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Autore: CaptainPenelope    14/05/2018    1 recensioni
In ogni lodolite si può osservare un paesaggio diverso e in ogni paesaggio, vite diverse.
Cosa troveranno una donna che fugge dal proprio passato, una ragazzina intrappolata in un eterno presente, due camerieri che cercano il loro futuro in questa Lodolite?
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Bene signorina, ora apra grande grande la bocca..."
Cassiopea spalancò la bocca come richiestole dal medico, che poggiò una stecchetta di legno sulla lingua della ragazza per poi guardarle la gola con attenzione. Scrisse un paio di frasi sulla sua cartelletta e passò a preparare un ago per le analisi del sangue. Cassiopea guardò il dottore, preoccupata, masticando la stecchetta come se ci fosse un gelato attaccato, per voi volgere lo sguardo alla dottoressa Nancy e a Marco. Quest'ultimo quel giorno era vestito in borghese per evitare di insospettire la smemorella; un poliziotto misteriosamente interessato alla salute di una ragazzina risultava abbastanza sospetto. Il piano dell'agente Ferrigni aveva funzionato, infatti l'unica cosa che preoccupava la ragazza era la relazione tra lui e la dottoressa. Il dottore afferrò la stecchetta dalle fauci della ragazza, e, brontolando, la buttò in un cestino, per poi tornare alle sue pratiche.
"Mi scusi, può ricordarmi che ci fa lei qui?"
Chiese Cassiopea, inarcando un sopracciglio e cercando di leggere l'espressione dei due seduti a farle compagnia.
"Sono un alunno della Dottoressa, nulla di più."
Sorrise Marco, e Cass piegò la testa di lato, sia per cercare di capire se stesse mentendo che per non vedere l'ago che aveva preso il dottore perforarle la pelle e toglierle il sangue. Nancy rise, dando un'energetica pacca sulla spalla all'agente.
"Posso garantirti che non c'è assolutamente niente tra noi due, siamo solo colleghi."
Nonostante Cassiopea non fosse ancora completamente soddisfatta dalla risposta, annuì pensosa e portò la propria attenzione al medico che le stava mettendo un cerotto sul braccio.
"Scusate, ma come mai questi controlli?"
"Oh nulla di che, sai com'è, vogliamo assicurarci che vada tutto bene."
Nancy sorrise e il dottore le fece cenno di aver finito. Nancy lanciò un'occhiata a Marco, che subito si alzò da dov'era seduto e si avvicinò a Cassiopea, che era intenta a picchiettare un dito sulla tempia, come se stesse cercando una lastra che le tenesse insieme la testa.
"Senti un po' signorina, scommetto che stai morendo di fame. Che ne dici di andare a fare colazione?"
Solo al sentire nominare la colazione Cassiopea iniziò a sentire la bava alla bocca. Annuì vigorosamente, saltando giù e prendendo Marco per un braccetto, mentre Nancy, cercando di attirare l'attenzione il meno possibile, si avvicinava al dottore che le mostrava quello che aveva scritto sulla propria carpetta. Il poliziotto in borghese e la giovane uscirono fuori dalla saletta, attraversarono il lungo corridoio e arrivarono all'uscita dove Gretchen li attendeva appoggiata ad un muro, una sigaretta poggiata dietro l'orecchio dal lato della testa dove i capelli erano rasati. La donna fissava il vuoto davanti a sé, ed aveva un'espressione che suggeriva fosse completamente assorta nei suoi pensieri, eppure, appena i due uscirono dalla porta subito il suo sguardo si poggiò su di loro e un sorriso si fece strada sul suo viso.
"Andata tutto bene li dentro?"
"Sì, sì, avremo i risultati delle analisi al più presto."
"Quindi, colazione?"
Cass li guardò intensamente, come se il cibo in quel momento fosse la cosa più importante di questo mondo. I due adulti annuirono ed iniziarono a fare strada verso il bar più vicino. Cassiopea aveva sentito parlare del bar vicino all'ospedale, la sua fama lo precedeva; possibilmente era così buono perché ci andava sempre un sacco di gente che si trovava ad aspettare qualcuno in ospedale o era appena uscito, quindi i proprietari volevano assicurarsi che mangiassero qualcosa di buono, per risollevare il morale o festeggiare qualche lieto avvenimento. Probabilmente era solo per i soldi, ma a Cassiopea piaceva pensare che fosse per un qualche motivo nobile che si mangiava così bene lì dentro. 
