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Autore: Ele_Cullen    09/07/2009    10 recensioni
Ed io ero pronta a morire?? Ero pronta a sacrificarmi per la persona che più amavo al mondo? Ero pronta ad abbandonarlo e a non veder più quel suo dolce sorriso, quei suoi occhi oro puro che sincatenavano ai miei verde smeraldo? Ero pronta a dirgli addio? Si, per lui ero pronta. Per lui avrei sacrificato la mia vita. ** E se la storia cambiasse?? E se i protagonisti di Twilight fosserò Alice e Jasper invece che Edward e Bella?? Cosa cambierebbe? Come si svolgerebbe la storia? Una storia fatta di amore, passione, tristezza, terrore, amicizie, affetto fraterno, e tanto altro. La trama sarà un po diversa da quella della storia originale, visto che cambiano i personaggi, e quindi anche il modo di pensare e di agire. Spero di avervi incuriosito, e spero anche che mi lascerete un commento di qualsiasi genere, perché vorrei tanto sapere cosa ne pensate. Baci.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Jasper Hale
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusatemi immensamente per il ritardo, ma non avevo idea di come far continuare la storia. Per fortuna mi è venuta un’idea. Speriamo sia buona. Ed ecco a voi il 14° capitolo. Questo e il 15° avrebbero dovuto essere un capitolo unico, ma essendo troppo lungo, l’ho diviso. Spero tanto che vi piaccia (anche se non lo credo possibile). Grazie mille a tutte le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, non sapete quanto mi rendete felice. Scusatemi, ma oggi non riesco a rispondervi a una per una, ma nel prossimo capitolo prometto di farlo.

Inoltre ringrazio le persone che hanno aggiunto la ficcy tra i preferiti e le seguite. Spero che mi farete sapere cosa ne pensate di questo capitolo. Ora mi dispiace, ma vi devo lasciare. Baci baci.

Ele.

 

 

 

Capitolo 14

 

 

Incontro inaspettato

 

 

Arrivai alla mia Porsche e mi accorsi di avere il viso rigato dalle lacrime, che non smettevano di scendere. Salii in macchina e anche se non ci vedevo quasi niente, l’accesi e partii sgommando verso casa. Non m’interessava se stavo saltando le lezioni oppure se qualcuno mi sarebbe venuto a sbattere contro. Ero pronta a tutto ormai. Quando finalmente arrivai a casa decisi di non entrare e di dirigermi da qualche altra parte. Non volevo che mia madre mi vedesse in quello stato. Mi allontanai da casa e da Forks dirigendomi a Seattle e schiacciando il più possibile l’acceleratore. Dopo poche ore arrivai dentro la cittadina e parcheggiai la macchina vicino a un parco. Scesi e mi sedetti in una panchina lì vicino. Dopo essermi calmata un po’, presi il cellulare e composi il numero di casa.

Dopo un paio di squilli mia madre alzò la cornetta del telefono: << Pronto? >>.

<< Mamma sono io, Alice! >> mormorai cercando di mascherare i singhiozzi che ancora mi pervadevano.

<< Alice! >> urlò mia madre disperata, << ma hai visto che ore sono? Dovesti essere già a casa! >>.

<< Sì mamma lo so, scusa se non ti ho avvisato prima, ma Nessie e Bella m’hanno rubato e portato con loro al centro commerciale di Port Angeles, ma non preoccuparti. Tonerò presto a casa >> cercai di rassicurarla.

<< Ok, ma la prossima volta cerca di avvisarmi prima >>.

<< Ok mamma. A dopo >>.

Chiusi la telefonata. Non sapevo cosa ci facevo realmente a Seattle, non essendoci mai venuta, ma non sapevo dove andare. Forse avevo bisogno di un luogo che non mi ricordasse Jasper o forse non volevo incontrare nessuno di mia conoscenza.

Cercai di tenere lontano questo tipo di pensieri il più possibile e rivolsi il mio sguardo al parco. Era pieno di bambini, famiglie e ragazzi. I bambini scorrazzavano nell’erba felici. Giocavano con la palla oppure con gli aquiloni.

Le famiglie erano sparse e sedute nell’erba per un picnic. Mentre i ragazzi se ne stavano in gruppetti sparpagliati ad ascoltare musica, a giocare a pallavolo o a calcio o semplicemente a parlare e a divertirsi. E poi c’erano anche i solitari: chi per leggersi un libro, chi per fumarsi una sigaretta, chi per usare il suo skate-board e chi invece stava solamente lì per pensare, come me.

