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Autore: LatersBaby_Mery    12/07/2018    7 recensioni
Dopo aver letto numerose volte gli ultimi capitoli di “Cinquanta sfumature di Rosso” ho provato ad immaginare: se dopo la notizia della gravidanza fosse Christian e non Ana a finire in ospedale? Se in qualche modo fosse proprio il loro Puntino a “salvarlo”?
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anastasia Steele, Christian Grey, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 71

POV CHRISTIAN


“Il torneo di tennis di beneficenza a San Diego è previsto per la prossima settimana” mi informa Andrea, alternando lo sguardo tra me e lo schermo del suo portatile “Ho già provveduto a prenotare una suite all’hotel Sirena Bianca, ma ho lasciato in sospeso l’opzione di aggiungere i lettini per i suoi figli”
“No, ci andrò da solo. Non vorrei far stancare Anastasia con un altro viaggio”
Andrea mi rivolge un sorriso e poi torna a concentrarsi sul PC e i miei appuntamenti della settimana.
All’improvviso, un bussare forte e concitato alla porta ci fa sobbalzare; prima ancora che possa pronunciare la parola “Avanti!”, la porta si apre, rivelando un Taylor alquanto agitato.
“Che succede?” chiedo, con un brutto presentimento che mi serra lo stomaco.
“Mr Grey, mi ha appena chiamato Sawyer.. dice che.. suo figlio è caduto al parco e lo stanno portando in ospedale..”
Per un istante la Terra si ferma, mentre io assimilo al rallentatore quelle parole.
“Cosa?” domando poi in un sibilo, con la gola secca e una fiammella di speranza di aver sentito male, di non aver udito davvero le parole “suo figlio” e “ospedale” nella stessa frase.
“Non ha saputo dirmi molto, se non che Teddy è caduto mentre giocava, e vedendo che perdeva sangue, Sawyer lo ha caricato in macchina insieme a sua moglie e stanno andando in ospedale” spiega, parlando così velocemente che a stento riesco a captare tutte le parole.
Sangue.
Il mio bambino perdeva sangue.
Ho la nausea e sento le pareti della stanza crollarmi addosso.
Non so quale entità sovrannaturale mi dia la forza di alzarmi da quella poltrona, ma cinque secondi dopo sto scendendo le scale a tre gradini alla volta, con Taylor alle calcagna; neanche lui ha avuto la pazienza di aspettare l’ascensore.
Quando giungiamo ai parcheggi sotterranei ho il fiatone, la tachicardia a mille e gocce di sudore freddo mi bagnano il viso e la schiena. Solo adesso mi rendo conto di essere senza giacca, ma poco mi importa. Taylor ed io saliamo rapidamente in macchina e il mio fidato autista parte a razzo.
Mi passo nervosamente le mani sul viso, mentre nella mente si susseguono, come filmati al rallenty, i peggiori scenari. Sento di impazzire senza sapere cosa diamine sia successo a mio figlio, e senza sapere come stia Anastasia; di sicuro sarà spaventatissima e temo per lei e per la bambina.
Ho paura per Teddy, per Ana, per Allison. Ho paura di qualunque cosa possa far del male alle persone che amo. Ho paura di tutto ciò che non posso tenere sotto controllo.
Mi sembra eterno il tempo che stiamo impiegando per arrivare in ospedale, ignorando precedenze agli incroci, semafori rossi e limiti di velocità.
Non appena intravedo l’ingresso del Pronto Soccorso, schizzo fuori dall’auto ancor prima che Taylor abbia frenato del tutto. Corro verso l’entrata e per un attimo mi sento inghiottito dal caos che c’è: adulti, anziani, bambini, barelle, medici e infermieri che corrono da una parte all’altra.
Respiro profondamente e mi avvicino al bancone dell’accettazione.
“Buonasera.. mio.. mio figlio è stato portato qui poco fa..” affermo, con il fiatone e il panico che inizia ad impossessarsi del mio sistema nervoso “È.. è caduto.. non.. non so altro..”
“Si calmi, si calmi” dice pacatamente l’infermiere del triage.
Parla facile lui!! Non c’è mica suo figlio qui!!
“Come si chiama suo figlio?”
“Theodore Raymond Grey”
“È entrato qualche minuto fa” mi informa, dopodichè mi indica una porta sulla sinistra “È in una delle stanze di quel corridoio”
Sibilando un “Grazie” apro la porta indicatami e mi ritrovo in un corridoio con i pavimenti verdi e le pareti bianche.
Mi guardo intorno per un istante, sentendomi completamente perso e in preda ai nervi.
“Mr Grey!”
Mi volto di scatto alla voce di Sawyer e gli corro incontro.
“Sawyer! Che cos’è successo? Dov’è Teddy?”
“È inciampato mentre giocava e cadendo si è procurato un piccolo taglio sul sopracciglio. Nulla di grave da quel che ho capito. Solo che il sangue continuava ad uscire e abbiamo pensato al peggio. Phoebe invece è andata a casa con Roxy”
Sospiro, in parte rassicurato dalle sue parole e in parte ancora terrorizzato dalla paura e dall’idea del mio bambino con il viso insanguinato.
“Dov’è adesso?”
Mi indica una porta verde. “In quella stanza lì. Lo stanno medicando”
Senza neanche bussare spalanco la porta e quattro paia di occhi si voltano di scatto verso di me: un medico e due infermiere sono intorno ad un lettino, dal lato opposto al loro c’è Anastasia che tiene la mano a nostro figlio, che si dimena e agita le gambe. Il suo pianto riempie la stanza e mi spacca i timpani: non l’ho mai sentito piangere così.
“Christian!” esclama Ana, in un urlo strozzato che è un misto tra panico e sollievo. Il suo viso è bagnato dalle lacrime.
“Sono il papà di Theodore” mi affretto a spiegare, chiudendomi la porta alle spalle e avvicinandomi al lettino “Cos’è successo?”
Subito una delle due infermiere avanza verso di me. “Non è nulla di grave, Mr Grey. Suo figlio è inciampato mentre giocava al parco e nel cadere ha battuto la fronte su un ramo secco alquanto appuntito”
Sento la stanza girare intorno a me e credo che il mio viso sia diventato dello stesso colore del cotone idrofilo che il medico sta maneggiando.
“Non ha riportato alcun danno, Mr Grey. Stia tranquillo” la donna si affretta a rassicurarmi “Ha sanguinato un bel po’ perché la zona dell’arcata sopraccigliare è parecchio vascolarizzata e anche da un taglio poco profondo può uscire molto sangue” mi spiega, con tono chiaro e pacato, tentando di infondermi calma.
“Adesso cosa dovete fargli?”
“Adesso disinfettiamo la ferita e applichiamo dei mini punti adesivi che serviranno a farla cicatrizzare bene senza lasciare segni” interviene il medico.
Tiro un sospiro di sollievo, rendendomi finalmente conto che il mio bambino non ha nulla di grave.
Teddy, però, continua a piangere ed io subito corro accanto a lui. Sul sopracciglio sinistro ha un taglio lungo due o tre centimetri, e sembra anche abbastanza profondo, considerando che a tratti fuoriescono ancora piccoli fiotti di sangue.
“Cucciolo, hei, tranquillo. Ci sono mamma e papà con te” mormoro, accarezzandogli i capelli dal lato opposto al taglio sul sopracciglio.
“Papà ho.. tanta paura” farfuglia, piangendo.
“No amore mio, no. Adesso il dottore pulisce la ferita e poi mette un cerottino, tutto qua”
“No lui mi fa la puntura!!” protesta mio figlio.
“Hei, campione, ascoltami” il dottore si avvicina e lo guarda negli occhi “Ti prometto che se farai il bravo non ci sarà bisogno di nessuna puntura. Promesso. Qua la mano” gli porge la mano e Teddy la stringe, mentre i suoi singhiozzi pian piano si placano.
Anastasia, accanto a me, gli tiene la mano. È pallida, ha gli occhi rossi per il pianto e le guance completamente fradice. Mi allungo verso di lei e le poso le labbra sulla tempia.
