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Autore: queenjane    19/05/2018    3 recensioni
Era stato l'erede di un impero, suo padre una divinità. Avrebbe dovuto regnare su circa un sesto del mondo, l'abdicazione di suo padre lo ridusse in prigionia, lui e i suoi, madre e sorelle e amici. Era Aleksey Nicolaevic Romanov, un eroe. Un omaggio, Il diario di Alessio, quaderni e annotazioni. Go my Hero! Always and for always.Dal testo " Once upon a time, an Empress gave birth to a little prince, he was delicate, with sapphire eyes, a precious little one. His name’s Aleksey.. "
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Siberia, inverno 1918.

“Cara Catherine, ti scrivo da Tolbosk, è il 15 gennaio 1918, fa tanto freddo e mi manchi, ci manchi. Come stai? Come state?Mi ha fatto tanto piacere ricevere i biglietti di Natale, sei stata carina a mandare una giacca imbottita a testa, sciarpe e guanti e berretti e calze, che la nostra roba si era rovinata ed era piena di buchi, nonostante i rattoppi e i rammendi..Abbiamo costruito una montagnola di neve nel recinto quadrato, dove lanciarci con le slitte, tranne che le guardie l’hanno spianata e ne abbiamo costruita un’altra e tanto.. Seguo le lezioni, la sera organizziamo rappresentazioni teatrali con M. Gilliard come suggeritore e Anastasia, Marie e me come attori.. Olga legge tanto come Tatiana, con Papà seghiamo tanta legna .. Riprendo ora, che abbiamo mangiato storione e bliny con i soldi che avete inviato abbiamo potuto acquistare queste squisitezze, che sennò non era possibile, il governo provvisorio ci ha dato un budget di 600 rubli a testa, 4.200 in tutto, che siamo in sette (visto, aritmetica applicata..) e non basta per tutto..Mi manchi, era bello quando mi raccontavi le storie, Achille e l’Eneide e compagnia, mi prendevi tra le braccia e facevamo volare gli aquiloni.. Spero che ci mandino presto in Inghilterra, così ci rivedremo.. Da marzo ad agosto, a Carskoe Selo è stato bello, da una parte, che eravamo tutti insieme, poi è tornato Andres, avuto il vostro bambino.. Felipe.. E so che sareste venuti anche voi, tranne che Felipe aveva solo due mesi. A proposito, che fa? Ora vado a mangiare dei pancake, se pensi che non avevo mai appetito e mi brontolavi sempre, ne rideresti..Ciao, Cat, alla prossima, un bacio ..ps mi sono preso la rosolia, faccio pendant con le mie sorelle, una forma più leggera da cui mi sto rimettendo.. mi manchi.

                                                                                                    Yours Alexei” 
 
Quello che trapelava era la disperazione, la noia, il tempo che non passava mai. Alexei teneva un diario, ove annotava brevi frasi, quello che aveva fatto. I suoi pensieri si intuivano, noia, appunto, e speranza e voglia di ridere e giocare.  In quel gennaio, lui e le sue sorelle si presero la rosolia, tanto per non farsi mancare nulla del rosario di malattie e affanni.

Gennaio ’18“Oggi è stato come ieri e domani sarà lo stesso come domani. Dio, aiutaci, abbi pietà di noi
4 gennaio 1918 “Oggi ho ancora più bolle. Giocato a scacchi con Nagorny tutta la mattina, ora anche Maria è malata. È stato ordinato a tutti i soldati di rimuovere le loro spalline, ma io e Papa non l’abbiamo fatto
1916, anno in cui finalmente aveva avuto il piacere, la gioia e la soddisfazione di vestire una vera uniforme, a prescindere da quelle onorarie, con relative mostrine di lanciere caporale, mostrine   con le sue iniziali A. N. iniziate a N. A., usanza russa, un legame tra generazioni, gli appellativi di padre e figlio che si legavano tra loro. Gli piaceva indagare sulle automobili, i meccanismi di cannoni, aerei e sommergibili. Aveva mangiato il pane nero, come i soldati, la loro zuppa, si era allenato e aveva marciato, davvero era “soldier prince, un principe soldato”
Dal diario di Alessio, 6 gennaio ’18” Alzato alle sette. Preso tè con Papa, Tatiana e Anastasia. Maria sta un poco meglio e cammina per la stanza. Alle 18 abbiamo giocato a nascondino, facendo un gran chiasso.” I giorni uno uguale all’altro, ogni cosa sempre la stessa, la noia.
 
