Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    15/04/2018    1 recensioni
Di nuovo guai in vista per i Guardiani. Questa volta, tuttavia, non sono unicamente i bambini a fare da bersaglio.
Manny ha un’idea, ma non tutti ne sono entusiasti, in particolare l’Uomo Nero, reduce dalla recente e ancora molto sentita disfatta.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nightmares, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Ventinove


«Ahi, ahi! Fermati, mi fai male, donna» si lagna Mot, strattonato qua e là da Nyx e seguito a ruota dal fratello che però è troppo occupato a sghignazzare per trovare anche il tempo di accorrere in suo aiuto.


«Tu chiamami donna in quel modo ancora una volta e ti prometto che do fuoco a te e ai tuoi capelli» replica Nyx, con pochissima pazienza ma una massiccia dose di irritazione.


Epiales è in coda alla ristretta comitiva e di tanto in tanto non può fare a meno di scuotere il capo, desolato di trovarsi in mezzo a gente che non sembra in grado di convivere civilmente nemmeno mezzo minuto senza saltarsi alla gola. Si chiede se ci sia realmente qualche concreta possibilità di ritrovare il loro padrone e, se così fosse, in che condizioni. Soffia una grigia e triste nuvoletta e trotterella incontro alle tre divinità svitate, sperando che almeno una delle tre abbia idea di dove stiano andando.


«Non puoi avere accesso al mio mondo, a meno che tu non sia accompagnata o invitata» tiene a precisare Mot.


«Oppure che tu abbia almeno una parte di sangue in comune» aggiunge Ba’al per dovere di cronaca, guadagnandosi un’occhiata furente dal fratello ma rispondendo con un’alzata di spalle poco partecipativa.


«Ottimo. Quindi posso staccarti la testa e usarla come lasciapassare» esclama allegramente Nyx, gustandosi la sfumatura verdognola assunta da Mot.


«Preferirei aprire i cancelli con le mie mani, se per te è lo stesso» gracchia in risposta.


«A me basta raggiungere quello stupido specchio» replica acida. «Di quello che vorrai fare della tua vita gretta e miserevole in seguito sono unicamente affari tuoi. L’importante è che eviti di starmi fra i piedi» conclude cupamente.


«Senz’altro» assicura, annuendo più che convinto. D’un tratto si blocca, sibilando a causa delle dita di Nyx ancora saldamente aggrappate ai suoi capelli con caparbia ostinazione, afferra il fratello per un polso e osserva brevemente l’incubo piantare di nuovo i denti nel braccio libero di Ba’al. Scuote appena la testa, crea attorno a loro una bolla scura e trasferisce tutti all’interno del suo dominio. «Benvenuti» borbotta seccato, strattonando il capo per liberarsi finalmente dalla stretta di Nyx. «Fate pure come foste a casa vostra» strascica svogliatamente, facendo un passo indietro e ruotando prudentemente il collo per sgranchirsi un po’.


Lì, a poca distanza dalla coda di Epiales, si mostra finalmente il portale, nella sua consueta forma di antico specchio.


*


Una stilettata infuocata, che sembra conficcarglisi in un fianco, lo ridesta bruscamente facendolo annaspare. Si scansa rapido e si guarda attorno, scoprendo in questo modo che la sensazione di doloroso bruciore non era semplice impressione, ma evidente realtà (se di realtà si può parlare, considerato che quel luogo non dovrebbe neppure esistere).


Una piccola creatura tutta aculei e fiamme si appressa con imprevista rapidità e Pitch si riscuote da torpore e sconcerto, indietreggiando e affibbiando un calcio deciso al tipetto poco rassicurante, spedendolo a ruzzolare fra gli arbusti pietrificati poco lontani. Celere si rimette in piedi, si attarda in una breve ispezione del luogo affatto ameno e decide presto di arrampicarsi su di un’altura a breve distanza nella speranza di farsi un’idea più precisa sulle condizioni di quel nuovo ambiente.


È arrivato in cima da qualche minuto, ormai, ed è intento a osservare ciò che gli mostrano gli occhi spaziando sul paesaggio che si estende ai suoi piedi: pietra e rocce, per lo più. Non tutte grigie, a voler essere sinceri, molte sono invece quarzi colorati o qualcosa di simile, ma nessuna vera presenza di acqua, né ovviamente di piante. Quelle che lo sembravano sono al contrario elaborate sculture di roccia. A destra, sul suo orizzonte, può intravvedere del fumo uscire dalla cima di un’altra altura: vulcani, quindi.


«Grandioso: pietre, lava, animaletti pungenti, ancora rocce… Un posticino adatto a un bel pic-nic» bercia disgustato ma anche piuttosto impensierito.


