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Autore: ArrowVI    15/02/2018    1 recensioni
L'Arcadia, un luogo idilliaco dove chiunque vive in tranquillità ed armonia, la nazione con meno criminalità e la qualità di vita migliore fra tutte...
Fino a quando rimani all'interno delle mura della sua capitale.
Dietro la facciata di "Nazione perfetta", si cela un lugubre teatro dove chi non è considerato utile alla nazione viene rapidamente allontanato, un mondo dove coloro che sviluppano abilità speciali sono considerati demoni e prontamente eliminati.
Si dice che la luce della speranza possa nascere anche nei luoghi più bui... Sarà veramente così?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 2-2: Gentilezza


Non appena il fumo si diradò mi ritrovai appoggiato al muro della chiesa, con Jeanne al mio fianco, stesa nel terreno ma ancora cosciente. 
Notai qualche piccola ferita lieve nel suo corpo, ma fortunatamente non era nulla di grave.

Subito dopo guardai in avanti, assistendo a quel terribile scenario:
La forte esplosione aveva spazzato via l'entrata e parte del muretto in pietra che circondava la chiesa, lasciando anche un grosso, e fumante, buco nel terreno.

<< Un... Esplosivo? Siete impazziti, per caso?! >>
Esclamai, riprendendo le mie forze.

Posai il mio sguardo su quell'uomo, notando la sua espressione....
Non appena lo guardai mi si congelò il sangue: era furioso. Non avevo mai visto una espressione tanto crudele in vita mia.

Mi guardò per un istante in silenzio, prima di aprire finalmente bocca.

<< Chiedo scusa, ma devo occuparmi di una cosa prima di tornare a noi. >>
Mi disse, voltandosi verso i suoi uomini.

Dopo aver pronunciato quelle parole si avvicinò minacciosamente ai soldati, con un passo rapido e pesante.

<< Chi è stato?! Chi è stato il maiale che ha tirato l'esplosivo?! >>
Urlò, furioso.
Rimasi a bocca aperta sentendo quelle parole.

Uno dei soldati fece un passo in avanti, lentamente e tremando.
Non fece neanche in tempo a parlare: il suo capitano estrasse la spada dal fodero, legato alla cinta color oro, puntandogliela rapidamente in gola.

<< Dammi una singola ragione per cui non dovrei tagliarti la gola qui e ora! In quale universo hai pensato che lanciare un esplosivo nel mezzo di un villaggio abitato fosse una buona idea?! >>
Gli urlò contro.

<< Io- >>
Neanche stavolta l'uomo riuscì a rispondere.

<< Silenzio! Non ho la minima intenzione di ascoltare neanche mezza parola dalla fogna che ti ritrovi! >>
Gli urlò contro, abbassando la sua spada e rinfoderandola.

<< Ora sparisci dalla mia vista, prima che io cambi idea e ti faccia decapitare all'istante. Torna dentro le mura e aspetta il mio rientro: parleremo della punizione allora. >>
Aggiunse, dandogli le spalle e allontanandosi dal soldato, il quale, terrorizzato, si allontanò rapidamente dopo aver fatto un saluto militare.

Il Generale si voltò verso i cittadini, spaventati dall'accaduto.

<< Non abbiate paura, mia cara gente: mi dispiace fortemente dell'accaduto e, quindi, provvederò personalmente a far riparare ogni danno sia stato fatto. Sono felicemente meravigliato dal fatto che nessuno di voi sia stato ferito: non potrei essere più estasiato. >>
Disse, aprendo le braccia come se volesse abbracciare quelle persone.
Non potevo vederlo in volto: mi stava dando le spalle.

Dopo aver detto quelle parole si voltò verso di me, sorridendo.

<< Lo stesso vale per voi. >>
Ci disse.


Quel suo sorriso era così falso.
Me ne accorsi fin dal primo istante che lo vidi: quell'uomo non era un salvatore, non era un eroe....
Era un mostro che si nascondeva dietro la maschera di eroe.



Mi rialzai lentamente dal terreno, notando però che stessi sanguinando: mi guardai il braccio destro, notando di essere ferito.
Fortunatamente, non era una ferita profonda.

<< Maledizione... >>
Digrignai i denti, reggendomi il braccio con una mano, dolorante.

<< Sembra che tu non possa continuare ad opporti. Che ne dici di finirla semplicemente qui? Onestamente, preferirei risolvere la cosa pacificamente. >>
Mi disse, avvicinandosi lentamente a noi, superando il buco che l'esplosivo aveva creato.

<< Stai lontano da noi e lasciaci andare via! >>
Gli risposi, infastidito.

L'uomo si fermò, confuso e sorpreso dalle mie parole, a guardarmi per qualche secondo.

