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Autore: NPC_Stories    13/07/2018    1 recensioni
Seguito di Lezioni di sopravvivenza - Primo Livello, L'alba del Solstizio d'Inverno e Cursed with Awesome.
Dee Dee continua il suo percorso di crescita scendendo sempre più nelle viscere del dungeon, ma qui l'aspettano sfide ancora peggiori. Il suo compagno di viaggio drow è più dannoso che utile, anche se a volte le due cose coincidono.
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Spoiler: niente romance. La differenza di età la renderebbe una cosa creepy.
Nota: come al solito i personaggi principali sono tutti originali, ma potrebbero comparire a spot alcuni personaggi famosi dei Forgotten Realms
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1364 DR: Scendere è una strada in salita (Parte 6)

Dee Dee e Daren avevano guarito le ferite peggiori anche all’altro cultista, con la limitata magia che avevano a disposizione. Poi avevano legato i due prigionieri con un abile gioco di nodi che li teneva fastidiosamente allacciati l’uno all’altro, in modo che, se anche fossero riusciti ad eludere la sicurezza e scappare, avrebbero dovuto quantomeno collaborare per slegarsi. Era altamente improbabile che tentassero, visto che il loro reciproco odio superava di molte lunghezze l’astio che provavano per i loro catturatori.
Be’, forse il seguace di Juiblex odiava Daren più di quanto detestasse il tiefling. Ma aveva molte più ragioni di temere la vendetta di una quasi-vittima-sacrificale piuttosto che le azioni dei due elfi che l’avevano catturato risparmiandogli la vita.
Anche se, a dire il vero, gli avevano risparmiato solo quella. Il drow non era stato affatto comprensivo o tollerante nei suoi confronti, quando la ragazza gli aveva detto che lui le aveva afferrato il fondoschiena.
Arzo Jassan, anche se si considerava il più fortunato (e unico sopravvissuto) tra i cultisti di Juiblex, non sarebbe riuscito a slegare nessun nodo con la mano destra. Nella sua mente continuava a rivivere quegli attimi di tormento, quando l’elfo scuro aveva iniziato a spezzargli un dito dopo l’altro piegandoli crudelmente all’indietro. E lui aveva pianto come un bambino, umiliandosi davanti a tutti quei nemici. Se solo il suo corpo fosse stato flessibile e deformabile come quello del Gran Sacerdote! Alla fine era stata la ragazza-vampira a pregare il drow di fermarsi. L’elfo scuro le aveva rivolto contro una sciorinata di parole incomprensibili in tono di rimprovero, forse per il suo cuore troppo morbido, poi aveva guardato il povero Arzo come se intendesse rompergli anche l’altra mano… ma infine aveva lasciato perdere.
Li avevano legati e trascinati in un angolo del tempio, poi il drow era uscito per esplorare il salone antistante, lasciando solo l’elfa a fare da guardia.
Jassan sbirciò la spada lunga ed il pugnale che la ragazza teneva stretti in mano. Non pensava di avere una possibilità di fuga, e anche se fosse riuscito a scappare, dove sarebbe potuto andare? Ferito, con una mano inabile, come avrebbe potuto attraversare i mortali cunicoli del dungeon? Sospirò e cercò di appoggiarsi con la schiena alla parete, ma nel farlo tirò i legacci che lo univano al tiefling, dandogli uno strattone involontario. L’altro prigioniero emise un sibilo infastidito e cominciò ad insultarlo nel linguaggio dei demoni. Jessan non era in vena di sopportare anche la voce pungente dell’adepto di Graz’zt. Il fastidio che stava provando riuscì a scoperchiare un’insospettata riserva di rabbia.

