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Autore: dreamlikeview    17/03/2018    3 recensioni
Nathaniel "Nate" Winchester è un giovane nephilim e cacciatore. Quando il padre in punto di morte gli parla dell'angelo che lo ha messo al mondo, distrutto dalla perdita del genitore, decide di intraprendere un viaggio indietro nel tempo, per salvare entrambi i genitori. Con l'aiuto dell'amico Jack, di un incantesimo e di una strega, riesce a compiere il rituale. Sarà abbastanza coraggioso da compiere la sua missione?
[Destiel, canon-verse (kind of), parents!Destiel, mini-long]
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Desclaimer: Nessuno dei personaggi mi appartiene (a parte Nate, lui è il mio bambino), tutto ciò che è qui scritto è scritto senza alcun fine di lucro (tradotto, non ci guadagno niente, ci perdo solo la faccia), e non ho intenzione di offendere nessuno con questo scritto (solo di accoppiare due che dovrebbero essere già accoppiati dalla quinta stagione, pft).

Avviso: Come è già anticipato nelle note della storia, i personaggi tendono ad essere un po' fuori dai personaggi televisivi (soprattutto da questo capitolo in poi), anche se ho cercato di mantenermi negli schemi. Spero di non aver fatto troppi strafalcioni. Enjoy!
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Subito dopo l’incidente della foto, la sfuriata di Dean e la velata minaccia di Castiel – che lo aveva letteralmente terrorizzato e non lo aveva nemmeno nascosto – Nate aveva raccolto tutte le sue cose, e senza dire nulla né a Sam né a Jack era volato via, rifugiandosi nella sua stanza di motel, quella non molto distante dal bunker. Come aveva fatto a dimenticare la sacca lì al bunker? Non sapeva cosa avesse pensato suo padre, quando aveva trovato la foto di Castiel, ma doveva ammettere che non era stato molto furbo da parte sua continuare a tenerla sempre con sé, sapeva che prima o poi Dean, con i suoi sospetti e la sua scarsa fiducia negli sconosciuti, avrebbe trovato qualcosa di negativo in lui, anche se si trattava di una semplice fotografia e si rammaricava di non avergli parlato prima di quella foto, magari, se gli avesse detto, che gli era stata data da qualcuno, affinché riconoscesse l’angelo, non avrebbe reagito così; ma chi voleva prendere in giro? Nemmeno lui, in puro stile Winchester, avrebbe creduto ad una storia tanto astrusa e campata in aria, d'ora in poi non poteva più arrampicarsi sugli specchi e continuare a raccontare stupide mezze verità, con l’intento di guadagnarsi la loro fiducia, era sbagliato e non pienamente nel suo stile, odiava mentire e le bugie in generale, perché quando era piccolo, suo zio spesso gli raccontava dei litigi che aveva avuto in passato con suo padre, e la maggior parte erano a causa delle menzogne che si raccontavano a vicenda; inoltre, aveva capito che suo padre Dean avesse mentito all’altro padre, negando i profondi sentimenti che provava per lui, era palese ai suoi occhi – forse anche perché era loro figlio – ma qualsiasi velata minaccia all’angelo – anche una singola foto sgualcita – lo metteva in allarme, sicuramente era anche condizionato dall’aver perso Castiel pochi mesi prima, Jack gli aveva raccontato che Lucifer aveva pugnalato Castiel davanti agli occhi di un inerme Dean, e lui l’aveva riportato in vita, perché il cacciatore era troppo triste e senza alcuna speranza senza l’angelo. Ormai gli restavano solo due opzioni: rivelare tutta la verità o arrendersi. E di certo, lui che era il figlio di Dean Winchester, non si sarebbe mai arreso.
Improvvisamente, avvertì una presenza estranea nella sua camera, e si mise sull’attenti, portando la mano alla pistola – anche se aveva dei poteri, sparare era stata una delle prime cose che suo padre gli aveva insegnato – e: «Chi è?» chiese.
Dopo un po’ di fracasso, con grande sorpresa di Nate, dal bagno della camera del motel, uscì Jack, con l’aria imbarazzata e un tenero sorriso sul volto. Non era lo stesso Jack con cui era cresciuto – del resto, se aveva compreso bene la situazione, Jack era poco più che un neonato, anche se aveva l’aspetto di un adolescente – tuttavia era sollevato che fosse andato lì a supportarlo in quel momento, aveva bisogno di qualcuno con cui parlare per non lasciarsi travolgere dal senso di colpa.
«Ehi Nate» lo salutò, alzando la mano in segno di saluto «Scusa se ti ho spaventato, sto ancora imparando a gestire il teletrasporto» disse con tono leggermente imbarazzato «Come stai?»
«Jack» lo accolse sorridendo mestamente, lasciandosi cadere seduto sul letto «Mi sento un idiota, ho fatto degli errori stupidi» si lamentò, credendosi sconfitto.
«Non ti preoccupare» disse il nephilim sedendosi accanto a lui, rivolgendogli un dolce sorriso «Castiel farà ragionare Dean, e vedrai che si risolverà tutto» cercò di tranquillizzarlo.
«Grazie» sospirò guardando quello che un giorno sarebbe diventato suo fratello acquisito «Mi fa piacere che tu sia qui».
«Beh, sei della famiglia, no?» domandò retoricamente, Nate alzò lo sguardo sull’altro, lasciandosi scappare un sorriso «So che sono da poco con Sam, Dean e Castiel, ma sto imparando tanto da loro» spiegò.
«Si vede, parli quasi come mio padre Dean» osservò con sincerità, guardandolo. Jack vedeva davvero suo padre come un punto di riferimento, ed era felice che fosse stato sempre così e non solo nel suo futuro.
«Non so se l’altro me, te l’ha mai detto, ma… fin dalla mia nascita, anche se tuo padre all’inizio mi odiava, l’ho sempre preso come punto di riferimento» spiegò, con lo sguardo carico d’ammirazione «Vedrai che accetterà anche te».