“Andrà tutto bene” sussurro, lasciandole qualche piccolo bacio tra i capelli.
Lei sorride debolmente e appoggia la testa sulla mia spalla, senza mai lasciare la mano del nostro bambino. Teddy, che aveva smesso di piangere rassicurato dalla nostra presenza, alla vista dell’infermiera con in mano un flaconcino di vetro e una siringa, ricomincia a dimenarsi e urlare.
“No Teddy non fare così, ti prego” lo supplica Anastasia “Altrimenti come facciamo a far guarire la ferita?”
“Fa male!! Bruciaa!!” urla lui, piangendo e agitando le gambe, e Dio solo sa quanto tutto questo mi strazi.
Sarà anche solo un banale taglio, ma mi si spacca il cuore nel vedere il mio bambino soffrire.
“Teddy ascoltami” dice dolcemente l’altra infermiera, alzando le mani “Guarda, non ho nulla, né siringhe né niente” si appoggia al lettino dal lato opposto al nostro e gli prende la mano “Lo so che brucia, però noi abbiamo un’acqua magica che non fa sentire dolore. È dolce come lo zucchero. Se fai il bravo la puoi bere, altrimenti dobbiamo dartela con la siringa..”
“Nooo la siringa noo!!”
“Allora la vuoi bere?”
“Ma è brutta!”
“No amore” interviene Ana “La dottoressa ti ha appena detto che è dolce”
Mentre Teddy riflette e si convince, sopraggiunge l’altra infermiera con in mano una siringa senza ago e un liquido trasparente dentro.
“Dai tesoro” la prima infermiera lo aiuta a sollevare un po’ la testa e l’altra rapidamente fa scendere il liquido sulla sua lingua. Teddy deglutisce con una mezza smorfia e poi si distende di nuovo.
“È un blando sedativo ad azione rapida” spiega subito il medico “Serve a farlo calmare un po’, altrimenti diventa impossibile applicare i punti se lui è così agitato”
Pochi minuti dopo, infatti, Teddy comincia a guardarsi intorno con gli occhi vacui, e fatica a tenerli aperti, come se non dormisse da giorni.
“Oddio, è normale che faccia così?” domanda allarmata Anastasia.
“Sì, Mrs Grey, è tutto normale” la rassicura l’infermiera con un sorriso.
La sua collega, nel frattempo, assiste il medico, che si accinge a pulire per bene la ferita con dei batuffoli bianchi imbevuti di disinfettante. Dopodichè l’infermiera gli passa un tubetto di crema.
“Adesso applichiamo un po’ di crema che funge da anestetico locale, così da ridurre il dolore al minimo” ne preleva un po’ e la applica con l’aiuto di un altro batuffolo a forma di pallina tenuto con delle pinze.
Ci spiega che bisogna aspettare qualche minuto che la crema faccia effetto e si sfila i guanti.  
“Come si sente, Mrs Grey?” chiede una delle due infermiere, posando la mano sulla spalla di mia moglie con fare materno.
Ana accenna un sorriso. “Adesso meglio, ho avuto una paura tremenda” sposta lo sguardo su di me “L’ho sentito urlare e non appena sono corsa da lui ho visto metà del suo volto ricoperta di sangue. Mi sono sentita morire..” il terrore è ancora vivido nei suoi occhi.
Senza staccarmi da Teddy, le cingo le spalle con un braccio e la attiro a me. “È tutto passato” sussurro.
Lei annuisce e sorride, respirando profondamente.
“Di quanti mesi è?” domanda l’infermiera, indicando la pancia di Ana, ed io le sono grato perché riesce ad alleggerire un po’ l’atmosfera.
Mia moglie istintivamente si passa una mano sul ventre. “Sono nel sesto. È una femminuccia”
“Wow! Teddy è felice di avere una sorellina?”
“In realtà lei è la seconda: abbiamo già un’altra bambina di tre anni” intervengo “Teddy la adora, e diciamo che adesso avrebbe preferito un fratellino, però è comunque molto felice”
Le infermiere sorridono e rivolgono a nostro figlio uno sguardo colmo di dolcezza.
Il diretto interessato, quasi come se si sentisse chiamato in causa, mugugna un “Mamma” e Ana si china subito su di lui.
“Amore” sussurra, sfiorandogli teneramente la guancia.
“Andiamo.. a casa?” domanda il mio bambino, in uno stato tra veglia e sonno.
“Sì cucciolo, tra poco andiamo a casa. Adesso però stai fermo perché il dottore deve metterti il cerottino”
Nei minuti successivi il medico, con il sostegno delle infermiere, applica sul taglio di Teddy dei piccoli punti adesivi bianchi, mentre noi gli parliamo sussurrando per farlo stare tranquillo.
Successivamente il medico applica il cerotto e ci invita ad osservare perché nei prossimi giorni saremo noi a dover cambiare la medicazione.
Ad un tratto qualcuno bussa alla porta, facendoci sobbalzare. Una delle due infermiere si allontana per aprire la porta.
“Oh, buonasera dottoressa Grey!”
Tiro un sospiro di sollievo nel sentire nominare mia madre, e nel vederla un attimo dopo.
“Mi ha avvisata Taylor” spiega mia madre, entrando e avvicinandosi al lettino “Cos’è successo?”
“Niente di grave, per fortuna. Teddy è solo caduto e si è procurato un taglio sul sopracciglio” spiega il medico “Adesso abbiamo applicato i punti e nel giro di pochi giorni sarà tutto sparito”
Mia madre sospira. “Grazie Sam, davvero” dice rivolta al suo collega.
“Non devi dirlo nemmeno, Grace. E poi tuo nipote è un angelo. Se tutti i bambini fossero così, il nostro lavoro sarebbe molto più rapido ed efficace”
Mia madre sorride, e poi si avvicina a Teddy per dargli un bacio.
“Gli avete dato qualcosa per calmarlo?”
“Sì, un po’ di Midazolam per via orale perché era alquanto agitato, e poi un po’ di lidocaina locale per il dolore”
Prima di andare via le infermiere si raccomandano di cambiare ogni giorno il cerotto che copre i punti e ci informa che questi ultimi cadranno da soli tra una settimana al massimo.
“Non preoccupatevi se, una volta tornati a casa, vedrete Teddy ancora un po’ intontito: è l’effetto del sedativo. Se vuole mangiare, può farlo senza problemi; se dovesse rifiutare, non forzatelo. Lasciatelo riposare e vedrete che domani sarà come nuovo!”
“Grazie a tutti, davvero” affermo, stringendo la mano al medico e poi alle infermiere.
Dopodichè prendo in braccio Teddy e, insieme a mia madre ed Ana, usciamo dalla stanza.
“Ma com’è caduto?” chiede mia madre, rivolta a sua nuora.
Sento Ana sospirare. “I-io non.. non lo so di preciso.. Ero distratta..”
Mi volto di scatto, fulminandola con lo sguardo, ma lei non se ne accorge perché i suoi occhi vagano ovunque tranne che nella mia direzione. E già questo mi fa intuire che ci sia qualcosa che mia moglie non mi ha detto.
“Roxy era con Lucas e Phoebe al chioschetto ed io ero su una panchina.. Ma non.. non ho visto bene cos’è successo.. Ad un tratto ho sentito un urlo e sono scattata.. Quando ho visto il sangue che colava lungo la tempia e la guancia ho pensato al peggio..”
Mia madre le accarezza la schiena per rassicurarla. “Hei, tranquilla. È stato solo un brutto spavento. L’importante è che Teddy stia bene” si volta verso di me e mi sorride.
Ma io non riesco a ricambiare il sorriso, perché la mia mente è ancora proiettata sulle parole di Ana. Non riesco a credere che non stesse prestando attenzione a ciò che faceva nostro figlio, pur conoscendo perfettamente tutti i pericoli che ci sono in giro.
Se a Teddy fosse capitato qualcosa di peggio?
In macchina la tensione è alle stelle.
Io non riesco ad aprire bocca perché so che scoppierebbe una discussione, e Ana dal canto suo è assolutamente consapevole di quanto io si incazzato perché mi guarda di sottecchi e si tortura le mani.
