In death,
sacrifice
Era
essenziale che lei facesse meno rumore possibile; doveva misurare ogni
passo,
ogni respiro, ogni eventuale colpo di tosse, affinché il suo
movimento non
fosse notato. Imprecò, ricordandosi che doveva fare
attenzione anche agli
improvvisi scricchiolii del corpo, soprattutto dovendo passare dalla
posizione
orizzontale a quella verticale. Per fortuna Alistair russava
sonoramente,
impedendo a se stesso di notare che sua moglie si stava alzando dal
letto.
Per
non tornarvi probabilmente mai più.
Forse
anche le fitte al cuore potevano fare rumore. Di certo erano dolorose.
Ringraziò
la Val della sera prima per avere organizzato con cura la fuga,
preoccupandosi
di lasciare l'armatura leggera nelle stalle con il suo sauro e
portandosi
dietro soltanto gli abiti da viaggio; Alistair non ci aveva neanche
fatto caso,
credendo forse che la moglie avesse in programma una cavalcata per la
mattina
seguente, o una gita con lui fuori Denerim. Gli era interessato
soltanto
toglierle gli abiti, lanciarli alla rinfusa per la stanza, libero
finalmente di
accarezzare quei seni che, a giudicare dalla foga, aveva bramato per
una vita
intera.
Nonostante
le due settimane passate insieme, infatti, Alistair si comportava come
se ogni
risveglio fosse il primo accanto a Val, compensando con
quell'entusiasmo
l'interminabile periodo di lontananza. E ora quel periodo sarebbe
divenuto più
lungo e fastidioso del solito, tutto per evitare che arrivasse a essere
realmente interminabile.
Val
si piegò alla ricerca degli stivali e la sua schiena
scrocchiò, ancora una
volta senza essere udita da Alistair, che si era appena girato nel
letto.
Vederlo dormire così tranquillo le provocò
un'ulteriore fitta al cuore, ma
ormai la decisione era stata presa: non aveva passato mesi sulle tracce
di
introvabili informazioni per demordere dopo solo due settimane.
Si
diceva che un comandante dei Custodi Grigi di Montsimmard, tanti
decenni prima,
avesse scopeto una cura per la corruzione; perché l'avesse
tenuta per sé e
soprattutto non ne avesse fatto uso era un'altra storia, che fino a
quel
momento lei non era riuscita a trovare in alcun libro o diario,
però ciò che le
interessava era capire dove si fossero spinti gli studi di quel
comandante.
All'inizio aveva creduto si trattasse di una leggenda, quindi aveva
dovuto appurare
la reale esistenza dell'uomo e la fortezza presso cui aveva servito; in
seguito
si era informata sui suoi compagni e sulla zona in cui abitava,
scoprendo così
la sua vicinanza ad alcuni maghi del circolo di Montsimmard, e infine
era
andata in una missione segreta e rischiosa – di cui Alistair
non sapeva niente
– per recuperare gli strumenti necessari a decifrare il
diario del Custode
Grigio. Da quel momento in poi l'attendeva un nuovo viaggio, nel quale
avrebbe
dovuto affrontare l'avversario più temibile di tutti: la
speranza.
Esisteva
davvero una cura? Lei e Alistair avrebbero potuto condurre una vita
normale,
avere dei figli, morire di vecchiaia? Pensarci le faceva male,
perché le dava
una speranza che difficilmente avrebbe accettato una risposta negativa,
ma al
contempo le forniva la forza necessaria a intraprendere
quell'avventura. E a
dire addio all'amore della sua vita.
Alistair
l'avrebbe ostacolata. Avrebbe preteso di seguirla, di portare con loro
una
scorta; anche viaggiare da soli sarebbe andato bene per lui, come
l'idea di
tornare ai vecchi tempi del Flagello. Però non poteva,
perché era il re e
doveva vegliare sul Ferelden... e perché la cura era
sperimentabile solo sui
Custodi che avevano già cominciato a sentire la chiamata.
Sui Custodi come Val.