«Lo spero» mormorò «Altrimenti penso che non nascerò mai».
«Nascerai, ho una sensazione positiva su stasera» disse con tranquillità.
«Come fai a saperlo?» chiese, inclinando la testa, nello stesso modo in cui lo faceva Castiel.
«Wow, quanto somigli a Castiel» commentò notando il suo sguardo «Comunque non so, è solo una sensazione».
«Okay» accettò, arrossendo un po’ per il complimento, sapeva di essere molto somigliante a Cas, glielo dicevano tutti, anche se aveva ereditato da suo padre umano le lentiggini che riempivano il suo volto «Ti va di restare e farmi compagnia?» chiese.
«Ma certo! Tu hai fame? Dean mi ha fatto vedere un posto qua vicino dove fanno degli hamburger favolosi!» esclamò sorridendo. Nate si lasciò travolgere dal suo entusiasmo e annuì; insieme i due nephilim si smaterializzarono nel locale di cui aveva parlato Jack e restarono lì per qualche ora, durante le quali a Nate sembrò di dimenticare, almeno per un po’, il casino che aveva combinato. Fu quando Jack gli disse che sarebbe tornato a casa, per controllare la situazione, promettendogli che l’avrebbe tenuto aggiornato, che i dubbi e la preoccupazione tornarono a bussare alla soglia della sua mente. Quando tornò al motel, nonostante le parole confortanti di Jack, sentiva ancora di essere un fallimento; come avrebbe fatto a salvare suo padre, se Dean continuava a considerarlo una minaccia?
E lì, disteso sul letto, contemplando il soffitto della camera, si interrogava su cosa avesse sbagliato; fin da quando era arrivato in quel tempo, aveva cercato solo di sistemare le cose, di cambiare ciò che nel suo futuro non era andato per il verso giusto, ma probabilmente aveva fallito in qualche modo, si sentiva mortalmente in colpa per aver fatto litigare i suoi genitori così tante volte, si sentiva davvero a pezzi all’idea che per colpa sua non avrebbero mai avuto quella bella, ma breve relazione di cui suo padre, prima di morire, gli aveva parlato. Gli mancava suo padre, quello del suo futuro, quello che riusciva a tranquillizzarlo e a farlo ragionare; quello che quando sbagliava riusciva a fargli risolvere il problema, quello che gli aveva insegnato a sparare e ad essere un cacciatore. Dannazione, pensò mentre una lacrima solitaria rigava il suo volto, aveva compiuto quel viaggio per sistemare le cose, e invece… Non sarebbe mai cresciuto con suo padre Dean, non avrebbe imparato niente da lui, non avrebbe potuto imparare a leggere con lo zio Sam, non avrebbe mai salvato Castiel, non lo avrebbe mai visto felice come mai, non avrebbe mai avuto quell’orribile peluche orribile, che lo aveva accompagnato fino all’adolescenza, non avrebbe mai conosciuto davvero Jack, e presto sarebbe svanito. Forse doveva cercare Dean, e dirgli tutto, dirgli di essere suo figlio, di essere lì con l’unica intenzione di salvare Castiel, di essere lì solo per poterlo vedere felice, perché, sebbene fosse stato un padre meraviglioso, che gli aveva voluto bene e non gli aveva mai fatto mancare nulla, lo aveva visto struggersi per un dolore a cui non aveva mai saputo far fronte. Si stava ancora crogiolando nell’autocommiserazione – e qualcosa gli diceva che non fosse una cosa nuova per la sua famiglia – quando fu investito da una forte sensazione, come un’onda violenta, si sentì per un attimo svuotato, senza fiato, e pensò che quello fosse il modo in cui sarebbe svanito, nel dolore e senza che suo padre sapesse cosa aveva rischiato per salvare la sua famiglia. Poi la sensazione svanì, lasciandolo perplesso per degli istanti lunghi. Che diavolo era appena successo? Cos’era quella sensazione? Forse era accaduto qualcosa di terribile ai suoi genitori? Doveva raggiungerli immediatamente, e se, avendo cambiato il tempo, la morte di Castiel fosse giunta prima di quanto raccontato da Dean? Doveva muoversi, immediatamente, e cercare in qualche modo di salvarlo, anche se non sapeva come. Tuttavia, quando cercò di volare dai suoi genitori, restò bloccato sul posto. Che succedeva? Perché non riusciva ad usare i suoi poteri? Maledizione, cosa era successo? Allora era vero, in qualche modo stava iniziando a svanire. Porca puttana non sapranno mai cosa volevo fare per loro, pensò con rammarico, prima di chiudere gli occhi, e lasciarsi andare al sonno, convinto che mai più si sarebbe risvegliato.
 
Quando il mattino seguente Dean si risvegliò, immediatamente capì che qualcosa fosse cambiato tra lui e Castiel, sentiva il petto dell’angelo sotto la guancia che s’alzava e abbassava e sentiva dentro di sé una pace interiore, che non aveva mai provato prima, anche se sapeva che avessero molto da chiarire, che molte cose dovessero essere sistemate tra di loro, in quel momento, voleva solo godere di quel tepore, continuare a sentirsi al sicuro e, sebbene sapesse quanto fosse sbagliato, desiderava unicamente continuare a crogiolarsi in quella sensazione di pace, che provava solo tra le braccia del suo angelo. Era una cosa irrazionale, che non aveva mai provato prima, e lo riempiva dal profondo.
«Posso sentire i tuoi pensieri vorticare come api impazzite, anche senza leggerti la mente, Dean» disse piano Cas, accarezzandogli con tenerezza i capelli. Dean strusciò la guancia contro il petto ancora nudo dell’angelo, abbozzando un piccolo sorriso, continuando a tenere gli occhi chiusi. Aprire gli occhi avrebbe significato tornare alla realtà.