Nephlyre Kilchar non aveva ancora finito di ingiuriare quel maledetto lecca-melme, anzi, aveva appena iniziato e stava pensando a quali improperi rivolgere a sua madre e a tutti i suoi antenati. Non fece in tempo, perché l’umano lo mise a tacere con una secca testata sul naso.
Il primo pensiero del tiefling fu Oh no, il mio naso, il mio perfetto bellissimo naso! Poi si rese conto che, nonostante la botta, il setto nasale non doleva come se fosse rotto, e alla paura si sostituì l’indignazione.
Ricambiò la testata, cercando di colpire il seguace di Juiblex in un occhio con uno dei suoi piccoli corni. Quelle sporgenze ossee erano poco più che decorative, ma riuscì a spaccare un sopracciglio al suo nemico con quella testata.
Dee Dee intervenne, prendendoli a male parole e minacciandoli con le armi perché smettessero. Ingrugniti, a malincuore i due litiganti si acquietarono. Per un po’.

Daren si mosse con cautela nel grande salone che aveva contenuto la Blasfemia Vivente e i due ghaunadan, ormai ridotti a poltiglia disgustosa. C’era una domanda che l’elfo scuro non era riuscito a togliersi dalla mente, ossia Come avevano fatto i due soldati a sfuggire alla furia cieca del gigantesco mostro? Sapeva molto poco sulle Blasfemie Viventi, ma gli pareva che la creatura fosse portata ad attaccare qualsiasi essere vivente che le capitasse a tiro. Era forse sotto stretto controllo mentale dei chierici di Juiblex? Ma i due ghaunadan non erano chierici, e non erano nemmeno esattamente delle melme; dato che il sommo sacerdote non era lì con loro in persona, come aveva fatto a tenere sotto controllo quella bizzosa creatura che sembrava ansiosa di consumare tutto?
Per qualche minuto si arrovelló su questi pensieri, girando intorno al luogo dove la Blasfemia Vivente era scomparsa (erano rimaste delle tracce simili a bruciature sul pavimento). Improvvisamente le sue congetture vennero messe da parte da una voce che gli parlò nella mente, una voce familiare e molto gradita.
“Sono commossa di essere ancora la persona a cui tieni di più, ma non avrei nulla in contrario se ti facessi una famiglia tua, fratello.”
Daren si sentì quasi tremare per il sollievo. Era quasi sicuro che la persona colpita dal malvagio incantesimo del chierico, chiunque fosse stata, dovesse essere abbastanza forte da sopravvivere. Daren aveva molti conoscenti ma ben pochi amici, e pensandoci bene aveva ristretto a tre le persone a cui teneva di più al mondo, le persone che potevano essere state colpite da una maledizione che avrebbe dovuto uccidere la creatura più vicina al suo cuore. Due di queste persone probabilmente avrebbero resistito al maleficio, mentre la terza, la sua figlia neonata, sarebbe certamente morta. Per la prima volta ringrazió di cuore la decisione delle sacerdotesse di estrometterlo dalla vita della bambina: in quella circostanza aveva avuto prova che era meglio mantenere le distanze e non affezionarcisi troppo. Aveva troppi nemici per poter permettere a una creatura così indifesa di far parte della sua vita.
Sapeva di avere a disposizione venticinque parole per rispondere a sua sorella, perché aveva familiarità con quel particolare incantesimo. Ci pensò con attenzione.
“Perdonami ma sono lieto che sia tu. Ho una figlia piccola a Skullport, non penso sia protetta quanto te. Potresti fare qualcosa per lei?” Gli rimaneva una parola, e dopo un momento di esitazione aggiunse “Grazie”.
Sapeva che sua sorella non avrebbe declinato la sua richiesta, visto che si trattava del benessere e della sopravvivenza di una persona di famiglia, e di solito lei non avrebbe apprezzato un ringraziamento per una cosa del genere. Però l’elfo scuro sentiva di doverglielo, perché lui non amava chiedere agli altri di risolvere i suoi problemi, e sentiva di averla caricata di un peso.
Mi dispiace distrarre mia sorella dalle sue incombenze quotidiane, pensò storcendo la bocca. Però lei è la persona più qualificata per proteggere qualcuno con la magia… io non potrei farlo. A volte vorrei essere capace di fare tutto, odio delegare.
E proprio perché odiava delegare, la sua mente corse alla ragazza dhampir nel tempio con due cultisti nemici. Poteva solo sperare che non riuscissero a liberarsi, e che lei fosse in grado di gestirli. Ultimamente aveva dimostrato di essere in gamba e piena di risorse.
Daren continuò a ripeterselo mentre scandagliava la stanza principale in cerca di indizi e stranezze. Si rimproverava spesso per la sua tendenza a voler tenere tutto e tutti sotto controllo, per il suo voler fare le cose importanti al posto loro; gli ricordava l’atteggiamento paternalista che era proprio di alcuni chierici e di altra gente odiosa, e a volte si sarebbe preso a schiaffi da solo per questa sua caratteristica… ma era una sua caratteristica, lo sapeva da decenni. Poteva solo sforzarsi di non farlo pesare a Dee Dee.
Si concentrò sulla sua esplorazione, e riuscì effettivamente a scoprire qualcosa di interessante.

