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Autore: Jenna Ravenway    06/01/2018    0 recensioni
Juno li ha già visti. Tutte le notti sogna sempre gli stessi volti e lei sa che il momento giusto sta arrivando. Le sue visioni non sbagliano mai.
Ma quando finalmente incontra Lyllian, Finnick, Donovan e Alyssa tutto va a rotoli. Ripetuti attacchi li costringono a scappare di continuo e nessuno di loro riesce a spiegarsi come mai, ad un certo punto, perfino i loro stessi amici e parenti provino ad ucciderli.
L'unica possibilità che hanno è quella di risvegliare i propri poteri e smetterla di nasconderli. La loro lotta per la sopravvivenza è iniziata e sarà meglio scoprire la verità in fretta, perché chiunque gli stia dando la caccia diventa più potente ogni secondo che passa.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finnick la stava aspettando a bordo della sua macchina color carbone, finestrini abbassati e occhiali da sole a coprirgli gli occhi.

Lyllian rise quando gli venne in contro.

«Mi sembra proprio il giorno perfetto per indossare gli occhiali, questo sole mi sta ustionando!»

Finnick sorrise «Questi servono per darmi un aspetto misterioso, da duro. Stavo lavorando su quel gruppo di ragazze laggiù, ma una di loro mi ha alzato il medio.»

«Hai portato mio fratello dai miei nonni?»

Lui sbuffò «Sì, Lyllian. Come ogni giorno ho preso quel marmocchio e l'ho depositato davanti a casa dei vecchietti.»

La ragazza fece il giro della macchina e si sedette sul sedile del passeggero.

«Perfetto, che bravo bambino...»

Si mise a fissarlo per un momento e Finnick si sentì stranamente esaminato: lei lo stava facendo di nuovo.

«C'è qualcosa che devi dirmi?»

Ecco, lo aveva scoperto. Lui sbuffò visibilmente e mise in moto la macchina.

«Volevo solo sapere se ti andava di cenare con me prima di andare a prendere tuo fratello»

La biondina si sistemò meglio sul sedile e si allacciò la cintura di sicurezza.

«Certo, sto morendo di fame! Dove mi porti?»

Finnick le lanciò un'occhiata da dietro la superficie scura dei suoi occhiali e le sorrise.

«Hai preferenze?»

Lei scosse la testa e una ciocca bionda le finì davanti agli occhi.

«Okay, allora andiamo a mangiare in quel ristorante vicino la mia università.»

***

Alyssa sbloccò lo schermo del suo telefono e lesse il messaggio di Jake.

Perfetto, a quanto sembrava avrebbe pranzato da sola di nuovo.

Sbuffò e inforcò un pezzo di carne dal suo piatto, quanto meno in quel ristorante si mangiava bene e a basso prezzo, in più era vicino alla sua università e impiegava solo cinque minuti a piedi per arrivarci.

Il cameriere si avvicinò al suo tavolo e posò una lattina di Cola accanto al suo bicchiere.

Alyssa l'afferrò distrattamente e alzò gli occhi verso di lui per ringraziare, ma si bloccò nel vedere che, la persona in piedi accanto a lei, non fosse un cameriere.

Quella ragazza non era vestita da cameriera, e dov'era il ragazzo carino di poco prima?

«Non ringraziarmi, fallo dopo.»

Alyssa aggrottò le sopracciglia, e si guardò intorno.

«Posso sedermi? Non mangia nessuno con te, giusto?»

In realtà avrebbe voluto dirle di no ma le sembrava troppo scortese. Semplicemente decise di ignorarla e continuare la sua cena.

Era stanca, l'università la sfiniva e solo pensare al treno che ancora doveva prendere le fece venire i brividi.

La porta del ristorante si aprì e una coppia entrò: un tipo alto e con gli occhiali da sole e una ragazza bionda.

Alyssa fissò il ragazzo e poi si voltò verso la vetrata che dava sulla strada illuminata solo dai lampioni.

I due si sedettero dall'altro lato della sala e il cameriere carino che aveva servito anche lei si avvicinò per prendere le ordinazioni.

«Tu frequenti l'università di medicina e medicina veterinaria, giusto?»

Alyssa alzò gli occhi dal piatto e la fulminò con lo sguardo. Voleva solo che lei stesse zitta, non aveva voglia di parlare, aveva bisogno solo di un po' di tranquillità.

«Sì» rispose comunque abbassando di nuovo lo sguardo sul piatto.

«E non vivi nel dormitorio, no?» riprese la ragazza davanti a lei, giocando con la lattina che sarebbe dovuta appartenere ad Alyssa.

