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Autore: _DA1SY_    11/08/2018    0 recensioni
Alessandro, un ragazzo di ventuno anni, arruolato in una nuova élite militare al servizio del governo, ben presto dovrà fare i conti con la realtà e accettare che, il mondo in cui ha da sempre vissuto non è altro che un contenitore; solo in quel momento scoprirà ciò che si nasconde dietro al male che in passato piegò l’umanità.
La piaga; voci lontane di anime ignote, ricordi del passato o sussurri di morte? Chi sono i sussurratori?
Cosa ne sarà di questo mondo e cosa ne sarà dell’intero concetto della vita? Riuscirà Alessandro a scoprire la verità?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le palpebre all'improvviso si spalancarono; il ragazzo in un sol colpo ispirò quanta più aria poteva come se, fino a quel momento, fosse rimasto in apnea. Ciò che lo fece svegliare così, di soprassalto, fu un forte dolore al petto: nella carne viva di sangue pulsante doveva esserci conficcato qualcosa. D'impulso, provò ad alzarsi ma non vi riuscì, rimanendo bloccato su di un letto. Le sue braccia e le sue gambe erano state legate con delle corde ai quattro lati della struttura in legno così da rendere ogni suo movimento inutile; da subito quindi gli occhi si spostarono sul petto dolorante ma nessun segno di ferita era presente sul suo dorso nudo.

 

Aveva il cuore che batteva a mille, il fiato corto e nella bocca il sapore acido del sangue. Continuava faticosamente a ispirare e inspirare piccole boccate di aria, come se dovesse tornare a riempire i polmoni di ossigeno. Provò nuovamente a dare qualche strattone con le braccia e con le gambe ma non c'era modo di liberarsi. L'unica cosa che gli era concesso fare in quella situazione era osservare quell'ambiente a lui sconosciuto. Più il tempo passava, più tornava al mondo e più sentiva i fastidi sul suo corpo. In principio solo un pizzichio al braccio, un leggiero fastidio, un solletico; poi un formicolio costante e crescente.

 

Uno raggio di luce, proveniente dalla parte alta di una parete della stanza, squarciava il buio in cui si trovava il prigioniero e, a mano a mano che i suoi occhi si abituavano a quell'oscurità riusciva meglio a comprendere cosa gli stesse accanto. L'umidità e l'odore di muffa collegarono immediatamente quel luogo a una cantina oppure a un seminterrato. Non poteva trovarsi in una prigione in quanto, gli oggetti che ornavano la stanza non erano miseri; un armadio, un baule, uno specchio e una scrivania, stracolma di fogli.

 

In quella stanza, il legno rivestiva ogni cosa, andava dal pavimento fin al soffitto, il comodino accanto a lui era anche esso in legno color nocciola; doveva essere antico e di modesto valore in quanto, le piccole imperfezioni e asimmetrie dei disegni intagliati, che lo caratterizzavano, non erano stati realizzati da una macchina ma dalla mano precisa ma imperfetta di un uomo. Nessuna lampada o lampadina sul soffitto in nocciolato, sul comodino stava solo una candela spenta e incastrata in un vecchio candeliere in ottone impastato di cera bianca.

 

 Sembrava tutto così antico.

 

Il dolore al braccio cresceva ogni istante sempre di più tanto da rendere i suoi pensieri meno lucidi e poco riflessivi, ogni sforzo di comprendere come fosse arrivato a quel punto e in che luogo si trovasse era inutile. Aspettare era quindi la soluzione migliore che gli si prospettasse alla mente; chiunque l'aveva messo lì, prima o poi sarebbe dovuto anche tornare e magari, nel frattempo, piano piano avrebbe riacquistato lucidità e forza.

 

Il rumore di una porta che si aprì squarciò il silenzio e attirò l'attenzione del ragazzo mandandolo sull'attenti.

 

<< Eccolo. >> La voce veniva dalla figura che, incappucciata e avvolta nella penombra, aveva aperto la porta; la stessa persona invitò un uomo a varcare per primo la soglia della stanza.

 

<< Vedo che finalmente vi siete svegliato! Lamentate qualche dolore? >> Chiese l'uomo basso e tarchiato che, oscillando su una gamba e l'altra, entrò per primo nella stanza.

