facoltà di esserne assecondati. Gli unici a saperne davvero il motivo sono la giovanissima coppia imperiale, un sacerdote straniero, e un albero.
Tahuantinsuyu, 1896 f.A: una giovane nobildonna, dopo aver infranto un'importante tabù in un'impeto di rabbia, scopre casualmente un manoscritto di cui tutti ignoravano l'esistenza, e si troverà alla ricerca di una storia un tempo fatta dimenticare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Tahuantinsuyu'
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                              CAPITOLO 13

       DOVE  SI  AGISCE  PER  IL  MEGLIO

 

 

 

 

 

 

Alla fine Alasu aveva anche ragione: mi bastò fare il suo nome perché l’espressione assolutamente furiosa di Dylla diventasse una semplicemente scocciata. Non fui picchiata, né mi fu imposto di pulire le latrine: semplicemente, fui informata che il giorno dopo sarei dovuta essere io ad alzarmi due ore prima di tutto il resto del palazzo per lavare gli abiti della sovrana. Sì, dopo una serata così.

Fu Dylla stessa a svegliarmi per spedirmi a lavorare, apparentemente svegliandosi apposta all’orario giusto e riaddormentandosi tranquillamente subito dopo – a tutt’oggi non capisco come facesse. Mai come in quel momento pensai con rimpianto alle lavatrici: nel mio mondo avrei avuto un macchinario troppo complesso da spiegare qui, ma che avrebbe lavato da solo quegli abiti, mentre in quel momento ero in piedi, al buio, nella gelida aria del mattino, a tirare su il secchio del pozzo contenente acqua anche più gelida, a cercare di infilare per bene quelle stoffe delicate nella tinozza, e a strofinarle dopo averci versato su una cosa giallina in un barattolo che mi avevano dato, che non avevo idea di cosa fosse, ma senz’altro non aveva il buon profumo dei detersivi del mio mondo.

 Tutta la mia compagnia erano i fruscii del vento tra gli alberi e i movimento dei pesci volanti e dei cigni fosforescenti, che rendeva l’ambiente molto simile a quello di rappresentazioni di storie dell’orrore che ero solita guardare; più in là, nel cortile degli artigiani, vedevo dalla luce alle finestre che la bottega di Sayre era già aperta, e ciò non faceva che farmi pensare a quella bella possibilità di mollare tutto e andare a parlare con lui che io non potevo cogliere.

 Sarebbe potuta essere la mia definizione di ‘mattinata da dimenticare’, solo che ci fu un risvolto positivo: notai che anche la bottega del farmacista apriva presto. Ottimo: se mi fossi data da fare, avrei avuto abbastanza tempo per quella chiacchierata con Alasu! Mi ritrovai quasi a ridere per la lena che mi accorsi di star mettendo nel compito, dopo quella realizzazione.

 E ne trassi risultati: quando ebbi finito, il cielo aveva appena iniziato a schiarirsi. Dylla, se era già sveglia, doveva essere alle prese con la programmazione dei nostri movimenti per quella giornata. Muovendomi con la maggior cautela a mia disposizione, lasciai la cesta con gli abiti di Llyra davanti ai casermoni degli schiavi, dove qualcuno l’avrebbe recuperata per mettere il contenuto ad asciugare, e corsi verso la farmacia. Ebbi di nuovo fortuna: trovai direttamente Alasu, invece di suo padre.

 “Corinna!” esclamò lei con un gran sorriso, prima di sgranare gli occhi. “Sei rossa come un likri! Ma che è successo?”

 “Lavanderia di prima mattina”

 “Vuoi qualcosa per le mani?”

 “No, non è per quello. Volevo chiedere qualcosa a proposito di ieri sera”

 Fu come se le avessi detto all’improvviso che era morto qualcuno: il sorriso le scomparve dalla faccia, la sua postura si afflosciò. “E’ una cosa triste, sì. Lo so che Aylla è giovane, sarebbe nell’età migliore per aver figli senza complicazioni, ma il suo è un caso particolare. Non è una situazione diffusa, a te probabilmente non succederà nulla del genere …”

 “Eh? Ma no, non volevo chiedere per quello!”

 Oddio, da quelle parti era normale avere figli a quell’età? Non avrebbero insistito perché, che so, sposassi qualcuno e procreassi altri schiavi, vero? No, calma, me ne sarei andata da lì, adesso dovevo concentrarmi su quello che ero venuta a fare, che il tempo era anche poco!

 “Se non ho capito male, è una cosa che succede spesso alle donne dell’harem. Cioè, quella Nuala ha pura detto ‘ogni singola volta’, e non ho visto bambini lì …”

 Alasu teneva lo sguardo fermo a terra.

 “Questo era il secondo per Aylla” confermò – ma quanti anni aveva più di me esattamente, quella ragazza?! – “Ed è una delle più giovani. Nuala ne ha avuti anche di più, e così molte altre donne dell’Imperatore”

 “Appunto, mi pare un po’ strana come cosa”

 Alasu sussultò. Io sospirai. Accidenti, ero venuta lì per aiutare, perché arrivavo dal mondo tecnologicamente più avanzato, ma ero la prima a non sapere come funzionasse quella scienza all’avanguardia di cui vantavamo! Al massimo potevo azzardare un po’ di senso comune, o quello che ogni tanto avevo sentito raccontare a mia madre del periodo in cui era stata incinta di me.