«Già.»

«Bene. Il fatto è che sto cercando una coinquilina e tu...»

Si fermò, sembrava stesse cercando le parole giuste.

«Saresti più che perfetta, che ne dici?»

Alyssa la guardò allibita «Non so neanche come ti chiami e ci siamo appena conosciute, non verrò a vivere con te.»

La ragazza davanti a lei rise «Vuoi essere invitata a cena la prossima volta? Tanto lui non si presenterà di nuovo.»

Cosa?

«Potresti ripetere, scusa?»

Lei non rispose e lasciò la lattina di Cola.

«Mi chiamo Juno, sono nella sezione di veterinaria come te.»

«Come fai a sapere che sono in veterinaria?» Quella ragazza non le piaceva affatto: era troppo invadente.

Juno posò la testa sul palmo della mano sinistra e indicò qualcosa accanto al gomito di Alyssa.

«Perché una studentessa di medicina dovrebbe avere un libro di zootecnia con se?»

«Hobby?»

«Quindi suppongo che, il quaderno che c'è sotto, è pieno di appunti su come combattere il mal di testa e quale medicine prendere, posso vederlo?»

Alyssa fissò il suo quaderno e poi la ragazza davanti a se. Juno la guardava con un'aria di superiorità.

La cosa che la stupiva di più non era la sfacciataggine di quella tipa ma il suo cuore: i suoi battiti erano normalissimi, Juno era calmissima, come se stesse parlando da sola o con un muro. Non era preoccupata delle risposte che lei le avrebbe dato.

Fece per dire qualcosa, ma il suo sguardo incrociò quello della ragazza bionda che era entrata nel ristorante, giusto qualche minuto prima. La stava fissando e continuò a farlo anche dopo che Alyssa se ne accorse.

«Okay, ho un impegno tra due minuti, chiamami nel caso cambiassi idea.»

Juno si alzò dal tavolo e si diresse verso la cassa, disse qualcosa al cassiere e poi si voltò verso la porta.

Alyssa le guardò le labbra che continuavano a muoversi senza emettere nessun suono. Perché Juno stava... contando al contrario?

La sua bocca mimava i numeri e si ritrovò a contare con lei:

quattro... tre... due... uno...

Qualcosa stridette fori dal ristorante, una macchina frenò di colpo e, quando Alyssa si voltò per capire cosa stesse succedendo, la vetrata del ristorante - quella che dava sulla strada - si frantumò. Un'auto ci si era schiantata contro.

E, prima che potesse accorgersene, lei era cambiata.

***

Pranzare con Lyllian non era stato poi così male, si era addirittura divertito a parlare con lei. Quella ragazza non intraprendeva discorsi noiosi e lo faceva ridere con le sue risposte buffe e assurde.

Avevano persino scoperto di star leggendo lo stesso libro, e si erano messi a parlare di quanto il cattivo della storia fosse descritto bene; poi si erano messi d'accordo sul pranzare insieme anche il giorno seguente allo stesso tavolo.

Il suo telefono vibrò nella tasca della sua giacca e si affrettò a sbloccarlo e leggere il messaggio. Era Luke, finalmente.

"Ehi Den, cosa fai stasera? Io avevo in programma di restare a casa fino alle 11:00, mi fai compagnia?"

«Che stronzo...» brontolò lui rileggendo la frase altre dieci volte.

Non voleva rispondergli subito o Luke avrebbe capito quanto lui ci teness a ricevere un suo messaggio.

Comunque entrambi sapevano che quella sera si sarebbero visti in ogni caso.

Perché Donovan avrebbe risposto che no, non aveva nulla da fare e che potevano vedersi. Si ricordò del tema per il signor Brown ma decise che l'avrebbe fatto una volta tornato a casa. Voleva vedere Luke.

Fece un lungo sospiro e contò fino a dieci, poi iniziò a scrivere la risposta.

"No, tranquillo, sei già a casa?"

Dopo averlo inviato tolse la vibrazione e decise che avrebbe riguardato il telefono una volta arrivato nella sua stanza.

Attraversò la strada e scansò la stessa pozzanghera che quella mattina gli aveva inzuppato le scarpe. Alla fine era stato costretto a indossare le scarpe da ginnastica che teneva nel suo armadietto per l'ora di educazione fisica, e aveva asciugato i calzini sotto il getto di aria calda che si usa per le mani.

