Serie TV > Prison Break
Segui la storia  |       
Autore: Ily18    03/07/2009    1 recensioni
[Spoiler 4^serie!!!]La storia inizia nella 3^serie, Michael è rinchiuso a Sona e Lincoln gli da la notizia che Sara è morta.
Michael reagirà male alla notizia e prenderà una decisione drastica.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lincoln Burrows, Michael Scofield | Coppie: Michael/Sara
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A/N: E finalmente mi sono ricordata di pubblicare il capitolo finale. Buona lettura :)



“Abbi fede.” Si ripeté.

I pochi secondi che impiegò a girarsi, gli sembrarono secoli.
Era come se, uno spettatore curioso avesse appena schiacciato il pulsante del rallentatore.
Lentamente, vide apparire, oltre la sua spalla destra, una porta secondaria che prima non aveva notato. Girandosi un po’ di più, notò anche che, oltre lui, in quella stanza non c’era nessuno.
Tornò a fissare la sua finta carta d’identità, con la consapevolezza che lei, Sara, non era lì con lui. Aveva immaginato tutto.

“Riprova, Scofield.” Disse nuovamente quella voce alla sua sinistra.

Nel sentirla di nuovo, girò di scatto la testa nel punto da cui proveniva la voce e la vide.
I corti capelli scuri, leggermente più lunghi rispetto all’ultima volta che l’aveva vista, erano raccolti distrattamente in una coda che le lasciava cadere qualche ciuffo sul viso. La facevano sembrare così timida, quasi impaurita di trovarselo davanti. Se solo avesse potuto vedere quanto il suo stomaco si era ristretto al solo sentire la sua voce, quanta aria aveva trattenuto nei polmoni quando si era girato e l’aveva vista di fronte a sé, bellissima.
I suoi occhi scuri lo fissavano, bramosi di catturare ogni minima mossa che avrebbe fatto. Ma Michael non si sarebbe mosso tanto in fretta, non finché la paura che tutto questo fosse un sogno svanisse. E, se per caso, questo era davvero un sogno, allora sarebbe rimasto lì, fermo e immobile, per sempre.
Le sue labbra, bagnate qualche secondo prima dal movimento nervoso della sua lingua, gli sorridevano timidamente, quasi implorandolo di dire o fare qualcosa, qualunque cosa. Dio, quelle labbra. Prima che Lincoln gli desse la brutta notizia, ogni notte passata a Sona era meno dura grazie al ricordo delle volte che aveva avuto l’occasione di baciarle.
Le lunghe dita affusolate, giocavano nervose con le lunghe maniche della camicetta in lino che indossava. Michael adorava quando Sara era nervosa per colpa sua, perdeva la testa nel sapere che le faceva questo effetto, anche perché a lui succedeva la stessa cosa quando lei era nei paraggi.

Sara fece qualche passo verso di lui, notando che le sue guance erano rigate dalle lacrime che gli continuavano a scendere, e lo strinse forte a sé, lasciando che le sue lacrime cadessero a loro volta.
Michael la sentì tremare, mentre rispondeva al suo abbraccio e chiudeva le sue braccia intorno al suo corpo. Cercò di stringerla a sé più che poteva, come impaurito che potesse svanire come una nuvola di fumo.

“Ti prego, dimmi che non sei un sogno.” Le sussurrò.

“No, Michael.” Gli disse, cercando di avvicinarsi ancora di più a lui, anche se era fisicamente impossibile. “E’ tutto vero.” Lo rassicurò.

Sara fu sorpresa nel sentire Michael allontanarsi da lei così in fretta.
Aveva pensato che sarebbero rimasti avvinghiati al centro di quella stanza per ore, invece lui ora la fissava a solo qualche centimetro dal suo viso, con una strana luce negli occhi che Sara conosceva bene. Aveva già visto quello sguardo durante i loro appuntamenti nell’infermeria di Fox River, Michael aveva qualcosa in mente e lei non aveva idea di cosa fosse.
Michael sapeva che, sogno o realtà che fosse, c’era solo una cosa che voleva fare più di ogni altra cosa.
Fece scendere delicatamente le sue mani dalle spalle di Sara fino alla vita, per poi attirarla dolcemente a sé e catturare le sue labbra, le stesse labbra che sembravano implorarlo di baciarle fin dal primo secondo che l’aveva vista, in un tenero bacio.
Mentre assaporava attentamente, per la quarta volta, il dolce sapore delle labbra di Sara, Michael ne fu consapevole, quello non era un sogno, era tutto vero. L’averla nuovamente di fronte, gli fece dimenticare che era lì per costituirsi.
Il sentire nuovamente il suo respiro sul collo, gli fece dimenticare che doveva vendicarsi della Compagnia.
Le sue mani sul suo petto, gli fecero dimenticare gli ultimi giorni a Sona.
Le sue labbra, con quel sapore di fragola… Non aveva idea come mai, ma ogni volta che si erano baciati, aveva sempre riconosciuto quel sapore. Nell’infermeria, nel treno, nella casetta a Panama e ora qui, nello studio di Bruce.
Ora Michael adorava le fragole, non ne poteva più fare a meno.