“C-Christian..” mormora ad un tratto.
Alzo una mano. “No” dico categorico “Ne parliamo a casa”
Lei sospira e gira il viso verso il finestrino.
A poche centinaia di metri da casa, Teddy, che sonnecchiava con la testa appoggiata sul mio petto, si sveglia, guardandosi intorno spaesato.
“Cucciolo, stiamo andando a casa” lo informo.
“Amore, come ti senti? Ti fa male qualcosa?” domanda Anastasia, accarezzandogli i capelli.
Teddy scuote la testa, strofinandosi gli occhi.
“Tesoro devi fare attenzione” gli allontano la mano dall’occhio sinistro “Il dottore ti ha messo un cerotto qui, però, se vogliamo far guarire presto il taglietto, non devi toccarlo. Capito?”
“Okei” mugugna mio figlio, appoggiando di nuovo la testa sul mio petto.
Gli do un bacio tra i capelli e lo stringo forte a me, e sento qualche fibra del mio corpo tremare ancora per la paura.
Non so cos’avrei fatto se gli fosse capitato qualcosa di grave. Al solo pensiero mi sento morire.
Non appena Taylor parcheggia davanti all’ingresso di casa, prendo in braccio Teddy ed esco dall’auto, mentre Jason apre la portiera ad Ana. Mia moglie mi raggiunge alla porta ed estrae le chiavi dalla borsa.
Entrati in casa, sentiamo le voci di Gail e Phoebe provenire dalla cucina, e pochi istanti dopo vedo la mia bambina correre verso di me e aggrapparsi alle mie gambe.
“Teddy!!” urla, quasi piangendo.
“Amore” Anastasia si china accanto a lei “Non ti preoccupare, Teddy sta bene. È solo un po’ stanco” la rassicura, carezzandole i capelli.
“Finalmente siete tornati!” Gail sopraggiunge dalla cucina “Roxy mi ha raccontato cos’è successo. Che vi hanno detto in ospedale?”
Ana spiega brevemente la situazione a Gail, che tira un sospiro di sollievo. Anche lei era molto in ansia per nostro figlio.
“Papi mi fai scendere?” dice ad un tratto Teddy.
Lo accontento subito e, non appena lo metto giù, viene praticamente assalito da sua sorella che lo abbraccia forte.
Gail, Ana ed io li guardiamo quasi commossi.
“Era così spaventata e preoccupata” mormora la nostra governante, riferendosi a Phoebe.
La nostra bambina è estremamente sensibile e coccolona, soprattutto quando si tratta di suo fratello. A volte non riesco a capacitarmi di quanto siano legati e complici.
“Vi va di mangiare qualcosa?” chiede ad un tratto Gail “Ho preparato l’insalata di riso”
Annuisco. “Per me giusto un boccone”
“Io voglio il latte con i biscotti!” afferma Teddy.
“Anche io” Phoebe lo segue a ruota.
“Va bene! Latte con i biscotti sia!”
Gail accarezza loro i capelli; farebbe qualsiasi cosa per accontentarli.
“Per me niente, Gail, grazie” interviene Ana.
La guardo in tralice. “Come sarebbe niente?”
“Sarebbe che non ho fame. Ho lo stomaco chiuso e non ho voglia di mangiare”
“Ana non fare la bambina, lo sai che devi mangiare” insisto.
Lei alza gli occhi al cielo, sbuffando, e si passa nervosamente le mani tra i capelli.
“Christian, ti prego, lasciami stare. Se per una sera non mangio non succede niente”
Detto questo se ne va, dirigendosi verso le scale. Gail porta i bambini in cucina ed io resto lì impalato come un idiota.
Strofino le mani sul viso, tentando di recuperare la calma. Ma non è affatto semplice. Sento tutta la tensione di queste ultime ore crollarmi addosso, la paura, il pianto di Teddy, il viso stravolto di Ana.
E so che questa giornata infernale non è ancora terminata, perché dopo, che lo voglia o no, mia moglie dovrà spiegarmi per filo e per segno cosa diavolo è successo al parco e per quale motivo lei non si è accorta di nulla.
Per adesso salgo in camera per togliere la camicia e indossare una comoda t-shirt, e mi lavo le mani.
Anastasia, nel frattempo, si sfila le scarpe con il tacco, si strucca e raccoglie i capelli in una coda disordinata. Anche se in questo momento sono incavolato nero con lei, non posso fare a meno di notare quanto sia bella nel suo aspetto così naturale.
Quando scendiamo in cucina, qualche minuto dopo, Teddy e Phoebe sono già a tavola con le loro tazze di latte e le rispettive porzioni di biscotti, mentre al mio posto a capotavola Gail ha già riempito il piatto con un’insalata di riso colorata e profumatissima.
“Ana, sei sicura di non volerne un po’ anche tu?”
“No Gail, davvero. Grazie”
“Preferisci un po’ di pasta?”
Mia moglie scuote la testa. “Non ho fame, non riuscirei a mandare giù nulla. Magari dopo mi preparo una tazza di tè”
Gail annuisce, per nulla convinta. Conosce bene Anastasia e sa che quando dice di avere lo stomaco chiuso, alla fine non mangerà nulla. E questo mi fa imbestialire terribilmente. Dopo una giornata così stressante, con il caldo che fa e nelle sue condizioni, trovo semplicemente assurdo che non tocchi cibo, e se potessi la legherei alla sedia e la farei mangiare con la forza.
Dopo cena mettiamo i bambini a letto, immersi in un’atmosfera carica di tensione, e mentre Ana legge loro una favola, io mi ritiro nel mio studio a leggere alcune mail. Oggi sono andato via all’improvviso e ho lasciato diverse cose in sospeso.
Non mi rendo neanche conto del tempo che scorre, e solo quando sento bussare alla porta mi accorgo che sono passati quasi tre quarti d’ora.
“Avanti!”
La porta si apre, rivelando Anastasia con un’espressione alquanto stanca.
“Hanno impiegato parecchio per addormentarsi” osservo.
Lei si butta letteralmente di peso sulla poltrona al centro della stanza. “Teddy si è addormentato praticamente subito, forse ancora a causa del sedativo. È stata Phoebe lo scoglio difficile. Era ancora un po’ agitata..”
“È stata una giornata complicata, hanno solo bisogno di riposare un po’ e lasciarsela alle spalle..”
“Già..” mormora Ana, accarezzandosi distrattamente la pancia e rivolgendo lo sguardo alla finestra, da cui filtra la luce della luna che illumina la stoffa bianca delle tende.
Terminato il mio lavoro, spengo il computer e mi alzo. Con un pesante sospiro mi siedo sulla poltroncina accanto a quella di mia moglie.
“Avanti, parla” afferma lei, dura.
“Eh?”
“Christian, è da quando siamo usciti dall’ospedale che ti stai trattenendo dall’inveire contro di me. Per cui dai, adesso sei liberissimo di farlo”
“Io non voglio inveire. Vorrei solo sapere cosa cazzo è successo! Chiedo troppo?”
“Dio..” sussurra “Sai perfettamente cos’è successo! Teddy stava giocando con altri bambini, ad un tratto è inciampato e nel cadere ha sfiorato con la fronte un ramo che era a terra. Era appuntito e gli ha provocato la ferita..”
“Quello che mi sfugge è cosa tu stessi facendo in quel momento..”
Lei sospira. “Ero seduta su una panchina poco distante”
“E se eri poco distante come hai fatto a non accorgerti di nulla?”
“Oh ma cos’è un interrogatorio?” sbotta, alzandosi e cominciando a camminare avanti e indietro “Ero distratta, okei? Mi sono distratta dieci secondi, dieci, per leggere una rivista..”
“E ti sembra una cosa normale?? Te ne stavi lì a leggere e non guardavi cosa stesse facendo tuo figlio!” alzo la voce, e lei risponde alzando ancor di più la sua.
“Ma sei impazzito? Non me ne stavo lì a leggere, ho concentrato per qualche secondo la mia attenzione sulla rivista. Potevo mai immaginare cosa sarebbe successo??”