Non doveva essere stata una bella scena vedere un ragazzo scalzo, con in mano un paio di calzini ad asciugare, vicino ai lavandini. In più l'idea di toccare il pavimento con i piedi nudi gli aveva fatto così schifo che si era messo sopra le scarpe asciutte.

Qualsiasi ragazzo entrasse lo guardava male e Donovan cercava solo di non incrociare lo sguardo di nessuno e di nascondersi sotto il cappuccio della giacca.

Quando arrivò a casa sua madre stava preparando la cena, gli dava le spalle e canticchiava; suo padre era seduto a tavola con il giornale aperto e lo sguardo fisso al televisore.

«Sono tornato»

Suo padre tenne lo sguardo fisso sullo schermo «Ce ne siamo accorti, come sempre non ti ricordi da quale lato si gira la chiave per entrare.»

«Divertente, papà.»

Sua madre si asciugò le mani su una tovaglietta e si voltò verso di lui sorridendo.

«Ti va di mangiare omelette? Tua nonna ci ha portato troppe uova e dobbiamo consumarle o marciranno.»

«Le torte sono ben accette» rispose suo padre continuando a fissare il televisore.

Ma almeno sta seguendo quello che dicono in tv?

Donovan si morse un labbro e lasciò il suo zaino all'entrata.

«Ehm, scusa mamma, ma ceno fuori casa con un paio di amici» rispose grattandosi la nuca.

Gli dispiaceva rifiutare in quel modo ma si trattava di Luke...

Il sorriso di sua madre si affievolì per un secondo. «Okay, non preoccuparti, le cucino domani mattina per colazione, okay?»

Suo padre, finalmente, spostò lo sguardo verso sua moglie, uno sguardo contrariato e confuso.

«E quindi oggi cosa cucini per me?»

Mentre sua madre rispondeva, Donovan prese il suo zaino e lo portò nella sua stanza, il telefono in mano intento a sbloccare lo schermo.

Una volta seduto sul suo letto lesse il messaggio di Luke

"Sì, ti aspetto."

Il cuore di Donovan prese a battere più forte e lui si ritrovò solo a pensare che Luke avesse tratto le conclusioni da solo: lui non aveva ancora accettato la proposta.

Sospirò e si guardò allo specchio.

Forza, puoi farcela, Donovan.

Si passò una mano tra i capelli e prese la sua giacca, il telefono e le chiavi di casa.

Tornò in cucina e salutò i suoi genitori, poi uscì di casa.

La strada verso casa di Luke non era così lunga, si trattava di venti minuti a piedi e Donovan aveva estremamente bisogno di quei venti minuti di tranquillità prima di vedere il suo ragazzo.

Se "il mio ragazzo" lo si può definire...

Aveva conosciuto Luke al supermercato, a metà tra casa sua e quella di Donovan, lui si era offerto di aiutarlo a trasportare le buste della spesa e Donovan aveva accettato chiedendosi come mai, un ragazzo dall'aria così da teppista, si stesse offrendo di aiutarlo.

No, non aveva minimamente pensato alla possibilità che lui potesse scappare con le buste o potesse fargli male in qualsiasi modo.

Aveva subito guardato i suoi occhi verdi e il suo cuore aveva iniziato a battere forte.

Che idiota che sono, mi sento una femminuccia.

Lungo la strada del ritorno, Luke si era dimostrato veramente gentile e carino con lui, ed erano subito diventati amici, poi si erano rivisti nel parcheggio dello stesso super mercato e, quella volta, Luke si era offerto di portarlo a mangiare qualcosa e lui aveva accettato subito.

Donovan guardò il palazzo che si stagliava sopra di lui e schiacciò il pulsante del citofono del settimo piano.

Nessuno rispose ma il cancello si aprì comunque dopo aver fatto uno scatto.

Il ragazzo salì velocemente le scale e spinse l'altro portone che dava alla hall del palazzo.

Luke aveva cinque anni più di lui e frequentava l'università, nonostante fosse fuori corso, quindi aveva affittato un appartamento conveniente che gli permettesse di essere indipendente e vivere la propria vita.

Donovan entrò nell'ascensore, schiacciò il pulsante con il numero 7 e aspettò che le porte si chiudessero.

Luke lo stava aspettando appoggiato allo stipite della porta, le braccia incrociate e la testa leggermente inclinata.

E il cuore di Donovan prese a battere ancora più forte di quanto già non stesse facendo.

«Ciao, Luke» disse sorridendo spontaneamente.

Che sorriso da idiota che ho...

Luke non disse niente e si avvicinò, poggiò i palmi ai lati del suo viso e lo baciò.

«Ciao, Donovan.»

 
   
 
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