Era
successo solo due volte, due notti che ricordava con orrore, poi
più niente. Ma
due notti erano bastate per farle capire che la fine sarebbe giunta in
tempi
brevi – troppo brevi per una donna giovane come lei, che era
diventata un
Custode Grigio da meno di dieci anni. Allora aveva deciso di superare
quella
soglia che temeva: trovare gli strumenti del vecchio comandante... e
fare da
cavia. Quello era l'argomento che
non
intendeva raggiungere in un'eventuale discussione con Alistair, e il
motivo per
cui se ne stava andando in segreto, nel cuore della notte. Tutto per
permettere
a suo marito di sopravvivere alla corruzione.
"Diranno
che l'ho fatto per la linea di sangue di Calenhad, perché
essa non si
estinguesse. Diranno che sono morta per permettere al re di sposare una
donna
non corrotta e fargli generare un erede. Trasformeranno tutto in una
questione
politica."
Poco
le interessava: Alistair avrebbe intuito la verità. E
– si permise di pensarlo
una volta, una soltanto – forse sarebbero stati salvi
entrambi, avrebbero avuto
un figlio, sarebbero invecchiati insieme.
«Mh...
dove vai?»
Il
mugolio di Alistair la riscosse: soltanto allora avvertì le
lacrime calde che
scorrevano sulle proprie guance. Represse un singhiozzo.
«A...
a cercare dell'acqua. L'abbiamo finita.»
«Mh...
va bene... Però torna presto...»
Si
chinò verso di lui, gli spostò i capelli biondi
dalla fronte. Impresse il suo
volto nella memoria.
«Lo
farò, te lo prometto.»
Con
una tenerezza che aveva scordato di avere nei tanti anni da comandante,
si
avvicinò alle labbra di suo marito e le baciò,
pregando di non inumidirle con
le lacrime.
«Ti
amo, Alistair...» mormorò infine.
«E
io amo te, mia regina» lo udì rispondere con un
sussurro prima di tornare nel
mondo dei sogni.
Si
alzò e gli diede le spalle, allontanandosi nel buio.
"Non
diranno che l'ho fatto per noi."
~~~~~
«ANDATE!»
L'Inquisitore
aveva serrato la mascella, ingoiando palesemente l'amarezza di quella
scelta,
ma quale altra avrebbe potuto compiere? Una vita doveva essere
sacrificata, per
il bene del Thedas, e l'elfa sapeva che non avrebbe potuto essere la
propria.
Roland non la invidiava; in fondo, lui non aveva mai dovuto scegliere
quale
compagno lasciare indietro a morire. Scegliere di guardare le spalle a
un altro
uomo, permettergli di scappare, arrendersi alla possibilità
di dover dare la
vita per la sopravvivenza di un altro era il punto cardine del suo
codice
morale e mai, mai Roland si era
trovato a confrontarsi con il senso di colpa di avere strappato una
persona
alla propria vita per permettere a se stesso di sopravvivere.
L'elfa
aveva dovuto farlo. Tra Roland Hawke e il comandante Stroud, il primo
era il
meno utile alla sua causa: non aveva un ordine da ripristinare,
conoscenze tra
i Custodi Grigi ancora fedeli. Era soltanto un uomo, l'ombra dell'eroe
di
Kirkwall. Tuttavia, se anche l'Inquisitore avesse optato per Stroud,
Roland si
sarebbe opposto ferocemente, perché a Stroud doveva la vita
di sua sorella.
Strano
come tutti quei pensieri riuscissero a fluttuargli nella testa in pochi
secondi, mentre le gambe lo portavano sotto lo stomaco di quella
creatura
dell'Oblio, il punto più delicato di una preda monumentale.
Era incredibile
riuscire a pensare tanto lucidamente con l'alito della morte sul volto,
ma non
poteva smettere di farlo. Di pensare a Bethany, al sicuro tra Custodi
Grigi che
non erano stati compromessi da Corypheus, o a Isabela, in una qualche
avventura
su una qualche nave di qualche mare lontano. Nelle visioni nella sua
testa,
erano giovani come a Kirkwall, senza tracce bianche nei capelli
– Isabela lo
avrebbe negato fino allo sfinimento. Indossavano i loro consueti abiti
da
battaglia e gli sorridevano, felici o irriverenti. Se avessero potuto
passare
più tempo insieme, sarebbero diventate ottime cognate.