 “Secondo me, c’è qualcosa che non va in quell’ambiente. Tipo, tutti quei profumi, l’hai notato anche tu che non si respira. C’è da farsi venire le nausee anche senza essere incinte!” tentai di sorridere, di fare un mezzo tentativo a uno scherzo. Non riuscii a sorridere sul serio, e nemmeno Alasu lo fece.

 Ma quanto dovevo suonare stupida? Dal suo punto di vista, io, una che non aveva uno straccio di esperienza medica e a malapena sembrava sapere come nascessero i bambini, venivo lì a pontificare su come lei, figlia di un farmacista e istradata alla stessa professione, dovesse gestire la condizione clinica di diverse donne. Che figura di merda stavo facendo?

 Espressi la mia irritazione contro me stessa con uno sbuffo. “O magari è il cibo, non lo so, magari nei primi mesi può fare effetto anche quello, oppure sono continuamente tartassate da quelle maledette dame, dannazione non può fare bene essere insultate ogni giorno mentre sei incinta, magari si potrebbe, non so, rendere l’ambiente più salubre e segregarle lontano da quelle streghe per tutti i nove mesi …”

 Alasu aveva lo sguardo a terra, le braccia strette al petto.

“Okay, sto dicendo cazzate” conclusi. “E’ che … non è normale, porca miseria. E si vede che ci soffrono, e ci soffri anche tu e … magari sto dicendo cose ovvie, lo sai benissimo e io sto facendo la figura della cretina saccente e … oh, cazzo?”

 Alasu piangeva. Senza far rumore, senza singhiozzi o altro, se non l’avessi guardata bene in faccia non me ne sarei neppure accorta. Oddio, oddio, adesso che avevo detto? Ero andata a rigirare il coltello nella piaga?

“Alasu … senti, non volevo … dire o fare qualunque cosa che ti abbia fatta piangere, sono una deficiente, sei libera di pensare che io sia la peggiore rincoglionita che tu abbia mai incontrato e … porca troia, ma che succede?!”

 “Tu sei una persona grandiosa” balbettò tra le lacrime. “Sei in fondo alla scala sociale, e ti preoccupi per gli altri. Io non faccio altro che rovinare la vita alle persone …”

 “Ma che stai dicendo?!” protestai. “Senti, lo so che non si capisce perché quelle donne non riescano a partorire e ti senti in colpa, ma tu stai facendo tutto quello che puoi, se non sono cretine se ne accorgeranno anche loro …”

 “E’ colpa mia” balbettò. “Lo so perché abortiscono, lo sanno tutti, è colpa mia, nostra, noi dobbiamo … non vogliamo … ordini …”

Adesso non piangeva più silenziosamente: singhiozzava così forte e spesso che non riuscivo a capire cosa stesse dicendo. Avevo capito solo che biasimava sé stessa, ma accidenti, aveva solo sedici anni, non era una guaritrice esperta o chissà che, non avrebbero dovuto metterle una simile situazione sulle spalle! Non ci riusciva neanche suo padre, che era il farmacista imperiale vero e proprio!

 Glielo dissi. Lei scosse la testa, cercò di parlare, un nuovo attacco di singhiozzi glielo impedì. Accidenti, non poteva arrivare suo padre, magari lui avrebbe saputo cosa dire per confortarla? Sapevo che i genitori non erano molto affidabili nel prendere sul serio i problemi dei figli, ma almeno in questa circostanza!

 I suoi tentativi di parlare si ripeterono per due volte, prima che riuscisse a calmarsi abbastanza da farlo. “E’ il volere dell’Imperatrice”

 “Che cosa?” che c’entrava Llyra?

 “Lei non vuole che i suoi figli abbiano rivali al trono. E’ normale, è segno della sua devozione come madre, però … impedisce alle altre di diventarlo”

 “Cosa? Vuoi dire che è lei a …”

“Noi conosciamo le erbe” bisbigliò. “Sappiamo che cosa bisogna dare a una donna per ridurre la sua fertilità, e se quelle falliscono, per far sì che …” non riuscì a continuare, ritrovandosi a boccheggiare senza la forza di pronunciare ad alta voce quello che voleva dire.

 Io ero impietrita. Quello che Alasu aveva appena detto collimava perfettamente con quello che sapevamo di Llyra – dannazione, progettava di far addirittura uccidere quel figlio illegittimo che era riuscito a nascere e a crescere! -, e se fosse stato solo qualcosa che avevo sentito dire, avrei pensato che avrebbe avuto senso, c’era fin da aspettarselo.

 Ma io avevo assistito quella Aylla. Quella ragazza così poco più grande di me, che aveva avuto due volte avanti a sé la possibilità di avere un figlio, e per altrettante volte se l’era vista portare via. E così era per tutte le altre donne dell’harem – che a giudicare dai commenti di Nuala, sapevano benissimo il motivo per cui nessuna di loro aveva bambini. Quindi, queste donne: erano schiave sessuali, erano emarginate dalla corte, sapevano che non avrebbero potuto avere figli non per colpa loro ma per intervento di terzi che non potevano prevenire, ed erano insultate e discriminate precisamente perché non avevano figli. Ma che razza di incubo era?

 E i farmacisti, perché non si ribellavano? Alasu non era né contenta né indifferente di star facendo questo, sembrava davvero rosa dai sensi di colpa, ma perché non mandava al diavolo Llyra? Quello che la sovrana stava facendo non era lecito, a quanto avevo capito, quindi non avrebbe potuto punirli per una disobbedienza! Forse era colpa dell’ossessione per l’autorità che pareva affliggere quell’Impero?