Mi strofino nervosamente le mani sul viso, e prendo dei respiri profondi per cercare di calmarmi. Il pensiero che, mentre Anastasia era con la testa altrove, nostro figlio correva dei pericoli, mi distrugge, mi fa impazzire.
“Avresti dovuto immaginarlo. Sai bene che con i bambini non si può mai dare nulla per scontato. Se fosse capitato qualcosa di peggio?”
“Qualcosa di peggio può capitare ovunque, anche qui a casa. Non possiamo prevederlo. Magari se non ci fosse stato quel ramo, Teddy si sarebbe semplicemente sbucciato le ginocchia, come fanno migliaia di bambini ogni giorno..”
“E ci pensi invece che se quel ramo fosse finito solo due centimetri più in basso..” mi blocco, perché non riesco a pronunciare ad alta voce ciò che sto pensando. La sola idea mi fa gelare il sangue nelle vene.
Anastasia si ferma in piedi di fronte a me con le mani sui fianchi; c’è solo il piccolo tavolino di legno a separarci.
“Non voglio nemmeno pensarci” mormora, con la voce che trema “Non possiamo metterci ad elencare tutti i se, altrimenti impazziremmo. Ma.. se pure avessi osservato Teddy senza distogliere lo sguardo neanche per un attimo, non avrei potuto impedire che cadesse, perché nel tempo che avrei impiegato ad alzarmi e raggiungerlo, lui sarebbe comunque già caduto..”
“Beh, questo non possiamo saperlo..” affermo, con tono freddo.
Lei sgrana gli occhi e mi fissa con uno sguardo che mi fa venire i brividi.
“Stai dicendo che è colpa mia?”
Non riesco a risponderle.
Dovrei dirle di no. Vorrei dirle di no.
Ma quel semplice monosillabo mi resta incastrato in gola. Rivedo davanti ai miei occhi il momento in cui Taylor spalanca la porta del mio ufficio e mi comunica che Sawyer sta portando Teddy in ospedale. Mi sembra quasi di avvertire ancora i brividi lungo la schiena e il panico nei visceri.
Vorrei spiegare tutto questo ad Anastasia, ma la vista del suo sguardo carico di dolore e delusione mi paralizza.
Scuote la testa, incredula, e senza aprire bocca scappa via dal nostro ufficio, lasciandomi da solo con il cuore pesante e l’immagine dei suoi occhi feriti che mi strazia l’anima.


POV ANASTASIA

L’acqua calda della doccia scorre sul mio viso e si mescola alle mie lacrime. Non so da quanto sono qui dentro: ho perso la cognizione del tempo da quando sono entrata in cabina. So solo che nell’istante esatto in cui mi sono buttata sotto il getto d’acqua, sono crollata.
Sono crollata sotto il peso di questa giornata estenuante; sotto il peso della tensione e della paura che ho accumulato nell’arco di pochi minuti.
E sono crollata sotto il peso dei sensi di colpa, perché dentro di me si sta insinuando la consapevolezza che ciò che ha detto Christian sia la pura e semplice verità.
Quando al parco ho sentito il pianto acuto di Teddy, per un istante sono rimasta pietrificata, perché sapevo che quello era il pianto di mio figlio, lo riconoscerei tra mille. Non so dove abbia trovato la forza di alzarmi e percorrere i pochi passi che mi separavano dalla zona giochi, ma quando ho visto il mio bambino con il sangue che colava lungo la tempia sinistra e la guancia, mi sono sentita morire.
Ho pensato agli scenari peggiori, da una lesione all’occhio al trauma cranico. Se non fosse stato per Roxy che, non appena ci ha visti, ha avvisato prontamente Sawyer, non so cos’avrei fatto. Avevo la vista appannata dalle lacrime, il sangue ghiacciato nelle vene e una paura che mi paralizzava lo stomaco e i muscoli.
Durante il tragitto dal parco all’ospedale, mentre cercavo in qualche modo di calmare il mio bambino, dentro di me si alternavano le preghiere affinchè mio figlio stesse bene e la convinzione che se fossi stata più attenta forse avrei potuto evitare tutto quello.
Il responso del medico mi ha tranquillizzata: sapere che Teddy non aveva nulla, se non una piccola ferita, ha alleggerito il peso opprimente che avevo sul cuore, ma non ha fatto tacere quella vocina insistente che continuava a ricordarmi che avrei dovuto fare più attenzione, badare di più a mio figlio, perché i pericoli in giro sono tanti, e i bambini sono molto impulsivi e poco prudenti.
A distruggermi definitivamente, però, è stato perdermi nello sguardo duro di Christian e nelle sue parole così cariche di recriminazioni. Conosco mio marito e sapevo che si sarebbe arrabbiato, ma mi aspettavo che, dopo un primo momento di ira, mi rassicurasse, mi dicesse che nessun genitore è perfetto, che un errore può capitare a tutti, che i bambini cadono cento volte al giorno e che l’unica cosa importante è che nostro figlio stia bene.
Le sue parole mi rimbombano nella testa, e mi sembra quasi di impazzire.
La pelle dei polpastrelli è ormai raggrinzita quando chiudo il soffione della doccia ed esco dalla cabina, indosso l’accappatoio e mi siedo sullo sgabello accanto alla vasca. Afferro il cellulare dalla mensola e trovo un sms di Kate e uno di Thomas che mi chiedono cosa sia successo. Rispondo brevemente ad entrambi, con la promessa che domani li aggiornerò nei dettagli, e poi mi lascio andare con la schiena contro il muro, sospirando profondamente.
Ad un tratto sento i calci forti e decisi della mia piccolina, la cosa più bella di questa giornata. Allento leggermente il nodo dell’accappatoio e con un sorriso mi accarezzo piano la pancia.
“Amore mio” mormoro, fermando la mano nel punto in cui i suoi movimenti sono più netti “Oggi l’ho combinata davvero grossa. Hai sentito il tuo papà com’era arrabbiato? Certo, lui non ha un carattere semplice, lo sappiamo, però mi sa che questa volta ha ragione..”
Un tenero sorriso spunta sul mio volto non appena sento la mia piccola principessa scalciare più forte.
“Stai incoraggiando me o appoggiando tuo padre? Vabbè.. considerando che sei femmina, sarai sicuramente dalla sua parte..” ridacchio e riprendo le mie dolci carezze da un punto all’altro della mia pancia che cresce ogni giorno a vista d’occhio “Sapessi quanto è innamorato di te il tuo papà. E non solo lui. Teddy e Phoebe amano coccolarti, ma sono sicura che questo lo sai già..”
Un bussare improvviso alla porta mi fa sobbalzare e per poco non batto la testa contro il muro.
“Ana? Tutto bene?” tuona la voce di mio marito.
“Sì! Pochi minuti ed esco!” urlo di rimando.
Controllo l’ora sul cellulare e mi rendo conto di essere in bagno da quasi un’ora. Mi alzo e mi asciugo velocemente, infilo il pigiama ed esco dal bagno, senza neanche applicare la crema idratante sul viso e l’olio per le smagliature sul seno e sulla pancia; questa sera non ho davvero nessuna voglia di prendermi cura del mio corpo.
In camera trovo Christian seduto sul letto, con il cellulare tra le mani.
“Il bagno è libero” gli comunico.
Lui si alza e mi scruta in volto. “Va tutto bene?”
Oh, dopo la nostra conversazione di poco fa non potrei stare meglio.
“Sì” sibilo, prima di uscire dalla nostra stanza.
Scendo in cucina per prepararmi una tazza di tè, ma ci rinuncio non appena mi accorgo che solo nell’aprire la dispensa e avvertire gli odori degli alimenti, sono assalita da un pesante senso di nausea.
Salgo in camera dei bambini e mi siedo sul bordo del letto di Teddy. Amo guardarli dormire: mi infondono un senso di pace e serenità ineguagliabile. Allungo una mano e accarezzo teneramente i capelli di mio figlio, dopodichè scosto il copriletto e mi stendo accanto a lui.
“Mamma” mugugna, girandosi e appoggiando la testa sul mio seno.