 

<< Dove diavolo solo? >> Rispose il giovane, cercando di schiarirsi la voce. La persona, che per prima aveva parlato e che aveva aperto la porta, si spostò agilmente ai piedi del letto dove si tolse il cappuccio mostrando dei lunghi capelli lisci di una chioma bianca argentata, quasi azzurrina nella la luce di quello spiraglio. << Non fare domande, piuttosto rispondi alle nostre. >> Ruggì la giovane donna mentre si mosse verso il comodino, per poi accendere la lunga e sottile candela.

 

Alessandro osservò ogni movimento di quella donna. Finalmente con la flebile fiamma della candela il ragazzo riuscì ad osservarla meglio; non aveva mai visto dei capelli così particolari e ne rimase colpito.

 

Il volto della donna aveva una forma allungata e i lineamenti erano spigolosi con gli zigomi pronunciati; pareva quasi malata nel pallore della carnagione ma, a risaltare il tutto erano due grandi occhi verdi smeraldo poco sopra ad una spruzzata di lentiggini. Le labbra erano rosso violaceo e, carnose, arricchivano la particolarità e l'inquietudine che quel viso trasmetteva. Dalla fronte partiva la chioma argentata che liscia e perfetta scendeva fin sotto le spalle della ragazza.

 

Il prigioniero osservò poi i vestiti, cercando di inquadrare a che ramo militare o a che gruppo di soldati appartenesse ma, rimase ancor più confuso e colpito; non aveva mai visto vestiti simili.

 

Non era neanche come gli strani individui che lo stavano seguendo da qualche tempo: indossava solo un cappuccio marrone scuro collegato ad una mantellina dello stesso colore e materiale che le copriva soltanto le spalle, evitandole così l'ingombro di un lungo mantello.

 

I pantaloni in pelle erano aderenti e finivano in due stivali marrone più scuro che le fasciavano le gambe fino al ginocchio.

 

Sulla parte superiore poi, indossava una maglietta morbida bianca con un abbondante scollatura chiusa da due laccetti; le maniche erano lunghe e larghe, bloccate all'estremità in due polsini in cuoio che tenevano protetti entrambi gli avambracci, infine, una fascia in cuoio le proteggevano il petto. 

 

<< Capisco che sei spaventato ragazzo ma fidati di noi. Posso darti del tu? Rispondi a delle semplici domande e una volta che saremo sicuri che starai bene ti porteremo dal nostro capo e ti verrà spiegato tutto. Ora, ricominciamo. Senti qualche dolore ragazzo? >>

 

Alessandro deglutì e dopo aver guardato per un secondo la donna provò un forte senso di inquietudine ma, scelte di fidarsi e di obbedire all'uomo che trasmetteva più sicurezza e calma; ancora una volta si schiarì la voce e nello sconforto del dolore fece un profondo respiro. << Mi sono svegliato provando la sensazione di avere nel petto una lama, proprio nel cuore, sento nella bocca il sapore del sangue e il braccio sinistro bruciare, se solo potessi strapparmelo via dal corpo! >> La voce era debole, e parlare gli costava fatica e dolore, anche se nell'ultima frase il tonò cambiò; mordendosi le labbra diede davvero l'impressione di uno che, se solo avesse potuto, si sarebbe strappato l'arto dal corpo.

 

Alessandro riprese il fiato ancora una volta prima di riprendere a parlare; mentre l'uomo annotava tutto su di un taccuino. << Ricordo che prima di svegliarmi qui, stavo combattendo e d'un tratto il braccio ha iniziato a farmi male. Porca troia, non in questo cazzo di modo! L'uomo.. >> Balbettò per il dolore. << L'uomo con cui stavo combattendo mi pugnalò. >> Il ragazzo tentennò, come se si fosse ricordato solo in quell'istante di ciò che gli era successo. << Ho creduto di morire, come ho fatto a salvarmi?  >> Quelle labbra rosso violacee si allargarono in una smorfia di sorriso beffardo. << L'uomo. >> Sussurrò la donna divertita prima di uscire dalla stanza.

