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Autore: UnGattoNelCappello    13/01/2018    1 recensioni
Kei realizza durante il suo secondo anno di liceo che probabilmente è innamorato di Yamaguchi da quando ha dieci anni. Per quanto incapace possa essere a gestire la situazione, Kei prega almeno di non esserlo tanto quanto Hinata e Kageyama. Ma a quanto pare, è proprio così. *TRADUZIONE*
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tobio Kageyama
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

Rosso fragola


 

Kei dà un’occhiata all’orario e considera di dare buca al viaggio in città, ma sa che non dovrebbe farlo visto che è stato lui a proporlo. E poi, non vuole deludere Yamaguchi.

Ovviamente Kei aveva già fatto dei sogni erotici prima. È un ragazzo di diciassette anni. Ma in quelli passati, ogni persona presente era irriconoscibile. Erano solo degli strumenti per arrivare a ciò di cui aveva bisogno. Non erano mai stati abbronzati e lentigginosi e così dolorosamente familiari. Kei aveva letto da qualche parte che nei sogni possono comparire solo persone che hai visto realmente, anche se non sa come si possa verificare un’affermazione del genere. Forse per tutto questo tempo ha sempre sognato Yamaguchi senza che la sua mente lo realizzasse.

“Impossibile,” dice ansimando.

Kei rinchiude il suo sogno in fondo alla mente con un’incredibile forza di volontà, eppure il modo in cui Yamaguchi pronuncia il suo soprannome quando lo vede alla stazione dei treni lo riporta subito a galla. Il fatto che i suoi capelli siano legati in una coda come piace a Kei non aiuta. Inizia a pensare che probabilmente sarebbe dovuto rimanere a casa e basta.

La sensazione si moltiplica quando Nishinoya e Tanaka li raggiungono sul treno, visto che Hinata li ha invitati la sera precedente. Ma Yamaguchi sembra contento, quindi Kei cerca di non fare il guastafeste. Yamaguchi mette un broncio ben visibile quando Kei sceglie di mettersi accanto ai due del terzo anno sul treno affollato, ma Kei non sarebbe in grado di stare premuto contro di lui dopo la mattinata che ha avuto.

“Non penso proprio che le rane abbiano una capacità di concentrazione così alta,” sta riflettendo Kageyama.

“Oh, sei diventato un esperto di rane adesso?” lo prende in giro Hinata, la lingua fra i denti.

Kageyama gli dà una spinta. “Forse sì.”

“Io penso che siano fiche,” dice Tanaka, “ma i serpenti sono molto più fichi.”

“E le lucertole?” propone Nishinoya.

“Certo, le lucertole!”

“Quando ero piccolo le catturavo sempre, a casa dei miei nonni.”

“Cioè a mani nude?” Hinata lo guarda a bocca aperta.

“Già,” risponde Yamaguchi.

“Ma sono così veloci!”

Nishinoya afferma con vigore, “Yamaguchi è troppo forte!”

“Quale pensi sia il più fico, Tsukishima?”

“Le lucertole, probabilmente,” risponde Kei, alzando gli occhi dal suo telefono. “Non smettono mai di crescere. E alcune specie possono sparare sangue dai loro occhi fino a un metro e mezzo.”

“Mi piacerebbe saperlo fare,” dice Tanaka in modo malinconico.

“Perché mai ti dovrebbe servire?”

Kageyama risponde per lui, “Nessuno ti darebbe mai fastidio se potessi sparagli del sangue addosso.”

Hinata aggiunge, “Dagli occhi.”

“Sembra sensato,” dice Kei.

 

_________

 

“No. No. No. No. No, no, no, no.”

“E dai, Tsukishima! Solleva il tuo senpai! Me lo merito!”

“Per cosa?”

“Per essere stato più di anno in squadra con te e non averti preso a pugni.”

“Sì, non mi stai convincendo molto.”

“Ti prego!” supplica Nishinoya. “Solo un minuto. Non vorrai perdermi nella folla, no?”

Hinata tira d’improvviso la manica di Kageyama e dice preoccupato, “E se mi perdo io nella folla?”

“Non succederà,” lo rassicura Kageyama, “non ci sono neanche così tante persone oggi.”