Il tiefling cabalista di Graz’zt e l’umano adepto di Juiblex non facevano che guardarsi in cagnesco, ma potevano fare ben poco altro dal momento che erano ancora legati e sempre tenuti sotto stretta sorveglianza da Dee Dee. In verità, per la prima mezz’ora dopo la baruffa si erano anche insultati, una pratica che si era rivelata fonte di notevole apprendimento per la ragazza. In mezz’ora aveva imparato più insulti e ignobili imprecazioni di quante ne avesse mai dette perfino Daren, e lui non era uno che di solito si tratteneva. Dopo un po’ però anche quello svago le era venuto a noia, e li aveva imbavagliati.
La porta principale si aprì con un lieve cigolio e Dee Dee scattò in posizione d’attacco con le armi sguainate, ma era solo l’elfo scuro.
“Ho esplorato un po’ il salone principale, dove c'erano la grossa melma oscura e le due guardie.” Le annunció Daren, rientrando nella sala devastata del tempio. “C'è un corridoio nascosto che inizialmente non avevamo visto, e c'è una parete di pietra grezza, mentre le altre sono state perfettamente lisciate e regolate dai nani che vivevano qui secoli fa. Questo mi fa pensare che quella parete l'abbia eretta qualcuno, di recente, di certo con la magia. Ne ignoro il motivo.”
“Forfe quello lì lo fa.” Ipotizzò la dhampir, indicando il seguace di Juiblex. L'umano non li stava ascoltando, quindi Dee Dee gli schioccò le dita davanti agli occhi. Il gesto richiamò la sua attenzione, ma gli strappó anche un'occhiata di profonda offesa. Non gli piaceva essere richiamato come un cane.
“Fai qualcofa di quel muro di pietra che fecondo il mio amico è ftato eretto di recente? L'avete fatto voi?”
L'uomo scosse la testa e si strinse nelle spalle, più o meno mentre Daren la correggeva: “Non sono tuo amico.”
Dee Dee gli rivolse un'occhiataccia di fuoco. La sua pazienza era già al limite, non aveva nessun desiderio di trovarsi in un tempio immondo che puzzava di melme bruciate e acido, in compagnia di due nemici e di uno che non era suo amico. L'elfo scuro colse quello sguardo e sembró capire che Dee Dee era arrivata al limite delle emozioni negative che poteva tollerare, per quel giorno.
“Ma, uhm, potrei sbagliarmi.” Borbottò a mezza voce.
In realtà voleva soprattutto evitare di rivelare a due nemici che lui e la giovane elfa erano qualcosa più che compagni di viaggio. Era sempre meglio non fornire questo tipo di informazioni ai sacerdoti malvagi, o in generale alle persone di cui non ci si fida. D'altra parte c'era un fondo di verità, si vedeva più come un mentore che come un amico.
“Afferma di non faperne niente.” Notò Dee Dee, parlando dell'umano. Evidentemente la ritrattazione di Daren le era bastata. “Dobbiamo indagare più a fondo?” Propose, facendo scrocchiare le nocche.
“Nah, non penso che m’importi. Potrebbero non essere stati loro ad alzare quel muro, e se invece fosse stato davvero quel sacerdote morto, non riesco a pensare ad una motivazione interessante. Proteggersi da un mostro? Nascondere un tesoro? Separare il proprio territorio da quello di qualcun altro? Noioso.”
“Non mi pare noiofo…” azzardò la ragazza, mordendosi il labbro inferiore alla menzione di mostri e tesori. Dee Dee non era una persona avida e non aveva nemmeno un posto dove spendere soldi, ma se avessero trovato qualche oggetto magico non le sarebbe dispiaciuto.
“Diciamo che non vale la pena fare la fatica di abbattere una parete di roccia, allora.” Ribatté il drow.
A questo lei non poteva rispondere. Non era in grado di abbattere una parete di roccia, e di sicuro nemmeno il guerriero lo era, altrimenti l’avrebbe proposto.

