Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: CthulhuIsMyMuse    21/05/2018    0 recensioni
"Giovanni aveva compreso che il tempo non le aveva cambiate, almeno non fisicamente, ma riusciva a vedere chiaramente i solchi che aveva lasciato nell'anima di ognuna di loro. L'unica cosa che era rimasta identica era la loro dipendenza l'una dall'altra, erano nate insieme, continuavano a vivere insieme e molto probabilmente sarebbero morte insieme e questa immagine azionava la leva della tristezza che era posta accanto al suo cuore."
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NDA:Rileggendo mi sono accorta di alcuni errori dovuti alla mia indecisione sul personaggio che doveva fare da segretario/segretaria a Asmodeus. Alla fine ho optato per un ragazzo di nome Angelo però, distrattamente, non ho cambiato correttamente tutti i riferimenti femminili presenti nel testo. Oggi credo di essere riuscita a mettere una toppa in tutte le falle. Mi scuso per il "casino" e Vi ringrazio per la pazienza.

... 

13 agosto, ore 10.30 

Il sole batteva oltre le finestre dell'ufficio oscurate da semplici veneziane bianche la cui ombra zigrinata si allungava sino alla parete, posta di fronte. 

Regnava, all'interno, un completo silenzio, rotto a volte dal leggero picchiettare della penna sulla superficie lucida della scrivania in mogano. Era un pezzo particolarmente costoso che lui aveva voluto ad ogni costo.  

Era rimasto particolarmente affascinato dalle rifiniture in ebano e dall'alto rilievo che era stato così attentamente scolpito nel perimetro più alto del mobile. 

Vi erano uomini e donne, immersi nelle fiamme, che volgevano i loro sguardi e le loro preghiere verso Dio per cercare la salvezza che non sembrava essergli stata concessa.  

Guardando più da vicino invece ci si accorgeva che le espressioni intagliate erano di odio e disgusto. Non lo stavano pregando, lo stavano maledicendo per la punizione inflitta. 

Era un lavoro di pregio, non se lo era fatto sfuggire e aveva voluto sfoggiarlo nel suo ufficio. 

Il telefono nero, poggiato sul ripiano di legno ricoperto, suonò un paio di volte. Lui premette il pulsante del vivavoce e rispose con voce profonda all'uomo che si trovava all'altro capo della cornetta: 

«Dimmi Angelo» assaporò il suo nome come si fa con un boccone particolarmente delizioso.  

Ci fu qualche secondo di silenzio, lo immaginò arrossire oltre la cornetta e toccarsi le labbra con la punta delle dita. Quelle dita morbide e affusolate. 

«Ehm...Signor Galeni sono arrivati i suoi ospiti» gli vibrava la voce. 

«Li faccia passare» un momento di silenzio e poi riprese «E per favore, Angelo, ci porti dell'acqua e del caffè». 

«Subito Signore» la risposta arrivò soffiata attraverso la cornetta del telefono. 

Chiuse la chiamata e sorrise compiaciuto giungendo le mani in preghiera e poggiando il mento nella fossa lasciata tra i pollici e gli indici.  

Premette i polpastrelli sulla punta del naso e osservò lo sfondo sfuocato dell'ufficio. Probabilmente l'aveva lasciato abbastanza tempo a desiderare, era il caso di iniziare a concedergli qualcosa, ma senza esagerare. 

C'era un che di eccitante nel vederli implorare per avere sempre un po' di più dell'oggetto del loro desiderio. Alcuni riuscivano ad umiliare sé stessi oltre il limite del concesso ed era una cosa che lo stuzzicava piacevolmente. 

Due leggeri colpi alla porta fecero svanire il filo dei suoi pensieri. Inspirò e riportò le mani sulla superficie della scrivania, con un polpastrello seguì la spirale disegnata da una venatura «Avanti». 

La porta si aprì, la serratura emise un leggero click. 

La figura allampanata di Dantalion fece la sua comparsa sull'uscio, passò la mano sui capelli scarmigliati e avanzò flemmatico nella stanza. 

Alle sue spalle fece capolino Belial che affiancò il compagno di fronte alla scrivania. 

Vederli insieme era come osservare un patchwork.  

Dantalion sembrava si fosse appena alzato dal letto, aveva gli occhi ancora semichiusi e i capelli rossi si rimescolavano tra loro come se fossero in lotta. Indossava una maglia bianca che presentava parecchi scavi di tarli e un vecchio paio di jeans logori che sembravano stare insieme per quella grazia che a lui non era stata concessa insieme ad un paio di allstar che probabilmente non avevano mai visto giorni migliori.  

Era tanto alto quanto magro con una leggera curvatura nella parte dorsale della schiena che lo faceva sembrare vecchio e stanco, e probabilmente stanco lo era. 