“E va bene,” cede Kei. Il balzo celebratore di Nishinoya è comparabile solo a quello di Hinata. “Ma solo se anche Kageyama porta Hinata.”

“Sì!” gioisce Hinata.

Il rosso salta immediatamente sulla schiena dell’alzatore come se l’avesse già fatto un migliaio di volte. Kageyama barcolla per un momento prima di raddrizzarsi. Ha un’espressione piuttosto serena quando Hinata avvolge mollemente le braccia intorno al suo collo e poggia il mento sopra la sua testa, guardando in basso verso le persone che serpeggiano sulla strada. Kei direbbe perfino che ha un’aria soddisfatta, se non fosse per il rossore sulle sue guance. Kei non ha il tempo di rimpiangere i suoi errori di valutazione prima che Tanaka sollevi il libero sulla sua schiena.

“Sei così appiccicoso,” geme Kei mentre Nishinoya si arrampica sulle sue spalle.

“Per favore, non fateli cadere,” li avverte Yamaguchi, “ci servono ancora per la partita di questo fine settimana.”

“Sentito, Tsukishima? Yamaguchi dice che devi essere molto delicato con me.”

“Lo faccio per esattamente due minuti. Yamaguchi, tieni il conto.”

“Sicuro, Tsukki!”

Kei fa una smorfia quado la scarpa di Nishinoya strofina contro il livido che sta iniziando a formarsi sulla sua mano.

Tanaka si lamenta di avere fame non appena i piedi di Nishinoya toccano terra, esattamente centoventi secondi più tardi. Il gruppo entra nel ristorante più vicino ed economico che riescono a trovare e si immergono tranquillamente in un’entusiasta conversazione ad un tavolo libero. Kei si scusa e si alza. Si mette in fila fuori dal bagno, aspettando che si liberi e giocando con il telefonino nel frattempo.

“Ehi.”

Di fronte a lui c’è un giovane, leggermente più basso di lui ma di almeno qualche anno più grande. Probabilmente uno studente universitario. Il sopracciglio del ragazzo è alzato in un modo che fa pensare a Kei che abbia sempre quell’aspetto.

“Che c’è?” chiede Kei.

“Hai un aspetto familiare. Credo che tu sia in una delle mie classi.”

Quella frase è così palesemente finta che Kei ha voglia di fare un grande sospiro. Si trattiene a malapena.

“Non penso.”

“Quegli occhiali sono veri?” chiede il tipo mettendosi una lunga ciocca di capelli neri dietro l’orecchio.

“Sì.”

“Fico,” annuisce l’estraneo. “Ti stanno bene.”

Kei gli rivolge uno sguardo vacuo prima di riportare l’attenzione al suo telefono.

“Urrà,” dice senza entusiasmo.

Se è così che i ragazzi si comportano con le ragazze, a Kei dispiace moltissimo per loro. Avrebbe pensato che la sua altezza e atteggiamento avessero scoraggiato il tizio ormai, ma per ora sembrano solo averlo motivato. Kei pensa che forse dovrebbe lavorare sul rendersi ancora meno approcciabile.

“Allora, come ti chiami?”

“Non mi ricordo.”

“Wow, non sei come gli altri, eh?” dice il ragazzo in tono ritmico con un luccichio negli occhi.

“Ti serve qualcosa?” sospira finalmente Kei, alzando di nuovo lo sguardo.

Kei sente dei passi da dietro l’angolo e improvvisamente Yamaguchi è lì, alternando lo sguardo tra i due.

“Tsukki?” dice piano.

L’estraneo sorride e torna a rivolgersi a Kei.

“Tsukki, eh? Cavolo, adesso sei anche più carino.”

“Me ne vado,” sbuffa Kei spingendolo da parte.

“Aspetta, dammi il tuo numero. Dai, Tsukki, non lasciarmi così!”

Il tono della sua voce fa venire voglia a Kei di girarsi e dargli una spinta. Era già abbastanza brutto quando erano Bokuto e Kuroo ad usare il suo soprannome, figurarsi un patetico, disperato ragazzo universitario che cerca di rimorchiare liceali nei bagni dei fast food. È addirittura felice quando Tanaka appare dietro Yamaguchi e si dirige verso il tipo. Kei odia ammetterlo, ma Tanaka ha davvero potenziato il suo tono intimidatorio rispetto all’anno scorso.