Isabela
non aveva mai voluto parlare di matrimonio. Ogni volta che Roland le
faceva
notare che il loro rapporto stava diventando più
significativo di uno scambio
di piaceri sotto le coperte, la pirata cambiava argomento e si
inventava un
assassino sulle sue tracce, un tesoro da trovare. Ora che era
così vicino alla
morte, Roland avrebbe voluto sapere se in fondo sognasse anche lei di
mettere
radici.
E
Bethany come stava? Non la vedeva da diverso tempo... settimane, mesi?
Forse un
anno. Gli mancavano i suoi occhi dolci, la voce calda, le risate da
bambina;
gli mancava vedere sua sorella giocare con Carver, entrambi troppo
piccoli per
reggersi sui propri piedi, ma abbastanza da farsi dispetti a vicenda. E
Roland
a vegliare su di loro.
I
passi dell'Inquisitore e di Stroud erano finiti, dovevano essere
abbastanza
lontani da permettere anche a lui di cercare una via d'uscita. Non ce
l'avrebbe
fatta, l'aveva capito fin dall'inizio, tuttavia provarci non costava
niente.
Anche solo per rivedere gli occhi di Bethany, per avvertire il respiro
di
Isabela. Oh, per loro avrebbe dato più della vita.
La
bestia non gli diede il tempo di fuggire: lo colpì alla
spalla con un urto
violento, che lo fece crollare a terra con un grido.
"No,
non ora... Non adesso..."
Poteva
ancora farcela, lo sentiva: era una consapevolezza improvvisa, ben
più forte di
quella che aveva nutrito minuti prima, una consapevolezza accompagnata
dalla
speranza. Se fosse tornato nel Thedas, sarebbe partito alla ricerca di
Isabela,
le avrebbe strappato una promessa di matrimonio – tra le sue
urla e la sua
indignazione e le sue risate innamorate – e si sarebbero
ricongiunti a Bethany;
avrebbero passato gli ultimi anni insieme, stuzzicandosi a vicenda e
raccontandosi le rispettive avventure, e arrabbiandosi quando qualcuno
rimaneva
lontano senza avvertire troppo a lungo. Ne avrebbero sorriso poi,
rendendosi
conto di essere invecchiati e di essere diventati ancora più
cocciuti e
protettivi. Avevano ancora molto tempo da vivere.
Si
fece forza, tirandosi in piedi a fatica e aggrappandosi a una sporgenza
per
mettere più distanza tra sé e il nemico.
Cominciò a sollevarsi, ignorando
deliberatamente il dolore alla spalla, e il piede toccò il
primo masso libero.
Poi il secondo. Poi...
«Roland...
Sei qui.»
Quella
voce.
Con
infinita lentezza i suoi occhi trovarono la fonte della voce e, in
pochi
attimi, si riempirono di lacrime. Una donna anziana, dai capelli grigi
raccolti
e lo sguardo fiero, lo osservava dal basso. Le sue labbra tremanti
tradivano la
sua emozione.
«Mamma...»
Leandra
era identica a quando si era mossa per l'ultima volta tra le mura di
villa
Amell; i contorni del suo profilo erano sbavati, come un'ombra o
un'apparizione, ma Roland non ci fece caso. Ne sapeva benissimo il
motivo. Sua
madre continuò ad avvicinarsi, ora anche i suoi occhi
traboccanti di lacrime.
«Non
abbandonarmi, ti scongiuro. Resta con me, figlio mio...»
Non
l'aveva salvata: ecco la consapevolezza. Roland non era stato in grado
di
trovare l'assassino di sua madre prima che potesse portare a compimento
il suo
terribile piano. E ora... ora Leandra era lì.
Si
lasciò cadere.