“Va bene, ma cofa facciamo di quefti due?” Domandò, dando voce a quello che era stato il suo più grande cruccio nell’ultima ora.
“Voglio portare il seguace di Juiblex dove possa essere interrogato.” Annunciò, suscitando la curiosità della dhampir e un terrore frenetico nell’uomo in questione. Il cultista si agitò, spaventato, e cercò di divincolarsi, ma riuscì solo a far perdere l’equilibrio al tiefling che gli crollò addosso e riuscì a dargli un’altra testata.
Daren li ignorò, Dee Dee si limitò ad agitare la spada nella loro direzione per ricordargli che era armata. Il tiefling riuscì a tenere a freno i suoi istinti violenti, ma il chierico di Juiblex non smise di tremare.
“Interrogato da chi? Perché?” Indagò la ragazza. La incuriosiva il fatto che Daren potesse essere addentro in qualche fazione dell’Undermountain, con lei non ne aveva mai fatto parola.
“Da qualcuno che odia le melme almeno quanto me.” Rispose con un sorriso affilato, a tutto beneficio del prigioniero.
“E l’altro?”
L’elfo scuro scrollò le spalle ed indugiò con lo sguardo sul volto imbronciato del tiefling. Quello si accorse che Daren lo stava guardando, e gli rivolse uno sguardo accattivante che era quasi comico. In effetti il drow stava facendo fatica a non ridacchiare per le manovre goffe e palesi di quel tipetto che si credeva tanto furbo.
“Non ho ancora deciso. Cominciamo a portarli con noi, e vediamo come si comporta questo qui durante il viaggio.”
Dee Dee annuì, si aspettava qualcosa del genere dopo il discorso sul dare il buon esempio. Cominciò a raccogliere le sue cose, ma non chiese a Daren dove fossero diretti. Per lei non faceva molta differenza.