“Dormi cucciolo” sussurro, lasciandogli un bacino tra i capelli.
Teddy poggia la manina sulla mia pancia, chiude gli occhi e si addormenta.
Cullata dal respiro dei miei bambini e dai dolci movimenti dell’angioletto dentro di me, lentamente mi abbandono al sonno.
 
Vedere l’alba è sempre stato un momento speciale per me, soprattutto da quando vivo qui. Il buio che pian piano fa spazio alla luce, il silenzio che mi circonda, l’aria fresca e pulita, qualche uccellino che pigola in lontananza. È un momento che mi dona sempre serenità e relax, ma questa mattina non è così.
Ho un peso sul cuore che mi tormenta da ieri sera, e non riuscirò a liberarmene fino a quando non avrò parlato con Christian. Questa notte, tra l’altro, non abbiamo neanche dormito insieme, perché io mi sono addormentata accanto a Teddy e lì mi sono svegliata un’ora fa; erano appena le 5. Mi chiedo per quale motivo mio marito non mi abbia svegliata per farmi dormire nel nostro letto, ma credo che fosse ancora arrabbiato con me e avesse bisogno di sbollire un po’.
Spero che questa mattina sia più calmo, e vorrei chiedergli scusa. Ha ragione Christian quando afferma che sarei dovuta essere più attenta, e mettendomi nei suoi panni mi rendo conto che probabilmente anche io avrei reagito allo stesso modo.
Seduta sul dondolo in giardino, coccolo la mia piccola Allison, che in famiglia abbiamo già iniziato a chiamare Allie, che mi dà il suo buongiorno con uno dei suoi calci. Sentirla muovere dentro di me è sempre un’emozione meravigliosa, nuova e magica ogni giorno di più.
Mi lascio cullare ancora un po’ dalla frescura dell’alba e dal profumo del mio giardino, sussurrando parole dolci alla mia piccola principessa, e rientro in casa quando sono ormai passate le 6:30. Invio un SMS a Gail dicendole di venire un po’ più tardi perché oggi alla colazione penso io, dopodichè mi metto ai fornelli. Preparo i pancakes, taglio a pezzetti la frutta fresca e metto su il caffè.
Non mi accorgo neanche di non essere più sola fino a quando sollevo la testa e incrocio lo sguardo assonnato di mio marito.
“Buongiorno”
“’Giorno” risponde scocciato, sedendosi al bancone “Gail non c’è?”
“Le ho detto io di venire più tardi. Mi sono svegliata molto presto e ho pensato di preparare io..”
“Immagino che tu non abbia dormito granchè nel lettino con Teddy..”
Scrollo le spalle. “Meglio di quanto mi aspettassi. Ma.. come mai non mi hai svegliata ieri sera?”
Lui solleva le spalle. “Dormivate così bene.. Non lo so, non ho avuto il coraggio..”
Accenno un sorriso, mentre verso un po’ di caffè in una tazzina e la porgo a Christian, insieme ad un piatto di pancakes. Io invece prendo uno yogurt e la frutta fresca dal frigorifero e mi siedo accanto a lui; apro lo yogurt e vi immergo il cucchiaino, ma non riesco a mangiare nulla, perché avverto sulla pelle tutta la freddezza di mio marito e la tensione che aleggia tra di noi.
“Christian..” mormoro, per attirare la sua attenzione.
Non so esattamente cosa dirgli, ma so che se non gli parlo non mi libererò mai di questo macigno che mi pesa sullo stomaco.
Lui si volta verso di me, guardandomi negli occhi.
“I-io..” mi schiarisco la voce “Volevo.. volevo chiederti scusa per quello che è successo ieri. Insomma.. so che ho sbagliato: sarei dovuta essere più concentrata..”
Christian si tampona gli angoli della bocca con il tovagliolo e poi solleva lo sguardo verso di me.
“Non pensiamoci più” dice semplicemente, e quelle parole sono per me come una cascata di cubetti di ghiaccio sulla schiena.
Non so cosa mi aspettassi esattamente da lui, ma sicuramente non questo atteggiamento freddo e superficiale. In qualche parte di me speravo che mi rassicurasse, che mi dicesse che in fondo non è colpa mia, e che va tutto bene. Invece si è limitato a quelle tre parole per me assolutamente prive di significato.
“Non pensiamoci più? Questo hai da dire?”
Lui sospira. “Ana, cosa vuoi che ti dica??”
“Sicuramente non qualcosa che mi dia un contentino.. Perché non è che io adesso stia meglio..”
“Ma secondo te io come sto? Credo che io stia bene?” sbotta, allontanando il piatto con i pancakes “Tutta la notte non ho fatto che girarmi e rigirarmi nel letto, avevo continui incubi..”
“Immagino come tu ti sia sentito, perché anche io mi sento così. Ma secondo me non dobbiamo montare un caso sul nulla, alla fine non è successo niente di grave. Teddy sta bene ed è questo quello che conta!!”
Lui mi guarda stranito. “Un caso sul nulla? Quindi per te quello che è successo è nulla?? Teddy poteva farsi male sul serio!!”
“Oddio Christian!!” urlo esasperata, alzandomi “Non ho detto questo! Ho solo detto che stiamo rimuginando troppo su qualcosa che per fortuna si è risolto al meglio e senza conseguenze. Ho capito di aver sbagliato, okei? Ero distratta e dovevo stare più attenta. Ti ho chiesto scusa, cos’altro vuoi che faccia??”
Lui non risponde, si limita a fissare un punto imprecisato davanti a sé. Non lo sopporto quando fa così! Si trova alle strette ed evita di affrontare il discorso...
“Se fosse capitato a te?” gli chiedo ad un tratto.
Christian solleva gli occhi di scatto e mi guarda come se gli avessi detto che gli asini volano.
“A me?”
“Sì, a te. O forse tu sei perfetto, vero? Tu non sbagli mai..”
Lui non si scompone più di tanto, ed io non tollero questo suo silenzio, per cui decido di salire a fare una doccia. Speravo che potesse servirmi a riacquistare un po’ di energia, ma mi rendo conto di essere particolarmente stanca e per una volta decido di venire meno ai miei doveri: telefono ad Hannah e la avviso che oggi non andrà in ufficio. Non ho la forza né la voglia di uscire, preferisco stare un po’ con i miei bambini.
Con addosso l’accappatoio, mi sposto in cabina armadio e indosso un paio di pantaloncini e una t-shirt. Sto spazzolando i capelli quando Christian entra in cabina armadio per decidere cosa indossare.
“Hai intenzione di uscire così?” domanda, lanciando un’occhiata alla mia mise.
“Oggi non vado al lavoro”
Lui resta con la cravatta a mezz’aria e mi fissa come se mi fosse spuntato un terzo occhio.
“Come mai?”
“Nessun motivo in particolare. Semplicemente non mi va”
“Oh.. allora fai bene a restare a casa. Finisci almeno di fare colazione..”
“Non mi va”
“Anastasia ti prego. Devi mangiare, lo sai..”
“Magari dopo” taglio corto, pur di non sentire le sue ramanzine sul cibo.
Dopo una doccia e l’ennesima raccomandazione sulla colazione, Christian esce insieme a Taylor, mentre io metto a posto la cucina e poi mi rintano sul divano a leggere un libro, in attesa che si sveglino i bambini.
La mattinata scorre velocemente tra giochi, disegni e coccole. Non c’è niente che mi renda felice e mi calmi più dei miei figli. Manca solo Christian a rendere perfetta questa giornata, ma lo conosco e quando è incavolato con me preferisce starsene un po’ da solo.
Non so cosa fare per ammorbidire la tensione tra noi e far sì che torni tutto come sempre. Lui continua in qualche modo ad attribuirmi parte della responsabilità di quello che è successo a Teddy, e questo non fa che acuire ulteriormente il mio già insidiato senso di colpa.
Poco dopo pranzo mio marito mi invia un SMS in cui mi comunica che rientrerà più tardi perché dopo il lavoro ha un appuntamento con Bastille. Resto per diversi minuti a fissare lo schermo del cellulare con le lacrime agli occhi.