“C’è qualche problema?” chiede.

“No,” dice freddamente il ragazzo, gli occhi ancora su Kei.

“Bene. A mai più rivederci.”

Yamaguchi rimane praticamente attaccato al suo fianco mentre i tre tornano al loro tavolo. Quando si siedono, Tanaka lascia andare un profondo respiro e fa un sorriso a trentadue denti. Nishinoya e Kageyama distolgono lo sguardo dalle loro montagne di cibo per alzarlo su di lui.

“Come sono stato? Ero fico?” chiede intontito.

Kei si rimangia tutto quello che ha mai pensato sull’arte intimidatoria di Tanaka.

“Piuttosto fico,” risponde ad ogni modo Kei.

“Che è successo?” chiede Nishinoya, sporgendosi con quasi metà del suo corpo sul tavolo.

“C’era un tipo.”

“Stava facendo spudoratamente gli occhi dolci a Tsukishima! Gli ha chiesto il numero e tutto.”

“In bagno?” squittisce Hinata. “Non è molto romantico.”

“Che ne sai te di cosa è romantico, stupido?”

“Decisamente più di te!” proclama Hinata rubando delle patatine a Kageyama.

“Ma per favore,” si intromette Kei, “Siete entrambi egualmente senza speranza.”

“Efa cafino?” domanda Nishinoya con la bocca piena di cibo.

“Non lo so. Non l’ho proprio guardato.”

“No,” offre Yamaguchi in tono alterato.

Kei prende un sorso dal frullato di Yamaguchi e si chiede quali siano i criteri del suo amico per quel genere di cose, e Yamaguchi troverebbe mai carino un ragazzo? Sarebbe sicuramente troppo rivelatore se Kei lo chiedesse. Ma sarebbe una bugia bell’e buona dire che non è dannatamente curioso.

“Tsukki?” chiede Yamaguchi, togliendo delicatamente il frullato dalle mani di Tsukishima e prendendone un sorso lui stesso. Kei nota distrattamente che la sua bocca è esattamente dov’era la sua solo un momento prima.

“Cosa?” risponde.

“Ti succede spesso?”

“Cosa mi succede spesso?”

“Lo sai. Quello,” dice vagamente Yamaguchi.

Nishinoya ridacchia, “Vuole dire ragazzi che ci provano con te!”

Yamaguchi diventa rosso pomodoro e Kei ha voglia di dare uno scappellotto a Nishinoya sulla sua testa vuota.

“L-lascia stare,” balbetta Yamaguchi. “Era una domanda stupida.”

Si nasconde dietro il frullato alla fragola e Kei vuole prendere il bel viso di Yamaguchi tra le sue mani finché l’inutile rossore sparisce.

 

________

 

“Grandioso,” esclama Hinata, “posti liberi!”

“Come fa a non essere esausto?” sbadiglia Tanaka.

Pochi minuti dopo, i due ragazzi del terzo sono sdraiati uno sull’altro su una delle panche vuote del treno. Kei deve sporgersi a dare un calcio sul piede di Nishinoya ogni cinque minuti per farlo smettere di russare, anche se anche lui è troppo stanco per esserne infastidito. Kageyama e Hinata sono seduti sulla panca di fronte a lui e a Yamaguchi. Kageyama scrive qualcosa sul telefono e Hinata si alza sulle ginocchia per sbirciare da dietro la sua spalla.

“Chi stai messaggiando?” chiede curioso il rosso.

Kei aggiunge, “Praticamente tutti quelli che conosci sono su questo treno.”

Hinata sghignazza e Yamaguchi fa una delle sue risatine mezze addormentate con il viso premuto contro il finestrino, poggiato dalla parte opposta di Kei. Kei apprezza la sua dedizione al ridere alle sue battute. Kageyama gli lancia un’occhiataccia e chiude aggressivamente il telefono. Sarà un miracolo se quel coso resiste anche solo per altri due mesi.

“Era Yushin,” risponde Kageyama.

Hinata socchiude gli occhi. “Che cosa voleva?”