Ora lo guardava con una certa indolenza. Tra le croste del sonno si poteva leggere la speranza che il tutto finisse presto per poter tornare così ad oziare nel suo piccolo appartamento. 

Belial era sveglia e attenta, con i suoi occhi da gatta – accuratamente truccati – puntati verso il suo interlocutore. In realtà lei osservava tutto ciò che la circondava con minuziosa attenzione, niente le sfuggiva. 

I capelli neri, dritti come spaghi, ricadevano perfettamente sul volto e sopra le spalle, incorniciandola in un quadro perfetto. 

Indossava un mini dress di Maison Valentino color corniolo pallido, molto in contrasto con la sua pelle cioccolato, adornato dei sandali con tacco a spillo chiusi con nastri in raso e una borsa di Gucci in pelle bianca il cui fermaglio di chiusura era la testa di un serpente la cui lingua biforcuta fece capolino tra le fauci. 

«Asmodeus, quanto tempo» la sua voce incantatrice risuonò come musica. Tese il braccio affusolato in avanti porgendogli il dorso della sua mano.  

Il demone si alzò e sfoggiando con naturalezza la sua parvenza di adone. 

I capelli, di un biondo molto chiaro, erano impomatati e pettinati tutti verso il lato destro del volto, così da lasciare libera l’ampia fronte e gli occhi grigi, incastonati in un viso dalla forma triangolare. 

Un filo di barba, arricchito da un impeccabile pizzetto, circondavano una bocca con labbra sottili perennemente arricciate in un dolce sorriso di convenienza. 

Il fisico perfettamente allenato, nil completo di Ferragamo blu scuro, cucito a mano, lo faceva sembrare un vero e proprio modello. 

Oltrepassò la scrivania e cinse, con grazia, le dita della donna. 

La pelle color dell'ebano emanava un dolce profumo di rose, quando vi poggio delicatamente le labbra gli ricordò il tocco della seta. 

La squadrò rialzando leggermente il capo affilando lo sguardo «Appetitosa, come sempre».  

«Vizioso, come sempre» rispose lei giocosa ritirando la mano. 

Asmodeus tornò eretto e cercò l'altro ospite, che aveva lo sguardo rivolto verso una delle finestre. Osservandolo con attenzione si poteva comprendere che non stava davvero guardando oltre il vetro, la sua mente stava naufragando in un mondo che era ai più sconosciuto. 

Il biondo schioccò le dita. La testa di Dantalion fece un leggero scatto e poi, lentamente, tornò a volgersi verso il demone. «Asmodeus...» proferì pigramente. 

«Ben tornato, Dantalion» ironizzò ma l'altro non ci diede peso. 

Il padrone di casa allungò un braccio e indicò il tavolo rettangolare posizionato dirimpetto alla scrivania. 

«Prego, accomodatevi» 

Non se lo fecero ripetere due volte. 

Sedettero entrambi sulle sedie ai lati del capotavolo. 

Asmodeus avanzò nella stanza con le misurate movenze di un predatore e si fermò dietro la sedia a capotavolo, osservando fermamente i due astanti e soffermandosi sul rosso. 

Dantalion ricambiò alzando gli occhi vacui verso il soffitto. 

«Facci un rapporto sulla situazione, Dantalion...» bussarono alla porta, un tocco leggero. L’uomo si affrettò ad andare ad aprire «...sii il più breve possibile, per favore» 

Oltre l'uscio, stanziava un ragazzo in ordine impeccabile. In mano reggeva un ampio vassoio con tre tazzine del caffè, coperte da un piccolo coperchio in ceramica, altrettanti bicchieri e una bottiglia d'acqua sul cui vetro scorrevano lente piccole gocce di condensa. 

Il suo volto cambiò drasticamente colore quando apparve il suo capo e la sua presa cedette leggermente, facendo vibrare così la vetreria che reggeva. 

Lui sorrise e allungò le grandi mani verso l’altro «Grazie Angelo, me ne occupo io» il tono di voce suadente lo fece trasalire.  

«Come preferisce» la voce gli tremò, non riuscì ad evitarlo. Gli porse il vassoio e percepì il calore delle dita di lui che sfioravano le sue. Il cuore gli tamburellò nel petto, come avrebbe voluto che quel contatto si prolungasse. 

Arrossì nuovamente e abbassò lo sguardo cercando di celare quella voglia crescente che covava dentro. 

Asmodeus non parlò, indietreggiò di un passo e richiuse la porta alle sue spalle.  

«Finirai per farlo impazzire» commentò sarcastica Belial leggendo il compiacimento nel volto di lui.  

«Potrebbe essere una delle opzioni possibili» rispose alla donna, ma non si soffermò sul discorso.  