«Cinque minuti» biascicò, Castiel sorrise – poteva sentirlo – e gli diede un tenero bacio tra i capelli.
«Tutto il tempo che vuoi» mormorò con il tono estremamente dolce.
Doveva essere morto o in qualche universo parallelo, in cui lui e Cas erano davvero felici insieme, perché non riusciva a trovare una spiegazione razionale a ciò che stava accadendo e a capire perché fosse successo proprio a lui, ma non voleva affrontare quel tipo di problemi, almeno non in quel momento, non quando tutto sembrava perfetto. Sapeva che le cose belle, a quelli come lui, non accadevano, ma voleva illudersi per un solo, singolo istante, che una cosa bella fosse accaduta proprio a lui; la cosa bella era, appunto, Castiel.
Se non apro gli occhi – si disse – tutto resterà perfetto. Perché dovrei aprire gli occhi?
L’angelo, senza volerlo davvero, lesse il pensiero al cacciatore – la preoccupazione che stesse avendo ripensamenti su ciò che avevano condiviso quella notte era latente in lui – e sorrise dolcemente, come poteva Dean temere che le cose cambiassero, se si fosse svegliato? Tutto sarebbe rimasto uguale, doveva solo crederci, e avere fiducia in loro due.
«Dean» lo chiamò a bassa voce, facendolo rabbrividire, santo cielo, non si sarebbe mai abituato alla voce bassa e roca dell’angelo che pronunciava il suo nome, soprattutto quando era così carica di… felicità?
«Cas» sussurrò in risposta, ancora ad occhi chiusi «Sei davvero qui o sto sognando?»
«Sono davvero qui, Dean» rispose, il tono morbido e dolce «Puoi aprire gli occhi, non svanirò improvvisamente».
Solo dopo aver sentito quelle parole, il cacciatore riuscì ad aprire gli occhi, un sorriso tenero nacque sulle sue labbra, trovandosi davanti la visione del meraviglioso volto rilassato e sereno del suo angelo. Si sentiva stupidamente felice, e anche se sapeva di non doversi sentire così, di non crogiolarsi in quella situazione, poiché presto gli sarebbe stata portata via, com’era sempre stato per lui – mai nella sua vita le cose erano state semplici e serene – non riusciva ad evitarsi di sentirsi felice, sereno, rilassato e – avrebbe azzardato a dire, anche se mai l’avrebbe ammesso ad alta voce – innamorato. Cielo, era un qualcosa di stupendo, ma al contempo terrificante, e Dean non sapeva come rapportarsi.
«Ciao» sussurrò, trovandosi proiettato nello sguardo limpido dell’angelo, che gli sorrideva in modo dolce, mai Castiel era stato un tipo incline al sorriso, e tutto quello che era riuscito a mostrare era un mezzo sorriso, mai di più.
«Ciao a te» lo salutò l’angelo, e senza aggiungere altro, si chinò a baciarlo delicatamente; stavolta, osservò l’angelo, era stato diverso dalla prima volta che si erano uniti, la prima volta che erano stati insieme, al risveglio, Dean non era riuscito a guardare in faccia l’amante, e quasi lo aveva cacciato in malo modo, borbottando cose senza senso sullo spazio personale violato, e altre cose che avevano un po’ ferito Castiel, lo aveva scacciato, respinto, e non era più tornato sull’argomento, ma adesso, qualcosa era cambiato in lui,  perché Dean non voleva più fare gli stessi errori, non voleva più rinnegare ciò che provava, non voleva più cacciare l’angelo dalla sua vita, anche se non avrebbe detto ad alta voce ciò che provava, ormai era palese, no? Non c’era bisogno di troppe parole, tra lui e Cas non c’era mai stato bisogno di usare troppe parole, a loro erano sempre bastati sguardi, leggeri tocchi e piccoli gesti, e si erano sempre intesi alla perfezione. Sentì Castiel sorridere contro le sue labbra, e gli mise una mano dietro alla nuca, infilandogli le dita tra i capelli sentendoli setosi, piumosi, a contatto con la pelle, strinse gli occhi e si lasciò trascinare dall’angelo, che con delicatezza gli accarezzava le gote, mentre lo baciava; poi lo sentì ridacchiare sommessamente nel bacio.
«Che hai da ridere?» chiese Dean, ad occhi ancora chiusi.
«Niente» rispose Castiel, il tono dolce, che il cacciatore non gli aveva mai sentito «È l’effetto che mi fai tu, Dean» disse con naturalezza, facendo arrossire leggermente Dean, che scosse la testa «E mi chiedevo dove fossero le tue stupide regole sullo spazio personale…» disse, con un leggero tono sarcastico.
«Chi ha parlato di spazio personale?» chiese con tono quasi innocente il cacciatore, alzando lo sguardo verso di lui.
«Tu, ogni volta che…» mormorò l’angelo, mettendosi a cavalcioni su di lui, sovrastandolo un po’ e abbassandosi verso di lui «…Mi sono trovato così vicino a te» sussurrò ad un soffio dal suo viso e dalle sue labbra.
«Forse ho sempre usato metafore… per… suggerirti di baciarmi» rispose, affannando, sopraffatto dalle labbra dell’angelo che non la smetteva di tempestare le sue labbra, le sue gote, il suo intero viso di baci, facendolo arrossire come un ragazzino inesperto. La sua mente, però, improvvisamente iniziò a suggerirgli che quella fosse una cosa del tutto sbagliata, ma il suo cuore desiderava esattamente quello; perché era così combattuto? Le cose belle non accadono nella mia vita – si disse in risposta, doveva staccarsi da Castiel e andare più lontano possibile, evitare di macchiare ancor di più lui, evitare che cadesse ancora una volta, l’ennesima, per lui.