Il locale era abbastanza angusto, ma non soffocante, accogliente. Sulle mura vi erano appesi diversi quadri e diverse stampe, tutte una più colorata dell'altra. Cassiopea notò che con l'aumento del colore, aumentava anche il cattivo gusto, ma finché il cibo era buono, e l'odore prometteva bene, poco importava.
Si avvicinò al bancone e guardò attentamente ogni pezzo di rosticceria e dolce esposto, cercando di capire quale fosse quello più bello e al col tempo più buono. Mentre procedeva la selezione della ragazzina, i due adulti della situazione andarono al bancone per prendersi un caffé: Marco al ginseng, Gretchen un semplice espresso. Cercando di tenere il tono di voce basso, Gretchen si avvicinò a Marco.
"Allora?"
"Ancora non sappiamo niente, la dottoressa Nancy ci verrà a dire tutto più tardi."
"Come mai la chiama per nome?"
"Cosa?"
"La chiama per nome, siete forse in confidenza?"
"No, ci conosciamo solo per lavoro...non lo so, non ho mai fatto caso di starla chiamando per nome."
"Mh."
Marco portava ora un'espressione confusa, effettivamente chiedendosi come mai fosse stato così maleducato nei confronti della dottoressa. Un bravo agente l'avrebbe chiamata per cognome, eppure eccolo che la chiamava addirittura con un soprannome. Avrebbe dovuto rettificare l'errore, ma, più cercava di ricordare il suo cognome, meno riusciva a ricordarlo. Se l'era dimenticato. Guardò Gretchen bere il suo caffé pensosa e senza avere il tempo di poterle chiedere perché della domanda, la donna andò da Cassiopea, poggiando un braccio sulla spalla della ragazza ancora intenta a scegliere cosa volesse mangiare per colazione.
"Hai deciso cosa vuoi?"
"Mhhh, ancora no, sembra tutto così invitante."
"Perché non ti prendi un calzone fritto? Guarda, è messo accanto alle ciambelline dolci, sicuramente un poco di zucchero gli è finito sopra, quindi sarà un po' dolce e un po' salato."
Cassiopea scattò subito dritta e chiese proprio quello al commesso, che la guardò stranita. Mangiando il calzone, Cass guardò Gretchen, sorridendo a bocca piena con le guanciotte piene di cibo come uno scoiattolo.
"Come facevi a sapere che mi piacevano questi tipi di cose?"
"Non parlare con la bocca piena, e ti ricordo che anche se non conosci bene me, io conosco bene te."
Gretchen prese un tovagliolo ed iniziò a pulire la faccia briciolosa della ragazza, mentre Marco, ancora un po' confuso, andò a pagare. Cassiopea, come tutto il cibo che le passava tra le mani, finì velocemente il suo pasto, leccandosi le labbra e le dita per evitare che anche solo una molecola venisse sprecata, e i tre si incamminarono fuori. Gretchen prese la sigaretta poggiata dietro l'orecchio e appena varcarono la soglia del bar, l'accese. Cassiopea guardò il fumo uscire dalle labbra della ragazza, una piccola nuvoletta bianca che danzava verso l'alto. Ebbe una stranissima sensazione di dejà-vu ed iniziò a sentire un fortissimo odore di cannella. Proprio mentre stava per chiedere agli altri se sentissero anche loro lo strano odore, uscì dall'ospedale la dottoressa con passo veloce e un faccia soddisfatta. Face cenno ai tre e si avvicinò a loro.
"Eccovi qui! Avete fatto una buona colazione?"
I tre annuirono e dopo un paio di chiacchere Nancy e Marco decisero che sarebbero andati alla clinica della dottoressa mentre Gretchen e Cass sarebbero tornate a casa.
