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Autore: Federica_97    05/08/2018    2 recensioni
Strawberry è una ragazza dura, figlia del capo dell'FBI, con un grande dono.
Ryan è un ragazzo con precedenti, il tipico deliquente senza futuro, con precedenti penali e tanto altro.
Come possono due persone così diverse assomigliarsi tanto?
Eppure qualcosa li accomuna: il senso di colpa.
Strawberry porta dento di sè un segreto, un senso di colpa che da due anni l'ha fatta chiudere in sè stessa
Ryan invece è solo al mondo, senza nessuno a prendersi cura di lui.
Potranno gli occhi ghiacciati del ragazzo scongelare il cuore di Strawberry?
E può Strawberry dare a lui ciò di cui ha bisogno?
Un'amore nato nonostante tutto e tutti, loro per primi.
Ma l'incontro non sarà dei migliori, e i loro mondi così diversi potranno mai realmente incontrarsi?
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6

 

Quella mattina Strawberry si svegliò di soprassalto, spaventata per un sogno abbastanza strano che aveva fatto.

Una figura misteriosa e incappucciata che... non sapeva esattamente cosa stesse facendo ma in cuor suo sperava che fosse solo un brutto sogno senza significato.

Ci mise un paio di minuti per rendersi conto di dove era e con chi era.

Aveva male alla schiena, ma non sentiva freddo.

Guardò il ragazzo ancora addormentato e abbracciato a lei. Ecco perché non sentiva freddo, erano stretti l'uno all'altra.

Non si era nemmeno resa conto che, effettivamente a quell'ora, non erano più soli lassù. Erano già le 9 del mattino.

“Ehm ehm”. Quella voce non la conosceva affatto, di chi mai poteva essere? Con gli occhi ancora semichiusi per via della luce guardò l'uomo un po' grasso che se ne stava in piedi accanto a loro. “Allora, ci vogliamo alzare oppure no?”, sembrava arrabbiato.

“Ehm...Ryan”, scosse il ragazzo energicamente per farlo svegliare. “Dai su, svegliati che siamo nei guai”. Sbuffò e solo in quel momento si rese conto che non era stata una cattiva idea, ma pessima.

Il biondo aprì gli occhi prendendosi un paio di minuti per capire cosa stesse succedendo e poi balzò in piedi, trascinando con sè la ragazza.

“Ciao amico!” scherzò lui, guardando l'uomo a braccia conserte.

Strawberry si vergognò come una ladra quando si rese conto che anche altra gente li guardava e sussurrava cose incomprensibili.

“Ciao Shirogane. Ti avevo avvertito”, l'uomo fece una chiamata.

“Dai no! Rischio 6 mesi così, per favore” Sbuffò lui. Si erano addormentati e ovviamente non avevano potuto lasciare il posto prima dell'apertura al pubblico e così...beccati!

“Rischiate, ragazzino. Non sei l'unico nei guai” e guardò Strawberry.

 

 

 

* * *

 

Erano insieme dentro una delle sale interrogatorie di un distretto che lei non aveva mai visto. Aspettavano, erano ore ormai.

“Micia, mi dispiace”.

Lei scrollò le spalle. Inutile prendersela con lui, c'erano dentro insieme.

“Non importa”, giocherellava con le sue ciocche rosse.

“Sai che mi piace il tuo colore dei capelli? È particolare”, si avvicinò a lei.

“Grazie” disse semplicemente.

“Straw, riguardando a ier...”

“Momomiya” un agente era appena entrate in sala. “Sei fuori” e spalancò la porta.

Ryan al suono del suo cognome parve sorpreso. Non era americana...

Lei si alzò. “E lui?”

“Non ho nessun ordine per lui, esci su”

“Ma non posso lasciarlo qui!”

“Che ti posso dire. Non è mica colpa mia. C'è tuo padre fuori che ti aspetta, fa come vuoi”, e se ne andò.

Suo padre... certo! Chi altro poteva tirarli fuori se non lui?

“Aspetta qui, ti tiro fuori!” e balzò fuori correndo incontro all'uomo.

“Papà!” si fermò giusto in tempo per non finirgli addosso.