Il drow prese una decisione su due piedi. L’addestramento di Dee Dee avrebbe dovuto attendere, almeno per un po’. Le circostanze imponevano di fare uno strappo alla regola e scendere al Terzo Livello dell’immenso dungeon sotto la montagna. Era tempo di dirigersi verso la civiltà.
“Ftiamo tornando fui noftri paffi.” Commentò Dee Dee dopo qualche minuto, parlando in elfico. Lei e Daren avevano deciso di parlare in elfico fra loro quando erano in compagnia dei due cultisti, perché era improbabile che conoscessero quella lingua.
“Devi proprio scegliere parole con così tante s?” Fu l’unica risposta.
Per un po’ la ragazza non si degnò di replicare. Ogni tanto l’elfo scuro la punzecchiava in quel modo, ma lei sapeva che si trattava di un gioco. Con lei non era mai stato davvero crudele, e nel tempo aveva dimenticato la cupa nomea della sua gente. Eppure li aveva visti all’opera. Mesi prima era intervenuta per salvare una ragazza elfa che stava per essere sacrificata a una qualche divinità-ragno. Era stata testimone della crudeltà dei drow.
La compagnia di Daren le aveva quasi fatto dimenticare quell’episodio, o meglio, non riusciva a riconciliare l’immagine del suo scorbutico compagno con quello che sapeva della sua razza. Fino ad oggi.
Dee Dee era rimasta davvero turbata dal comportamento di Daren con il cultista di Juiblex. Certo, lei per prima avrebbe voluto dare una lezione a quel maiale, ma la reazione dell’elfo scuro era stata… spropositata.
Quando aveva saputo della palpata clandestina, il guerriero aveva preso la mano destra dell’umano e gli aveva spezzato il pollice. Aveva atteso con calma che il prigioniero smettesse di gridare. Poi, con fredda rabbia gli aveva ricordato la sacralità delle altrui zone private, e gli aveva spezzato anche l’indice.
A quel punto Dee Dee aveva compreso che non si sarebbe fermato finché non gli avesse rotto tutte le dita della mano, o forse di entrambe le mani. Aveva cercato di riportarlo alla ragione, di dirgli che non era il crimine peggiore del mondo (certamente non il peggiore di quell’uomo) e che stava esagerando. Daren l’aveva fissata con sguardo vacuo e aveva proseguito la sua opera sul terzo dito. A quel punto l’uomo stava piangendo come un bambino.
La ragazza rabbrividì, ripensando a quella scena. La fredda crudeltà del drow l’aveva spaventata, gli sembrava così… non da lui. Ma, con sua grande vergogna, una parte di lei era anche lusingata.
Non dovrei sentirmi così. Se la prese con sé stessa, riconoscendo la sua debolezza di carattere. Valaghar non avrebbe mai approvato la tortura sui prigionieri. Tanto più che non serviva a niente, non credo che con le punizioni si possa davvero educare qualcuno. Probabilmente nemmeno Daren lo crede, la sua reazione non aveva niente di razionale. Arrossì leggermente, pensando che era colpa sua. Non avrebbe dovuto raccontargli quello che era successo. Dovrei essere arrabbiata con lui per quello che mi ha detto. Mi reputa una bambina. Le sue parole...
“Lo sai perché ti ha toccato il didietro? Perché non hai niente davanti! E non hai niente davanti perché sei una ragazzina. Questo è quello che succede a chi tocca i ragazzini.”
Aveva detto, anzi, le aveva sbraitato, prima di spezzare all’uomo le ultime due dita.
Le sue parole sono state veramente odiose. Dee Dee corrugò la fronte, seguendo distrattamente il gruppetto che camminava piano. Non era facile portarsi dietro due tizi legati. Sì, veramente odiose. Dovrei essere arrabbiata, non lusingata. E poi lui non dovrebbe neanche sapere che cosa ho e che cosa non ho "davanti".
Il suo broncio s’intensificò, ma era un po’ forzato.
La verità era che l’elfo scuro non dimostrava molto spesso di tenere a lei, e quando lo faceva lei non poteva evitare di sentirsi importante. La cosa le faceva piacere, inutile negarlo. Ma il pensiero di che cosa avrebbe pensato Valaghar di lei, la faceva anche vergognare.
Lui era un Paladino. Ricordò a sé stessa. Aveva degli standard… eccelsi. Più che umani. Non posso applicare la sua filosofia a queste situazioni, a questi luoghi. La vita qui è più oscura.

Con sua sorpresa, si accorse che stava per diventare ancora più oscura. Erano arrivati davanti a una rampa di scale discendenti che affondava come un taglio netto nella pietra.
“Il Terzo Livello”. Spiegò il drow, a beneficio di tutti.
La dhampir si sporse a guardare avanti, curiosa, ma nell’oscurità vedeva solo gradini, decine di gradini, e in fondo una parete rocciosa dove la scala poi si ripiegava su sé stessa. Si rammaricò di non aver prestato attenzione alla strada.
“Scenderemo, e poi ci accamperemo. Ho idea che la scalinata metterà alla prova i nostri nervi.” Stabilì Daren. Nessuno mise in discussione la sua scelta.
Dee Dee deglutì a vuoto. Ricordava i laidi trucchetti mentali che ammantavano i gradini fra il primo e il secondo strato del dungeon. A sentire il suo compagno, sembrava che questa scalinata fosse anche peggio.