Ma perché in gravidanza mi trasformo in una fontanella ambulante? Piango per nulla, ogni minima sensazione, positiva o negativa che sia, si amplifica.
Per fortuna nel pomeriggio passano a trovarci Grace e Carrick. I bambini sono sempre entusiasti di vedere i nonni, ed io oggi ho particolarmente bisogno di rifugiarmi in una figura materna, e Grace è praticamente una seconda mamma per me.
Infatti, solo guardandomi negli occhi intuisce che c’è qualcosa che non va e mi raggiunge in cucina, mentre preparo il caffè, per parlarmi. Finalmente ho la possibilità di sfogarmi e di esprimere quello che sento, senza tralasciare niente, neanche quei pensieri di cui forse un po’ mi vergogno; perché non è bello pensare che se mio figlio fosse caduto solo due centimetri più avanti, quel ramo avrebbe potuto provocare conseguenze molto più gravi, ed io non mi sarei accorta di nulla.
“Tesoro mio ascoltami, adesso ti dirò una delle frasi più banali che esistano, ma anche una delle più vere: nessuna mamma è perfetta. Ma credi davvero di essere l’unica? Ci sono migliaia di bambini che si fanno male nelle loro stesse case, in giardino, sulle scale, ed è normale, perché i genitori non possono avere mille occhi. Non sai quante volte è capitato anche a me con Elliot, Christian e Mia. Anzi, loro a volte aspettavano che fossi distratta per combinare guai, soprattutto i maschi..” ridacchia, facendomi sorridere. Poi prosegue “Non sai quante volte mi sono sentita in colpa anche solo per una caviglia gonfia o un livido, ma ad un certo punto ho capito che cadere fa parte della quotidianità dei bambini, per evitarlo dovremmo solo tenerli in una teca di cristallo. Il problema di Teddy è stato solo quel ramo che non avrebbe dovuto essere lì, altrimenti si sarebbe semplicemente sbucciato le ginocchia e avrebbe ripreso a giocare..”
“Anche io penso la stessa cosa, solo che quando ho visto mio figlio in quello stato..” trattengo un singhiozzo al solo ricordo di quella scena.
“Hai pensato al peggio” Grace completa la frase al mio posto.
Annuisco, e lei mi accarezza dolcemente i capelli. “Hai ragione, è stato un momento di panico. Ma devi renderti conto che non è dipeso da te, e l’unica cosa che conta è che Teddy stia bene”
“Sì, lo so, ma Christian..”
“Christian” mi interrompe, sospirando “Christian non ce l’ha con te, ne sono sicura. È solo che.. tu lo conosci meglio di chiunque altro, lo sai com’è fatto. Non sopporta di non avere ogni cosa sotto controllo, non sopporta che le persone che ama possano soffrire, nemmeno per le più piccole sciocchezze”
Questo è vero, non a caso lo definisco il mio Maniaco del controllo.
“È sempre stato così. Ricordo che quando Mia cominciò a camminare, lui divenne la sua ombra. La seguiva in ogni passo, aveva paura che cadesse, che potesse farsi male. Ne parlai con un mio collega psicologo, e lui mi spiegò che il trauma di aver visto morire la mamma davanti ai suoi occhi e di non essere riuscito a fare niente per aiutarla lo ha reso iperprotettivo ai limiti dell’ossessivo. Negli anni questo fenomeno si è attenuato, ma è riaffiorato più potente di prima da quando Christian ha incontrato te e da quando è diventato padre. Tu e i vostri figli siete tutto per lui e non riesce ad accettare l’idea di non potervi proteggere da tutto..”
Le lacrime scorrono lente e silenziose sulle mie guance, e adesso mi sembra di vedere la situazione sotto una luce diversa, pur avendo sempre saputo ciò che ho appena sentito. Il modo in cui Christian mi attacca è semplicemente un meccanismo di difesa, è sempre stato così.
Abbraccio Grace, che mi stringe affettuosamente.
“Tesoro.. vedrai che Christian si accorgerà da solo di aver esagerato, lasciagli il suo tempo, e non incolparti mai più!”
“Grazie”
Lei si stacca da me e mi prende il viso tra le mani. “Non devi ringraziarmi. La vostra felicità è la nostra felicità” mi asciuga le lacrime e poi mi aiuta a preparare la merenda ai bambini.
 

POV CHRISTIAN

Riprendere gli allenamenti con Bastille dopo l’estate è sempre sfiancante. Quel bastardo adora torturarmi, e so che per almeno tre o quattro settimane si divertirà a mettermi sotto torchio per farmi smaltire quel paio di chili che ho messo su durante le ferie.
Nonostante la stanchezza, però, devo ammettere che oggi allenarmi fino a sentire i muscoli dolere e prendere a pugni il sacco fino a perdere la cognizione dello spazio è stato liberatorio.
Avevo bisogno di staccare da tutto, di spegnere il cervello. Quando litigo con Ana mi sento sempre incompleto, irrequieto, come se mi mancasse una parte di me, e la palestra mi aiuta a sfogarmi e a tentare di mettere in ordine i pensieri. Adesso che ho superato il momento di rabbia cieca, ho l’impressione di vedere le cose con maggiore nitidezza. Ho ripensato molto alle discussioni che ho avuto con mia moglie tra ieri ed oggi, e sono giunto alla conclusione che la mia reazione sia stata un po’ eccessiva.
Ero arrabbiato, scosso dalla paura, e come al solito ho agito impulsivamente, alzando la voce e irrigidendomi sulle mie posizioni. Il suo sguardo deluso e ferito a sua volta ha ferito me, ma questa mattina mia moglie ha saputo gettarmi sotto una doccia fredda con sole cinque parole: “Se fosse capitato a te?”
Sono rimasto per diversi minuti immobile, attonito, con lei che si è innervosita per il mio silenzio ed è scappata via. Per tutto il giorno non ho fatto che rimuginare su quella frase, e mi sono sentito rapito da una sensazione di panico, perché purtroppo sono consapevole che ci sono tante cose che non posso controllare e che al posto di Ana avrei potuto tranquillamente esserci io, e, per quanto non riesca ad accettarlo, non sono sicuro che avrei potuto evitare quello che è successo.
Mi sono reso conto che Anastasia ha ragione: non serve a nulla concentrarsi sui “se” e sui “forse”, altrimenti rischieremmo di impazzire. L’unica cosa che conta è che Teddy stia bene e se la sia cavata con un piccolo taglietto e tanto spavento.
È proprio mio figlio ad accogliermi non appena entro in casa, anche se la sua non può dirsi di certo un’accoglienza benevola.
“Alza le mani e non ti muovere!!” mi minaccia, con un mantello dietro la schiena, l’elmo in testa e la spada giocattolo tra le mani.
Sollevo lo sguardo e intravedo Ana e Phoebe sedute sul divano circondate da cuscini e sedie a mo’ di fortezza.
“Tu non riuscirai a fare del male alle principesse, io le liberero!” esclama, con espressione fiera.
Trattengo una risata e decido di stare al gioco.
“Io invece dico che riuscirò a sconfiggerti e a rapire le principesse”
“No!” urla lui.
“Ah sì?” mi sposto in atrio, recupero un ombrello dal portaombrelli e torno in salone, usandolo come arma.
Fingo di sfidare Teddy, agitando l’ombrello contro la sua spada, mentre Anastasia e Phoebe iniziano a ridere. Quando mio figlio cerca di piantarmi la punta della spada in addome, decido di arrendermi e mi getto sul pavimento, chiudendo gli occhi.
“Ce l’ho fatta!!” esclama Teddy.
Sento Ana e Phoebe applaudire e apro leggermente un occhio, vedo Teddy raggiungerle e “liberarle”.
“Grazie, nostro eroe!” dice mia moglie, chinandosi e schioccandogli un bacio sulla guancia.
Phoebe, invece, corre verso di me e praticamente mi si tuffa addosso.
“Papiiiiiiii!!” esclama, con la sua vocina angelica.
Mi metto seduto e la stringo forte a me. Lei circonda il mio collo con le braccia e appoggia la testa sulla mia spalla, facendomi sciogliere il cuore.