“Strawberry! Mi sarei aspettato tutto da te ma non questo!” la afferrò per il braccio. “Andiamo a casa” continuò a trascinarla verso l'esterno.

“No aspetta fermo!” si divincolò, “devi tirare fuori Ryan da lì”.

L'espressione di suo padre passò dalla sorpresa alla rabbia in dieci secondi esatti: “Ryan Shirogane? Il ragazzo che abbiamo arrestato qualche sera fa?”

Sorpresa che si ricordasse di lui, annuì.

“Non ci penso nemmeno, andiamo via” e ricominciò a camminare.

“Ma... non è giusto, papà! Perché io sono fuori e lui rischia di rimanere dentro per mesi?!”

“Perchè sei mia figlia. E sono sicuro che qualcuno lo tirerà fuori”.

Straw piantò i piedi fermandosi bruscamente: “io non vengo con te”.

Rick si girò verso quella ragazza tanto cocciuta.

“Non essere ridicola! Lo capisci che se sei qui è solo colpa sua?! Non sembri neanche più tu, Straw! Che ti succede?”

“Non mi succede niente. Ma non mi ha costretta a far nulla e ci siamo dentro insieme. Se non esce lui, non esco nemmeno io” disse secca incrociando le braccia.

Era l'unico che poteva tirarlo fuori, lei non aveva nessun potere.

L'uomo la scrutò per bene, sapeva che diceva sul serio, e che non si sarebbe mossa di lì per niente al mondo. Aveva una luce strana nei occhi, non la vedeva da tempo e non sapeva nemmeno lui come definirla, e indubbiamente teneva a quel ragazzo più di quanto lei ammettesse anche a sé stessa.

“Ti stai innamorando di lui, Strawberry?”.

La ragazza dai capelli rossi lo guardò, esitando un attimo prima di rispondere a quell'inaspettata domanda: “No. Ti ho già detto perché, papà”. E abbassò lo sguardo.

Rick la osservò ancora, un attimo prima di andar a parlare con uno dei superiori di quel distretto.

Lo vide mostrare il suo distintivo e pochi attimi dopo un agente sparì dietro il muro.

Passarono una decina di minuti prima che vide spuntare Ryan.

Si incamminarono verso fuori e sorrise spontaneamente, mentre il ragazzo avanzava verso di lei.

“Grazie signore” ringraziò il padre della ragazza.

“Non è merito mio”. Tagliò corto lui non lasciandoli da soli. “Andiamo Straw” disse infine.

Lei annuì e poi guardò il biondo: “cerca di non metterti nei guai, intesi?”.

“Ti preoccupi, micia?” sorrise e le scostò una ciocca dai capelli. Fu in quell'istante che una delle sue dannatissime visioni la colse inaspettatamente.

Ancora una figura incappucciata, non capiva se era un uomo o una donna. Era buio, una donna piangeva supplicando di non farle del male e poi...un colpo secco al cuore di quella donna, che riportò Strawberry alla realtà.

Le girò così forte la testa, che Ryan ebbe i riflessi di afferrarla e tenerla stressa a sé prima che cadesse.

“Ehi, tutto bene?”.

“Straw!” suo padre osservava la scena preoccupato.

“Tutto bene” farfugliò lei tenendo gli occhi chiusi e la fronte poggiata al petto del ragazzo.

“Hai avuto una delle tue...” Ryan non continuò, vedendo Rick fulminandolo con gli occhi.

“Sì, ma non è una cosa positiva”, si staccò lentamente riprendendo l'equilibrio. “Non mi abituerò mai a questo”.

“Sa delle tue visioni!?”

“Papà! Se magari abbassi la voce non finirò in manicomio, grazie!”

“O dentro qualche clinica con un team di scienziati pronti a studiarti il cervello” scherzò il biondo.

“Ma...” Rick era più che sorpreso. Strawberry aveva detto del suo dono ad un perfetto sconosciuto. “E poi dici di no, eh?”.

La ragazza sospirò capendo perfettamente a cosa si riferiva suo padre: ''ti stai innamorando di lui?''.

“Hanno ucciso un'altra donna” disse lei, ignorando suo padre.

“Cazzo!” esclamò Rick. “Dobbiamo andare immediatamente, ti porto a casa Straw”.