 Credo che questa ipotesi mi spinse a interrogare Alasu in proposito con molta più aggressività del necessario.

 “E’ mio padre che dice che dobbiamo fare così” bisbigliò, ritraendosi appena. “Non verremmo puniti, non ufficialmente, ma verremmo cacciati, perderemmo la nostra posizione. E lui ha faticato tanto per ottenerla e mantenerla …”

 “Vi cacciano? Tanto meglio, non dovrete più rimanere qui a fare questa merda!” protestai. “E davvero, tu soffri di questa situazione. Tuo padre non sta facendo altro che sacrificare la tua felicità alle sue ambizioni personali!”

 Alasu sgranò gli occhi in un’espressione inorridita. “No! Mio padre è un uomo buono, non si preoccupa di altri che di me. Ma tu sei straniera, non capisci come funzionino queste cose”

 “E allora spiegamele, così capisco dove stia il problema nel mandare al diavolo tutto!”

 Alasu sospirò. “La situazione per gli artigiani è … complicata, ecco. Se non sei nobile, quando hai quattordici anni, ti fanno fare un test di intelligenza. Viene somministrato a tutti, e se lo passi, significa che hai le capacità adatte a salire nella scala sociale, a prescindere che tu sia il figlio di un farmacista, di un contadino, di un fabbro o di uno schiavo. I maschi sono educati allo studio burocratico e amministrativo, le femmine imparano l’economia domestica adatta a una famiglia di rango e possono andare in spose in famiglie altolocate. Certo, come hai sentito dai commenti di Nuala, nessuno si dimenticherà delle tue umili origini, ma col tempo, i tuoi discendenti si integreranno nella nobiltà vera e propria”

 “E se non lo passi?”

 “Allora resti un artigiano, e impari il mestiere di tuo padre, come è successo a me” si interruppe per un istante, a questo punto, prima di ritrovare la voce. “E se sei un artigiano, significa che non sei stato abbastanza intelligente da passare il test. Si tratta di domande difficili, ma i nobili tendono a trarne la conclusione che siamo stupidi, e dunque … be’, la nostra non è una classe che goda di molto prestigio. A meno che tu non diventi un artigiano imperiale. La corona vuole essere servita solo dai migliori nei rispettivi ambiti, quindi è un livello più alto rispetto agli altri artigiani. Neppure lontanamente quanto un nobile, ma comunque ti viene riconosciuta una superiorità”

“Un po’ come se ti dicessero che sei scemo, ma uno scemo più intelligente rispetto agli altri scemi?”

 Con questa riuscii a farla sorridere, un pochino. “Quasi, sì. Ma è l’unico modo con cui un artigiano può farsi rispettare, e non è definitivo. Ogni giorno che passa, c’è la possibilità che salti fuori qualcuno più abile di te, e che ti sostituisca. E a quel punto tu torneresti ad essere un artigiano come tutti gli altri, anzi, meno considerato degli altri, perché non sei stato abbastanza bravo da mantenere la tua carica”

“Ma non ha senso. Dovreste essere il secondo posto!”

 “E invece no, perché inizieranno a chiedersi perché tu all’improvviso non sia più stato creduto così bravo. Magari c’è stato un tale calo nella tua abilità che i tuoi prodotti non sono più sicuri, o validi? E specialmente con un farmacista, questo sarebbe un problema grave”

 Ah. Iniziavo a capire un po’ meglio il problema di Alasu e di suo padre. Qui non era una questione di perdita di prestigio, era una questione di perdita di mezzi di sostentamento. E un conto è scegliere di fare la cosa giusta invece di quella facile, un altro è fare la cosa giusta invece di quella che ti darà da mangiare.

 E Llyra se ne approfittava. Sapeva benissimo delle difficoltà in cui sarebbero andati incontro Yzda e sua figlia se non obbedivano a delle sue fottute fissazioni, e tutto quello cui poteva pensare era come farci leva. Dannazione, magari sapeva anche delle remore di Alasu (e probabilmente anche di suo padre, non mi era affatto sembrato entusiasta quando aveva chiamato la ragazza la sera prima) e andava avanti lo stesso, anzi, magari aveva usato quell’assicurazione proprio per costringerli a remare contro la propria morale!

 “Non potete dirlo a qualcuno?” cercai di trovarle una soluzione. “Voglio dire, le donne dell’harem lo sanno, ma probabilmente hanno troppa paura di Llyra per parlare. Se tu riuscissi a ottenere un’udienza con Manco …”

 “Pensi davvero che crederebbe a me al di sopra della sua sposa?” rispose lei con un sorriso triste. “E diffamare uno dei sovrani è reato gravissimo. Io potrei essere giustiziata, e se anche mio padre riuscisse a salvarsi, vivrebbe con un dolore che un uomo anziano come lui non potrebbe sopportare”

 Ripensandoci ora, mi sembra quasi che la seconda possibilità preoccupasse Alasu più della prima; ma all’epoca avevo tutt’altri pensieri per la testa. Per esempio, farla pagare a Llyra.

 Se la prima volta che l’avevo vista avevo guadagnato una certa stima per lei, l’avevo persa tutta quando avevo scoperto cosa intendeva fare a Simay; e adesso non aveva fatto che sprofondare. Il fatto che Llyra volesse il trono per i suoi figli? Ci poteva anche stare. Il fatto che stesse rovinando l’esistenza a diverse persone per garantirlo? Per niente.