«Cas» mormorò staccandosi dalla sua bocca, l’angelo pensò bene di abbassare le labbra contro il suo collo, ma Dean non riusciva ancora a lasciarsi andare totalmente, bloccato, adesso dai suoi pensieri negativi «Non dovrei, io…» disse a bassa voce, la bocca di Cas che percorreva il suo collo e scendeva verso il petto non gli permetteva di dire frasi di senso compiuto «Cas, non possiamo…» tentò ancora.
«Perché?» chiese, alzando lo sguardo su di lui «Te l’ho detto quando ci siamo conosciuti, Dean, le cose belle accadono», disse con serietà rispondendo ai suoi pensieri negativi e ripetendo le stesse parole che gli aveva rivolto la prima volta che si erano incontrati in quel vecchio capanno, subito dopo che aveva salvato Dean dall’inferno. Santo cielo, quanto tempo era passato da quel giorno… eppure l'angelo aveva sentito fin da subito di essere legato al cacciatore in modo irrimediabile, tutto ciò che aveva fatto fino a quel giorno, era stato unicamente per Dean, aveva sbagliato? Forse, ma lo aveva fatto con le giuste motivazioni, a suo parere. E non si pentiva di nulla, non si pentiva di aver rinunciato al paradiso, non si pentiva di aver tradito la sua specie, non si pentiva di aver rinunciato ad un esercito di angeli per salvare Dean, non si pentiva di aver usato tutto ciò che era in suo potere per tenerlo al sicuro.
«Non a me, Cas, lo sai. A me non accadono le cose belle, e anche se accadono, poi mando tutto a puttane».
«Non con me, Dean» sussurrò l’angelo, alzando lo sguardo verso l’amante «Fidati di me, okay?»
«Mi fido di te, Cas» affermò infatti, guardando il moro con lo sguardo leggermente addolcito «Ho solo paura» ammise.
Paura di perderlo, paura di mandare tutto all’aria, paura di rovinare tutto, paura di amare e lasciarsi amare, era questo ciò che lo tormentava più di tutto, ma non riusciva a causa dell’orgoglio a dar voce a tutti quei pensieri, per fortuna Castiel capiva esattamente i suoi tormenti, anche se non vi dava voce; per questo, con dolcezza appoggiò una mano su quella del suo cacciatore e intrecciò le loro dita, dandogli poi un bacio delicato sul dorso della mano e: «Non averne, ti prometto che non succederà nulla di brutto d’ora in poi» sussurrò. Dean sorrise, e reclinò la testa sul cuscino, scuotendo la testa, stranamente stava iniziando a credere alle sue parole, infatti le deboli difese che stava opponendo, cedettero immediatamente, davanti alle sue promesse, era tutto troppo travolgente e bello per far finta che non fosse accaduto; e non appena le sue labbra incontrarono di nuovo quelle dell’angelo, nell’ennesimo bacio infuocato, sentì di nuovo la felicità esplodergli dentro.
«Non dovrei sentirmi così stupidamente felice» confessò, mentre Castiel tornava con le labbra sul suo collo «Ma non riesco a smettere di sentirmi così» ammise, e forse erano le labbra magiche dell’angelo a farlo sentire così vulnerabile, o forse era il suo cuore che batteva in modo quasi impazzito, ma non riusciva ad evitare di sentirsi così stupido.
«Voglio solo che tu sia felice, Dean» confessò l’angelo, prima di appropriarsi di nuovo delle sue labbra, facendogli girare la testa con quel bacio; santo cielo, se Cas avesse continuato così, Dean avrebbe perso la testa in modo permanente. Tutti i problemi, tutte le preoccupazioni, tutte le paranoie su ciò che stava accadendo, su quel nuovo arrivato, improvvisamente erano passate in secondo piano, tutto ciò che gli importava in quel momento, era crogiolarsi in quel momento di pura pace e di puro amore tra lui e l’angelo, senza che fattori esterni condizionassero le sue scelte future.
«Mi dispiace aver dato di matto» disse poi Dean, inaspettatamente, Castiel inclinò la testa in quel suo modo buffo, strappandogli un sorriso «Non guardarmi così, hai capito a cosa mi riferisco. Quel ragazzo, Nate».
«Hai finalmente capito che non è una minaccia?»
«Come fai ad esserne così sicuro?» chiese dubbioso «Lo sai anche tu che nasconde qualcosa».
«Sicuramente» convenne l’angelo «Ma sono certo che non è qualcosa di negativo. Non dico che devi fidarti di lui, okay? Solo non saltargli addosso per ogni minima cosa» disse «Prova a dargli un’occasione» suggerì.
«E se dovesse farti del male?» chiese. Era strano per l'angelo vedere quel cacciatore sempre sicuro di sè, così terribilmente fragile davanti all'idea di poterlo perdere di nuovo. Non riusciva ad immaginare cosa avesse sentito Dean, quando lui era morto, ma doveva essere stato davvero devastante, per renderlo così fragile.
Castiel si abbassò ancora su di lui, le braccia piegate, appoggiate ai lati del suo volto e lo baciò con lentezza «Non me ne farà» promise «E poi ricordati che sono un angelo, non mi lascio uccidere facilmente». Dean avrebbe voluto credergli, davvero, ma lo aveva visto morire proprio davanti ai suoi occhi nemmeno molto tempo prima, e per questo non gli era semplice credere a quelle parole. «Fidati di me, non di lui, okay?» il cacciatore allora annuì e Castiel spazzò via ogni dubbio, eliminando la poca distanza tra di loro, unendo le loro labbra e baciandolo con dolcezza di nuovo, come se fosse nato solo per poter fare quello, lasciandolo totalmente senza fiato. Con Cas tutto era più semplice, tutto era meno complicato, e in quel momento, voleva solo poter vivere di quegli istanti; forse se fossero rimasti in quella stanza, forse tutto il male che c’era nel mondo, e che per tutta la sua vita aveva condizionato la sua esistenza, sarebbe rimasto fuori e lui avrebbe potuto sperare di essere felice, per una volta.