 

<< Ragazzo, senti bruciore solo al braccio? >>

 

<< Si, soltanto al braccio; ho una dannata voglia da quando sono nato e spesso negli anni mi ha dato fastidio ma mai come negli ultimi tempi. La prego, è un bruciore insopportabile, sembra che stia andando a fuoco! La prego cazzo! Mi amputi questo cazzo di braccio, faccia qualcosa! >>

 

<< Se prometti di fidarti di me ti slegherò il braccio e gli darò un'occhiata. Stiamo solo cercando di aiutarti, un po' di pazienza è tutto ti sarà più chiaro. Dobbiamo tutelarci anche noi, capisci?>>

 

Alessandro fece un cenno di approvazione con la testa; tra il dolore insopportabile e le lacrime che nascevano dai suoi occhi, si sentì sollevato e più tranquillo adesso che finalmente non si sentiva più addosso lo sguardo di quella strana ragazza.

 

L'uomo slegò poi entrambe le braccia al ragazzo concedendogli il privilegio di sedersi sul letto; in segno di gratitudine quest'ultimo rimase calmo; d'altronde che altra scelta aveva?

 

Era soffocato dal dolore e inorridito dalla sensazione del pulsare del sangue nelle vene che sembravano non essere in grado di contenere il flusso a quel ritmo incalzante.

 

Dalla bocca iniziò a colare rosso e vivo il sangue, giù per il mento e fino al petto; anche a denti serrati era impossibile contenerlo.

 

Il ragazzo che aveva riacquistato la memora di cosa fosse successo, ridiede una rapida occhiata al petto, ma ancora nulla, non aveva alcun segno di lotta, nessun taglio o ferita, neanche del rossore a provare che vi fosse stato un combattimento eppure riusciva a ricordarlo bene l'attimo in cui il suo corpo fu trafitto dal pugnale e in cui si rese conto che sarebbe morto.

 

<< Sto impazzendo? >> Alessandro si mise la mano destra tremante sul petto insanguinato, rivolgendo la domanda all'uomo piegato sul suo braccio e intento ad analizzarlo.

 

Il segno, che fino a pochi istanti prima per Alessandro non era mai stato nulla se non una voglia ora era vivo e pulsava mentre la pelle in rilievo si staccava da sola come quella di un serpente durante la muta; in quel disgustoso processo, i segni della voglia si facevano neri e definiti come mai lo erano stati prima, la voglia si allungava: i segni erano come righe spesse su un foglio di carta bianco, le vene si muovevano, in rilievo e pompavano il sangue a quel simbolo che stava nascendo. Il braccio sembrava morto, bianco cadaverico ma tutto ciò che correva, nasceva e cresceva era così vivo e doloroso.

 

<< Cosa mi sta succedendo? >> Disse nel panico più totale il ragazzo, sgranando gli occhi marroni e cercando di togliere il braccio dalla presa dell'uomo che non diede cenno di mollare la presa.

 

<< Questo che hai su braccio è un sigillo, non preoccuparti, non sei l'unico ad averlo. Adesso ti darò una cosa da magiare dopodiché il sigillo brucerà molto di più. Se mangerai il processo di chiusura sarà più veloce. >> L'uomo tirò fuori dalla sacca legata in vita una busta e un'ampolla. Aprì la busta e schiacciandola fece uscire un impasto azzurro e semidenso che mise vicino alle labbra di Alessandro. Quando il ragazzo mangiò ciò che gli era stato offerto gli venne avvicinata alla bocca anche un'ampolla. Come promesso, il dolore si fece molto più forte e la pelle iniziò a squamarsi così velocemente da far salire del fumo dal braccio; la carne stava letteralmente bruciando sotto al fuoco vivo che incideva e rimarcava i segni già presenti da una vita.

 

Alessandro urlò, cadendo sul letto tra le convulsioni mentre ogni articolazione del suo corpo si contorceva.

 

<< Coraggio, bevi anche questo presto! È un anestetico, perderai i sensi per qualche ora, giusto il tempo per permettere al sigillo di svilupparsi e al dolore di passare. >>

 

<< Mi devo fidare, giusto? >> Con la bava che colava dagli angoli della bocca, a denti serrati urlò con più furia aveva in corpo.

 

<< Devi. Piacere, sono il Dottor Strauss. >> Il dottore quindi, afferrò la mascella insanguinata con una mano e mentre il ragazzo urlava infilò nella sua bocca il liquido che stava nell'ampolla. La schiuma continuava ad uscire dalla bocca ma Alessandro cadde in un sonno profondo.

   
 
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