“Mi ha chiesto qualcosa sulle posizioni in campo nella prossima partita.”

“Ma le abbiamo ripassate ieri!”

“Deve essere ancora più smemorato di te allora, Hinata,” dice Kageyama sbadigliando e affondando più giù nel sedile. “Mi manda messaggi in continuazione.”

“Per cose di pallavolo?” chiede Hinata dopo un momento.

“Quasi sempre, sì,” risponde Kageyama, chiudendo gli occhi e poggiando la testa contro il sedile.

“Quasi sempre?” Kei sente Hinata borbottare.

Kei lancia un’occhiata al ragazzo lentigginoso accanto a lui, con la faccia ancora schiacciata sul finestrino e un po’di bava che gli scivola fuori dalla bocca aperta. Vorrebbe trovarla una cosa schifosa, ma semplicemente non ci riesce. Tanaka aveva ragione; si sta ammorbidendo. Dovrebbe dare una schicchera sull’orecchio al suo amico e dirgli di sedersi come si deve, cosa che avrebbe fatto quando erano più piccoli. Kei sospira e si infila le cuffie sopra le orecchie.

È imbarazzato di quanto facilmente Yamaguchi gli riempia il cuore. L’urgenza di avvicinarsi a lui attraversa il corpo di Kei come un brivido. Si guarda intorno e vede che il resto del gruppo si è addormentato a parte Hinata, che è iperattivo come al solito, ma distratto dal suo telefono (probabilmente sta messaggiando l’alzatore del liceo Nekoma, se Kei dovesse tirare a indovinare). Kei rischia e si gira così può appoggiare la schiena contro il fianco di Yamaguchi, poggiando la testa sulla sua spalla. Incrocia le braccia sul petto e chiude gli occhi.

Quando si sveglia – si è addormentato su un treno, che cosa imbarazzante – sono quasi arrivati alla loro fermata. Kei si tira su e il calore di Yamaguchi svanisce dalla sua schiena, e si abbassa di nuovo le cuffie intorno al collo. Tanaka e Nishinoya hanno raggiunto Hinata sulla sua panca. I tre si stanno sforzandosi molto di parlare piano per non svegliare un russante Kageyama.

“Ragazzi,” gli sta chiedendo Hinata a bassa voce, “Yushin vi manda mai messaggi? Su robe di pallavolo, tipo?”

Nishinoya e Tanaka si scambiano uno sguardo prima di scuotere la testa.

“Mi ha mandato un messaggio una volta,” dice Tanaka, “quando pensava di fare tardi agli allenamenti. Tutto qui.”

“Io non credo neanche di avere il suo numero,” ammette Nishinoya.

“Cattivo senpai,” lo condanna Tanaka.

“Sta’ zitto. Perché lo chiedi, Hinata?”

Hinata non alza lo sguardo dal pavimento del treno.

“Per nessun motivo.”

“Sai, Shouyou, lui mi ricorda te in un certo senso.”

“Sì, è vero! Ho anch’io quell’impressione!” concorda Tanaka in una specie di esclamazione bisbigliata.

Hinata sospira cupamente, “Sì, anch’io.”

 

_________

 

Karasuno è a metà del secondo set contro la squadra di Wakutani South quando succede. Hanno vinto il primo set senza difficoltà – Kageyama e Hinata hanno lanciato i loro tiri veloci in una pioggia continua – e sembra che anche il secondo set sarà vinto altrettanto facilmente. Wakutani sembra non riuscire proprio a raggiungerli, specialmente visto che i loro giocatori del terzo si sono diplomati qualche mese prima. C’è solo un membro della loro squadra che è stato detto a Karasuno di tenere d’occhio; un ragazzo tarchiato del secondo anno con grande potenza ma nessuna tecnica. Kei capisce il suo muro in un secondo e una volta ricordato a Hinata e Yushin di fare lo stesso, lo rendono innocuo abbastanza facilmente.