Cassiopea adocchiò la dottoressa e il finto apprendista con un sorrisino malizioso sul viso, ammiccando e salutandoli con la manina. Il giovane Marco arrossì un pizzico e ricambiò il saluto, Nancy invece sembrava perfettamente serena e immune allo sguardo intenso della ragazzina. Gretchen sbuffò, un'altra nuvoletta di fumo attirò l'attenzione di Cassiopea, che la guardò intensamente. Iniziarono a pruderle le orecchie e non si accorse che Gretchen stava cercando di parlarle fino a quando quest'ultima non le passò una mano davanti al viso.
"Cass? Mi hai sentita?"
Cassiopea abbassò lo sguardo ed iniziò a grattarsi furiosamente le orecchie.
"Scusa, ero distratta."
"Va tutto bene?"
Gretchen la guardò preoccupata, scostandole i capelli dalla testa per controllarle le orecchie, che erano rosse da quanto la ragazzina le stava grattando. Le afferrò le mani, allontanandole dalla sua testa.
"Va tutto bene?"
"Sì, tranquilla, ho solo avuto una strana sensazione di dejà-vu, credo di averle già odorate quelle sigarette alla cannella."
Gretchen impallidì, ogni traccia di colore abbandonò il suo viso, le sue orecchie, le sue labbra. Buttò la sigaretta a terra e la pestò con un piede, per poi iniziare a camminare velocemente, tenendo la mano della cuginetta stretta stretta.
"Ma, non c'era bisogno di buttarla, non mi dava assolutamente fastidio!"
Arrossì Cassiopea, che non voleva aver fatto sprecare una sigaretta che probabilmente era abbastanza costosa. Gretchen scosse la testa, sorridendo, ma senza guardare la ragazza.
"Ma, no tranquilla, si sta facendo tardi, e non mi piace fumare e camminare insieme. Ora però dimmi cosa ti piacerebbe mangiare per pranzo."
Il tentativo di sviare la conversazione della bionda fu di successo, dato che la cuginetta iniziò ad elencare una serie di pasti che potevano essere parte di un banchetto nuziale. Gretchen però la ascoltava poco, guardandosi in giro, ma non sapeva perché, non riusciva quasi più a capire il complesso labirinto di strade che si estendeva per la città. Più di una volta avevano sbagliato strada e si erano trovate a dover fare giri e giri per arrivare sul cammino che volevano. Sarebbero potute tornare indietro in qualsiasi momento, ma Gretchen sapeva bene che una tale follia non sarebbe stata possibile.
Tornare indietro, cambiare idea, arrendersi, fermarsi, erano tutte cose che nella vita non erano possibili, e tanto meno in quelle strade che avevano la brutta abitudine di far confondere. Arrivarono in fine alla piazzetta centrale della città, che bazzicava di gente, troppa gente. Era come se quel giorno tutta la popolazione si fosse riversata nell'angusto spazio che sebbene fosse aperto sul mondo esterno era soffocante. Era come vivere in una palla di vetro, sarebbe bastata una leggera scossa per distruggere il delicato equilibrio in cui si trovava la scena, per farla nevicare. Cassiopea si guardava in giro contenta, mentre gli occhi di Gretchen balenavano da un posto all'altro, cercando un'apertura per poter tornare a casa. Forse fu proprio questa sua insistenza, questa sua fretta, ad attirare l'attenzione di uno degli uomini, appoggiato al muro, che osservava silenzioso tutte le genti con aria autosufficente.

"Signorina, ha forse bisogno di aiuto? Si è persa?"
Si avvicinò lui e le due ragazze alzarono lo sguardo per ammirare lo sguardo occhialuto dell'uomo. Gretchen lo riconobbe subito, era il cassiere della pasticceria che dava proprio sulla piazzetta. Strinse la mano di Cassiopea, forte, troppo forte, al che la ragazzina fece una smorfia di dolore.
"No."
E subito girò i tacchi e corse via, con la cuginetta che la seguiva controvoglia.
"Gretchen aspetta! Mi fai male!"
Esclamò la piccola, ma lei non le dava ascolto, continuando a camminare, fiduciosa che prima o poi avrebbe trovato la strada per tornare a casa. Le lacrime le offuscavano un poco la vista e lasciò che fosse il suo istinto a guidarla. Forse fu proprio questo che le permise di tornare sana e salva.