<< Sfortunatamente, non è possibile. >>
Mi rispose rapidamente.
Feci un verso infastidito, senza smettere di fissarlo neanche per un istante, facendo materializzare un lungo nastro viola, che cominciò a fluttuare nell'aria intorno al mio braccio sinistro.

<< Molto bene. >>
Mi rispose, posando una mano sull'elsa della sua spada.
Si scansò rapidamente di lato, evitando prontamente il nastro che gli scagliai contro, per poi lanciarsi verso di me con la spada sguainata.

Prima che potesse colpirmi con la sua spada, feci scomparire il nastro che avevo creato poco prima, facendo successivamente apparire l'Egida davanti a me: l'enorme scudo colore viola a forma di ingranaggio bloccò senza nessun problema il fendente verticale dell'uomo.
La sua spada collise con la mia Egida, generando un forte rumore metallico che echeggiò intorno a noi per qualche istante.

Subito dopo feci scomparire l'Egida, per sostituirla con una decina di nastri: essi si avvolsero intorno al mio braccio sinistro, creando qualcosa di simile al braccio di una armatura.

Mi preparai a colpire l'uomo con un pugno quando accadde qualcosa che non avevo previsto:
Il mio attacco andò a vuoto, ma non perché lui si fosse scansato....

Era come se, all'ultimo secondo, il mio braccio avesse cambiato traiettoria automaticamente.


Sfiorai il volto dell'uomo: approfittando della mia confusione, lui mi colpii in pieno volto con un rapido pugno, facendomi cadere rapidamente al suolo.

<< Devo ammettere di essere rimasto sorpreso, ragazzo. La tua abilità è davvero impressionante... Come se non bastasse, la mia Gioiosa non ha neanche scalfito quello scudo, sono esterrefatto. >>
Mi disse, congratulandosi con me, con una espressione seria in volto.
Lo guardai in silenzio, portandomi una mano sul naso sanguinante.

<< Ma, per quanto sia forte, ha delle enormi debolezze che non ho potuto non notare. >>
Aggiunse, sorridendo.

<< Di cosa stai parlando? >>
Gli domandai, confuso e infastidito dal tono con cui mi stesse parlando.

<< Ho visto centinaia, letteralmente, di persone con abilità simili alla tua... Tu puoi, in quale modo a me oscuro, far comparire strani oggetti metallici dalle tue mani, corretto? >>
Mi domandò, portandosi una mano davanti alla bocca, divertito.
Non gli risposi.

Sorrise.

<< E, da quanto ho notato, non puoi mantenere più "creazioni" contemporaneamente. Se così non fosse, non avresti avuto alcun motivo di far scomparire quei "nastri", per poi sostituirli con quello strano scudo e viceversa. Sbaglio, per caso? >>
Mi domandò, continuando con le sue supposizioni.

Neanche stavolta gli risposi.
Un enorme e divertito sorriso apparve nel suo volto, mentre abbassò le mani.
Ne portò una dietro la schiena, mentre l'altra la posò sull'elsa della sua lama, dopo averla rinfoderata.

<< Prendo il tuo silenzio come un si, se non ti dispiace. >>
Disse, divertito.


In quell'istante rimasi totalmente spiazzato dalla facilità con cui era riuscito a comprendere la mia abilità. 
Non era di certo una persona qualunque... Avrei imparato questa lezione nella maniera peggiore possibile.



<< Possiamo andare avanti con questa farsa per tutto il giorno, ragazzo, ma dubito che il risultato possa cambiare. Considerando che qualcuno dei miei soldati ha causato ben più problemi di voi, avrei l'intenzione di risolvere la cosa il più pacificamente possibile: se ti arrendi adesso, farò finta che il tuo tentativo di aggressione non sia mai accaduto. >>
Mi propose, con un sorriso soddisfatto in volto.

<< Neanche morto... Non credo a niente di quello che stai dicendo. >>
Gli risposi, senza neanche pensare per mezzo secondo alla sua proposta.

Per una frazione di secondo il suo sorriso scomparve, sostituito da una espressione infastidita.

<< La tua mancanza di fiducia è davvero sbalorditiva. >>
Mi disse, riacquistando la sua classica espressione.

<< Mi hai fatto sparare contro e, in più, ci hai quasi fatti saltare in aria. Scusa se mi viene difficile fidarmi di te. >>
Fu la mia risposta.
Anche solamente parlare con lui mi faceva imbestialire.

<< Eccetto la seconda parte, che non era assolutamente prevista... Il resto te lo sei cercato tu stesso. Ho provato, e sto ancora provando, a risolvere la situazione in maniera pacifica... Sei stato tu a rifiutare le mie offerte, e lo stai facendo anche tutt'ora. Io, invece, sto solamente svolgendo il mio lavoro: se un criminale rifiuta di collaborare, come soldato ho il dovere di usare le cattive maniere... Non so se mi spiego. >>
Mi rispose, gesticolando con una mano, senza lasciare andare l'elsa della sua spada con l'altra.