“Cosa? Io non vado a casa, vi servo in centrale”.

“Niente storie e cammina, sei in punizione”.

L'uomo si incamminò verso la sua auto aspettandola senza salire.

“Il paparino ti mette in punizione?” Rideva lui.

“Smettila o ti picchio”, lo fulminò. “Devo andare. Tu come farai?”

“Chiamerò Albert, non ti preoccupare” le sorrise.

Lei annuì e quando stava per andare lui la bloccò per un braccio: “davvero hanno ucciso una donna?”.

Straw lo guardò e annuì: “ti spiego un'altra volta, okay? Adesso devo proprio andare”.

La vide sparire prima dentro la vettura e poi per le strade della città.

Un'altra volta... pensò. Quindi si sarebbero rivisti? Quindi lei lo voleva rivedere?

Sorrideva mentre si incamminava per il Central park. Una passeggiata, ripensando a tutto quello che aveva passato, non gli avrebbe fatto male.

 

 

* * *

 

“Chiara Rossi, 18 anni, italiana. Aveva il visto studentesco.” Antonio ripeteva. “Era una bambina”. Istintivamente guardò Strawberry, -che Rick fu costretto a portarsi dietro nonostante le strigliate-, aveva quasi la sua età. L'idea che qualcuno potesse far del male a quella ragazzina gli fece accapponare la pelle.

La ragazza, invece, si abbassò scostando una ciocca dal viso freddo della vittima.

“Cosa hai tu in comune con le altre?”, le domandò sapendo che non avrebbe ricevuto risposta. Non riuscivano a capire.

“Siamo già a quattro vittime, Rick, è chiaro che ci troviamo di fronte ad un serial killer”.

Il capo dell'FBI sospirò, aveva ragione il medico legale... erano già tre vittime.

“Dobbiamo fare qualcosa alla svelta, sono sicuro che ce ne saranno altre”, l'uomo diede l'ordine di far portare via la vittima.

Era lo stesso tipo di ferita, un colpo netto al cuore.

Rick notò sua figlia che guardava inerme la scena che si presentava davanti a loro.

Coprivano con un telo bianco quella ragazzina e la caricavano su una barella pronti a portarla via.

“Non è colpa tua”. Strawberry sussultò quando suo padre le poggiò la mani sulla spalla. “Non hai colpa, tesoro”.

La rossa sbuffò: “che senso ha, mi dico io? Avere delle visioni rigorosamente in ritardo, senza riuscire a fare nulla lo stesso. Tanto vale non averle”.

Rick non disse niente, era vero. Ultimamente Strawberry non era esattamente in sinfonia con le sue visioni. Arrivano tardi, non combaciavano molte volte. Non era sicuro di cosa le stesse capitando, ma molto probabilmente c'entrava anche quello strano ragazzo dagli occhi ghiacciati.

“Andiamo su, fa freddo qui”, ed effettivamente non aveva tutti i torti. Era la fine di gennaio e si trovano su una spiaggia gelida dove tirava vento odioso.

Straw annuì semplicemente, incamminandosi verso l'auto.

Nel tragitto per tornare in centrale, rimase a fissare fuori dal finestrino, senza proferire parola.

“Straw”.

“Uhm?”, si girò verso suo padre, distogliendosi dai suoi pensieri.

“Che succede?”.

Sapeva a cosa si riferisse, era la stessa identica cosa che si chiedeva lei.

“Non lo so, magari iniziano a sparire”.

“Non credo. Avrebbero avuto tutto il tempo per farlo in precedenza, Strawberry”.

Lei lo fissò mentre cambiava marcia: “cosa mi stai dicendo?”.

“Ti sto dicendo, tesoro, che non hai mai avuto problemi di questo genere”.

“E quindi?”, sapeva benissimo dove voleva andare a parare.

L'uomo non rispose, tenendo gli occhi sulla strada.

“Stai cercando di dirmi che è colpa di Ryan, che rallenta i miei riflessi?”

“No! Cioè...sì. Secondo me sì. Hai totalmente la testa altrove, ti distrae e questo comporta anche un rallento delle tue...capacità, ecco”.