“Mi sei mancato anche tu!” Disse Sara divertita, rompendo il bacio per il bisogno urgente di prendere aria.

Michael le sorrise, mettendole dolcemente una delle ciocche ribelli dietro un orecchio.
Sara arrossì timidamente e, istintivamente, rifugiò il viso imbarazzato nel petto di Michael.

“Sei bellissima.” Le sussurrò, stringendola forte a sé. Avrebbe voluto vivere questo momento al rallentatore, per poterne assaporare ogni millesimo di secondo. Sentire nuovamente il suo viso aderire così perfettamente al suo corpo, lo riportò, per un secondo, alla tristezza di qualche istante prima, quando pensava che non avrebbe mai potuto rivivere momenti come questo.

“Così, sarei il signor Crane ora?” Le chiese divertito.

Sara alzò leggermente il viso, di modo che potesse incrociare il suo sguardo con quello protettivo di Michael. “Già. Te l’ho già detto che suona meglio di origami?” Scherzò lei.

“L’ho sentito dire in giro.” Le rispose prontamente, facendola sorridere. “E che piani hai per me?” Chiese curioso.

“Beh, puoi scegliere tra l’essere un affascinante consulente edile, o un irresistibile esperto di immersioni che gestisce il suo negozio insieme al fratello.” Disse, presentandogli le opzioni come una brava venditrice porta a porta.

“Diciamo che per ora sono più propenso a scegliere l’opzione numero 1.” Rispose, ricordando che i suoi rapporti con Lincoln, al momento, non erano dei migliori. “E per te cos’hai preparato?”

“Beh, tecnicamente io non avrei bisogno di nascondermi, visto che le accuse contro di me son tutte crollate.” Gli fece notare con un sorriso. “Ma ho pensato di creare una finta identità anche per me, sai, per non farti sentire troppo solo.” Aggiunse, cercando di suonare il più indifferente possibile.

“Ah si?” Le chiese, stando al suo gioco. “E per caso, questa tua finta identità ha a che fare con una certa signora Crane?” Le chiese malizioso.

“Dipende…” Rispose, facendo la vaga.

“Da cosa?”

“Da cosa ne pensa il signor Crane…”

“Penso sia pienamente d’accordo.” Disse sorridendo, prima di attirarla a sé e baciarla nuovamente.

Sara si sporse leggermente e rispose molto volentieri a quel bacio. “D’accordo, lo prenderò come un sì.” Disse, annuendo e sorridendo, una volta allontanatasi leggermente da lui.

“E che piani hai per la signora Crane?” Le chiese.

“Stavo riflettendo e… Potrebbe essere una ballerina di lap dance…” Disse scherzando, notando per la prima volta da quando lo conosceva, una punta di gelosia nel sorriso di circostanza che le stava facendo. “Ma poi ho pensato che essere una pediatra fosse più adatto.” Continuò divertita, toccandogli teneramente la punta del naso con l’indice.

“Già, lo penso anch’io!” Disse sollevato, con un sorriso. “E dove staremo?” Le chiese serio, accarezzandole dolcemente la schiena.

“Finché le accuse nei tuoi confronti non saranno cadute, il più lontano possibile da Chicago.” Rispose, buttandogli le braccia al collo. “Avevo pensato al Messico…” Sorrise, alzando le sopracciglia e annuendo leggermente.

“Mhm…” Michael assunse un’aria pensierosa. “Sabbia bianca, mare cristallino, palme su cui legare un’amaca… Penso non mi ci vorrà molto per farci l’abitudine.” Sorrise. “Come mai proprio il Messico?”

“Beh, per le ragioni che hai appena detto…” Rispose vagamente, abbassando lo sguardo di modo che non fosse costretta a guardarlo negli occhi.

“E…?” Disse, capendo che Sara aveva volutamente lasciato la frase in sospeso.

“Beh, lì sarai al sicuro dalla giustizia Americana e potrai finalmente realizzare il tuo sogno di aprire il negozio di immersioni con tuo fratello…” Disse, notando quanto l’argomento rendesse nervoso Michael.

“Sara…” Disse, buttando fuori un po’ d’aria che si era tenuto dentro quando lei aveva nominato suo fratello. “Lincoln ed Io… Diciamo che in questo momento, le cose tra noi non vanno benissimo.” Le confessò.