Era peggio. Ogni tanto Dee Dee scopriva che, anziché scendere, stava salendo. Allora si girava e cominciava a scendere, solo per scoprire che prima era stata vittima di un’illusione e che ora stava salendo. Se ne sarebbe accorta solo una volta tornata al livello superiore, ma Daren non aveva tutto quel tempo da perdere. Le aveva legato una corda al polso, in modo da non perderla di vista. E quindi, anche quando lei era convinta, ma assolutamente convinta, di stare andando nella direzione giusta, se la corda si tendeva troppo lei sapeva di dover invertire la direzione e cercare di raggiungere l’elfo scuro. Doveva fidarsi di lui, perché il guerriero più anziano sapeva resistere agli inganni della mente meglio di lei.
“Mi fento cofì ftupida.” Mormorò, quando finalmente raggiunse il gruppetto.
I due cultisti erano ancora legati e Daren teneva anche loro per un capo della corda, ma nonostante questo anche loro ogni tanto avevano rischiato di inciampare uno nell’altro. Per loro però era più facile: non volevano scendere o salire, sapevano solo di dover seguire il drow.
“Lungi da me dissuaderti.” Rispose lui con la solita simpatia. “Ma il mago che ha creato queste protezioni è di gran lunga oltre la tua portata. Ed è anche oltre la mia.”
“Tu però riefhi a refiftere alle fue illufioni.”
Il drow scrollò le spalle. “Mah. Non credo che abbia dato il massimo per queste trappole.” Ammise tranquillamente. “Anche un contadino potrebbe superare queste scale se fosse armato di molta pazienza e un po’ di ingegno.”

Alla fine arrivarono in fondo. Per un attimo Dee Dee fu assolutamente convinta che quello fosse il panorama del Secondo Livello, e che alla fine l’illusione avesse avuto la meglio su di loro. Poi quel momento passò, quando cominciò a mettere in atto i suoi esercizi di disciplina mentale per contrastare le illusioni. Iniziò a notare dei dettagli che differenziavano quel luogo dal piano superiore, e dopo poco l’immagine illusoria si disfece per rivelare la verità: il corridoio era solo inizialmente simile a quello da dove arrivavano, ma poi s’interrompeva troppo presto in un bivio a T.
“E ora dove andiamo? Non vedo pofti per ripofare.”
“Ci sono delle stanze vuote qui intorno, sempre che siano ancora vuote. Un posto qualsiasi andrà bene, abbiamo tutti bisogno di riprendere le forze.” Ancora non rivelò dove stavano andando.
La situazione era certamente abbastanza lugubre, ma voleva che almeno quello fosse una sorpresa.

Girando a destra e poi nuovamente a destra trovarono una serie di piccole stanze una in fila all’altra che un tempo dovevano essere state usate come magazzini. Ormai non restava più nulla oltre a scaffali di pietra e polvere, ma l’ultimo degli stanzini era particolarmente ben difendibile e decisero di stabilirsi lì. Un tempo la zona aveva ospitato un nido di qualcosa, ma adesso sembrava disabitato da anni.
Stabilirono dei turni, decidendo che Dee Dee e Daren si sarebbero alternati nel fare la guardia. Di certo non potevano affidarsi a due nemici che avrebbero avuto ogni interesse a farli uccidere. L’elfo scuro aveva un anello che gli permetteva di sopravvivere senza mangiare e quasi senza dormire, quindi accettò di fare da sentinella per la maggior parte del tempo. Andò a sistemarsi nella prima stanza della colonna, in modo da avvistare eventuali nemici quando erano ancora lontani dagli altri. Ogni tanto buttava un’occhiata anche verso il gruppetto; i cultisti potevano anche essere legati come salami, ma non si fidava a lasciarli da soli con una Dee Dee addormentata.
Quando cominciò a sentire che il respiro di tutti e tre si era regolarizzato nel sonno, frugò nel suo zaino per cercare una pergamena e il necessario per scrivere. C’era un messaggio che non avrebbe potuto recapitare di persona.

           

   
 
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