“Caro Alexei, ti scrivo la solita lettera settimanale, come alle ragazze, se la corrispondenza arriva in ritardo o a rate..  io vi penso e vi scrivo sempre. E mi manchi, mi mancate, ci mancate. Venendo alla tua lettera del 15 gennaio, ricordati questi doni sono fatti con il cuore, stai sicuro, e ho cercato di essere pratica, che di sicuro con il freddo siberiano guanti e berretti non bastano mai.. La fantasia, la memoria, sono doti che ho avuto fin da bambina, con le tue sorelle ci divertivamo a raccontarcele, solo che come Olga è portata per il pianoforte e Tata per la danza, io avevo questo dono, che mi è valso l’appellativo di principessa Sherazade, principessa cantastorie. E per  i cavalli, come amazzone me la sono sempre cavata, esageravi tu a dire che cavalcavo il vento e che era uno spettacolo solo starmi a vedere.. Ne prendo atto, come della circostanza che come sei riuscito a esasperarmi, farmi ridere o consolare delle mie tristezze è riuscito a ben pochi. Quando eri piccolo, ti bastava un’occhiata per decifrare se avevo qualcosa, nonostante le mie allegrie apparenti.. già, gli aquiloni. Mi riviene in mente una volta in Crimea, eri sulle spalle di Nagorny, il marinaio, tenevi in mano il filo e lo facevi innalzare, abilissimo. “Vola, vola ..”dovevi compiere sette anni,  esile e abbronzato, con i pantaloni corti e una camicia da marinaio, il profumo delle rose e del mare stordiva, poi me lo aveva passato, il filo, e lo avevo fatto schizzare ancora più in alto, una rapida torsione del polso “Brava .. Catherine! Lascialo, libero, via!!”  “Facciamolo insieme.. me lo potete passare, signor Nagorny?” ero sempre gentile, con loro, chiamandogli signore, usando per favore e simili. E mi eri salito tra le braccia, ridendo, che andava sulle nuvole, magari fino in America e facendo ciao con la manina. 
“Vola, aquilone, vola per me..!!”nell’aprile 1916, tra un periplo e l’altro ero passata a trovarti, al Palazzo di Alessandro, mi ero fermata una settimana. E  correvi, estasiato, facendo una gara con quell’uccello di carta, di leggero cartone blu e azzurro, con la coda dorata, il mantello da cadetto e gli stivali da soldato, mi avevi mollato il berretto per non perderlo, due ombre, la tua per terra, l’altra che si innalzava nel vento, che ogni tanto si univano e mischiavano “Bravissimo, Zarevic.. “ “Vieni, prendimi..” E ti ripresi, dopo un poco, sollevando le gonne, ero agile, leggera. E i tuoi  occhi azzurri vibravano di gioia, avevi appena un poco di fiatone, ti buttasti tra le mie braccia, ti rimisi il cappello “Mandalo un poco tu..” “Dammi” “Uffa.. lo fai volare più alto..” “Sono più alta.. liberiamo..??” mi accoccolai sui talloni, per evitare troppa disparità tra le stature, contammo e via.. “Secondo te dove arriva?” “In Spagna..”per prendermi in giro, a bella posta, che mio marito è nato in quelle terre.. 
Il mio fighter prince, un principe combattente, che non molla mai, come Achille. Te lo detto a Carskoe Selo, te lo ripeto ora, tu sei un lottatore, non molli mai, qualunque cosa accada, come un vero principe, a prescindere da titoli o rango.. Ti voglio tanto bene, Alexei.. (..)Venendo a Felipe, ormai ha sette mesi abbondanti e gattona, gli occhi sono sempre color ardesia, come quando era appena nato e .. farfuglia qualche sillaba, il tipico bambino direbbe “ma-ma”, mamma, invece lui “Tata”, ovvero Tatiana, ho continuato a parlargli di voi, e che tua sorella era quella con cui stava più volentieri.. Tata invece che mamma, per mia soddisfazione, e tanto è, va bene uguale..Mando una foto di noi tre.. Speriamo che, giunta la primavera e con il ghiaccio sciolto, vi rechiate in Inghilterra..
Il morbillo è una grande scocciatura, per le bolle che prudono, ps manchi tanto pure a me, ribadisco
Ciao Alexei, un bacio,
                                         yours Catherine che ti vuole tanto bene” 
 