Portò il vassoio lo poggiò tra di loro, prima di sedersi 

«Inizia Dantalion». 

Il rosso alzò le spalle e socchiuse gli occhi, lasciò ciondolare la testa in avanti e per un istante sembrò fosse sul punto di addormentarsi «Agalierap sta cercando Adam. Pare si stia nascondendo nel Kamchatka, o quantomeno così dicono le sue fonti ma non ha ancora avuto riprova della loro veridicità» si interruppe di colpo e fece una pausa chiudendo lentamente le palpebre due volte.  

Gli occhi erano fermi sullo spazio compreso tra i due presenti ma entrambi sapevano che non aveva messo a fuoco nulla e nessuno di ciò che era presente nella stanza. 

Belial sospirò e si allungò in avanti, con le dita affusolate afferrò il coperchio di una tazzina e lo posò sul vassoio. Un leggero aroma di caffè solleticò le narici dei presenti. Il rumore dello strappo della bustina di zucchero sovrastò il silenzio seguita poi dal leggero tintinnare del cucchiaino contro la ceramica. 

Quando il suono si interruppe fu sostituito, di nuovo, dalla voce soave di Dantalion «Resterà ancora un paio di giorni, se non troverà niente tornerà indietro e cercherà una nuova pista». 

«Questa volta è particolarmente capace, dobbiamo dargliene atto» Belial intervenne costringendo Dantalion a interrompere il filo dei suoi pensieri e a volgere lo sguardo in sua direzione. 

Sorseggiava il caffè tenendo la tazzina per il manico con la punta del pollice e dell'indice destri, il mignolo era leggermente scostato verso l'esterno. 

«In effetti ci sta mettendo in difficoltà» Le unghie curate di Asmodeus ticchettarono sul ripiano del tavolo «Quando torna voglio parlargli». 

Dantalion annuì un'unica volta e attese l'accenno dell'altro uomo prima di continuare il suo resoconto. 

Asmodeus accarezzò la superficie, ne percepiva le imperfezioni tramite quelle dita che aveva imparato a gestire perfettamente.  

Alzò la mano volgendo il palmo verso l'alto con le dita chiuse in un pugno. La colorazione emaciata della pelle era stata sostituita da una bronzea e le unghie, una volta mangiucchiate, erano ora arrotondate e levigate perfettamente. Ogni imperfezione era svanita così come l'animapadre di quelle deformità, che vi aveva abitato in precedenza.  

Allungò le dita perfette verso l'esterno e alzò leggermente il mento per inquadrare con lo sguardo la figura sgraziata del rosso.  

«Cos'altro, Dantalion». 

L'uomo tirò in avanti la schiena e incrociò le braccia sul ripiano di fronte a lui Posò lo sguardo assente sul vassoio «Klepoth e Minoson» nella breve pausa Belial posò la tazzina. Sulle sue labbra si era disegnato un sorriso divertito. Asmodeus corrugò la fronte e attese. 

«Hanno trovato la causa dei recenti assassini» si grattò con noncuranza la punta del mento, il dito sfregò tra i peli ispidi della barba «E' una donna ed è posseduta» risalì con il dito lungo il profilo del volto fermandosi sulla tempia che grattò con la punta dell'unghia scheggiata. 

Con un gesto aggraziato, Belial, coprì l'ilarità che le nasceva spontanea sulle labbra scure arricciate. 

Il re degli inferi sospirò e poggiò la testa sul palmo aperto della mano, affilando lo sguardo sulla naturale gestualità del demone che lasciava trasparire un sentimento quasi paragonabile all'agitazione. 

«Klepoth e Minoson l'hanno seguita per un po' e alla fine si sono mostrati.» aggirò il capo e passò le dita tra i capelli scarmigliati con una lentezza che tendeva ad infastidire il suo superiore il quale, con il tempo, aveva imparato che Dantalion non era affetto in alcun modo dalle minacce e che l'unico modo che aveva per recuperare le informazioni era avere pazienza. 

«Hanno avuto una soffiata da alcuni nostri contatti e hanno avvisato la donna di scappare» 

Si udì una risatina leggera e un'esalazione profonda. 

L'uomo passò la mano sul volto chiudendo gli occhi per un istante. Sarebbe stato piacevole fargli assaporare questa tortura se non fosse stato completamente apatico alle sensazioni «Dantalion, si chiaro» proferì secco. 

Il rosso riportò le mani in grembo e piegò il capo di lato cercando di ricambiare lo sguardo di Asmodeus 

Socchiuse le labbra e, prima di parlare, una luce di vita sembrò affiorare nel fondo vitreo dei suoi occhi verdi. 

«Hanno inviato le gemelle» 

... 

   
 
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