~~~~~
«L'ha
lasciata lì a morire!»
«Non
c'era nessuno con lei, Cullen.»
«Cassandra
e gli altri erano impegnati nella battaglia...»
«Parlo
di Solas! Parlo di... di... Ha tradito l'Inquisizione. Ha tradito lei!»
«Abbiamo
solo la parola della Viddasala, come possiamo dare per scontato che
abbia detto
la verità?»
Le
voci giungevano lontane, come da un altro tempo. Un tempo antico, in
cui Thedas
e Oblio erano una cosa sola, non c'era alcun Velo a separarli e gli
elfi erano
una razza gloriosa e fiera. Cercò di concentrarsi su alcune
di quelle voci,
simili a sussurri, che pian piano diventano più forti.
«L'avete
uccisa!»
«Era
l'unica scelta possibile, Fen'harel. Ci avrebbe
distrutti.»
«Di
tutte... di tutte le soluzioni... L'avete tradita.
Avete tradito lei!»
«Sappiamo
dell'affetto che nutrivi per Mythal, ma non
dovresti compiere azioni avventate...»
«La
pagherete cara. Tutto ciò per cui avete compiuto
questo abominio... Perderete tutto. Ogni cosa.»
Si
svegliò di soprassalto. Le voci nelle mente si erano spente,
i soli rumori
rimasti provenivano dalla stanza in cui si trovava in quel momento. Una
stanza,
realizzò. Non il Crocevia. Alcune persone erano in piedi e
le davano le spalle,
immerse in una rabbiosa discussione; lei non cercò nemmeno
di cogliere le loro
parole.
Il
solo pensiero di Eliana era rivolto al passato, a ciò che
aveva vissuto non
sapeva quanto tempo prima. Ore? Un giorno intero? La testa le scoppiava
e il
braccio destro doleva, come se si fosse addormentata sopra l'arto.
Cercò di
muovere la mano sinistra e di portarla alla fronte, per sentire se
scottasse,
ma l'improvviso vuoto al termine del suo gomito la sorprese. Le ci
volle
qualche secondo per comprendere la situazione.
«No...»
I
presenti si erano accorti di lei. Riconobbe il profumo della pelle di
Cullen,
il suo fiato sul volto, la mano che le accarezzava i capelli biondi e
sporchi.
«Come
ti senti?»
Non
riusciva a respirare. Cercò di sollevare il busto,
avvertendo un macigno sul
petto che le impediva di aprire i polmoni; tentò di parlare,
ma il panico aveva
ormai preso il sopravvento e le oscurava la mente e la vista.
«Eliana,
respira! Sei al sicuro, sei al sicuro...»
Cullen
la stava stringendo tra le braccia. Lei non poteva, lei non
avrebbe più potuto ricambiare il suo abbraccio.
Per quanto si
sforzasse, nemmeno le lacrime riuscivano a lasciare i suoi occhi.
Ricordò:
aveva attraversato l'Eluvian per ritrovare Solas, e il mago era apparso
davanti
a lei. Avevano discusso, Solas aveva spiegato le sue folli ragioni,
Eliana
aveva cercato di convincerlo a ripensarci, a tornare indietro. Le aveva
promesso che l'avrebbe aiutata, permettendole di ritardare il giorno
della sua
morte, sebbene questo sarebbe arrivato a breve... E cosa aveva fatto?
Per gli
dei, che cosa le aveva fatto?
«L'Ancora...»
riuscì finalmente a dire, dopo avere inspirato
profondamente. Il suo corpo
tremava.
«L'ha
rimossa» spiegò dolcemente la Divina Victoria,
sedendosi ai piedi del suo letto.
«Se l'abbia fatto per se stesso o per aiutarti non lo
sappiamo...»
«Non
ora, Leliana» la interruppe Josephine alle spalle
dell'Inquisitore.
«Josie,
non possiamo rimandare. Dobbiamo saperlo adesso, è di vitale
importanza. Mi
dispiace, Eliana, ma dobbiamo conoscere la verità:
è stato Solas? Ci ha
traditi?»
