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Autore: sissir7    19/02/2018    0 recensioni
Questa storia è ambientata in un AU dove Jimin è tutt'altro che umano e Tae è un ragazzo che ama la vita e che non ha paura di andare incontro al suo destino, anche se significa rinunciare a tutto quello che ha. Dolore, spensieratezza, paura, amore, bellezza sono i cardini della loro storia che rovescerà ogni certezza e porterà alla consapevolezza che amor vincit omnia, anche attraverso la morte.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella mattina Londra era rumorosa e viva più che mai.
Le strade gremivano di persone eccitate per l’avvicinarsi del Natale e le vetrine dei negozi erano tutte scintillanti e luminose,
proprio nello stile natalizio che rendeva Londra uno spettacolo da vedere almeno una volta nella vita.
Le nuvole erano poche nel cielo e il sole era tiepido.
Jimin guardava fuori dalla finestra della sua camera, le mani nella tasca dei pantaloni della tuta e sorrideva nel vedere
che la vita era rimasta più o meno uguale dopo 300 anni.
Il suo volto e il suo fisico ne dimostravano 22 ma quei tre secoli lui li aveva vissuti e ne sentiva tutto il peso in quel cuore che ormai non batteva più. Ormai si era abituato a quel corpo così diverso da tutti quelli che lo circondavano.
Si era abituato a non sentire più i gusti o il dolore fisico.
Quello a cui non si sarebbe mai abituato era la solitudine.
Quell’incessante sensazione di provenire da un mondo diverso, sbagliato, odiato, temuto non lo lasciava mai.
Mai.
Sospirò.
Nella malinconia di quei pensieri però c’era Taehyung.
Quel ragazzo così vivace ma allo stesso tempo capace di essere profondo e riflessivo come gli aveva dimostrato in biblioteca giorni prima.
Avevano parlato di letteratura, dei loro artisti preferiti, di musica, di viaggi e dei loro pensieri riguardo tante cose.
Non avevano parlato affatto delle loro vite, troppo presi dai discorsi sull’arte e le loro passioni.
Jimin temeva il giorno in cui avrebbero affrontato l’argomento.
Avrebbe dovuto dargli spiegazioni e avrebbe dovuto farlo nel modo più delicato e rassicurante possibile perché dire a un essere umano che sei una creatura immortale che succhia il sangue per vivere non era proprio concepibile per lui.
Come?
Come far uscire quelle parole dalla sua bocca?
Non lo aveva mai detto a nessuno.
Nessuno aveva ma avuto la sua fiducia.
Tuttavia, sentiva in quel 20% di umanità che era rimasto che Tae era un’anima affine alla sua, nonostante lui non ne avesse più una.
Che cosa assurda, pensò.
Era così complicato.
Si sentiva perso e felice allo stesso momento e tutto quello che sperava era non perderlo.


“Ti stai frequentando con quel ragazzo, eh?”
Il professor Lorset, che Jimin chiamava Peter ormai, entrò nella sua camera sorridendo.
“Come fai a saperlo? Mi segui?”  chiese Jimin che apparse un po' nervoso perché sapeva che Peter in fondo non avrebbe voluto che lui si affezionasse ad un umano.
“Hai il suo odore addosso.”
Jimin fece un piccolo sorriso.
“Hai passato molto tempo con lui.”
I capelli dorati dell’uomo brillarono al sole che entrava in camera.
I suoi occhi chiari erano penetranti e Jimin  non resse lo sguardo.
Si passò una mano tra i capelli grigio scuro, come faceva spesso, e si sedette sul suo letto a gambe incrociate.
“E’ un problema per te se vedo Tae?”
“Beh, io”
“Non mi importa comunque. So che vuoi il mio bene e credimi se ti dico che non gli torcerei neanche un capello. Non per fargli del male almeno.” Sorrise malizioso.
Peter ricambiò il sorriso e sospirò.
Poi disse: “In realtà ti stavo per dire che potrebbe farti bene un po' di calore umano. Sai, emozioni. Qualcuno con cui passare il tempo.”
“Ho te.”
Peter scoppiò a ridere.
“Sai cosa intendo, Jimin. Io sono solo…tuo ‘padre’, mentre hai bisogno di un amico. Di una persona che possa darti attenzioni diverse. Io so come ci si sente.”
“Lo so.”
Peter si sedette al suo fianco.
“In 800 anni ho avuto molte donne ma nessuna è rimasta e non solo perché è…”
Sul volto di quell’uomo  mozzafiato apparve un’ombra di tristezza che stringeva il cuore.
“Non dobbiamo parlarne se non vuoi.”
“No, devo. Devo dirti che quando le donne che ho amato sono morte, io invece sono stato costretto a vivere secoli con il dolore della loro assenza. Giorno dopo giorno la consapevolezza della loro morte mi uccideva. Ho cercato sempre di essere forte ma quando le vedevo dormire serene al mio fianco non facevo altro che immaginare che non si sarebbero più svegliate.”
Jimin strinse i denti.
Sentiva un colpo allo stomaco.
Quelle parole erano troppo e lui pensava a Tae.
Peter gli poggiò una mano sulla spalla.
“Loro hanno accettato ciò che ero e…sarò sempre grato di averle incontrate, amate e essere amato. Hanno dato senso ai miei giorni e so che accadrà anche te.”
Jimin annuì sperando accadesse con Tae.
Anche se  solo per la durata della vita di Tae.
Dopo un po' di silenzio per riprendersi da quel discorso, Jimin gli disse che le sue parole, seppur dolorose, lo avevano aiutato e reso ancor più consapevole che non doveva rinunciare a Tae solo per la paura di non riuscire a dirgli cos’era.
Glielo avrebbe detto e avrebbe accettato le conseguenze.
“Sono sicuro che andrà tutto bene. Non tutti gli esseri umani sono insensibili e ingiusti. C’è del buono. L’ho vissuto.”
“Tae lo è. E’ davvero una persona che non conosce cattiveria, ne sono certo.”
“Bene. Voglio che nonostante le mie angoscianti parole tu possa goderti i momenti con lui e che possa divertiti con lui. Per davvero. Fate ogni cosa che vi passa per la testa, godetevi ogni singolo istante.”
“Se me lo concederà, gli regalerò la vita migliore che possa avere e sperare di vivere. E’ una promessa che faccio a me stesso. Lo farò.”
 