“Lo so, Michael.” Gli disse, notando un’espressione sorpresa nel suo viso, al solo sentire quelle parole uscire dalla sua bocca.

“Lo sai?” Chiese stupito.

“Sì.” Gli rispose, accarezzandogli dolcemente la guancia destra. “Circa una settimana fa, la Compagnia mi stava trasportando, legata e bendata, in un altro dei loro nascondigli lì a Panama. Qualcuno deve aver teso un’imboscata, perché il van che mi trasportava fece una brusca frenata e uscì fuori strada. Io e gli uomini armati che stavano dietro con me, cademmo a terra svenuti.” Sara notò come Michael fosse attento a non perdersi nemmeno il più piccolo dettaglio del suo racconto. “Qualche ora più tardi mi ritrovai sdraiata su un divano e qualche straccio umido sulla fronte. Una gentile, anziana signora mi diede da bere e da mangiare. Lei parlava solo Spagnolo. Fu suo figlio che mi spiegò che faceva parte di un gruppo di soldati mercenari ingaggiati da Bruce per ritrovarmi e riportarmi a casa sana e salva. Così, non appena sono arrivata qui, ho chiamato un vecchio numero di cellulare che ho letto su un foglietto trovato per caso nella tasca dei miei jeans. Non avevo idea di chi mi avrebbe risposto, fatto sta che ho tentato. Non avevo niente da perdere.” Gli spiegò.

“E quel numero era di Lincoln?” Le chiese, quasi implorandola di continuare il suo racconto. Non aveva mai avuto l’occasione di immaginarla impegnata in una ricerca del genere.
Prima che Lincoln gli desse la brutta notizia, l’aveva sempre pensata imbavagliata e legata ad una sedia, che cercava di sopravvivere. Michael sapeva che Sara era una donna forte, ne era consapevole, solo desiderava che lei non lo avesse mai dovuto dimostrare in queste circostanze.

“Sì, fu Lincoln a rispondermi.” Continuò, Sara. “Non avevamo molto tempo per parlare. Mi raccontò del piano di evasione che avresti attuato nel giro di pochi giorni e delle tue intenzioni di tornare a Chicago.” Disse con un sorriso. “E di come avessi deciso di costituirti.” Aggiunse triste.

“Beh, sì.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire. Il solo sentirle ripetere il piano che aveva pensato qualche giorno fa, -quando non aveva più nessuna ragione che lo spingesse a continuare a combattere- gli fece capire quanto le cose fossero cambiate nel giro di qualche secondo.
Quel piano che prima gli sembrava così perfetto, ora sembrava inutile e senza senso. Ora che lei era lì, di fronte a lui, non aveva più senso consegnarsi alla polizia. Non poteva rinunciare a starle vicino, non ora che l’aveva ritrovata. Ma d’altro canto, Sara non meritava di vivere con lui come una fuggiasca, non dopotutto quello che aveva subito per colpa sua.

“Pensi ancora di costituirti?” Gli chiese, sperando di sentirgli dire ‘no’.

“Sara…” Disse, prendendole il viso tra le mani. “Prima di venire a Chicago, ero così sicuro di farlo…” Abbassò lo sguardo e respirò a fondo. “Qualche giorno prima dell’evasione, Lincoln mi diede una brutta notizia, che mi fece perdere tutta la fede e la speranza che avevo accumulato in tutti questi anni…”

“La notizia della mia morte… Ti aveva depresso così tanto?” Chiese sorpresa, abbassando lo sguardo sulle sue scarpe, per non fargli notare le lacrime che avevano iniziato a rigarle le guance.

“Tu… Tu lo sai…?” Le chiese sconvolto. Le gambe gli cedettero leggermente e sentì il bisogno di sedersi sul divano in velluto rosso alla sua sinistra.

“Lincoln…” Disse in un sussurro, dopo essersi seduta di fianco a lui.

“Perché… Perché te l’ha detto?” Chiese, cercando di nasconderle, inutilmente, tutta la rabbia che provava ora per il fratello.

“Non prendertela con lui, Michael.” Lo pregò, poggiandogli una mano sulla coscia per calmarlo. Non aveva mai visto negli occhi di Michael, tanto odio per una persona, come Lincoln, che lui adorava. “Quando gli chiesi cosa ti spingeva a costituirti, lui cercò di fare il vago.” Spiegò. “Mi ritrovai a minacciarlo di tornare a Panama e scoprirlo da sola. Per cui non ha avuto molta scelta. Ha preferito dirmi che mi credevi morta, piuttosto che farmi andare fin lì e far sì che quella non fosse solo una messinscena della Compagnia.” Proseguì, stringendo le sue mani tra le sue. “Non puoi incolparlo per una cosa del genere, l’ha fatto per te!”