Si stavano ancora baciando, forse come due ragazzini troppo presi dal momento, quando si accorsero che c’era qualcosa di strano tra di loro, inizialmente Castiel percepì un qualcosa di nuovo, una presenza mai sentita prima, e immediatamente sentì l’esigenza di spingere Dean dietro al proprio corpo per proteggerlo. Poi si rese conto che la presenza non era maligna, ma era pura, innocua, era qualcosa di nuovo, di mai percepito prima, e proveniva dal letto.
«Dean, alzati» disse serio, la voce calma. Il cacciatore immediatamente lo ascoltò e si alzò dal letto, guardando l’angelo con il volto interrogativo; l’altro senza dir nulla, alzò tutte le coperte e, lì, tra le lenzuola scure del letto del cacciatore, c’era un piccolo uovo, che emanava una luce brillante e luminosa, che per un attimo invase tutta la stanza.
«Cosa diavolo è quello?» chiese il cacciatore, scioccato, quando quella luce intensa che somigliava molto a quella che si era diffusa nella stanza, quando lui e Castiel si erano uniti, in quel momento particolare tra di loro, si diradò.
«Un uovo» rispose con ovvietà l’angelo.
«Lo vedo da me che è un uovo, Cas, ma cosa ci fa un uovo nel nost- cioè mio letto?» chiese «Sono sicuro che ieri non c’era» osservò, mentre l’angelo con una punta di curiosità si avvicinava al misterioso oggetto – senza riuscire a trattenere un sorriso, al fatto che il cacciatore si stesse riferendo al letto in cui avevano giaciuto insieme con l’aggettivo nostro – prese delicatamente tra le mani il piccolo uovo e lo studiò con attenzione.
«Guarda Dean» disse, avvicinandolo un po’ di più al cacciatore «Sembra quasi immateriale, non ha un vero e proprio guscio» spiegò. Il cacciatore si avvicinò e osservò quel coso tra le mani di Castiel, e pensò per prima cosa che fosse una minaccia. Non aveva mai visto un oggetto simile, da dove era venuto fuori?
«Non capisco» mormorò Dean, scioccato.
«Nemmeno io» ammise Castiel; era qualcosa che nella sua vita millenaria non aveva mai visto, era qualcosa di nuovo, che prima non era esistito, ma poteva percepire da esso un grande potere, una purezza singolare, e qualcos’altro, qualcosa di umano, che non riusciva ancora ad identificare. «Non è un semplice uovo» osservò, e «Credo sia… in qualche modo nostro» azzardò, accarezzandolo piano.
«Nostro? Cas, non siamo galline, non facciamo uova che brillano… e poi siamo due uomini!»
«Io non sono un uomo» obiettò «Sono un angelo, non ho un sesso» Dean avrebbe voluto ribattere in modo sarcastico, ma Cas non gliene diede il tempo «Sono attualmente nel corpo di un uomo, ma questo non significa che io lo sia» continuò «Questo, ovviamente, deve essere frutto di qualche incantesimo, o di qualcosa che non so ancora» disse ancora, Dean voleva ribattere, ma non sapeva come, Castiel era lì di fronte a lui con un dannato uovo, e lui non sapeva da dove fosse spuntato «Farò qualche ricerca» affermò poi, annuendo deciso.
«Le faremo insieme» affermò deciso «Vado a prendere uno dei noiosi libri di Sam» disse velocemente, indossando una t-shirt e dei boxer, e poi dirigendosi alla porta «Aspettami qui». L’angelo annuì e, dopo essersi rivestito anche lui, si sedette sul letto di Dean in attesa del suo ritorno tenendo il piccolo uovo tra le mani. Mezz’ora dopo, il cacciatore tornò con tre libri enormi, Sam, e Jack al seguito; ciò che era successo era ancora strano per lui, e non riusciva a non sentirsi imbarazzato in quel momento. Aveva spiegato a suo fratello sommariamente ciò che era accaduto tra lui e l’angelo, e di ciò che avevano trovato nel letto al loro risveglio. Sam, intuendo l’imbarazzo del maggiore, aveva immediatamente annuito e cercato i volumi che gli aveva chiesto e si era offerto di aiutarlo; e Dean aveva acconsentito solo perché non sapeva cosa fare in quel momento, e aveva bisogno del supporto di suo fratello. Si rese conto in quel momento di non aver interpellato Castiel, e che probabilmente non avrebbe voluto che gli altri già sapessero di entrambi.
Dannazione, sono un idiota.
«Ho pensato che un po’ d’aiuto non avrebbe fatto male» disse a sua discolpa, Castiel lo guardò inclinando la testa, senza dire nulla, ma gli sorrise teneramente e annuì, capendo il suo bisogno d’aiuto. Forse Dean non sapeva che per lui non rappresentava un problema che Sam e Jack sapessero che il loro rapporto, aveva finalmente preso una direzione.
Sam osservò suo fratello prendere posto accanto a Castiel, senza alcuna vergogna nei gesti, e un finalmente sollevato passò nella sua mente; sorrise e prese posto su una sedia della stanza, poi aprì uno dei libri e iniziò a cercare qualche informazione sul quel misterioso uovo appena comparso; anche se sapeva esattamente di cosa si trattasse. Jack si mise al PC a fare ricerche su internet, mentre Dean e Castiel, che tenevano l’ovetto tra di loro, si divisero gli altri due tomi che il cacciatore aveva trovato nella biblioteca; solo diverse ore di ricerca dopo, Sam riuscì a trovare qualcosa di utile.