Il cielo sopra la sua testa ora è quasi bianco, nessuna nuvola in vista, ma in alto, quasi allo zenit, due sfere luminose emanano un bagliore lattiginoso e un discreto tepore. Le sue labbra si storcono in una smorfia amareggiata. Il posto non è certo dei più ospitali e la voglia di esplorare caverne per sottrarsi alla luce eccessiva non è poi molta; quante probabilità ci sono che incappi in qualche altra simpatica creatura, felice dell’opportunità di staccargli una gamba (o entrambe) a morsi? E chissà se qualcuna di loro è in grado di provare un qualsiasi genere di sentimento, oltre al basilare impulso di mera sopravvivenza. Invero si augura che così sia, o finirà con il languire in quel postaccio disgraziato, privo di una qualunque fonte di sostentamento. Sospira, pensando che dopo tutto la Terra era mille volte più accogliente e che, tutto sommato, avrebbe davvero desiderio di farvi ritorno; buffo, considerato che sarebbe stato più che pronto a levare le tende solo qualche settimana prima, avendone l’opportunità.


Un fruscio fuori posto lo distrae dai suoi malinconici pensieri: volta le spalle, incerto, e scarta bruscamente di lato per evitare di essere investito da un’altra di quelle assurde creature. “Questa qui vola” pondera sconcertato. Brutta, bruttissima notizia: dovrà necessariamente tenere gli occhi ben aperti per il futuro.


«Questa me la paghi» ringhia, annotandosi l’ennesima disgrazia per il giorno in cui Mot ricapiterà sulla sua strada.


*


Al momento Mot è ben deciso a mantenere una buona distanza dalla dea della notte che da qualche minuto è intenta a maledire lo specchio che le si trova di fronte, reo di non concedere nemmeno un briciolo di collaborazione alle tre divinità lì radunate.


«Perché non mi mostra altro che noi e il tuo orribile mondo?» sbotta Nyx, frustrata.


Mot si morde la lingua per evitarsi di risponderle per le rime. È incredibilmente stanco di ascoltare le parole denigratorie di chiunque capiti nella sua dimensione e si senta in dovere di criticare il posto a cui appartiene. Quella è casa sua e nessuno è stato invitato per il suo piacere; per quale ragione, dunque, devono costantemente offendere la sua creazione?


«Non ne ho idea» ribatte succinto.


Nyx gli lancia un’occhiata inceneritrice, digrigna i denti e torna a voltarsi verso lo specchio che, imperterrito, seguita a riportarle il suo riflesso. Le ha provate tutte per convincerlo a mostrarle quell’altra dimensione, ma ogni suo sforzo è stato vano e del mondo in cui è racchiuso Pitch non ha potuto scorgere neppure un misero frammento. Sospira, esausta, e si siede a terra continuando a osservare il portale e a ponderare sulla maniera per aggirarlo. Deve riuscirci in qualche modo, non può lasciarlo lì dentro. Non è neppure in grado di avere la certezza che lui esista ancora, ma se ci fosse anche solo una possibilità che sia così, allora dovrà trovare la chiave per farlo uscire. Già, ma come?


«Credo che tuo padre potrebbe essere in grado di farlo funzionare» suggerisce a un certo punto Mot, notando che la donna sembra essere a corto di idee e speranze.


Nyx sbuffa senza però metterci troppo astio. «Non è qui per ragguagliarci, al momento» borbotta indispettita.


«Potresti provare a richiamarlo, allora. Lo ha creato lui, dopo tutto, e saprà di certo come riaprirlo» insiste Mot.


Nyx volta il capo, lo fissa seccata e si imbroncia leggermente. «Non mi darebbe retta. Non l’ha mai fatto» sibila cupamente.


Mot sospira e si agita un po’ nervoso. «Evidentemente non prestava ascolto. Ma questa è una situazione un po’ più problematica. Forse se insistessi riusciresti a infastidirlo a sufficienza da attirare finalmente la sua attenzione».


Il ghigno sarcastico che compare sulle labbra della donna non promette bene. «Vuoi dire che dovrei trasformarmi in un petulante e capriccioso moccioso bisognoso di attenzioni?».


Il custode dell’oltretomba si lascia sfuggire un sorrisetto impertinente. «Se servisse allo scopo, non vedo perché no. In fondo, come usano dire i mortali: a mali estremi, estremi rimedi».


Nyx sbuffa ma, questa volta, è più divertimento che contrarietà. «Molto bene» decide. Con tutta calma si rimette in piedi, chiude per un lungo momento le palpebre, raccoglie un profondo respiro e… inizia a strillare e pestare i piedi a terra, costringendo Mot e Ba’al a tapparsi le orecchie per scongiurare la sordità perenne. Perfino la lucida superficie del portale si increspa come l’acqua di uno stagno in un giorno ventoso, quasi in protesta di tanto fracasso.


Ba’al adocchia Mot con disagio, Mot si lascia sfuggire un lieve sorrisetto e un’alzata di spalle. Entrambi rimangono fermi in attesa di scoprire chi si stuferà prima: Nyx senza più fiato nei polmoni, oppure Phanês con i timpani danneggiati.


Il responso finale giunge nel momento in cui l’oscurità attorno a loro va letteralmente in pezzi, spazzata via da una luce violenta che porta con sé un vago tepore e una nuova creatura. Mot è stato costretto a serrare gli occhi delicati e schermarli dietro le mani, ma ha visto a sufficienza da sapere che questa scommessa è stata appena vinta da Nyx.


«Per tutti gli dèi, si può sapere che cosa ti è preso, figlia degenere?» sbotta il nuovo venuto con sguardo allucinato.


  
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