 Bisognava fare qualcosa … per fermarla, per punirla, non sapevo cosa fosse possibile. Mi sarei inventata qualcosa. Ne avrei parlato con gli altri, quella notte. Non c’entrava niente con Simay – se non indirettamente – ma non volevo permettere che questa stronza approfittasse di un potere che le era arrivato solo perché nata nella posizione giusta per rendere un incubo le vite di molti altri. Magari Pacha avrebbe potuto avere qualche utilità in merito, magari per una volta avremmo potuto convincerlo ad appoggiare gli artigiani, invece che usarli per danneggiare indirettamente sua sorella.

 Intanto, c’era lì Alasu che era ancora uno straccio. Per qualche miracolo, suo padre non era ancora arrivato, ma di sicuro Dylla si era già messa a cercarmi. Ma al diavolo quella vecchia carogna, questa ragazza faceva male a guardarla.

 “Che situazione di merda” fu tutto quello che riuscii a dire. “Scusami per prima … adesso capisco che non è colpa tua, o di tuo padre … l’unica persona da criticare è Llyra, ha praticamente le vostre vite in mano, e ci fa quello che le pare, invece di provvedere a voi!”

 “E’ quello che deve fare” interruppe Alasu, sgranando gli occhi. “E’ il suo diritto in quanto discendente del Sole …”

 “E perché questo dovrebbe darle il diritto di spadroneggiare su di voi?”

 “La casata imperiale discende dal dio supremo, e il loro sangue si è conservato puro per generazioni” di nuovo, che schifo. “Non possono essere considerate persone normali. Hanno un legame speciale con il loro progenitore, ricevono da lui le leggi che poi amministrano sui mortali. Per questo compito, noi dobbiamo loro il massimo rispetto”

 “Sembra più che altro una scusa per farvi fare quello che vogliono loro senza lamentarvi”

 “Non lo dire!” esclamò lei, seriamente preoccupata. “Finirai nella Notte per simili affermazioni”

 “Un’altra minaccia perfetta per tenervi sotto controllo”

 “Non è una minaccia, è la verità!”

 Sbuffai. Sì, sì, potevo immaginare che Alasu fosse stata cresciuta con questi preconcetti fin dalla nascita, che per lei fosse difficile uscirne. Ma che diamine, qui ne andava della felicità sua e di molte altre persone! Davvero intendeva continuare a fare la brava bambina e obbedire alla Sacra Autorità quando questa andava contro ciò in cui lei credeva, solo perché ‘sacra’? Dannazione, quanto poteva essere difficile far capire a qualcuno che la stavano manipolando per farle seguire volontà completamente umane?

 Non sapevo neanche cosa dirle. Non mi ero mai trovata in una situazione simile, di dover cercare di aprire gli occhi a qualcuno sui mali dell’obbedienza cieca perché mi importava davvero qualcosa della persona e non per principio generale. Conclusi che se Alasu aveva questi forti sensi di colpa, mi conveniva far leva su quelli. Anche a costo di essere un po’ dura, che sarebbe anche stato più nel mio stile.

 “Si tratta comunque dell’imporvi qualcosa che non volete” borbottai. “Ma tu e tuo padre non potete fare altro, per questi sacri ordini, e non siete manco capaci di riconoscere che vi stanno usando. A un certo punto, ve lo meritereste quasi”

 Alasu mi guardò con gli occhi sgranati. “Sì, hai ragione …”

 “Se vi rifiutate di pensare con la vostra testa, se non siete capaci di odiare chi vi sta forzando e criticarlo, significa che non ve ne frega poi così tanto della vostra ‘etica’ e della sofferenza di quelle povere donne. Del resto, protestare vorrebbe dire non mostrare la giusta adorazione alla ‘sacra’ Imperatrice!”

 Alasu abbassò gli occhi a terra. Tremava visibilmente, e muoveva le labbra come a voler parlare, solo che non ne usciva alcun suono. Ehi, stava per cambiare idea …? Non avevo esagerato …? Insomma, io volevo solo aprirle gli occhi, non farla stare davvero male …

“Sei davvero una persona speciale” mormorò. “Sei in fondo alla scala sociale, non hai nulla, e rischi le punizioni umane e divine per difendere quelle donne che non conosci? Quanto vorrei poter essere come te, invece che questo fallimento di guaritrice”

 No, non era esattamente il risultato cui miravo – anche se sentirmi dire che qualcuno avrebbe voluto emularmi era lusinghiero -, ma non volevo certo che Alasu parlasse con tutto questo disprezzo di sé stessa. Okay, andava fatta crescere e aiutata a capire il mondo, però … metterla in questa situazione di disagio e odio di sé … non mi piaceva, no. Ma si stava avvicinando a un cambiamento, no? Sarebbe bastato convincerla che non sarebbe rimasta quello che lei voleva un fallimento, che sarebbe potuta cambiare quando l’avesse voluto.

 “Senti, nessuno è un fallito nell’anima, va bene? Tu hai tutte le potenzialità per diventare una persona fantastica. Devi solo iniziare a pensare con la tua testa, e smettere di fare quello che ti dicono gli altri solo perché per un fottuto caso sono nati più in alto di te. Renditi conto di questa cosa, prova a ripeterlo ad alta voce se ti serve: gli ordini di Llyra sono quelli di una stronza egoista, e non sono più sacri di un pezzo di merda”

 “Gli ordini di Llyra sono quelli di una stronza egoista” ripetè sul serio lei. “E non sono più sacri di un pezzo di merda”

“Brava! Vedi che ce la fai?”