Dopo pochi secondi ci raggiunge anche Teddy, che si stringe a me dal lato opposto.
Può esistere un’accoglienza più bella?
Adesso sento alle stelle il bisogno di parlare con Ana e chiederle scusa, perché niente è più importante della nostra famiglia, e voglio che tutto ritorni come sempre, perfetto nelle sue imperfezioni.
Non appena i miei bambini si staccano da me, mi alzo e mi avvicino a mia moglie. Le do un bacio sulla tempia e contemporaneamente le accarezzo la pancia.
“Come va?”
Lei accenna un sorriso “Bene” risponde, quasi timida.
“Teddy è stato tranquillo?”
“Come vedi si sente molto molto energico” mi indica il divano sottosopra, ridendo “Però per il resto è stato un angelo, abbiamo anche cambiato la medicazione ed è stato bravissimo!”
“Potevi aspettarmi, ti avrei dato una mano”
Lei solleva le spalle. “Non era nulla di che..”
“Mamma, quando inizia il cartone della principessa Allie?” domanda ad un tratto nostro figlio.
Ana dà un’occhiata all’orologio che ha al polso “Tra 5 minuti. Volete vederlo nella stanza della televisione?”
“Sììì!”
“Allora andiamo così la accendo”
Mentre lei accompagna i nostri figli nella stanza della televisione, io metto a posto il divano e poi mi ci siedo sopra, lasciandomi andare contro lo schienale e chiudendo gli occhi.
Mi sento estremamente stanco, sia fisicamente che psicologicamente. Sono stati due giorni difficili, e non vedo l’ora di parlare con mia moglie e liberarmi di questo peso che mi tortura.
“Christian..?”
Apro gli occhi, incrociando lo sguardo di Anastasia.
“Dormi?”
Mi passo una mano tra i capelli. “No, sono solo un po’ stanco” mi alzo e cerco i suoi occhi “Tesoro io.. volevo parlarti..”
“Di cosa?”
Non faccio in tempo ad aprire bocca che Anastasia solleva il naso e sgrana gli occhi.
“Oddio la spigola!!!” urla, scappando in cucina.
La seguo e la vedo spegnere il forno e afferrare al volo due presine. Non appena apre il forno viene investita da una nube di fumo; cerca di scacciarla con la mano ed estrae la pirofila, la appoggia sul bancone ed esamina il pesce condito con patate e spezie.
“Bruciata?” chiedo.
“Direi di no, per fortuna. Solo un po’ abbronzata..”
Ridacchio, mentre lei ripone nuovamente la nostra cena in forno, tenendolo ovviamente spento.
“Gail non c’è?”
“No, le ho dato il pomeriggio e la serata liberi per il compleanno di suo nipote”
“Oh, è vero..”
Anastasia si appoggia al bancone e improvvisamente la vedo impallidire e portarsi una mano alla fronte.
“Ana!” mi alzo e la raggiungo, tenendola per i fianchi “Amore cos’hai?”
“Nulla, credo sia solo un leggero calo di pressione. Probabilmente sarà stato il calore del vapore del forno”
“Ti prego non mentirmi. Come ti senti?”
Lei solleva il viso e mi posa una mano sulla guancia. “Non sto mentendo. Sto bene, davvero. Sono solo un po’ stanca..”
In questo momento mi sento maledettamente in colpa. Ieri e stamattina sono stato uno stronzo e di certo ho contribuito in maniera determinante al suo malessere. Se la conosco, sicuramente avrà mangiato molto molto poco.
“Vieni qui” mormoro, facendola sedere su una sedia “Non muoverti”
Apro il frigorifero e le verso un bicchiere di succo di frutta al lampone: è zuccherato e sono sicuro che la farà sentire meglio.
“Grazie” sibila Ana afferrando il bicchiere e mandando giù tutto il suo contenuto. “Mi sento già meglio” afferma poco dopo con un sorriso.
Mi chino davanti a lei e le prendo le mani. “Dimmi la verità: da quanto non mangi?”
Lei distoglie lo sguardo e sospira, e questo mi fa capire che la risposta non mi piacerà affatto.
“Hey” le poso due dita sotto al mento e la costringo a guardarmi negli occhi “Non mi arrabbierò, te lo prometto. Però dimmi la verità”
Lei sospira di nuovo “Da ieri a pranzo” mormora.
Respiro profondamente.
Le ho promesso che non mi sarei arrabbiato, quindi devo sopprimere la voglia che ho di urlare e devo limitarmi a stringere i pugni e digrignare i denti.
Non riesco a credere che non tocchi cibo da più di 24 ore! Sono incazzato con lei ma soprattutto con me stesso, perché so che in parte è colpa mia: mi sono comportato male con lei, le ho detto cose orribili, ed Ana quando è giù di corda per prima cosa tende a rifiutare il cibo.
“Scusa” dice ad un tratto, posandomi una mano sulla guancia “Lo so che è un gesto da pazza incosciente. Solo che.. non ci sono proprio riuscita.. Oggi ho mangiato due forchettate di pasta ma dopo cinque minuti ho vomitato tutto”
Amore mio...
“Sì, effettivamente è stato un gesto un po’ da incoscienti, soprattutto considerando il tuo stato” affermo “Ma tu non hai nulla di cui scusarti. Sono io che ho sbagliato..”
“No Christian..”
“Ssshh” le poso due dita sulle labbra “Ti prego lasciami parlare”
Lei annuisce, io mi siedo sulla sedia accanto a lei e la faccio sedere sulle mie gambe, cingendole i fianchi.
“Sono io che devo chiederti scusa. Quello che è successo ieri non è dipeso da te, sarebbe successo comunque, anche se ci fossi stato io. Solo che.. ero troppo arrabbiato e spaventato per rendermene conto e me la sono presa con te..”
“Avevi le tue ragioni, anche io ho sbagliato. Avrei dovuto essere più attenta..”
Scuoto la testa. “No, tu non hai sbagliato. Ti senti in colpa perché sono stato io ad addossartela, ma tu non hai fatto nulla di sbagliato. Solo che.. avevo così tanta paura mentre arrivavo in ospedale, ho iniziato a pensare al peggio, e.. quando invece ho capito che non era successo nulla di grave, anziché preoccuparmi del fatto che anche tu fossi spaventata a morte, l’unica cosa che ho saputo fare è stata urlarti contro e prendermela con te..”
La mia voce è tormentata. Io sono tormentato. Perché sento di aver scatenato una serie di conseguenze che avrei potuto evitare se fossi stato meno cieco.
“Ohi” mia moglie mi prende il viso tra le mani, e mi guarda negli occhi con quello sguardo così carico di amore e dolcezza che sento quasi di non meritare “Basta. Smettila di incolparti. Abbiamo entrambi un pizzico di responsabilità. Certo, non posso negare che la tua reazione mi abbia fatto stare un po’ di merda, ma ho capito le tue ragioni..”
Sospiro. “È che.. io non.. non riesco ad accettare che possa accadere qualcosa a te o ai bambini.. Solo a pensarci sento di impazzire..”
Mi scappa un singhiozzo, e chiudo gli occhi per impedire alle lacrime di fuoriuscire. Anche se probabilmente sarebbe l’unico modo per liberarmi definitivamente di questo peso che mi schiaccia il petto.
“Amore” mormora Ana, sfiorandomi le guance con i polpastrelli “Ti prego basta. Va tutto bene” mi stringe forte a sé e intrufola le dita nei miei capelli, sa che è un gesto che ha un effetto calmante su di me.
Dopo qualche secondo mi prende nuovamente il viso tra le mani e mi guarda negli occhi. L’azzurro delle sue iridi mi appare leggermente sfocato dietro il velo di lacrime che mi copre lo sguardo.
“Lo so che vorresti sempre fare qualsiasi cosa per proteggerci, ma purtroppo ci sono cose che non si possono evitare. Amore, devi capire che non puoi assumerti sempre la responsabilità di tutto ciò che accade, che non puoi controllare tutto, e che la perfezione non esiste.. Tu per noi sei e resti sempre il miglior marito e papà del mondo”
Dio, quanto amo questa donna, al di là di qualsiasi logica spiegabile.