“Ma perché non mi ha detto la verità? Perché mi ha nascosto che eri sana e salva a Chicago?” Disse, facendole solo due delle mille domande che le passavano per la mente in quel momento.

“E’ stata una mia idea, Michael.” Confessò, sentendo un immenso senso di colpa che cresceva sempre più, ogni volta che lui la guardava. Riusciva a percepire il dolore che Michael provava in questo momento. Glielo leggeva negli occhi. Si odiava per avergli causato tanta sofferenza.
Dopotutto, lei aveva agito in quel modo perché pensava fosse la cosa  migliore per lui, per loro. “Sapevo che, una volta evaso, saresti venuto qui a Chicago. Credimi, se avessi saputo che il tuo piano era rincorrere la Compagnia e farli tutti fuori, avrei implorato Lincoln di farti sapere come stavano veramente le cose, di convincerti a venire qui da me.” Cercò di spiegargli il più razionalmente possibile, ma chissà come mai, ora quelle parole non sembravano avere più così tanto senso nemmeno per lei.

“Ho trattato Lincoln malissimo…” Disse, guardando il vuoto di fronte a sé.

“Lo so, Michael. Mi dispiace tantissimo… Lincoln capiva come ti sentivi in quel momento, sapeva che non eri in te.” Gli disse, rassicurandolo. “Credimi, mi dispiace tanto di aver agito in quel modo, ma pensavo fosse la cosa migliore da fare per te…” Gli spiegò, tenendosi il viso tra le mani. “Per noi…” Aggiunse, piangendo.

“Lo so…” Disse, stringendola a sé. “Probabilmente, fossi stato in te, avrei fatto lo stesso.” Le sorrise dolcemente, baciandole delicatamente la fronte e accarezzandole, rassicurante, la schiena.

“Non sei arrabbiato?” Gli chiese confusa.

“Come potrei sopportare il sole del Messico con te che mi guardi con quegli occhioni tristi?” Le disse con un dolcissimo sorriso. “In più, hai organizzato tutto questo da sola.” Disse, indicando il raccoglitore. “Non vorrei mai che il tuo lavoro andasse sprecato.” Aggiunse, baciandola sulle labbra ancora salate dalle lacrime che le continuavano a scendere.
Sara lo strinse forte a sé, contenta di saperlo felice.

“Lincoln e LJ saranno già arrivati nella baita in riva al mare che gli ho indicato qualche giorno fa.” Disse, asciugandosi le ultime lacrime che le cadevano dagli occhi.

“Cosa?” Chiese incuriosito da quelle parole.

Sara sorrise nel vedere quell’espressione sul viso di Michael.
Non era facile sorprendere Michael Scofield, di solito era sempre lui quello che si occupava dei piani e della loro riuscita. “Non appena sono arrivata qui a Chicago, Bruce mi ha fatto avere parte dell’eredità che mio padre mi ha lasciato.” Spiegò, con un tono di tristezza nel ricordare il defunto padre. “Ne ho usato una piccola parte per comprare una baita su una delle spiagge più anonime del Messico. In altre circostanze, probabilmente avrei interamente devoluto la somma in beneficenza, ma finché le acque non si saranno calmate, quei soldi e il vostro negozio di immersioni, saranno la nostra unica risorsa.” Concluse, con un sorriso nervoso sulle labbra.

“Quelli e il tuo stipendio da pediatra.” Le ricordò, Michael.

“Già…” Annuì imbarazzata.

“Wow, Sara. Hai pensato veramente a tutto!” Le disse, fiero di lei. Era impressionato da come avesse pensato ad ogni minimo dettaglio. Spiagge anonime, baite che passavano inosservate, finte identità, soldi che gli avrebbero aiutati a superare i momenti difficili.

“Beh Scofield, dovrai abituarti al fatto di non essere più l’unico genio in famiglia!” Disse prendendolo dolcemente in giro, mentre un sorriso malizioso spuntava sulle labbra.

“Penso di potermi abituare anche a quello.” Rispose divertito, sigillandole le labbra con un bacio.

In quel momento, Michael non ricordava nemmeno come avesse potuto anche solo pensare che essere ottimisti e avere fede non pagava.
Ora che lei era lì, con lui, la sua nuova, magnifica vita era appena cominciata.



A/N: E così finisce. :)
Come avrete tutti notato, è mooolto diversa da quello che succede nella 4^ serie che abbiamo visto (o state vedendo, nel caso seguiate su italia 1).


Grazie a tutti quelli che hanno seguito la storia dall'inizio alla fine!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Prison Break / Vai alla pagina dell'autore: Ily18