Alasu prese un lungo sospiro tremulo, poi scoppiò in una risatina mista a singhiozzi. “Ho detto una delle cose peggiori che un Soqar possa dire” balbettò. “Ma se non l’avessi detta, avresti avuto ragione tu, avrei disprezzato la sofferenza di quelle donne. Immagino che da qualunque parte la si veda, sono una persona sbagliata, eh?”

 No, ma che … non era quello che volevo ottenere! Dannazione, possibile che qualunque cosa dicessi non riuscisse a darle una buona opinione di sé stessa?

 “Dovresti tornare da Dylla, ora, o sarà difficile che ti scusi, anche se sei stata da me” mi consigliò lei.

 Io annuii, le diedi un vago augurio di una buona giornata – come se fosse servito a molto – e tornai al gruppo degli schiavi. La reazione di Dylla fu impedirmi, per tutto il giorno, di portare i vassoi con i dolci e i pasti.

 Raramente avevo fatto incontri che mi avessero scossa come quello con Alasu, quella mattina. Era così dannatamente ingiusto. Alasu era una brava persona che non aveva fatto niente per meritarsi un compito del genere, e tutto il modo in cui riusciva a reagire era piangere e incolpare sé stessa, perché allo stesso tempo non riusciva a venir meno alla sua etica medica e a servire Llyra col sorriso?

 Fosse stata solo una persona di cui avevo sentito parlare, l’avrei bollata come patetica, e avrei commentato che doveva svegliarsi fuori e smetterla di fare lo zerbino, mandare a quel paese qualcuno. Avrei pensato che fosse una debole, che se era in quella situazione, magari meritava di esserlo. Non si può star fermi a subire e aspettare che le autorità provvedano a te, perché non lo faranno. E in generale tutta una gran trafila di sentenze.

 Ma Alasu era stata la prima persona, in quel mondo, a dimostrarmi una gentilezza priva di condiscendenza, addirittura ammirazione, anche se non potevo dire quanto meritata. Avevo visto la sua preoccupazione per le donne dell’harem, il suo senso di colpa per ciò che era costretta a infliggere loro, la sua sofferenza per la situazione di merda assoluta in cui era stata forzata. Era una persona, non qualcuno di astratto su cui emettere giudizi astratti.

 Però c’era anche il fatto che, a parte le emozioni che avevo visto in Alasu, il suo era un atteggiamento che avevo sempre definito debole e disprezzato. E la mia opinione in proposito non riusciva a cambiare. Non sapevo come comportarmi, cosa pensare nei suoi confronti; dunque passai a qualcuno verso cui il mio sentire era molto meno ambiguo.

 Dio, se ero incazzata con Llyra! Quello che stava succedendo alle concubine, ad Alasu e a suo padre, era interamente colpa sua. Gli altri non potevano difendersi contro di lei, e quella se ne approfittava. Ma non era invincibile. Questa gente poteva essere nata e cresciuta con il chiodo fisso che l’autorità imperiale fosse la cosa più sacra del mondo, che non avrebbero potuto nemmeno pensare di opporsi a uno dei sovrani senza che la collera divina si abbattesse su di loro, ma io arrivavo da un altro mondo. Io ne sapevo di più. Io avevo studiato di simili strutture politiche sui libri di storia: nel mio Paese, i governanti venivano eletti dal popolo (circa), ed erano destituibili in ogni momento (di nuovo, circa) e se commettevano crimini, erano perseguibili come chiunque altro (sempre in teoria). E sapevo che Llyra non era diversa.

 Certo, bisognava considerare che gli abitanti di questo mondo erano capaci di praticare vera magia, e io stessa ero stata portata lì da una divinità … che però non avevo visto. Aveva parlato direttamente nel mio cervello, sfruttando i miei processi energetici. Era sembrata più la coscienza di una forza naturale che una vera e propria divinità fisica: forse era così per tutto il resto del pantheon di questi luoghi? In tal caso, tutta quella faccenda del ‘sangue del sole’ sarebbe stata una bugia, una storia a fini propagandistici, esattamente come simili vicende erano state create in passato nel mio mondo. E anche se avessi sbagliato qualcosa, se Llyra in qualche modo fosse stata discendente di una divinità, questo non le dava nessun diritto, non la rendeva automaticamente superiore agli altri. Non le dava il diritto di causare tutta quella sofferenza.

 Decisi che ne avrei parlato con Qillalla e Simay. Eravamo già, tecnicamente, contro l’Imperatrice, ed eravamo d’accordo con Pacha. Magari potevamo fargli indirizzare i suoi scherzi verso qualcosa di più costruttivo?

 Il problema era che, a parte una vaga idea di ‘punire Llyra’, non sapevo neanche cosa fare. Non sapevo cosa saremmo stati in grado di fare, e come, e con quali rischi. Avrei avuto bisogno di qualcuno del luogo per farmelo spiegare, altra ragione, appunto, per parlarne con quegli altri due. Sperai solo che Qillalla non avrebbe rognato troppo perché li avevo avvertiti di qualcosa che non riguardava direttamente Simay … oh, chi se ne importava, sarei stata comunque in grado di metterla al suo posto.

 Non appena ebbi un momento libero, legai il nastro blu alla stessa finestra del giorno prima.

