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Autore: germangirl    22/02/2018    3 recensioni
Un uomo in crisi per il suo lavoro e per la sua vita sentimentale.
Una donna ferita.
Un paio di nuovi amici.
La magia della Ville Lumière.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathan Fillion, Nuovo personaggio, Stana Katic
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9 – Un nuovo ingaggio

Tre giorni.

Era in silenzio stampa da tre giorni.

Non l’aveva più sentita da quella sera. Del resto, lei gli aveva detto di avere bisogno di tempo e lui non poteva far altro che concederglielo, nonostante non riuscisse a darsi pace per quello che era successo, ma consapevole di non avere nessun altro da considerare colpevole se non sé stesso e il suo comportamento dell’anno precedente. Con quel suo atteggiamento da gran bastardo aveva rovinato i rapporti con tutti gli altri membri del cast e aveva provocato troppo dolore nella sua coprotagonista per sperare che le cose con lei potessero prendere una piega diversa, anche se quei giorni trascorsi insieme a Parigi gli avevano fatto credere nella possibilità di un miracolo. Ma il passato non si cambia e prima o poi i nodi vengono al pettine.

Non aveva osato mandarle nemmeno un messaggio con un emoji. Non sapeva se ce ne fosse uno che potesse rappresentare il suo stato d’animo. Forse le due mani giunte, per pregarla di perdonarlo? No, troppo poco. Avrebbe avuto bisogno dell’icona di una faccina che si prende a schiaffoni da sola. O a sonori calci nel sedere, ben assestati.

Aveva provato anche a contattare Robert, ma il suo amico professore aveva un’importante conferenza su Shakespeare da preparare e in quei giorni non si poteva concedere nemmeno la pausa pranzo. Gli aveva però promesso che lo avrebbe invitato a cena da lui e da sua moglie appena terminato il convegno e lui aveva accettato con gratitudine quella proposta. Era felice di aver conosciuto una così bella persona ed era curioso di incontrare quella francesina testarda ma adorabile di cui Shermann gli aveva parlato. Gli impegni professionali del suo nuovo amico, però, gli avevano fatto prendere consapevolezza, ancora una volta, della sua condizione: mentre tutto il mondo aveva cose da fare, compiti da eseguire, obblighi e scadenze da rispettare, di fatto lui era un disoccupato. Un disoccupato di lusso, naturalmente, ma pur sempre un nullafacente. E la faccenda cominciava a inquietarlo.

Il primo giorno aveva girovagato per Parigi senza meta, rifiutandosi di prendere la metropolitana e camminando fino a stordirsi dalla stanchezza. Aveva cercato di apprezzare l’esplosione primaverile della natura rigogliosa presente nei parchi della città, nonostante un vento sferzante che gli faceva lacrimare gli occhi e dolere la testa, ma i suoi pensieri andavano tutti nella stessa direzione e gli impedivano di godere della meraviglia della Ville Lumière.

Il secondo giorno si era svegliato con una pioggerellina insistente che non invitava certo a uscire e aveva trascorso un po’ di tempo su internet, controllando la posta alla ricerca – infruttuosa – di eventuali contatti di lavoro o comunicazioni dal suo agente e curiosando sui profili social dei suoi ex colleghi e amici. Da quando era in Francia si era eclissato dai vari instagram, twitter e compagnia, e dovette ammettere di non sentirne poi la mancanza così tanto come pensava. Si era poi immerso nella lettura di “On the road”, il romanzo autobiografico di Kerouac che aveva acquistato a Shakespeare & Company. Crescendo con due genitori insegnanti, da bambino e da adolescente aveva letto tantissimi libri, ma da quando aveva iniziato a recitare, la carta stampata cui dedicava la sua attenzione era quella dei copioni, focalizzandosi sull’immedesimarsi in personaggi diversi da sé e sul memorizzare battute. Adesso invece gli era tornata la voglia di tuffarsi nel mondo della letteratura e partire sulle ali della fantasia. Proprio per l’importanza della cultura, trasmessagli dai genitori, era stato entusiasta del progetto Kids need to read, che aveva co-fondato anni prima. Quella giornata uggiosa gli permise di dedicare un po’ di tempo all’associazione, contattando alcune delle persone che la gestivano e ringraziandole per il prezioso supporto. Era sempre più convinto che l’istruzione fosse la chiave di volta per un mondo migliore e con la sua organizzazione no profit voleva contribuire, seppur minimamente, a questo ideale, fornendo libri alle scuole e alle istituzioni più disagiate, con un occhio particolare verso i ragazzi svantaggiati. Visto che l’anno dopo avrebbero festeggiato il decennale dell’attività, decise che, una volta rientrato negli Stati Uniti, avrebbe cominciato a studiare il modo più adatto per celebrare quel traguardo importante.