"Ma che caspita hai?!"
Esclamò Cassiopea una volta arrivate, strappando la propria mano dalle grinfie della cugina e massaggiandola. Gretchen respirava in modo affannoso e si asciugò le lacrime cercando di non farsi notare troppo dalla cugina. Ma la smemorella era terribilmente perspicace e si accorse del rossore degli occhi della tutrice. Le poggiò una mano sulla spalla.
"Che succede?"
"Scusa Cass, odio davvero tanto i posti affollati e poi, se devo essere sincera, non ho mai avuto delle sigarette alla cannella, deve essere stato un momento di cacosmia."
"Cacoche?"
"Cacosmia."
Sospirò Gretchen passandosi una mano tra i fini capelli biondi e infilando la chiave nel lucchetto.
"Si tratta di un'allucinazione olfattiva, comune tra le persone che hanno subito un trauma cranico, volevo portarti a casa per farti stare tranquilla, ma mi sono persa e in mezzo alla folla mi è salito il panico. Scusa."
Rise la bionda, iniziando ad entrare in casa. Lo sguardo della ragazzina si addolcì. Cassiopea si avvicinò a Gretchen e le mise un braccio intorno alle spalle. La donna in un primo momento s'irrigidì, ma dopo pochi istanti si rilassò e ricambiò l'abbraccio della cugina.
"Hah, e pensare che dovrei essere io a prendermi cura di te, adesso mi riprendo, sta tranquilla."
"Magari ti va di colorare un po' in quei quaderni rilassanti, prima di pranzo?"
Gretchen sorrise e si sedette a tavola, tirando fuori uno dei libri e dei colori.
"Pensi sempre e solo a mangiare tu, mi chiedo come faccia a restare così magra."
Cassiopea si sedette davanti a lei e, sorridendo, iniziò a sua volta a colorare.
"Io invece non capisco come fai a mangiare così poco!"
"Questione di gusti, suppongo."
Le due rimasero a colorare in silenzio, scambiando solo di tanto in tanto qualche pensiero riguardo al colore, all'immagine, o ai genitori di Cassiopea. Pranzarono anche in relativo silenzio, Gretchen cucinò una semplice pasta e un po' di carne per il secondo, mangiando poco come sempre e lasciando quasi tutta la sua porzione a Cassiopea, che come sempre era assillata da una pantagruelica fame. Cassiopea ogni tanto si sentiva in colpa per aver consumato il cibo della cugina, che ne aveva un evidente bisogno, ma non riusciva completamente a trattenersi. Dopo il lauto pasto, infine, Cassiopea, esausta, salutò la cugina e si andò a coricare, consapevole che quando si sarebbe svegliata, non si sarebbe ricordata più niente.
Gretchen la guardò salire le scale con un sorriso amaro sul viso, appena la vide sparire, il suo sguardo si fece più duro e il suo sorriso fece largo ad un'espressione accigliata. Si diresse verso la finestra ed iniziò a guardare fuori, cercando di capire se fosse stata seguita o meno. Pareva di no, ma per essere sicura, non sarebbe dovuta uscire per un paio di giorni, né lei né la ragazzina. Si allontanò dalla finestra, lo sguardo ancora truce e si lasciò cadere sul divano con un tonfo.
Aveva perso la calma.
Si era lasciata prendere dal panico. Colpa di quella dannatissima cannella, quella ripugnante spezia che non aveva motivo di esistere.
Gretchen si passò una mano tra i capelli, sospirando. E tanto per aggiungere al dramma, erano state viste. Lui, quell'uomo, le aveva adocchiate in quella massa di gente. Sebbene fosse stato un incontro brevissimo, puntuato solo da una domanda e una risposta, sapeva perfettamente che aveva attirato l'attenzione dell'uomo e che ora le sarebbe rimasto sulle calcagne fino alla fine del tempo stesso.
I fili del destino iniziavano a tirare in direzioni sfavorevoli, avrebbe dovuto risolvere la situazione al più presto, altrimenti se la sarebbero vista brutta.
Gretchen si passò una mano sul viso, sentendo di nuovo le lacrime cercare di farsi strada sul suo viso. Premette forte i palmi sugli occhi, cercando di evitare di piagere a qualsiasi costo. Si lasciò cadere sul divano e aspettò.