Quelle sue parole mi mandarono in bestia: sentii il sangue ribollirmi nelle vene, e lo guardai con uno sguardo furioso.

<< Quindi alla fine dei conti siamo noi i criminali, non quei mostri che hanno ferito una ragazza innocente, vero?! >>
Gli urlai contro.

Lo sguardo dell'uomo cadde su Jeanne, la quale era ancora dietro di me.

<< Mi duole dirlo, ma conosciamo perfettamente la discriminazione che viene fatta verso coloro che sviluppano delle abilità. Per quanto mi riguarda, in ogni caso, non provo nessuna forma di odio verso di voi, anzi: persone come te potrebbero rivelarsi ottime aggiunte alla forza militare della nostra Arcadia. >>
Mi rispose, abbassando lo sguardo, con un tono più calmo e serio.
Subito dopo sollevò lo sguardo, guardandomi dritto negli occhi con l'indice sollevato verso l'alto.

<< Le persone come voi, se ben addestrate, possono diventare soldati eccelsi e utili in svariate missioni troppo pericolose per le persone "normali". Altre nazioni hanno, ormai, già preso questo approccio... Quindi non vedo perché l'Arcadia dovrebbe essere differente. >>
Aggiunse, sorridendomi.

<< Quindi volete trasformarci in dei cani che obbediscano ad ogni vostro compito, che scendano sul campo di battaglia e siano i primi a morire, eh? >>
Gli domandai, infastidito.

<< Non mettermi in bocca parole che io non ho mai pronunciato, ragazzo. >>
Mi rispose, rapidamente, con un tono infastidito.

Fece qualche passo in avanti, in silenzio, senza smettere di fissarmi.
Si fermò proprio davanti a me.

<< Credi davvero che i nostri soldati non rischino la vita, quando scendono sul campo di battaglia? Ogni soldato ha una intera famiglia dietro di se: non comportarti come un ragazzino viziato. Sei troppo immaturo per comprendere appieno cosa significa diventare un soldato: come tale non ti permetto di insultare il lavoro che svolgo da più di venticinque anni. Le persone con abilità speciali sono temute, e questo è un dato di fatto: se ci pensi per bene anche qualcuno come te potrebbe capirne il motivo. Un buon ottanta, se non novanta percento si è, d'altronde, unito ai ribelli: quindi, criminali. Credi davvero servano altre spiegazioni sul perché le persone vi temino? >>
Mi disse, con un tono infastidito e serio.

<< Non siamo tutti criminali... >>
Disse una voce femminile alle mie spalle, prima che potessi rispondergli: attirò sia la mia attenzione che quella del Generale.

<< Jeanne... >>
Dissi, d'istinto, voltandomi verso di lei.
I suoi occhi erano rossi, e notai lacrime che le scendevano nel volto.

<< Molti di noi volevano solo vivere in tranquillità, una vita pacifica insieme alle altre persone... Perché dobbiamo combatterci? Perché non possiamo semplicemente capirci l'uno con l'altro? >>
Domandò, ad entrambi, singhiozzando.

<< "Jeanne", eh? >>
Sentii dire da quell'uomo.
D'istinto mi voltai verso di lui, preoccupato da quel suo tono.

La sua espressione era cambiata: era seria. Osservò Jeanne per qualche secondo, in silenzio, senza muovere neanche un muscolo.
D'un tratto allungò un braccio verso di lei, porgendole la mano.

<< Miss Jeanne, le assicuro che ho le sue stesse intenzioni. Voglio vedere la nazione prosperare, senza alcuna forma di razzismo, senza futili scontri interni. Tutto potrebbe rimanere uguale, oppure potremo provare a cambiarlo insieme: tempo al tempo, e prima o poi potremo tutti camminare mano nella mano. Mi farebbe l'onore di essere la prima a collaborare con noi? >>
Le propose, sorridendole e inginocchiandosi davanti a lei, con la mano tesa.

<< Stai mentendo... A voi non importa niente delle persone come noi. Non importa niente nemmeno di coloro che sono fuori dalle mura. >>
Dissi, infastidito: erano tutte bugie, non riuscivo a credere a neanche una sua parola.


Eppure, fui l'unico a rendersene conto.


Non mi rispose: mi guardò con la coda dell'occhio, voltandosi subito dopo di nuovo verso Jeanne.