«Ecco! Ascoltate» esclamò, mentre gli altri aguzzavano le orecchie «Qui dice, che è una cosa che non accade sempre, è un evento più unico che raro. Si tratta del frutto del vero amore» lesse dal libro, con lo sguardo strabuzzato.
«Andiamo, cos’è? Un libro di favole?» chiese sarcasticamente Dean.
«No, è vero. Qui dice che succede solo quando la grazia di un angelo e l’anima di un umano, in un momento preciso del rapporto tra umano e angelo, si fondono. Questa fusione può generare una forma di vita del tutto nuova» spiegò, stentando a credere alle parole che stava leggendo «Questo è pazzesco, sentite, l’uovo crescerà, fino a che non sarà abbastanza sviluppato da permettere alla creatura di nascere» spiegò, incredulo «Non dovrebbe impiegare più di nove mesi a venire al mondo» disse poi, continuando a leggere, era tutto ipotetico, giusto? Non si sapeva se fosse davvero così o fosse altro? E se fosse stato tutto una menzogna? Se quel coso fosse stato un problema da risolvere?
«E cosa dovrebbe essere?» chiese Dean, stranito. Ancora non si era ripreso dal frutto del vero amore, sembrava davvero una stronzata di proporzioni bibliche, come era possibile che accadesse una cosa del genere?

Nostro figlio pensò Castiel, sorridendo spontaneamente, era la notizia più bella che riceveva in tutta la sua vita.
«Io credo che sarà metà angelo e metà umano» intervenne, invece, Jack, il quale sapeva chi sarebbe nato da quell’uovo.
«Ha senso» rispose Sam «Se è frutto dell’unione tra una grazia e un’anima, credo che possa avere parte di entrambe».
«Ma è fantastico!» esclamò Jack «Congratulazioni! Sarete genitori!» esclamò di nuovo, avvicinandosi a loro e abbracciando prima Castiel e poi Dean «Questo vuol dire che non sarò più l’unico nephilim sulla faccia della terra».
«Jack, tu non sei l’unico nephilim, sei l’unico a non aver paura degli angeli» disse Castiel, con il tono leggermente divertito; il ragazzo fece un sorriso leggermente imbarazzato, e annuì deciso, dando ragione all’angelo.
«Congratulazioni» disse Sam, avvicinandosi al fratello e abbracciandolo «Sarò zio!»
«Non esagerare, Samantha, non sappiamo ancora cosa ne faremo» disse, ma non credeva nemmeno lui alle sue parole, per tutta la vita aveva creduto che non sarebbe mai diventato genitore, a causa della sua vita, e improvvisamente, aveva un figlio con un angelo? Cosa diavolo stava succedendo alla sua vita già abbastanza complicata?
«Cosa ne faremo?» domandò retoricamente l’angelo «Lo accudiremo e lo faremo nascere, poi, come fate voi umani, gli daremo un nome e un’educazione adeguata, lo cresceremo insieme» disse con serietà l’angelo «Ecco ciò che faremo».
«Oh… d’accordo» rispose, senza nient’altro da aggiungere «Quindi… oh, saremo, tipo, genitori?» chiese con un’espressione a metà tra lo sconvolto e il sorriso, e a quelle parole, lo sguardo dell’angelo si addolcì, e lo rivolse al cacciatore, abbozzando un leggero sorriso, quel solito sorriso che era solito fare, che a Dean piaceva da impazzire. Sarebbero diventati genitori, avrebbe significato prendersi un sacco di responsabilità, avere un bambino pestifero che avrebbe sicuramente incasinato tutto, avrebbe significato avere la responsabilità di una vita, lasciare quindi la caccia, mettere in sicurezza il bunker – o avrebbero dovuto cercarsi una casa vera? – e assumersi il compito di guidare questo nascituro – probabilmente un nephilim – sulla strada giusta.
«Sì, saremo genitori» rispose l’angelo, fuorviando ogni suo altro dubbio «Io sarò con te» promise a bassa voce, per non farsi sentire dagli altri presenti, e solo dopo quelle parole, anche Dean si distese in un sorriso rilassato, felice.
«Mi sembra un buon piano» mormorò, e senza rendersene conto, avvicinò Castiel a sé per il colletto della maglietta, e lo baciò sorridendo contro le sue labbra, sotto gli sguardi allibiti e felici di Sam e Jack. Sì, una vita con Castiel e un loro figlio sembrava davvero un piano sensato.
 
Nei giorni che seguirono, Dean vide un repentino cambio d’umore nel suo angelo, era felice come mai lo aveva visto in quegli anni, e davvero, se significava vederlo così, avrebbe messo un frutto del vero amore al mondo più spesso. Cas usciva dal bunker, magari per risolvere qualche problema sovrannaturale, e rientrava sempre con dei giocattoli nuovi; il primo era stato un peluche davvero orribile, ma Dean non aveva avuto il coraggio di farglielo notare, perché Castiel lo aveva appoggiato vicino alla cesta dove avevano deposto l’uovo per non danneggiarlo; inoltre tornava spesso con tutto il necessario per prendersi cura di lui («Dean, mi hanno detto che questa crema è ottima per il bambino e questi pannolini sono i migliori in commercio
», oppure «Dean, ho preso il biberon e il latte in polvere, ma non ho idea di come si prepari» e ancora «Ho pensato che potesse servirgli un carillon, ho letto su internet che concilia il sonno dei bambini!»); si era messo di mezzo anche Sam, che diceva che dovessero rendere il bunker a prova di bambino, inoltre dovevano organizzare una sorta di nursery, e Dean non aveva idea di come farlo; ma poco importava. Spesso aveva visto il suo partner – santo cielo, era ancora difficile definirlo così – parlare con il piccolo, dirgli che sarebbe stato felice, che avrebbe fatto di tutto per tenerlo al sicuro, e che non avrebbe mai permesso a nessuno di fargli del male; la felicità dell’angelo era qualcosa che aveva sorpreso piacevolmente Dean, e non sentiva in cuor suo di andare contro il suo volere; Castiel era un angelo fuori dal comune, e forse era stata proprio questa sua caratteristica ad averli avvicinati maggiormente, anche se lo metteva in forte imbarazzo, quando piombava all’improvviso alle sue spalle, e gli lasciava baci sulla guancia, o sul collo, o sulle labbra davanti a tutti. Era semplicemente Cas, e andava bene così, era adorabile.