Ma funziona solo per poco. Il tipo ha un aspetto particolarmente elettrizzato quando la squadra torna in campo dopo l’ultimo time out di Karasuno. La sua schiacciata seguente è fin ora la più impressionante. Sfreccia come un razzo direttamente contro la mano ferita di Kei. Kei la tira indietro con un gemito mentre un lampo di dolore gli scorre nel palmo e lungo il pollice. Sente la palla cadere a terra accanto a lui e poi vede i suoi compagni di squadra circondarlo, i volti segnati dal sudore e dalla preoccupazione.

“Sto bene,” ansima, ma non serve a calmarli.

“Mettici del ghiaccio. Stai fuori per il resto del set,” dichiara in tono autoritario Ukai, accanto a lui.

“Lo accompagno,” si offre Hinata.

Kageyama interviene, “Stupido, abbiamo bisogno di te per finire la partita!”

“Fallo accompagnare da Yamaguchi,” dichiara Ennoshita lanciando uno sguardo al tabellone dei punti. “Non ci serve un battitore d’emergenza adesso.”

“Davvero,” ringhia Kei, “non è niente di che.”

Ukai gli rivolge uno sguardo severo. “Qualsiasi cosa sia, le tue mani sono cruciali. Mettici del giaccio. Il frigorifero è nella stanza dove ci siamo cambiati. Ci rivediamo lì dopo la partita.”

Diverse mani gli danno delle pacche comprensive sulla schiena mentre lui segue un arrabbiato Ukai fuori dal campo. Il suo palmo pulsa dolorante quando lo strofina con l’altro pollice. Quell’orgasmo ne è valsa la pena? Si chiede. La cosa peggiore, è che Kei pensa che lo sia. Dopo tutto, in precedenti partite si è fatto male alle mani molto peggio di adesso.

Kei prima pensava che Yamaguchi sembrasse agitato perché stava in panchina, ma ora ha un aspetto decisamente peggiore. È al fianco di Kei il secondo in cui Yachi chiama il suo nome.

“Finiamo questa partita!” grida Ennoshita mentre i due escono dalla palestra.

Kei riesce praticamente a vedere i nervi di Yamaguchi assottigliarsi e arrampicarsi sulle pareti dello spogliatoio. Si sfila gli occhialini sportivi dal viso lasciandoli cadere intorno al collo prima di strofinare la manica della maglietta sul viso arrossato.

“Rilassati,” gli dice Kei.

“Scusa, Tsukki.” Kei devi fargli passare quell’abitudine.

“Davvero. Sto bene.”

“Ecco.”

Yamaguchi si gira tenendo in mano una busta di ghiaccio che ha arrotolato in un asciugamano. Invece di porgerla a Kei, gli si avvicina e la agita davanti a lui. Kei aggrotta le sopracciglia e alza la mano. Yamaguchi gli avvolge l’asciugamano intorno premendo la fredda busta contro il livido di Kei. La punta delle sue dita sfiora leggermente il palmo di Kei per tenerla in equilibrio. Kei sobbalza.

“Scusa, Tsukki,” dice di nuovo Yamaguchi, “Ti ho fatto male?”

“No,” Kei deglutisce. “Solo… è fredda.”

“Già. È perché è ghiaccio, Tsukki.”

Kei solleva un angolo della bocca e alza gli occhi al cielo. L’uso eccessivo del suo soprannome fa perdere qualche colpo al suo cuore, o forse è solo il fatto che Yamaguchi è così vicino. In ogni caso, Kei si sente come se fosse stato lasciato fuori al sole a bruciare. Il ghiaccio non aiuta da quel punto di vista, anche se svolge bene il suo compito di diminuire il pulsare della sua mano.

“Posso tenerlo io,” insite Kei, sentendo improvvisamente troppo caldo.

“Non c’è problema, ci penso io.”

“Sul serio. Lascia fare a me.”

“Perché non mi lasci aiutarti per una volta?”

Un rossore riempie il viso di Yamaguchi dopo il suo scoppio. Kei lo guarda sbattendo le palpebre.

“Di cosa stai parlando?”

“Non mi lasci mai…” la voce di Yamaguchi si affievolisce.

Spinge la busta di ghiaccio nella mano buona di Kei e si allontana. Kei rimane in silenzio anche se sa che Yamaguchi non ha nient’altro d’aggiungere (o se ce l’ha, non ha intenzione di dirlo). La busta penzola al suo fianco e congela la sua coscia attraverso i pantaloncini. Quando Yamaguchi finalmente si rigira verso di lui, i suoi occhi si spostano sulla mano ferita di Kei e si allargano allarmati.