Tae si vestì con calma.
Indossò un maglioncino blu scuro e i jeans.
Si guardò allo specchio aggiustandosi i capelli che ormai gli coprivano gli occhi. Indossò il giubbino, prese il portafogli e chiuse la sua camera.
Disse ai ragazzi che usciva e tutti gli buttarono frecciatine immaginando avesse un appuntamento con una ragazza.
Se solo avessero saputo…
Si incamminò tra la gente che felice comprava i regali di Natale e quella gioia che lo circondava lo mise di buon umore perché non poteva nascondere di essere piuttosto nervoso per quella sera.
Si era visto con Jungkook quel pomeriggio grazie a Skype e gli aveva raccontato il pomeriggio in biblioteca e che aveva invitato Jimin a cena.
Kookie aveva  cercato di rassicurarlo dicendogli che non aveva di cui preoccuparsi ma Tae pensava che era facile dire così, lui lo amava e lo conosceva come nessuno.
Tuttavia, ora sereno e appena girò l’angolo lo vide.
Aveva la testa bassa sul cellulare.
La sua figura slanciata era stretta in un trench nero e una sciarpa di lana doppia gli avvolgeva il collo.
Aveva un profilo regale.
Se ne stava immobile con naturalezza come una statua di marmo e la sua pelle diafana poteva farti credere che lo fosse.
Alcune ciocche di capelli di quel colore di stelle e argento gli cadeva sulla fronte.
Era uno spettacolo.
Era a qualche metro quando Jimin alzò il volto e lo guardò, come se sapesse che stava arrivando e gli sorrise piano, salutandolo con la mano.
Quel sorriso che mostrava i suoi denti bianchissimi era gioioso e Tae sentì salirsi quasi le lacrime.
Non poteva credere che Jimin era lì per lui.