Per le prime settimane, Dean aveva tenuto Nate sotto controllo, prima di rivelargli di suo figlio, ma alla fine, quel ragazzo non si era rivelato una minaccia, anzi, forse dopo quello che c’era stato tra lui e Cas, e le promesse che l’angelo gli aveva fatto, si era un po’ ammorbidito. Nathaniel, in fondo, era un valido aiuto, soprattutto adesso che lui era fermo per il benessere del piccolo; spesso il nephilim era uscito con Sam e Jack per far fuori qualche mostro, mentre lui era rimasto al bunker per prendersi cura del pulcino («Pulcino? Dean, è un bambino», «Un bambino in un uovo, Cas, andiamo è divertente!» «Non è divertente. È biologicamente sbagliato» «Tu sei un pennuto, quindi non è sbagliato»), e suo fratello gli aveva rivelato che fosse davvero un abile combattente, non solo grazie ai suoi poteri – mi sembra di vedere te da giovane, Dean, aveva detto il minore, scatenando una risata divertita nel fratello – ma anche perché, come avrebbe detto lui, spaccava i culi. Beh, Dean alla fine si era convinto, soprattutto in quel momento: era meglio avere un alleato e un aiuto, piuttosto che non averlo affatto; e poi nei confronti di Castiel, Nate aveva sempre dimostrato una grande ammirazione, e mai aveva dato l'impressione di voler nuocere a lui o a tutti gli altri. Forse, poteva iniziare a fidarsi anche lui, e inconsciamente lo aveva già fatto, visto che gli aveva rivelato dell’esistenza del suo pulcino senza sapere che lui lo sapesse già, del resto era proprio colui che sarebbe nato da quell'ovetto.
Nate, dal suo punto di vista, si era sentito sollevato, quando si era risvegliato il giorno dopo quella sorta di mancamento che aveva avuto, e con un messaggio di Jack, aveva anche scoperto il malore di esso: era stato concepito e il tempo sembrava essersi ribellato, in quel momento, alla presenza di due Nathaniel Winchester nello stesso tempo; l’unica cosa certa che sapeva era quella di non dover mai venire in contatto diretto con l’uovo, poiché non ne conosceva le conseguenze; ma ora osservava i suoi genitori e non credeva fosse vero che finalmente si fossero uniti e si comportassero come una coppia – era davvero imbarazzante per lui vederli scambiarsi baci e effusioni varie, ma non poteva che esserne felice – era davvero strano a volte come il tempo avesse il suo modo di concretizzarsi, lui credeva che mai lo avrebbero concepito, e invece… era accaduto, e tutto sembrava procedere nel verso giusto finalmente; tuttavia adesso doveva stare davvero attento, doveva essere cauto, stavolta non poteva rischiare di incasinare le cose, non poteva mandare tutto all’aria. Doveva stare attento alle sue azioni da quel momento in poi, o avrebbe rischiato di creare paradossi temporali, era spaventato all’idea che potesse accadere, e questo lo aveva trattenuto dal rivelare tutto ai suoi genitori, anche sotto suggerimento di suo zio Sam. Sapeva che sarebbe stato tutto più semplice se avesse detto a Castiel: ehi, stai per morire, ma io sono qui per salvarti, non temere, ma non poteva.
«Ciao Dean» Nate salutò Dean, quando giunse al bunker, il cacciatore sobbalzò, colto alla sprovvista, era solo, Jack e Sam erano fuori per risolvere un caso in Minnesota, e Castiel era da qualche parte a risolvere qualche problema angelico; mentre lui era rimasto solo con l’ovetto e un po’ aveva parlato con lui, e sebbene fosse una persona sempre all’allerta, non si sarebbe mai abituato alle entrate delle persone con il potere di teletrasportarsi, eppure dopo tanti anni con Cas e adesso con Jack, e anche Nate, avrebbe dovuto essere abituato a coloro che si spostavano in quel modo.
«Maledizione, Nate» imprecò a denti stretti, portandosi una mano all’altezza del cuore «Non puoi apparire così all’improvviso, perché non hai avvisato?» chiese. Nate gli sorrise,  e scosse la testa leggermente divertito.
«Scusa Dean» si scusò, guardando l’uomo davanti a sé «Ho incontrato Cas e mi ha chiesto di portarti questo» disse porgendogli una busta di carta all’apparenza piena «E ha detto che tornerà presto».
«Già, mi auguro che lo faccia» borbottò prendendo la busta, e controllandone il contenuto «Non ci credo! Un altro peluche? Ma ha svaligiato una fabbrica e ora me li manda uno alla volta?» sbottò facendo ridere il ragazzo che lo guardava con aria confusa, e allo stesso tempo divertita; poi scosse la testa e appoggiò la busta su una sedia «Impazzirò prima o poi» sospirò, fingendosi affranto, nascondendo un enorme sorriso «Ho bisogno di una birra, ne vuoi una?»
«Mi piacerebbe» rispose il ragazzo, sorridendo. Wow, era la prima volta che Dean lo invitava a bere una birra, quello sembrava decisamente un enorme passo avanti nella loro amicizia.