Tornando alla questione delle mostrine e dell’uniforme, era un affronto toglierle, che sia lo zar che suo figlio si consideravano dei soldati, vestendosi da tali dall’inizio delle ostilità. Alla fine, per evitare dimostrazioni ostili da parte delle guardie, lo zar evitava, vestendo un cappotto circasso su cui mai le aveva messe, Aleksey no, da testone quale era, quando gliele tolsero si ricordò quello che gli aveva detto Andres, mio marito nonché suo amico, a proposito di quando si godeva il mese di galera poco dopo l’abdicazione a Carskoe Selo e se lo rigirò a modo suo.
“Come è stato?”   gli aveva servito la  domanda mentre controllava un esercizio di inglese, nessuno li sentiva  “Lunga, lunghissima  ..” Andres cauto, gli occhi verdi socchiusi “Che ti hanno fatto?” riferendosi al mese di soggiorno in galera, Andres aveva valutato l’opzione più congrua, nessuna bugia e nemmeno voleva agitarlo “.. principalmente mi provocavano” lo avevano definito un traditore, un figlio di puttana e un cornuto, sputato nei piatti dove mangiava e tanto .. Non aveva reagito. “Confessa e te la cavi” “Non ho nulla da confessare..” la replica. Minacce e blandizie, si era finto idiota .. “Le spie sono punite con la morte” “Ma non hanno abolito la pena capitale..di recente, che ho perso” “Potresti testimoniare che lo zar è un traditore..” 
 “Non rispondevo, cercavo di passarci sopra”
“Ah.. “
“Pensavo a qualcosa di divertente. A una calamità naturale”
“Bella definizione per Catherine”  (Alessio!!)
“E chi dice che era lei..?” sardonico.
“Andres, chi era?” un sorriso “Io no davvero..” una pausa “Giusto?”
“Negli anni recenti sono stato a pesca, con quella persona..”
Si riferiva a lui, aveva compreso lo zarevic, ridacchiando, in effetti si erano divertiti e lo aveva fatto diventare verde, tra domande e chiacchiere, cacciandolo in imbarazzo, impresa epica che era riuscita a ben pochi, almeno a sentire Cat “Che comunque sa sempre il fatto suo, intelligente, spiritoso, con una parlantina infinita” era arrossito “E tornando al discorso di prima, se rispondevo alle provocazioni avrei fatto il loro gioco e non mi conveniva. Non che fosse facile, bada, cercavo di estraniarmi, tra virgolette, alla fine l’ho spuntata..” Erano nella stanza degli studi di Alessio, la sua classe, sulla poltrona d’angolo la zarina sferruzzava, ascoltava lì le sue lezioni come lo zar. Osservando lo spagnolo e suo figlio alle scrivanie, sopra di loro mappe geografiche, sulla Russia e l’Europa continentale. Per non tacere delle teche che contenevano le collezioni di insetti, farfalle e uccellini, per le lezioni di scienze, tutte curiosità per mantenere viva l’attenzione di Aleksey, che si annoiava spesso e facilmente, un poco come Catherine, prima che sua madre sostituisse il tradizionale percorso di studi (ricamo, economia domestica e via così) con sessioni impegnative di lingue, letteratura e storia dell’arte straniere.. E storia.. Come con Alessio, se lo interessavi si divertiva e ti faceva divertire a tua volta nello spiegare e imparare.
“Nessun errore, sicuro”
“Sicuro”e non discutevano della lezione, quanto della sostanza.
“E se uno sbaglia?”
“Si corregge”
“Tu hai mai sbagliato?”
“Spesso .. e ho cercato di imparare”
“Sarai un bravo PAPA’, fidati” che ero incinta, avrei partorito nel giugno 1917.
Aleksey voleva bene ad Andres, in un dato senso era il suo eroe, un campione da cui trarre esempio, parlavano ben poco di sentimenti, ma si apprezzavano, il cameratismo maschile, credo.
Preferiva l’eroe irruento, il picador alla serena abnegazione dello zar, era meno umiliante, per lui.  E Andres non era pirite, il luccicante ed apparente oro degli stolti, era forma E sostanza.
Come Alessio. Gliele toglievano, le mostrine,  e se le rimetteva alla prima occasione, era testardo come un mulo iberico. E la dignità, il senso di sé, non era orgoglio sterile, era arduo passarci sopra, quindi imparò, si sminuivano gli altri e non lui.  
Dal diario di Alessio” 24 gennaio 1918. Nel pomeriggio preso una botta alla mano e guardato Papa, che ha pulito il tetto dalla neve, e come portavano la legna in casa. Che noia.!!
“27 gennaio 1918, Auguri al volo Catherine, come sei diventata grande, hai ben 23 anni, come ne farà  Olga a novembre..Baci, Alexei alias monello PS Felipe somiglia davvero tanto a tuo marito, Tata si è messa a ridere della prima parola del bambino, annotando che per te non deve essere stata una grande soddisfazione” si e no, l’onere di nove mesi e del parto era toccato a me, tranne che Felipe prediligeva suo padre, quindi di cosa dovevo lamentarmi? E tanto, da una parte, ci sformavo, quando mi chiamò “MAMMA”, feci una metaforica tripla, carpiata capriola di gioia.
Dal diario di Alessio “30 gennaio 1918. Dormito male stanotte. Mi fa male la gamba. Colazione con Mama, rimasto a letto tutto il giorno”
2 febbraio 1918, una breve nota di Olga “Auguri, cumulativi, in ritardo. E’ veramente freddo in questi giorni, siamo appena tornati da una passeggiata. Nell’angolo di una finestra abbiamo inciso una “C”. Dio ti benedica, mia cara, stai bene, con amore Tua Olga ps..io propendo per l’azzurro PPS accludiamo la seguente poesia ...Un bucaneve, in inverno, colmo di grazia, bianco.. Una luna perduta, sottile, delicato il centro di bianco oro, i petali si piegano, giocando con la brina.. La perfezione e la delicatezza” Una volta, la zarina Caterina II, in una delle sue passeggiate, aveva trovato un precoce bucaneve, incantata aveva ordinato che una guardia lo vigilasse, era perfetto, fragile e fiero. Capii l’antifona, non cedevano, erano fragili solo in apparenza, si guardavano a vicenda, eravamo sia il bucaneve che la guardia.
Never give up. 
   
 
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