“Hey!”
“Ciao Jimin”
Jimin lo abbracciò per qualche secondo e cautamente poggiò il naso alla sua pelle per sentire il dolce profumo di Tae.
Era l’odore più buono che avesse mai sentito.
Entrarono e si sedettero. Il ristorante era molto bello ma alla mano e l’atmosfera tranquilla aiutava Tae a non rimanere troppo rigido e anche Jimin preferiva un’ambiente in cui poteva rilassarsi.
Parlarono un po' e Tae pensò che era stato un’idiota a preoccuparsi.
Jimin era così adorabile e per niente serio e altezzoso come era apparso la prima volta che lo aveva visto quando tenne la lezione al posto di Lorset.  Era così umano.
“Comprato qualche regalo alla tua famiglia per Natale?” chiese Jimin con naturalezza, ma Tae mutò d’improvviso l’espressione del volto.
“Beh…”
“Scusami. Se non vuoi parlarne non devi.”
Rispose Jimin che capì al volo le emozioni di Tae.
Il suo sangue scorreva più velocemente e i muscoli si contrassero.
Percepì tutto questo e gli dispiacque molto.
 “Voglio. E poi parlarne mi aiuta ogni volta a superare la cosa quindi…”
“Ok”
Tae sembrò calmo.
“I miei genitori sono morti poco più di un anno fa. Ho venduto la casa e sono stato per un po' dal mio miglior amico Jungkook.
Poi ho iniziato l’università perché prima non volevo, ho sempre lavorato. Ho trovato un mio appartamento, ho trovato un mio equilibrio e ho scelto di fare l’Erasmus perché, come mi ha sempre detto anche Jungkook, io sono fato per il mondo.”
Sorrise alzando le spalle.
 “Ne parli con molta decisione e forza. Sono felice che stai vivendo la tua vita a pieno. Devi sempre farlo, Tae.”
Quelle parole ovviamente toccarono Jimin che se era totalmente preso da quel ragazzo prima, ora lo ammirava in un modo indicibile.
“Anche io sono felice di avere questa forza e determinazione. E sono felice di essere qui.”
Jimin abbassò lo sguardo, preoccupato.
“Jimin... Tutto ok?”
Torturava il tovagliolo con le mani e per poco non lo strappò.
Non rispose.
Non sapeva cosa dire, aveva paura di come poteva andare il discorso, delle domande di Tae; ma Tae capì che forse c’era qualcosa  che non andava e non voleva pressarlo e cambiò discorso.
“Jimin, posso dirti una cosa?”
La sua voce calda e profonda era bellissima e Jimin la adorava; lo aveva anche tranquillizzato in realtà.
“Certo, dimmi.”
Alzò piano lo sguardo verso quel ragazzo che si porse un po' verso di lui.
“Sei bellissimo”
Tae lo disse guardandolo dritto negli occhi con le labbra curvate in un piccolo sorriso.
“Non solo bellissimo, comunque. Mi sono reso conto passando del tempo con te che sei una persona come poche ce ne sono al mondo e ce ne dovrebbero essere di più, onestamente. E voglio ringraziarti per essere così anche se suona è strano o non ha senso ma…davvero.
Grazie per essere chi sei.”
Quello che provò e pensò Jimin  è indescrivibile, non sapeva dargli un nome.
Semplicemente lo sentiva e chiuse gli occhi per godersi quell’attimo.
Grazie per essere chi sei. 
E cos'era lui per Tae? 
Non un mostro, nè un corpo senz'anima, nè qualcosa di sbagliato come lui sentiva di essere, ma una persona. 
Una persona che gli piaceva. 
Tutto questo era nuovo per lui ed era l'unica cosa che desiderava: essere chi era senza vergona o paura.
E Tae gli aveva dato questo, ora. 
Gli aveva dato un senso. 
Sospirò.
“Spero di non averti messo in imbarazzo. Appari sicuro e forte ma sei timido.”
Jimin abbassò il volto e rise portandosi una mano al viso dopo quelle parole.
“Tae…mio dio.”
Non riusciva a smettere di sorridere.
“Che c’è? E’ la verità.”
Disse Tae mangiando disinvolto un boccone.
Quando Jimin si riprese finirono di mangiare e uscirono in strada a fare una passeggiata.


Erano quasi arrivati al College e Tae prese la mano di Jimin, che si fermò di colpo, cercando di lasciargliela.
“Scusa…”
“No. Non dirlo neanche. E’ solo che…ho le mani gelate.”
Tae corrugò la fronte.
“E ti preoccupi?! Lo so. E’ dicembre è normale, non fa niente.”
E gliela riprese, incrociando le dita con quelle veramente gelate di Jimin.
“Ti regalo un paio di guanti a Natale.” gli disse sorridente.
Quel sorriso poteva curare qualsiasi cosa pensò Jimin.
Se solo avesse potuto dirgli che non sarebbe cambiato nulla, che gli avrebbe potuto dare solo il freddo con il suo tocco.
Questa cosa lo intristiva ma lo nascose bene.
Quindi, continuarono a camminare mano nella mano e Tae resisteva al freddo della sua mano, non la voleva lasciare.
Jimin sentiva il sangue di Tae scorrere sul suo palmo grazie alla stretta della sua mano.
Era caldo e regolare.
Era così piacevole.
Quando si salutarono si abbracciarono a lungo.
L’aria era fredda e umida e i rumori sembravano ovattati.
Erano l’uno persi nella stretta dell’altro.
“Qualunque cosa ti sia successa, qualsiasi dolore o…” dicendo questo all’improvviso, Tae lo strinse un po' più forte.
“Voglio solo tu sappia che va bene. Che puoi sfogarti e che passerà. Te lo prometto.”
“Tae…”
“Non devi dirmi nulla. Abbiamo tempo.”
L’abbraccio si sciolse e si guardarono.
Jimin si limitò ad annuire.
Il tempo per lui ormai qualcosa di così fuggente e quella frase non gli piaceva.
Non avevano tempo, tutto quello sarebbe finito così in fretta.
Tae gli baciò il dorso della mano con quelle labbra carnose e calde e appena si voltò incamminandosi verso il dormitorio, Jimin baciò l’esatto posto dove si erano appena posate quelle labbra e cercò di tenere quel calore sulle sue il più a lungo possibile.
Iniziò a nevicare.
Alzò lo sguardo al cielo nero.
Esisteva l’inferno.
Aveva fatto un patto col diavolo e sapeva cos’era il dolore.
Eppure, in quel momento era sicuro di essere felice.
Lo sapeva.
Lo sentiva in quel poco di umanità che aveva.
Lo sentiva davvero.
Sorrise pensando che era valsa la pena vivere 300 anni, era valsa la pena vivere fin a quel momento perché Tae era lì.
Ed era l’unica cosa che importava.
 
   
 
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