La ragazza sbuffò, effettivamente non aveva mai avuto problemi; dovevi arrivare tu per mandarmi il cervello in pappa, Shirogane. Pensò tra sé.

“Senti tesoro, io non ti dico di non frequentare nessuno. Stai crescendo ed è normale che inizi a provare interesse nei confronti di qualcuno, sarebbe strano il contrario. Ma non lui, okay? Siete due mondi totalmente diversi. Ti ha già messo nei guai una volta, chissà la prossima volta cosa ti porta a fare, ti farà finire ugualemale”, si fermò un attimo aspettando una reazione da parte di sua figlia che, stranamente, non arrivo.

“Quello che cerco di dirti è che devi stare attenta. Stai per raggiungere la maggiore età, ti potrò prendere a tutti gli effetti come stagista e inserirti definitamente nel team nel giro di qualche anno”, continuò Rick.

Lei annuì solamente, le sarebbe piaciuto lavorare a tutti gli effetti come agente dell'FBI.

“Sì, papà” mormorò soltanto.

 

* * *

 

 

Erano già le 6 e 30 del pomeriggio e Strawberry si annoiava. Seduta sulla poltrona di suo padre a non essere arrivata a niente.

Vedeva gli agenti di quel posto indaffarati, immersi in un sacco di scartoffie inutili, esattamente come lei si sentiva in quel momento: inutile.

Si alzò dalla poltrona andando a cercare suo padre.

“Papà senti,” disse non appena lo trovò “io torno a casa, magari mi schiarisco le idee e vediamo se combino qualcosa”.

“Va bene tesoro, ti faccio accompagnare da Anna”, fece per chiamare l'agente.

“No, vado a piedi. E sì, sto attenta. E no, non mi uccidono, tranquillo, okay? Ci vediamo a casa”.

Rick parve perplesso. L'idea di mandarla sola per le strade di New York quasi buie, con uno psicopatico in giro, non lo entusiasmava poi così tanto.

“Stai attenta però, okay? Non posso darti una pistola, lo sai. Non hai come difenderti”.

“Non mi serve una pistola, casa nostra è a due isolati da qui, papà”, gli diede un bacio e si incamminò prima che l'uomo potesse ribattere.

Non aveva assolutamente nessuna voglia di farsi accompagnare a casa, voleva camminare.

Decise di fermarsi in uno di quei venditori di Hotdog, e gustarsene uno.

Suo padre sarebbe sicuramente tornato tardi e non avrebbero cenato a casa.

Lo mangiava lentamente, ed era quasi finito quando il rompo di una moto la fece sobbalzare, pochi attimi dopo si accostò accanto a lei.

“Vuoi un passaggio, micia?”, il motociclista si sfilò il casco, rivelandosi essere Ryan. I capelli tutti spettinati che si sistemò passandosi in mezzo le dita.

Strawberry lo guardò: ma mi segue?, si ritrovò a pensare.

“No grazie, sono quasi arrivata”, e ricominciò a camminare.

“Andiamo, salta su che è buio”, la seguiva lentamente con la moto.

La ragazza si fermò nuovamente a guardarlo. Poggiava i piedi a terra per non perdere l'equilibrio, una mano sul manubrio e l'altra a reggere il casco.

Non capiva come facesse a non sentire freddo con quel giubbotto di pelle nero che indossava, ma poco importava, tanto gli stava benissimo.

Fece per parlare quando la voce di suo padre le tornò in mente: non lui, okay? Ti farà finire male...

Ryan invece la osservava paziente, senza metterle fretta.

Strawberry continuava a pensare alle parole di suo padre, fino a quando non cominciavano a risultare lontane, incomprensibili.

Al diavolo, pensò, afferrando l'altro casco e indossandolo. Salì in sella senza dire nulla, aggrappandosi a lui come aveva fatto altre volte.

Ryan sorrise, quasi soddisfatto e indossando il suo di casco riprese la marcia.

 

 

 

Salve a tutteeee :D

come state? Io bene ahahhaa

Spero che il capitolo vi sia piaciuto ed eventualmente mi scuso per gli errori...

un bacio grande e grazie a chi mi segue e mi scrive :) alla prossima!

  
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