<< Mi perdoni se la chiamo per nome, ma non ho potuto fare al meno dall'udirlo. Miss Jeanne, se mi aiuta a convincere il suo compagno le assicuro che nessuno di voi soffrirà alcuna ripercussione sull'accaduto: vi porterò dentro le mura, avremo un breve colloquio, e poi vi lascerò andare via con una piccola multa. Il suo amico non ha causato enormi problemi, quindi non c'è motivo di arrestarlo, stia tranquilla. >>
Disse a Jeanne, ignorandomi completamente.

La ragazza guardò la sua mano, per poi sollevare lo sguardo verso di lui.

<< Come... Si chiama, lei? >>
Gli domandò, incuriosita, smettendo finalmente di piangere.

Lui sorrise.

<< Levyathan Melvillei. I miei uomini mi chiamano "Generale Levi". >>
Le rispose.

<< Non sta mentendo? Posso fidarmi delle sue parole? >>
Gli domandò, preoccupata, calmandosi.

<< Ha la mia parola da soldato. >>
Rispose Levyathan, chiudendo le palpebre e afferrandole una mano dolcemente.




Dopo quelle sue parole, Jeanne afferrò la sua mano. Ormai era troppo tardi per tornare indietro: fui obbligato a seguirli fin dentro le mura, dove Levyathan ci fece parecchie domande.
Ad alcune mentii, mentre ad altre diedi rispose vaghe: non volevo di certo che potesse rintracciarci una volta lasciate di nuovo le mura.

Fu un tentativo inutile: quell'uomo era entrato in contatto con il Maestro, tempo addietro, preparando i dettagli del colloquio.

Esattamente come ci aveva promesso, fu una cosa breve: segnò ogni nostra risposta, per poi consegnarmi una piccola multa.
Essa sarebbe dovuta essere pagata il giorno in cui dei soldati sarebbero venuti a prendere coloro che erano stati proposti per il colloquio...



Dopo appena mezz'ora fummo liberi di lasciare di nuovo le mura della capitale: venimmo riaccompagnati nel villaggio di Jeanne a bordo di una carrozza militare.
Anche se, probabilmente, non era il posto migliore in cui andare.

<< Cosa farai, adesso? >>
Le domandai, dopo qualche minuto.
Eravamo davanti all'entrata del suo villaggio.

<< Mi piacerebbe tornare alla mia chiesa, anche se non credo sia fattibile ormai... >>
Mi rispose, abbassando lo sguardo, deprimendosi.
I suoi occhi erano tristi e lucidi: sembrava quasi avrebbe potuto piangere da un momento all'altro.

<< Perché non hai voluto arrenderti non appena te lo ha proposto? Se ti fossi arreso fin dal principio forse ora non sarebbe accaduto niente... >>
Mi domandò ad un certo punto, con un tono triste.

<< Non credo a mezza parola pronunciata da quell'uomo. Stai pur certa che, all'inizio, non aveva la benché minima intenzione di lasciarci andare facilmente.
Le risposi, sicuro della mia intuizione.

Jeanne abbassò lo sguardo, delusa.

<< Suppongo non scopriremo mai cosa sarebbe potuto accadere... >>
Disse, con un tono debole.

Cadde il silenzio per qualche minuto, mentre rientrammo dentro il villaggio.
Le voci si erano ormai sparse: non c'era persona che non ci guardasse.

Feci un verso infastidito.

<< Grazie... >>
Sentii dire da Jeanne.
Mi voltai verso di lei, confuso e sorpreso dalle sue parole.

<< Di cosa? >>
Le domandai, incuriosito.

<< Nonostante le cose non siano andate nel migliore dei modi, alla fine mi hai protetta due volte... Non so cosa sarebbe potuto succedere se non fossi intervenuto... >>
Mi rispose, evitando il mio sguardo.

<< Non avrei mai permesso a quella scena di ripetersi... >>
Le risposi, istintivamente, ripensando al giorno in cui il Maestro venne cacciato dal villaggio.

Strinsi i pugni ripensando alla ragazzina priva di vita che quel giorno lui stava tenendo sulle braccia.

<< In più... Grazie di non averli feriti. >>
Aggiunse Jeanne, in un secondo momento.

La guardai confuso, chiedendomi di chi stesse parlando.

<< Quelle persone... Grazie di non averle ferite. >>
Mi disse, notando la mia confusione.

Per un istante rimasi spiazzato da quelle sue parole...
Poi quelle stesse parole mi fecero innervosire.

 

<< Ti preoccupi più per i tuoi assalitori che per te stessa! Sii più egoista, proprio come lo sono le altre persone. Se continuerai ad essere così buona un giorno ti si ritorcerà contro: la tua gentilezza, un giorno, si rivelerà la tua condanna... E quel giorno potrei non essere li per salvarti. >>
La rimproverai, infastidito.








Quelle parole.... Sono così pesanti...


____________________________________________________________________________________________________________

Fine del capitolo 2-2, grazie dell'attenzione e alla prossima!







 

   
 
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