I Sannin - IV
parte
Incontro
Il controllo del chakra è tutto.
Avere percezione totale del proprio corpo diverrà poi naturale, l’automatismo
del ninja medico… Calma, concentrazione, decisione. Individuate il centro della
vostra energia e richiamatela. Fatela scorrere nel proprio corpo, riunitela in
un focolaio di potere. Condensatela nelle vostre mani, il vostro medium
sostanziale, e fatela fluire nell’organismo esterno. L’energia diviene il vostro
simulacro. Ripristinate, sanate e curate la lesione… mi dicevo. Ripetevo a
memoria le parole del mio insegnante per tranquillizzarmi. Era il giorno del mio
primo esame pratico all’accademia. Camminavo a testa bassa, le labbra serrate,
un piede davanti all’altro…
Bum!
Sbattei contro qualcosa di molto
grosso di fronte a me e ci mancò poco perché cadessi.
«Ehi,
attento!»
Barcollai, ma recuperai prontamente l’equilibrio affrettandomi a
borbottare: «Scusatemi!»
Davanti a me vidi una familiare veste bianca e rossa
che avevo scorto mille volte. Alzai la testa di scatto. La prima cosa che vidi
furono due occhi incredibilmente neri che mi fissavano. Ci misi qualche secondo
per realizzare che la persona che stava di davanti a me, contro alla quale avevo
sbattuto, era proprio il Sannin dei Rospi. Jiraiya mi guardava con
un’espressione imbronciata e divertita insieme, un sopracciglio
inarcato.
Dovevo avere senz’altro un’aria piuttosto ridicola, forse avevo
persino la bocca spalancata per la sorpresa, non lo sapevo. In ogni caso, il
Sannin scoppiò a ridere divertito: «Non scusarti! È mattino per tutti,
dopotutto!» esclamò. Poi si chinò per raccogliere qualcosa a terra. Dal canto
mio, rimasi stupidamente impalato, impacciato e a disagio a causa della mia
pessima figura. Era una circostanza alquanto bizzarra per imbattersi in uno dei
tre Sannin.
Jiraiya mi porse ciò che aveva raccolto con un sorriso gentile.
Era il mio libro di medicina, non mi ero nemmeno accorto che mi fosse caduto. Lo
presi alla svelta, inchinandomi rapidamente. «Scusatemi, Jiraiya-sama.»
«Non
fa niente, ti ho detto. Stai tranquillo,…»
«…Kabuto.»
Sussultai,
riconoscendo all’istante la voce che aveva pronunciato il mio nome.
Dietro di
me, c’era Orochimaru.
Deglutii a vuoto.
La luce del mattino gli donava in
qualche modo un’aria eterea, rendendolo più irreale che mai. Mi guardava
sogghignando, a braccia incrociate, avvolto nel suo kimono color indaco,
apparentemente divertito dalla scena.
«Ah, già. Kabuto» fece
Jiraiya.
«Lasciamolo andare. Ha un esame da sostenere, oggi» disse
l’altro.
Jiraiya parve disgustato. «Eh? Un esame? Proprio oggi, una giornata
così bella!?» esclamò, sdegnato. «Sempre nelle giornate migliori! Non mi sono
mai andati a genio, gli esami!» brontolò poi, pensieroso.
«È il mio…»
mormorai.
«Condoglianze e buona fortuna, allora!» mi interruppe Jiraiya,
senza lasciarmi nemmeno il tempo di rispondere.
«La fortuna non gli servirà
affatto, so per certo che Kabuto è uno studente molto dotato» intervenne
Orochimaru. Lo guardai stupito. Lui si limitò a posare quegli occhi straordinari
su di me, trasformando il ghigno in un sorriso.
Le mie guance avvamparono.
Chinai subito il capo in segno di riconoscenza. «Grazie…
Orochimaru-sama.»
Era la prima volta che dicevo il suo nome in sua
presenza.
Orochimaru-sama. Aveva un bel suono, detto ad alta voce e da
me.
Non mi aspettavo affatto che dicesse qualcosa del genere, lui era una
continua sorpresa.
Jiraiya e la sua esuberanza mi fecero bruscamente tornare
alla realtà. «Al momento, il ragazzo ha solo bisogno di svegliarsi! Sei ancora
un po’ intontito! Comunque, un po’ di fortuna serve sempre! Vero?»
«Andiamo,
Jiraiya? Ci stanno aspettando.»
Il Sannin dei Rospi annuì, sospirando. «Sì,
sì… ma nessuno si metterà a piangere se tardiamo un po’» brontolò. «Ci vediamo,
Ka… ragazzo!»
«Senz’altro!» risposi, annuendo.
I due Sannin se ne andarono
fianco a fianco, dirigendosi verso il Palazzo del Fuoco. Li guardai
allontanarsi, poi mi voltai anche io, diretto alla mia accademia.
Feci
qualche passo, in silenzio. Poi, in un istante, la mia mente si fece fredda. Mi
tormentavo il labbro inferiore, camminando, mentre percepivo una strana
sensazione pungente nella mia testa. Ma allora, non le avevo ancora dato un
nome.
Quasi mi pentii di essermi scusato con Jiraiya, non tanto per essersi
completamente dimenticato il mio nome in pochi istanti, ma piuttosto per il
fatto che ci fosse lui a far compagnia ad Orochimaru-sama. E pareva persino che
la sua compagnia gli fosse alquanto indifferente.
Sicuramente, avrebbe
apprezzato molto di più la mia. Senza dubbio.
(700
parole)
***
Ho tentato di rendere Jiraiya più buzzurro che mai… ci sono
riuscita?
Grazie come sempre!