 

Attraversare quel tunnel non fu un’esperienza meno allucinante della prima volta. La mia ammirazione per quel processo soprannaturale rimaneva inalterata, così come il mio timore che da un momento all’altro potesse senza preavviso crollarmi tutto addosso. Solo che mi concentrai molto meno su queste emozioni, come se malgrado la loro intensità avessi potuto metterle in un angolo della mia mente: più concentrata sulle mie scoperte di quel giorno, feci tutto il tunnel di corsa.

 Qillalla riuscì perfino a battere le mie aspettative: iniziò a lamentarsi prima ancora che io avessi aperto bocca. Le prestai quel poco di considerazione sufficiente a zittirla, poi mi affrettai a riferire quello che era successo la notte prima, e ciò che avevo imparato quella mattina.

 Simay mantenne tutta l’aria di voler essere altrove per la prima parte del racconto, e un’espressione sempre più sconvolta durante la seconda; Qillalla fu più coerente, senza abbandonare l’espressione infastidita per tutto il tempo.

“Tutto molto tragico” concluse alla fine. “Ma di preciso, perché dovremmo preoccuparci di …”

“Questo non dovrebbe succedere” mormorò Simay. Qillalla si zittì immediatamente. Faziosa! Gliel’avevano detto che i sacerdoti facevano voto di castità, vero? “Tutti i figli di Manco possiedono il sangue del sole, anche se in misura minore rispetto a un figlio che fosse anche di Llyra” abbassò un istante lo sguardo sulle proprie mani, come se si immaginasse di veder scorrere il sangue divino in questione. “Ma tutti loro possono trasmettere la discendenza degli dei, dunque sono sacri. Sotto quest’ottica, impedire loro di nascere non è meno grave di cercare di uccidere me”

 “Non ci avevo riflettuto” mormorò Qillalla, poggiandogli una mano sulla spalla. “Ti chiedo scusa”

 Veramente se l’era presa con me, ma sospettai che farglielo notare sarebbe stata una causa persa.

 “E il fatto che costringa i farmacisti … quelle pozioni sono preparate da loro, certo, ma le erbe che usano sono fornite dal Tempio di Achesay. Significa implicare il Tempio della Grande Madre in questo sacrilegio!”

 “Ecco!” esclamai. “Abbiamo un modo per impedirglielo! Basta che non forniate più quelle erbe, e il problema è risolto!”

“Non è così semplice”

 “Cosa? E perché? Parlane con Pacha …”

 “No, quello che intendo dire, è che se ho capito che medicina usano, non potremmo proprio impedirne l’invio. Penso che sia il ‘sangue della Terra’”

 “Ah” annuì Qillalla. “Adesso capisco. Mia madre me ne ha parlato …”

 “Be’, io non ho la più pallida idea di cosa sia” obiettai. A giudicare dalla fauna e dalla flora che avevo visto fino a quel momento, dubitavo che una pianta simile esistesse sul mio pianeta.

 Qillalla mi guardò con sufficienza per una simile ignoranza, Simay mi degnò di una spiegazione senza giudizi. “Entro certe dosi, favorisce la gravidanza, aiutando a eliminare le sostanze tossiche e migliorando il flusso del sangue che arriva al bambino; ma se somministrata in modo eccessivo, succede … una sorta di eccesso di sangue. Nelle fasi più avanzate della gravidanza, causa il distacco della placenta, mentre nelle prime, può portare all’aborto, come hai descritto tu”

 “Ecco, perché non potete smettere di inviar …ah, è vero”

 Llyra stessa era incinta. Fosse stato qualsiasi altro momento, forse avrebbero potuto interrompere l’invio, ma in quei mesi, l’Imperatrice avrebbe potuto usare la scusa che quell’erba servisse a lei. E avrebbe potuto muovere accuse di volerla danneggiare se il Tempio avesse rifiutato di consegnargliela.

 “Dovremmo avere delle prove concrete” proseguì Simay. “La testimonianza dei farmacisti da sola non basta, e neppure gli aborti delle donne dell’harem. Si capirebbe solo che i farmacisti hanno impedito a quelle donne di portare a termine le loro gravidanze, e questo di per sé condannerebbe loro, perché non si potrebbe provare chi sia, o se ci sia, un mandante”

 “E certo, perché due persone il cui lavoro è curare la gente si mettono a causare aborti a caso”

 “Immagino che servirebbe qualcosa di tangibile” osservò Qillalla. “Come uno scritto, vergato personalmente da Llyra, che ordini specificamente di impedire che le gravidanze delle sue rivali siano portate a termine”

 “Precisamente” confermò Simay. “Inoltre, Yzda e sua figlia verrebbero condannati lo stesso, in quanto complici del crimine”

 “Ma non avevano altra scelta!”

 “Hanno comunque collaborato in un sacrilegio” a suo onore, anche Simay non sembrava particolarmente entusiasta di quella clausola della legge. Ma nessuno degli altri due sembrava aver compiuto il passo mentale successivo: mandare tutto all’inferno, e fare giustizia autonomamente. Compito che di conseguenza spettava a me.

 “E allora sostituiamo l’erba” replicai. “Non avete, che so, una pianta simile, ma con tutt’altri effetti? Sarebbe meno palese che non inviargliela proprio, e Llyra non potrebbe accorgersene finché non è troppo tardi!”

 Simay aprì la bocca per protestare – me lo aspettavo – quando Qillalla lo prevenne.