Per un solo attimo, invidiai tutte le persone felici. Quelle che dopo una caduta riescono a rialzarsi facilmente e soprattutto a testa alta, quelle che passavano i loro giorni a divertirsi e a non pensare ad altro. E io cosa ci facevo lì ad osservare loro? Perché mi sono chiusa in me stessa? Perché non prendo esempio da loro? Perché prima ero come loro? Cosa mi è successo? Cos’è questa tristezza? Perché da quando ho messo piede a Forks e da quando ho conosciuto Jasper sono diventata così… così… confusa e triste? Perché non riesco più ad essere sempre allegra e solare come una volta?

Mille domande e nessuna risposta.

Ero nella confusione più totale, quando sobbalzai. Qualcuno aveva appoggiato la sua mano nella mia spalla. Lentamente mi girai per vedere chi s’era permesso di toccarmi e soprattutto di spaventarmi in quel modo. Quando finalmente riuscii a distinguere il volto di quella persona non mi parve vero. Cosa ci faceva Jimmy Black a Seattle?

<< Ciao Alice, t’ho spaventata? >> mi chiese preoccupato, Jimmy.

<< Sì Jimmy, ma stai tranquillo. Non fa nulla >>.

<< Scusami ma, potrei chiederti cosa ci fai tutta sola a Seattle? >>.

<< È una storia lunga e poi potrei farti la stessa identica domanda! >> esclamai.

<< Tranquilla c’ho molto tempo a disposizione >> esclamò lui in risposta << e poi >> disse, continuando << io invece, sono qui perché sono stanco di stare sempre alla Push e mi andava di farmi un giretto in un luogo un po’ più grande di Forks e Port Angeles, e perché non venire a Seattle?! >>.

<< Capisco >>.

<< Posso? >> chiede indicandomi la panchina in cui sto seduta.

<< Certo >>.

Si siede affianco a me e guardando il parco, mi chiede nuovamente il motivo per cui sono qui a Seattle.

<< Sinceramente non lo so neanche io. So solo che stavo cercando un posto per pensare e stare da sola >>.

<< Oh scusami! Se vuoi me ne vado! >> esclamò Jimmy alzandosi in piedi.

<< No tranquillo. Forse sarebbe meglio parlarne con qualcuno >> dissi.

Lui non disse nulla e si risedette affianco a me. Aspettava che io iniziassi a parlare e alla fine mi decisi. << Jasper Hale mi ha invitata al ballo che si terrà tra meno di due settimane a scuola >> dissi.

<< Ma chi Cullen? >> chiese Jimmy.

<< Sì >> risposi.

<< E allora? Perché sei venuta qui? A decidere cosa rispondergli? Se vuoi un consiglio dille di no >>.

<< Tranquillo le ho già risposto di no >>.

<< Brava, hai fatto bene >>.

<< Perché? Lo conosci? >> chiesi confusa. Jimmy non poteva sapere di Jasper e Jessica, perché era sempre alla Push. A meno che, non l’abbia sentito dire da Jacob.

<< No, non lo conosco ma, non mi sembra un tipo adatto a te >>.

<< Ah no?! E perché?!  >> chiesi curiosa.

<< Non lo so, ma sinceramente i Cullen sono dei tipi strani. Stanno sempre per le loro e poi, corrono strane dicerie sul loro conto >>.

<< Tu ne conosci qualcuna? >>.

<< Sì, ma non posso dirtele! >> esclamò. << E poi non ho ancora capito cosa c’entra l’invito di quel Cullen sul perché stai qua! >>.

<< Jasper mi ha invitata soltanto per un motivo. Ero un mezzo per far ingelosire la sua attuale o ex ragazza >> dissi ripensando al modo in cui l’avevo scoperto.

<< Cullen ha una ragazza? Dov’è la telecamera? Perché questo è uno scherzo, vero?! >> chiese piuttosto sorpreso.

<< Nessuno scherzo. La sua ragazza o ex, nonché mia amica, esiste realmente e si chiama Jessica Stanley >> esclamai.

<< Ma questo è impossibile! >> esclamò sempre sorpreso.

<< E perché lo dovrebbe essere? >>.

<< Per quelle strane dicerie. Infatti neanche io capisco il motivo di come mio fratello possa stare insieme a Nessie >>.

<< Perché? >>.

<< Perché sì >>.