La bacio e poi mi accoccolo a lei, rifugiandomi con la testa nell’incavo del suo collo. Il suo profumo mi inebria e le sue braccia mi fanno sentire amato e quasi invincibile.
“Io non pensavo tutte le cose che ho detto” sussurro “Perdonami”
“Ssshh” Ana si scosta da me per guardarmi negli occhi e poi mi bacia con una dolcezza che mi fa perdere un battito.
“Ti amo” mormora poi, e quelle due parole fanno sgretolare definitivamente il peso che avevo sul cuore.
Sorrido contro le sue labbra, sussurro un “Anche io” e poi riprendo a baciarla.
Mi sento finalmente in pace, sereno e ancora più innamorato di lei.
Poso una mano sulla sua pancia e poco dopo avverto un calcio proprio sotto il mio palmo.
“Oddio” osservo, stupito, abbassando lo sguardo.
Anastasia posa una mano sulla mia e ride “Anche lei è felice che mamma e papà abbiano fatto pace”
“La principessina di papà” mormoro, accarezzando la pancia di mia moglie e appoggiando la testa sulla sua spalla.
Restiamo così per un tempo indefinito, a coccolarci e a coccolare la nostra Allie, fino a quando i nostri figli non arrivano a reclamare la cena.
L’atmosfera a tavola è distesa, serena e bellissima. Finalmente siamo di nuovo noi, a ridere, scherzare, raccontarci della nostra giornata. Ana sta mangiando di gusto, e questo mi rende ancor più felice.
Dopo cena è ancor più bello sparecchiare tutti insieme e mettere a posto la cucina. Anastasia non riesce ad andare a dormire quando la casa è in disordine, così facciamo squadra e ognuno dà il suo contributo: Ana lava, io sciacquo, Teddy a modo suo asciuga e Phoebe impila i piatti.
“Sono brava papi?” domanda la mia principessa, con la sua solita dolcezza.
Mi chino e le do un bacio sulla testa “Amore mio, sei bravissima!”
Lei sorride fiera e continua il suo lavoro, aiutata da Teddy.
“Ha preso tutto da te, anche la tendenza all’iperprotettività..” osserva Ana, guardando nostro figlio.
Ridacchio, scuotendo la testa “La nostra futura nuora ci ringrazierà”
Lei si volta verso di me e mi fissa con gli occhi sgranati “Non diciamo eresie per favore!”
“Eresie? Cos’è, vuoi che resti scapolo a vita?”
“No, ma è piccolo”
Rido ancora di più, adoro vendicarmi di tutte le volte in cui mi accusa di essere troppo geloso di Phoebe. Anche lei è gelosa, solo che sa mascherarlo meglio.
Non è questo il caso però...


“Non voglio uscire mai più da qui” mugugna Anastasia in estasi, lasciandosi andare con la schiena contro il mio petto.
Siamo immersi nella schiuma profumata della vasca da bagno, dopo aver messo a letto i bambini. Lei è semi-seduta tra le mie gambe divaricate con la testa appoggiata sulla mia spalla e le mie braccia le circondano la vita.
“Se vuoi possiamo restarci per sempre”
“Magari”
Le bacio una tempia. “Lo sai che ti porterei anche la luna se solo me la chiedessi”
Lei intreccia le dita con le mie, portando le nostre mani sulla sua pancia. “Non la voglio la luna. Tutto quello che abbiamo mi rende più felice di quanto abbia mai sognato..”
Quando dice queste cose mi fa scoppiare il cuore e mi fa sentire di aver fatto qualcosa di giusto nella vita.
“Lo sai che ti amo da morire?”
“Sì, ma non mi stanco mai di sentirtelo dire”
“Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo”
Anastasia ride e gira il viso quel tanto che basta per far incontrare le nostre labbra in un bacio dolce e pieno di passione.
Dopo essere usciti dalla vasca ed esserci asciugati tra schizzi e baci come fossimo due adolescenti, ci mettiamo finalmente a letto.
“Tua figlia di sera è sempre piena di energie” osserva, accarezzandosi la pancia “Augurati che non faccia così anche quando nascerà”
“Mi spieghi perché quando fa la peste diventa solo mia figlia?”
“Perché so già che sarà una ruffiana esattamente come sua sorella”
Rido, scuotendo la testa. “Non è ruffiana, è solo innamorata del suo papà” sollevo la maglietta del pigiama di mia moglie e le lascio un bacio accanto all’ombelico “Vero cucciola che sei innamorata del tuo papà?”
In risposta nostra figlia scalcia più forte, e, anche se non so se sia scientificamente possibile, mi piace pensare che mi senta e che in qualche modo sia la mia voce a farle questo effetto.
Anastasia mi accarezza i capelli e mi guarda con amore e infinita tenerezza. “Anche lei è innamorata di te. E anche io. Ogni giorno di più”
Mi sposto in modo da ritrovarmi con il viso a pochi centimetri dal suo, e mi allungo a baciarla.
“Ascolta, c’è una cosa a cui sto pensando da quando eravamo a tavola” le dico ad un tratto.
“Cosa?”
“La settimana prossima c’è un torneo di tennis di beneficenza a San Diego, ricordi che te ne avevo parlato?”
“Sì”
“Ecco, io avevo detto ad Andrea di prenotare una stanza solo per me, perché non volevo farti affrontare un altro viaggio. Adesso però ho cambiato idea, che dici se andassimo tutti insieme: tu, io e i bambini? Il torneo è organizzato per lunedì, però, visto che domenica è il tuo compleanno, potremmo partire sabato e festeggiarlo lì. Cosa ne pensi?”
Mia moglie ci riflette per qualche istante e poi mi rivolge un enorme sorriso.
“Penso che non potrei desiderare un compleanno migliore!” mi getta le braccia al collo, deliziandomi le orecchie con il suono della sua risata, ed io la stringo forte a me, e per un po’ mi illudo che davvero possa proteggerla da tutto il male del mondo.
 
 

Angolo me.
Buonasera meravigliose ragazze!!
Dopo quasi due mesi finalmente habemus capitulum!! Come al solito inizio l’Angolo me scusandomi con voi per le grandi attese che vi costringo a sopportare, ma voi sapete bene che sono sempre molto impegnata con l’Università. La sessione estiva non è ancora terminata, e ho dato tre esami nel giro di appena quindici giorni, quindi potete immaginare quanto sia stato poco il mio tempo libero. Ci tengo a tranquillizzare le ragazze che mi chiedono di non abbandonare la storia: io non abbandonerò mai questa storia, ormai per me è la mia piccola creatura e ho diverse idee per i prossimi capitoli. Per cui quando vi faccio attendere un po’ sappiate che è solo perché l’Università e lo studio mi assorbono quasi del tutto.
Venendo al capitolo, come molte di voi avevano già capito, è capitato qualcosa al nostro bimbo preferito, e come qualcuna aveva previsto, la reazione di Christian non è stata delle migliori. Per fortuna non è successo nulla di grave, ma sappiamo bene quanto il nostro Maniaco del controllo sia ansioso e iperprotettivo nei confronti delle persone che ama; le parole di Grace hanno disegnato alla perfezione la situazione.
Se da un lato Christian ha conservato le sue manie quasi ossessive di controllo e protezione, dall’altro ha anche imparato a riflettere sui suoi comportamenti e rendersi conto dei suoi errori.
Nel prossimo capitolo accompagneremo i nostri ragazzi a San Diego e non solo...
Da ora e per diverso tempo li farò stare tranquilli, quindi assisteremo a tanti momenti pieni di zucchero, e qualcuno anche di pepe...
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, come sempre aspetto i vostri commenti.
Vi ringrazio per le vostre recensioni sempre dolcissime e piene d’affetto e per l’enorme pazienza che avete nel rispettare i miei tempi di aggiornamento talvolta particolarmente lunghi.
Grazie, grazie, grazie.
Vi adoro.
Un abbraccio e a presto.
Mery.
 
 
   
 
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