 Questa effettivamente non è un’idea malvagia. Sarebbe anche un modo efficace di mandare un messaggio a Llyra: noi siamo in grado di trovare metodi di aggirare la sua autorità, senza lasciare prove del nostro operato, e se le sue azioni infrangono le leggi divine, non saremo troppo timorosi da non opporci a lei”

“Io non intendo fare una dichiarazione di guerra …”

 “Sbaglio o qui ci sono delle regole di mezzo, che Llyra ha infranto? Cos’è, perché una persona ha abbastanza autorità ciò le dà il diritto di infrangere le regole che ami tanto? Mi era parso di capire che da queste parti funzionasse al contrario!”

 Simay esitò.

 “E’ vero” ammise. “Llyra sarebbe tenuta, più di ogni altro, a rispettare le leggi del Sole, proprio perché lei ne è rappresentante. E una sua infrazione dovrebbe essere punita anche più duramente rispetto a quella di chiunque altro”

 “Allora che vuoi fare? Ciò che ti dice un’autorità terrena, o ciò che ti dicono gli dei? Visto anche che sei un novizio sacerdote”

Se avessi dovuto essere sincera, avrei detto che entrambe le opzioni mi sembravano pessime: era sempre un piegare il capo a ciò che ti ordinava qualcun altro. Ma qui la mia priorità non era far finalmente funzionare il cervello a quell’imbranato di Simay, era convincerlo a opporsi a una delle peggiori carognate che avessi mai visto di persona. E infatti, funzionò.

 “E’ vero” mormorò il bersaglio di quell’improvvisato tentativo di manipolazione. “Llyra va punita. E se la legge non può farlo, la responsabilità ricade su di noi che sappiamo dei suoi crimini. Ma ancora, il vostro piano non può funzionare. Quelle erbe non sarebbero consegnate direttamente a Llyra – che seppure abbia ricevuto un’educazione molto completa, non è nella posizione di chi manipola ed esamina erbe tutti i giorni – ma a Yzda, che probabilmente sarebbe in grado di riconoscere a occhio due erbe anche molto simili tra loro. Se è il farmacista imperiale, è perché è il migliore nel suo mestiere, ricordiamocelo”

 “Ma voi gli consegnate direttamente la pianta, perché lui poi provveda a lavorarla in una forma utilizzabile?” inquisì Qillalla. Simay fece in tempo ad annuire, prima che lei lo interrompesse di nuovo. “E allora, se quelle erbe gli venissero proposte, che so, già sminuzzate o preparate in una tisana, lui saprebbe riconoscere la differenza?”

 “ … Credo di no”

 “E allora siamo a posto!” esclamai. “Dobbiamo solo trovare l’erba giusta, e inventarci una balla plausibile su perché gli stiamo dando il preconfezionato”

 “Il pre …?”

 “Credo di aver capito cosa intende” annunciò Qillalla. “Quello che non so, è che erba potrebbe fare al caso nostro, eventualmente. Ma tu, Simay, studi le erbe, giusto?”

 Il ragazzo annuì. “Ma ho iniziato solo da poche settimane. Conosco solo le più comuni, quelle usate per la cucina o le malattie più leggere. I likri ci somigliano abbastanza, come colore … ma sono troppo comuni nei dolci, Llyra riconoscerebbe subito il sapore se quella medicina venisse somministrata anche a lei. Poi ci sono le foglie di certi Duheviq, ma sarebbe estremamente difficile metterci le mani sopra per uno scambio simile … ah! Le radici di zullma. Se triturate in modo molto fine, come di solito viene preparato il sangue della Terra, sarebbero davvero indistinguibili. Se non ricordo male, di solito vengono usate per curare i problemi di digestione”

 “Trovata!” gongolai.

 “Sbaglio o hanno un effetto lassativo?” osservò Qillalla.

 Scoppiai a ridere con una grande dimostrazione di maturità. “Ma allora sono perfette!”

 “Non fare tutto questo chiasso!” mi rimproverò l’altra ragazza. “Comunque, scherzi di cattivo gusto a parte, sembra che abbiamo trovato la nostra punizione ideale. E’ una dichiarazione che non intendiamo permetterle di compiere i suoi soprusi contro la legge solo per la carica di cui è investita, ma che allo stesso tempo, rispettiamo la sacralità della sua persona” qui dovetti contenere un altro accesso di risate. “evitando di somministrarle sostanze veramente dannose” Qillalla concluse lanciandomi un’occhiataccia.

 Io riuscii a tornare seria. “Pensi di coinvolgere anche Pacha in questo piano?”

 Questa domanda della nobile in effetti poneva una questione interessante. Normalmente, sarei stata decisamente contro l’avvertire una qualsiasi autorità di un piano simile. Di sicuro l’avrebbero ostacolato, blaterando di ‘parlare’ e ‘discutere con calma la situazione’, che era un codice segreto per ‘non fare davvero nulla di risolutivo’. Se la cosa poteva essere fatta alle loro spalle, avrei caldamente appoggiato questa possibilità, altrimenti, mi sarei ingegnata a inventare una bugia.

 Ma Pacha aveva già dimostrato di non essere un’autorità convenzionale, non al di sopra di bersagliare chi gli stava antipatico con l’equivalente su larga scala di scherzi infantili. Scherzi infantili, per l’appunto, che prendevano di mira Llyra solo per interposta persona: avrebbe avuto abbastanza fegato da ‘attaccare’ lei, personalmente? Non ne ero così sicura.

 Certo, sarebbe andato da Llyra a parlare di Simay, ma quello poteva essere fatto in molti modi, e da quel che ci aveva anticipato, non sarebbe stato molto deciso in proposito. Un affronto così diretto … no, temevo che non ne avrebbe avuto il coraggio. O forse lo avrebbe avuto, ma meglio non rischiare.