Eliana
ripensò alle parole del mago. All'aiuto che i suoi seguaci
intendevano ottenere
da Corypheus, al progetto di ostacolarlo e riottenere l'Ancora, alla
missione
che intendeva compiere a ogni costo...
«Inquisitore»
la spronò con dolcezza Josephine «Solas
è nostro nemico?»
Ripensò
al sacrificio del Thedas.
Eliana
riacquistò la lucidità. I suoi occhi si puntarono
sulla Divina, poi su Cullen.
«Sì.»
~~~~~
Nella
guerra, vittoria. Nella pace, vigilanza. Nella
morte, sacrificio.
Le
coraggiose parole dei Custodi Grigi riecheggiano
nelle nostre menti, guidano il nostro cammino, accompagnano la nostra
caduta.
Ma un altro verrà, e l’Era dei Draghi
giungerà prematuramente al termine, e il giuramento
fatto dal nostro cuore in rovina non sarà dimenticato.
È
giunta l'Era dell’Eroe.
Buonasera, ragazzuoli!
Giungo in ritardo causa problemi al computer e non solo, ma con un bel capitolo angosciante. Spero. C'è stato abbastanza angst, secondo voi? Mi piace sperarlo.
Prima di tutto, le ambientazioni:
1) Prima scena: indicativamente circa un anno prima dell'inizio di DAI. Grazie alle missioni sul tavolo da guerra, Leliana riesce a scoprire che il Custode è in cerca di una cura... quale motivo per non sfruttare tale occasione? Val è buona, testarda, e soprattutto è incredibilmente innamorata di quello scemo del re del Ferelden. E non vuole perdere la persona che ama, non vuole neanche rinunciare a lui: per Alistair ha compiuto un gesto che ritiene ancora deplorevole, convincerlo a giacere con Morrigan, e ora deve dargli a sua volta prova del suo amore - e della sua determinazione. Rimane però l'Eroe del Ferelden, e molti considereranno il suo gesto come un atto di eroismo e bontà... mentre invece è di puro, sano egoismo, quell'egoismo che non nuoce a nessuno, ma che mette - per una seconda volta - la propria felicità davanti a tutto.
2) Seconda scena: DAI, quest "Qui giace l'abisso". È una scelta dura... qualora si abbia Alistair al posto di Stroud. Ma per chi è affezionato al proprio Eroe di Kirkwall salvare lui al posto del Custode è un atto quasi obbligato. Resta il fatto che l'Eroe è ormai privo di conoscenze, mentre Stroud potrebbe rimettere in piedi l'onore dei Custodi (o almeno è ciò che verrebbe da pensare l'Inquisitore). Sarò sincera: la prima volta ho ucciso l'Eroe per questo motivo (ma giocavo senza avere sincronizzato i salvataggi do DAII), mentre Roland è rimasto in vita; tuttavia, per questo capitolo ho preferito immaginare la sua morte, una scelta differente, e in qualche modo redimerlo dai sensi di colpa provati per l'omicidio della madre.
3) Terza scena: DAI: Trespasser, prima che l'Inquisitore annunci la sua volontà di... mantenere attiva l'Inquisizione (piccolo OT: sono felice di questa scelta, perché Eliana credeva di doverla sciogliere, essendo ormai inutile, ma quando Solas ha minacciato il Thedas lei ha dovuto cambiare idea - un'idea che mi piace di più). Il flashback di Eliana, le voci che le sembra di sentire appartengono agli assassini di Mithal, agli "dei" elfici, e se Solas è determinato a vendicare l'amata... Cullen lo è quanto lui. Un po' mi spiace non avere mai giocato la romance con Solas, però è un personaggio che non riesco a sopportare (neanche l'adorabile e buona Eliana c'è riuscita).
4) Quarta scena: beh... il prossimo capitolo della saga arriverà prima o poi, no?
Detto ciò, spero che la storia vi sia piaciuta e che vi abbia un po' fatto male al cuore, proprio come piace a me.
A presto!
Custode Medusa