<< Non ti andrebbe di dirmi qualcosa sul loro conto? Qualche diceria? Tranquillo non la dirò a nessuno >>.

<< Ma non posso. E poi sono delle antiche leggende, sulle origini dei Quileutes, quindi, molto probabilmente, neanche vere. Sono delle storielle che si raccontano per spaventare i bambini >>.

<< Oh, non lo dico a nessuno, sono soltanto curiosa. Per favore >>, dissi facendogli gli occhi dolci.

<< E va bene. Ci sono un sacco di leggende che parlano dell’origine dei Quileutes. Alcune sembrano risalire al Diluvio Universale, e a quanto pare, gli antichi Quileutes legarono le loro canoe alla cima degli alberi più alti, per sopravvivere. Secondo un'altra leggenda, la nostra gente discende dai lupi. E poi ci sono le leggende che parlano dei freddi >> ammise.

<< I freddi? >> chiesi curiosa.

<< Sì, ma forse è meglio che ti parli di queste ultime due leggende >>.

Mi guardò prima di continuare, aspettando una mia conferma che non tardai a darle.

<< Per farti capire, forse è meglio che inizi a parlare delle origini. La prima leggenda narra degli spiriti guerrieri >>.

Si fermò ad osservarmi nuovamente e poi pose il suo sguardo al parco.

<< Fin dagli inizi i Quileute erano un piccolo popolo. Ed è ancora un piccolo popolo, ma non è mai scomparso. Questo perché nel loro sangue c’è un potere magico >>.

<< Un potere magico? >> chiesi sbalordita. Non poteva essere vero. La magia non esisteva. Poi mi ricordai di un piccolo particolare. Io potevo vedere il futuro. Se esisteva la premonizione, perché non poteva esistere la magia?!

<< Certo. Tra un po’ capirai >> disse. << All’inizio la tribù si stabilì nel golfo de la Push, e divennero abili pescatori e costruttori di barche. Ma la tribù era piccola e il golfo ricco di pesce. Altri desideravano quella terra e i Quileute erano troppo pochi per difenderla, e infatti una tribù più numerosa li attaccò e loro ricorsero alle loro barche per fuggire. Kaheleha non fu il primo spirito guerriero, ma nelle leggende da noi conosciute, fu il primo grande Spirito Supremo e in quel terribile frangente usò la magia per difendere il golfo, cioè la nostra terra. Lui e i suoi guerrieri lasciarono la barca non con il corpo, ma con lo spirito. Le loro donne vegliarono sui corpi e sulle onde, mentre gli spiriti degli uomini tornavano al golfo. Non potevano toccare la tribù nemica, ma avevano altre risorse. Le leggende raccontano che potevano soffiare poderosi venti negli accampamenti nemici; nel vento potevano sollevare urla terribili per spaventare gli altri. Le leggende dicono anche che gli animali potevano vedere gli spiriti guerrieri, e che li capivano; gli animali erano dalla loro parte. Kaheleha guidò il suo esercito di spiriti e seminò distruzione tra gli aggressori. La tribù di invasori aveva branchi di cani enormi, dal pelo foltissimo, che trainavano le slitte tra i ghiacci del nord. Gli spiriti guerrieri fecero rivoltare i cani contro i loro padroni, poi scatenarono una tremenda invasione di pipistrelli, evocandoli dalle cavità della scogliera. Usarono l’urlo dei venti per aiutare i cani a confondere gli uomini. I cani e i pipistrelli vinsero. I superstiti fuggirono, gridando che il nostro golfo era maledetto. Quando gli spiriti guerrieri li liberarono, i cani tornarono alla vita selvaggia. I Quileute raggiunsero i propri corpi e le proprie mogli, vittoriosi. Le altre tribù vicine, gli Hoh e i Makah, strinsero un patto con i Quileute. Non volevano avere niente a che fare con la loro magia. Vivemmo in pace con loro. Quando un nemico provava ad attaccare la tribù, gli spiriti guerrieri lo scacciavano. Trascorsero diverse generazioni. Poi arrivò l’ultimo Spirito Supremo, Taha Aki >>.

<< Taha Aki?! Bel nome! >> esclamai.

<< Sei pronta a sapere la leggenda di Taha Aki e l’incontro con i freddi? >> chiese Jimmy.

<< Sì, sono pronta >> confermai decisa.

 

 

 

P.S.

Ci sono dei pezzi tratti da “Twilight” e da “Eclipse

  
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