Cosa aspettava non lo sapeva, ma era abituata ad aspettare e conoscendo questo mondo marcio in cui si trovava sapeva che prima o poi le risposte le sarebbero arrivate, che le piacesse o no.
Passarono un minuto.
Poi due.
Infine tre.
E poi bussarono alla porta.
Gretchen, sospirando, si avvicinò in modo quatto alla porta e sbirciò dall'occhiello della porta per vedere chi fosse, temendo il peggio. Rimase abbastanza sorpresa nel vedere Nancy, che la guardava attraverso l'occhiello, sorridendo.
"Allora, mi fai entrare o no?"
Gretchen aprì la porta, lentamente.
"Scusa, pensavo potesse essere qualcun altro."
"Non c'è problema."
Nancy si lasciò entrare, accomodandosi subito a tavola, iniziando a sfogliare con calma i libri colorati dalle ragazze.
"Bella idea quella dei libri, te l'ho già detto?"
"Ti chiedo scusa ma sono stanca, dimmi tutto quello che hanno detto le analisi e basta, che dopo devo fare il discorso a Cass."
"Certo, è molto stancante, ti avevo avvertita, ma fin ora hai fatto un lavoro davvero splendido, è come se avessi già gestito persone con queste sfide..."
"Imparo in fretta."
"Certo, certo. Le analisi hanno avuto buoni risultati, da quello che abbiamo visto non ha alcuna malattia presa in questi giorni e non pensiamo abbia ricevuto violenze da parte di nessuno."
"Bene."
"Sono d'accordo."
"Bene. Arrivederci."
Gretchen le aprì la porta di casa, non prima di aver controllato se ci fosse qualcuno fuori ad osservarla. Questo comportamento non passò inosservato agli occhi allenati di Nancy, che non fece altro che accavallare le gambe e guardarla, inclinando un poco la testa.
"Ti vedo turbata."
"Sono solo stanca."
"Ne sei davvero sicura? Sono qui anche per aiutare te, non devi tenerti tutto dentro."
"Non voglio essere psicoanalizzata da lei, o da chiunque altro, grazie."
"Non puoi andare avanti così, hai bisogno di aiuto per prenderti cura di lei, Gretchen."
"L'ho fatto fin ora, posso farlo ancora."
Nancy inarcò un sopracciglio.
"Vorresti forse dire che sei riuscita a reggere una situazione come questa per molto tempo e che non hai bisogno del mio aiuto? O che forse ti eri preparata perché sapevi che sarebbe successo qualcosa di terribile, tipo un omicidio..."
"Non ho mai detto questo, non mi metta parole in bocca."
"Sei una donna molto interessante, te l'hanno mai detto?"
"Anche lei lo è, magari un giuro riuscirà a spiegarmi come esattamente è riuscita a diventare una psichiatra e una neurologa allo stesso tempo all'età di soli trent'anni, sono sicura che sarebbe una storia davvero interessante."
Rimase il silenzio tra le due per diversi attimi, finché Nancy non sorrise e si alzò dalla sedia.
"Che sia ben chiaro, Gretchen, non voglio alcun male né a te né a nessun'altro, anzi, sono molto felice di questo svolgersi degli eventi, presagisce un continuo a dir poco...emozionante."
"Le ripeto che sono stanca, devo occuparmi dell'ultimo parente che mi sia rimasto in vita."
"Certo, ti lascio al tuo meritato riposo. Arrivederci Gretchen, ci vediamo tra qualche ora."
Detto questo, la psichiatra uscì fuori e Gretchen sbatté la porta dietro di lei.
La bionda si fiondò sul divano e pianse. Pianse forte, finché le sue preoccupazioni si dissolsero in un mare di sonno e sogni, interrotto solo dall'insistente suoneria di una sveglia che le ricordava che il suo lavoro non era ancora finito.



Nota dell'Autrice: Grazie mille di aver letto fin qui!
Come sempre, questo è il mio primo scritto, quindi commenti, pensieri e critiche sono sempre apprezzate <3
Mag

   
 
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