Il terzo giorno aveva inizialmente pensato di recarsi a Versailles per visitarne la splendida reggia e i bellissimi giardini, ma una segreta speranza che albergava nel suo cuore lo aveva fatto desistere: avrebbe tanto voluto andarci con lei. Aveva dunque ripiegato sul Centre Pompidou, di cui aveva ammirato non solo l’architettura, ma anche la parte dedicata alla fotografia e alle opere multimediali, e su un po’ di shopping. La sera della stessa giornata decise di ritornare al Cinema Paradis, con la vaga illusione di incontrarla di nuovo. Sapeva di non meritarsi niente, ma non riusciva a rinunciare all’opportunità di vederla ancora una volta. Confidava che il destino fosse dalla sua parte.

Giunto davanti al piccolo cinematografo, vide la locandina di “Sérenade à trois” di Ernst Lubitsch, un film americano ambientato a Parigi risalente agli anni Trenta del secolo scorso, con Gary Cooper e altri attori che non conosceva. Ne cercò la trama su internet e si preparò a un tuffo nel passato, tenendo le dita incrociate affinché anche a Stana fosse venuta la stessa idea.

Dopo aver acquistato il biglietto, si recò verso la platea e prese posto più o meno nella stessa poltroncina di velluto su cui si era seduto in occasione del loro primo incontro. Come molti attori, anche lui aveva le sue scaramanzie.

Durante l’ora e mezzo della pellicola si distrasse più volte, lasciando vagare lo sguardo nell’oscurità della sala, alla disperata ricerca del suo profilo, ma niente. Non c’era andata. Forse era rimasta in albergo… “Forza Nate, sii uomo: prendi il coraggio a due mani e chiamala” si incitò mentalmente. Era finito il tempo dell’autocommiserazione: ora bisognava agire. La doveva riconquistare.

Uscito dal cinema, si allontanò di qualche passo per avere un minimo di privacy, ripescò il cellulare dalla tasca del giaccone e trovò tre chiamate senza risposta di Paul. Del suo agente. Ne rimase così sorpreso che continuò a osservare il display inebetito per qualche secondo poi si scosse da quel torpore e incrociò le dita, sperando che non si trattasse solo di una telefonata di circostanza. Stava per selezionare il nome per richiamarlo quando Paul lo ricontattò per la quarta volta. Non fece in tempo a rispondere che venne invaso da un fiume in piena: “Nathan Christopher Fillion, dove caspita sei finito? Non pubblichi più foto o aggiornamenti sui tuoi profili, non rispondi nemmeno al telefono, benedetto uomo ti sei dato all’eremitaggio?”

“Ehy amico, calmati… sono appena uscito dal cinema” tentò di difendersi.

“Cos’è, vai al cinema all’ora di pranzo? Ma che cappero ti è successo? Ti sei trasformato in un vecchio pensionato?” sbraitò Paul.

“No, veramente qui sono le dieci e mezzo di sera… sono in Europa” spiegò Nathan.

“E cosa ci fai nel vecchio continente? Anzi, guarda, non me lo dire. Non lo voglio nemmeno sapere. Piuttosto, ascoltami bene. Ci sono novità, amico. Grandi novità. Un ruolo da protagonista in una nuova serie tv della ABC. Sarà una bomba!” esclamò eccitato l’agente.

“Fantastico, Paul! Di cosa si tratta?” chiese interessato l’attore. Finalmente le cose cominciavano a girare per il verso giusto!

“Ti mando maggiori dettagli via mail. Hai la possibilità di controllare la posta elettronica o sei sperduto in qualche paesino di campagna, magari in dolce compagnia?” domandò sarcastico prima di aggiungere: “Se serve, ti spedisco un piccione viaggiatore”.

“Sono in una grande capitale europea, Paul” precisò Nathan, tralasciando la parte relativa ad un’eventuale accompagnatrice e confidando che il suo agente fosse troppo impegnato a fargli fare soldi con nuovi ingaggi, e a pregustare la sua lauta percentuale,  per avere voglia di impicciarsi della sua vita privata.

“Si vabbè. Ti saluto, amico, ci sentiamo nei prossimi giorni. Fatti trovare quando ti chiamo!” gli intimò Paul. Era suo agente da tanti anni e sapeva fare bene il suo lavoro, ma non era certo la persona più empatica del mondo, né poteva considerarlo il suo migliore amico.

Conclusa la telefonata gli si aprì un sorriso sul volto. Finalmente aveva qualcosa da festeggiare. E c’era una sola persona con cui avrebbe voluto farlo. Ne cercò il numero in rubrica e la chiamò. Uno squillo, due squilli, tre squilli…. Al sesto squillo il nastro registrato della segreteria telefonica lo invitò a lasciare un messaggio. No, non voleva dirglielo così. Aveva bisogno di sentire la sua voce e possibilmente di vederla di persona. Il suo albergo non era lontano, pertanto decise di andare a cercarla lì. Non erano ancora le undici di sera e confidava che ci fosse qualcuno alla reception. Era un hotel modesto, ma si trovavano comunque nel centro di Parigi! Tirò su il bavero del giaccone per ripararsi dal freddo di cui non si era accorto fino a quel momento, troppo galvanizzato dalle notizie che gli aveva comunicato il suo agente, e si avviò verso l’Hotel du Marronnier.