“Cavolo, Tsukki,” dice, allungando di nuovo le mani per toccare il palmo di Kei. “Che cosa hai fatto?”

Lancia un’occhiata al livido e a quello che è chiaramente un profondo segno di un morso e una piccola cicatrice tra il suo indice e pollice. Gli occhi naturalmente acuti di Yamaguchi si stringono, allargano, e poi stringono di nuovo. Kei guarda la sua espressione cambiare almeno cinque volte. Si avvicina di nuovo a lui. Se solo Kei ne avesse il tempo, potrebbe costruire delle costellazioni tra la spruzzata di lentiggini sul naso di Yamaguchi.

“Tsukki?”

“Che c’è?”

“Che cosa hai fatto? Che cos’è questo?”

“La palla–” prova a dire Kei, ma l’improvvisa risatina di Yamaguchi lo interrompe.

“Almeno che alla palla non siano cresciuto dei denti e ti abbia morso, non penso proprio sia stata lei.”

“La scienza ha fatto dei passi da giganti.”

Yamaguchi ride di nuovo e ha la faccia tosta di sfiorare con la punta del dito la piccola cicatrice vicino il pollice di Kei. Kei sbianca al contatto.

“E va bene,” ammette, “sono stato io.”

“Tsukki.”

“Cosa?”

“Posso chiederti una cosa?”

“Cosa?” ripete Kei.

“Perché cavolo ti sei morso a sangue la mano?”

Kei sobbalza e strappa via la mano dagli occhi indagatori e le dita ruvide di Yamaguchi. Yamaguchi fa un passo indietro come se fosse stato beccato a fare qualcosa che non avrebbe dovuto. Non c’è niente che Kei odi più di non sapere cosa dire. Si sente del tutto indifeso di fronte a Yamaguchi per la seconda volta nella sua vita.

“È solo che,” si sforza a dire Kei. “Stavo…”

“Oh,” esala Yamaguchi, allargando di nuovo gli occhi.

“Oh cosa?”

“Oh,” ripete. “Ho capito. No, ok, ho capito.”

Gli occhi di Yamaguchi si muovono da una parte all’altra senza fermarsi da nessuna parte.

“Capito cosa, Tadashi?”

A quello, Yamaguchi porta immediatamente gli occhi su di lui. Okay, Kei lo ammette, era un momento un po’ strano per usare il suo nome di battesimo, anche se comunque lo fa solo quando sono da soli. Che cosa mi ha spinto a farlo in questo preciso momento? si chiede. Il famigerato sogno gli torna alla mente.

L’oggetto del suo sogno più soddisfacente e imbarazzante è davanti a lui e Kei lo sta chiamando Tadashi, come aveva fatto l’io del suo inconscio. Nel sogno, Yamaguchi l’aveva adorato; si era eccitato sentendolo, in pratica. Si chiede come si senta Yamaguchi quando Kei lo chiama con il suo nome nella vita reale. È sorpreso, ovviamente, ma quello è solo perché Kei non lo fa molto spesso. Yamaguchi si rifiuta di guardarlo, e si strofina il collo con una mano quando risponde.

“Tsukki, non sono un idiota. Sono un ragazzo adolescente anch’io, sai.”

Kei decisamente lo sa.

“So che non sei un idiota,” afferma Kei. Poi, “Quindi. Anche tu.”

“Ovvio.” Yamaguchi sorride quasi timidamente.

“Beh. Non intendevo, uh. Fare questo.”

Abbassano entrambi lo sguardo alla mano dove Kei ha di nuovo poggiato il ghiaccio.

“Usa un cuscino la prossima volta. O un libro con la copertina morbida.”

Kei alza un sopracciglio. “Un libro?”

Preferirebbe usare la pelle sul collo di Yamaguchi o magari le sue spalle nude. Preferirebbe non doversi trattenere in primo luogo. Kei si ripromette di controllare se i libri di Yamaguchi hanno dei segni di morsi la prossima volta che va a casa sua.

  
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