«Okay, vado a prenderle» gli disse il cacciatore «Accomodati pure». Nate lo guardò felice, dopo diversi mesi che era entrato nella loro vita, finalmente suo padre mostrava un po’ di fiducia, un po’ di solidarietà con lui, e non lo trattava come se volesse ucciderlo da un momento all’altro, era una cosa positiva, no? Aveva finalmente la sua famiglia al completo, e tutto tra di loro sembrava perfetto. Come suo padre gli aveva insegnato, non doveva crogiolarsi troppo nella felicità, ma… stava per bere una birra proprio con suo padre – come avrebbe voluto fare il giorno che era morto – il quale, pur essendo di un altro tempo, lo aveva riconosciuto come alleato, e finalmente gli aveva concesso un minimo di fiducia, inoltre aveva conosciuto Castiel, ed era quasi meglio di come lo avevano descritto tutti, e infine c’erano suo zio Sam e Jack, gli unici due a conoscere tutta la verità su di lui, i quali avevano promesso di aiutarlo in qualunque situazione. Non poteva che sentirsi più fiero e soddisfatto di sé, lo sarebbe stato solo quando avrebbe salvato Castiel.
Dean arrivò con due birre e si sedette di fronte a lui, sorridendo; era davvero strano vederlo sorridere in quel modo, nel suo tempo, suo padre era un uomo serio, distrutto dal dolore, che aveva cercato di fare di tutto per non farlo pesare al figlio, era un uomo che aveva perso ogni cosa, e viveva di rimpianti e nonostante ciò, era riuscito a crescere Nate nella più completa serenità. Era un uomo da ammirare, un modello da seguire, ma doveva ammettere che anche quella versione serena, felice e perennemente allegra di suo padre, non gli dispiaceva. In fondo, era quello lo scopo della sua missione, far essere felice suo padre, e per far ciò, aveva bisogno di salvare Castiel.
«Eccoci qua» disse porgendogli la sua birra «Ti devo delle scuse, Nate» esordì il cacciatore, dopo un lungo momento di silenzio. Nate lo guardò stranito, inclinando la testa con l’espressione confusa, era così simile a quella di Cas…
«In che senso?» il nephilm era scioccato non tanto per le sue parole, ma per il fatto che suo padre, colui che non ammetteva mai un errore, si stava scusando con lui, e stava ammettendo di aver commesso un errore. Wow.
«Ti ho giudicato male, sei un valido aiuto per tutti noi» disse con sincerità, scuotendo la testa «Mi dispiace».
«Grazie» sorrise Nate, accettando finalmente la birra – e le sue scuse – e stappandola, poi fecero scontrare le bottiglie e poi ne bevvero un sorso «Ti posso raccontare una cosa?» gli chiese Nate, lo sguardo carico d’aspettativa. Moriva dalla voglia di parlare con Dean, com’era solito fare con lui nel suo tempo; loro, una birra a testa e dei racconti sulla caccia.
«Spara».
«Una volta ho seguito un caso da solo, andando contro il parere di mio padre» raccontò, sorridendo «Ma gli ho spaccato il culo lo stesso», Dean inclinò la testa leggermente, sorridendo e lo incitò a continuare, così Nate gli raccontò di come avesse scoperto il caso, di come si fosse recato da solo sul posto, contrario al parere del padre, di come avesse rintracciato il mostro, e di come lo avesse colto di sorpresa e infine lo avesse fatto fuori.
«Se fossi tuo padre, sarei fiero di te» disse Dean, abbozzando un sorriso, e bevendo la sua birra. E Nate sorrise felice, bevendo anche lui, valeva decisamente la pena essere lì. Ed esattamente come succedeva spesso, le birre divennero due, e poi tre e anche Dean iniziò a raccontargli alcuni aneddoti delle cacce che seguiva con suo fratello, di alcuni casi assurdi che avevano risolto, e solo un paio di volte accennò a qualcosa riguardante Cas e ciò che avevano vissuto insieme; e non sapeva da cosa dipendesse questa improvvisa fiducia di Dean nei suoi confronti, ma forse poteva ringraziare lo zio Sam per aver parlato positivamente con Dean di lui, e di averlo convinto in qualche modo a dargli una possibilità. Sperava solo che continuasse ad avere questa fiducia in lui, quando le cose si sarebbero complicate, e sapeva benissimo che l’avrebbero fatto, soprattutto con l’avvicinarsi della sua nascita. Sapeva che prima o poi, non sapeva esattamente quando, i suoi genitori avrebbero litigato, e si sarebbero allontanati per un periodo di tempo, e da quel momento in poi, avrebbe dovuto fare ogni cosa in suo potere per salvarli dal loro destino. E non sarebbe stato facile.
 
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Hola people!
Buon sabato a tutti!
Eccoci di nuovo qui con un capitolo nuovo nuovo! Ho lavorato su questo capitolo tutto il giorno, tra accorgimenti, aggiunte e correzioni, spero di non aver tralasciato nulla! Vi confesso una cosa, questa storia doveva essere inizialmente una One Shot, ma come al solito le cose mi sono sfuggite di mano, e l'avevo divisa in 4 parti; tuttavia nella stesura e correzione di tutto ciò, l'ho dovuta dividere in 6. Se continuo di questo passo da one-shot che diventa mini-long, arrivo a una mini-long che arriva ad essere una long LOL. Anyway, devo scappare a scrivere un testo per il corso d'inglese, che durante la settimana non ho mai tempo a causa del lavoro çç la triste vita di una scrittrice amatoriale, che lavora e studia.
Anyway, che accade qui? Come molti avevano sospettato, baby Nate è stato concepito! E ovviamente il nostro TFW si ingegna per capire cos'è. 
E finalmente, Dean accetta finalmente Nate nel team. 
Cos'altro dire? Spero che vi sia piaciuto e non vi siano errori! 
Io vi ringrazio con tutto il cuore per il supporto, per le recensioni che fanno sempre piacere e per chi segue la storia, anche solo spendendo un click per leggerla. Grazie davvero! 
Ci si becca la prossima settimana, sempre su questi canali! Stay tuned! 
Bye, people! 
   
 
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