Fortunatamente, un distinto signore era seduto dietro al bancone all’ingresso. Nathan sperò che Stana si fosse registrata con il proprio nome e non avesse seguito l’esempio del personaggio interpretato da Julia Roberts in quel film in cui recitava con Hugh Grant e in cui faceva l’attrice famosa che usava sempre i nomi dei cartoni animati per sviare la stampa. Si schiarì la gola e sfoggiando il suo miglior francese, disse: “Buonasera signore, vorrei sapere se è possibile parlare con la signora Katic”

Monsieur Dupont si alzò dalla sedia, lo osservò da sopra le lenti che usava per lavorare al computer, lo squadrò da capo a piedi e dovette convenire che tutto sommato quell’uomo di mezza età che aveva di fronte non doveva rappresentare un pericolo. “Mi dispiace, ma la signora non è rientrata stasera”

Deluso, Nathan si congedò da lui e uscì. Provò di nuovo a chiamarla ma niente. Anzi, questa volta il cellulare era proprio irraggiungibile. Ma non si sarebbe arreso. A costo di aspettarla fino all’alba, avrebbe parlato con lei.

Non lontano dall’albergo c’era una panchina. Vi si sedette e sperò di non congelare prima dell’arrivo di Stana.

 

Nel frattempo, in un grazioso ristorantino non molto distante da quella zona, Stana stava cenando in compagnia della sua nuova amica Rosalie. Si erano sentite quel giorno stesso, dopo che l’attrice aveva trascorso quelli precedenti dedicandosi ai dintorni della capitale, prevalentemente per evitare il rischio di imbattersi nell’uomo che le turbava i pensieri, e avevano concordato di uscire a cena insieme quella sera, dato che il marito di Rosalie era impegnato all’università e non sapeva quando sarebbe rientrato a casa.

“Robert adora il suo lavoro. E’ un vero appassionato di Shakespeare. Ho partecipato a una sua conferenza qualche tempo fa ed emana un fascino pazzesco mentre parla del suo autore preferito. Ha ereditato queste doti narrative dal padre naturale, sai?” le raccontò la proprietaria della deliziosa cartoleria.

“E tu sei follemente innamorata di lui” replicò Stana sorridendole. Poi aggiunse: “ti brillano gli occhi quando ne parli. Ti invidio, sai?”

Un velo di tristezza offuscò il suo sguardo. Anche lei una volta era stata follemente innamorata. Aveva amato l’uomo che aveva sposato e si era convinta di aver fatto la scelta più sensata, o almeno quella che tutti si aspettavano da lei. Ma la vita le aveva presentato un esito assai diverso ed ora eccola qui, nella capitale più romantica del mondo, da sola. Oddio, proprio da sola non era. E non si riferiva alla simpatica ragazza francese seduta davanti a lei, bensì al suo ex collega. Per il quale, a suo tempo, aveva perso la testa. In modo altrettanto folle.

Chèrie, arriverà anche per te un nuovo amore. Ricordati che quando si chiude una porta, si apre un portone!” esclamò convinta Rosalie. “Nel frattempo, che ne dici di concludere la nostra cena con una gustosissima crème brulée?” le propose. Poi aggiunse: “In barba alla dieta….” Un ricordo le attraversò la mente, provocandole una piccola fitta. Stana si accorse che qualche brutto pensiero doveva aver incrinato l’allegria della sua commensale, ma non sapeva se indagare o meno. Fu la stessa Rosalie a spiegarle: “Prima di Robert sono stata fidanzata con un fissato del fitness che ce l’aveva a morte con grassi, carboidrati e zuccheri e che sarebbe inorridito davanti a un dessert. Bè, mi ha tradito… se ci ripenso, mi fa ancora male”

“Però dopo hai incontrato il tuo bell’americano” le ricordò Stana, cercando di riportarle il sorriso. “Dovrai farmelo conoscere prima o poi!”

“Certo! Anzi, lasciamo passare la conferenza e poi vieni a cena da noi, che ne dici?” le propose.

Stana accettò di buon grado. Era felice di aver conosciuto una persona così carina come Rosalie e non vedeva l’ora di incontrarne il marito.

 

Nota dell’autrice

Un po’ di spazio ai pensieri di Nathan e alla grande novità sul fronte lavorativo.

Grazie a chi di voi legge la storia in silenzio e a chi mi regala un po’ del suo tempo per scrivere una recensione!

Deb

 

 

  
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