 Simay, come volevasi dimostrare, stava dicendo qualcosa a proposito di come sarebbe stato giusto avvertire Pacha, in quanto capo del Tempio e nostro aiutante. Mi sembrò il caso di intervenire.

 “Ma resta il rappresentante della dea a cui devo obbedienza” obiettò lui. “Nonché il Sommo Sacerdote del Tempio che effettuerà lo scambio. Mi sembra opportuno che ne sia informato, nel caso Llyra lo interrogasse in proposito. Anche a volere considerare ciò da un punto di vista cinico, sarebbe più propenso ad aiutarmi se sapesse che non gli nascondo nulla e confido completamente in lui …”

 “Al contrario” interruppi. “Se sapesse di quello che stiamo per fare, diventerebbe un nostro complice. E se, come hai detto tu, Llyra lo interrogasse, e lo trovasse colpevole di qualcosa per cui può davvero punirlo … che cosa lo aspetterebbe?”

 “L’esilio, a voler essere fortunati” Simay non sembrava più così convinto del nostro piano.

 “Per l’appunto. Se invece emergesse che no, non ne sapeva niente neanche lui, Llyra sarebbe molto più compassionevole nei suoi riguardi. Magari sarebbe anche più disposta ad ascoltarlo!”

 “Ma noi non saremmo i suoi primi sospettati?”

 “Non avrebbe prove certe”

 “Ma a fidarsi meno di noi, anche senza prove certe, sarebbe Pacha – il nostro alleato sicuro”

 “E noi non avremmo che da dirgli perché lo abbiamo fatto. Abbiamo punito un sacrilegio contro il sovrano, non attaccato insensatamente la sovrana. E siamo stati zitti solo per difendere lui”

 Simay annuì, anche se dal suo sguardo perso sospettai che non se ne fosse nemmeno reso conto.

 “E comunque, tutto questo è solo in previsione dell’ipotesi che Llyra si renda conto della sostituzione, e abbia sufficienti basi per accusarcene senza che si scopra perché abbiamo fatto una cosa simile in primo luogo. Se è davvero una donna così cauta come ha detto la mia fonte, probabilmente lascerà perdere, e assumerà un assaggiatore anche per le medicine”

 “Dunque la sua sicurezza sarebbe garantita …”

 “Sì, esatto. Allora, ci stai?”

 Simay esitò ancora qualche istante. “Sì. Potrò effettuare la sostituzione” prese un respiro profondo, come se oltre all’aria volesse inalare anche la risoluzione necessaria a quel piano.

“E’ l’azione migliore che tu potessi prendere” Qillalla lo guardò con aria di approvazione.

 Sarebbe stata una goduria costringerla ad ammettere che l’idea tanto apprezzata era stata mia, ma pensai che per quella sera le mia capacità di persuasione fossero state messe alla prova anche fin troppo. Meglio non tirare troppo la corda, anche perché la stanchezza del giorno appena passato iniziava a piombarmi addosso.

 “Quando potrai effettuare lo scambio?”

 “Fra quattro giorni, alla prossima consegna delle scorte agli artigiani. Intanto, probabilmente riceveremo anche il responso di Pacha sul suo colloquio con l’Imperatrice, quindi potremo decidere se cambiare il corso di azione in base a quello”

 “Basta che quella carogna non la passi liscia” borbottai. Fui guardata male, ma la rabbia che anche loro due provavano verso Llyra si espresse nell’assenza di rimproveri.

 “Questo non può essere permesso” concluse Simay. “In un modo o nell’altro, bisognerà porre fine al sacrilegio”

 Non il modo in cui io avrei posto la questione, ma sempre meglio di niente.

 “Bene! Abbiamo altro di cui discutere?” chiese Qillalla.

 Silenzio.

 “E allora direi di tornarcene tutti a dormire, visto che grazie a qualcuno, negli ultimi giorni è successo ben poco”

 “Chiedo umilmente perdono per aver fatto esattamente quello che mi avete detto di fare” replicai, per poi puntare il dito verso Simay. “Stessa regola dell’altra volta: non azzardarti a far crollare il tunnel prima di aver sentito il sasso!”

 Lui annuì di nuovo, rivolgendomi un mezzo sorriso e un accenno di saluto nel mezzo della sua preghiera (lo fulminai con lo sguardo, perché non mi era affatto piaciuto come in concomitanza con ciò un bel po’ di terra fosse crollata dal soffitto dell’appena ricostruito tunnel). Qillalla non accennò un saluto, e io feci lo stesso, limitandomi a imboccare di nuovo il mio passaggio.

 E anche questa era fatta. Ora, per i quattro giorni successivi, avrei potuto concedermi un po’ di tranquillità, in attesa che la vendetta scattasse.

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

chiedo scusa per il ritardo nell’aggiornamento, ci sono stati imprevisti problemi di wi-fi. Il che significa che nei prossimi giorni i capitoli usciranno a brevissime distanze, per infilare tutti quelli fino al 18 entro il 7 gennaio (per fortuna sono quasi tutti pronti).

Comunque, spero che questo vi sia piaciuto. Mi auguro che abbiate apprezzato il dialogo tra Corinna e Alasu, e sono proprio interessata alle vostre opinioni sul ‘complotto’ dei ragazzi. Quanti pensano che sia cosa buona e giusta? Quanti pensano che sia una pessima idea?

Di nuovo, grazie a tutti i lettori, e ai recensori in particolar modo!

  
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