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Autore: Vago    31/08/2018    2 recensioni
Libro Terzo.
Il Demone è stato sconfitto, gli dei non possono più scegliere Templi o Araldi tra i mortali.
Le ultime memorie della Prima Era, giunta al suo tramonto con la Guerra degli Elementi, sono scomparse, soffocate da un secolo di eventi. I Templi divennero Eroi per gli anni a venire.
La Seconda Era è crollata con la caduta del Demone e la divisione delle Terre. Gli Araldi agirono nell'ombra per il bene dei popoli.
La Terza Era si è quindi innalzata, un'era senza l'intervento divino, dove della magia rimangono solo racconti e sporadiche apparizioni spontanee e i mortali divengono nemici per sè stessi.
Le ombre delle Ere passate incombono ancora sul mondo, strascichi degli eventi che furono, nati dall'intreccio degli eventi e dei destini dei mortali che incontrarono chi al fato non era legato.
I figli, nati là dove gli immortali lasciarono buchi nella Trama del Reale, combatteranno per cercare un destino che sembra non vederli.
Una maschera che cerca vendetta.
Un potere che cerca assoluzione.
Un essere che cerca di tornare sè stesso.
Tutti e tre si muoveranno assieme come un immenso orditoio per sanare la tela bucata da coloro che non avevano il diritto di toccarla.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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Razer fece qualche passo indietro, stringendo ancor più forte il coltello che nemmeno durante la caduta aveva lasciato andare.
Anche quella creatura era come l’elfo?
Aveva anche lei gli stessi poteri?
I suoi occhi neri si posarono sulla lama che stringeva tra le dita.
Cosa poteva fare contro di loro?
Il piede sinistro retrocedette ancora, appoggiandosi sulla superficie irregolare di un masso. La suola non riuscì a rimanere salda sulla pietra, scivolando per qualche centimetro verso il basso e rischiando di far cadere l’uomo che la sovrastava.
Lo sguardo dell’assassino si spostò su Noir.
Su di lui poteva contare. Sul suo potere poteva contare, se la situazione si fosse rivoltata contro di lui.
Il volto del discendete di Reis era cadaverico. Il trentenne aveva quasi raggiunto la parete alle sue spalle e il suo sguardo non si discostava dalla fanciulla che, a più riprese, aveva cercato di raggiungerlo.
Il suo potere sarebbe stato sufficiente a uccidere quelle creature?
La lama del coltello tornò a nascondersi nel suo fodero.
Non era quello il momento di combattere con quella lama.
L’elfo stava continuando a parlare con la fanciulla, senza prestargli troppa attenzione.
Doveva trovare un modo per uscire da quel posto.
L’uomo guardò in aria da dove erano caduti. Ora imponenti parti di montagna avevano richiuso la frattura creatasi, lasciando solamente pochi spiragli a tradire la loro esistenza.
Razer si mosse sui massi, silenzioso come quando inseguiva i draghi che aveva preso di mira. Si perse solo un attimo nei riflessi dorati che, ogni tanto, comparivano sotto i detriti.
Quanto materiale prezioso era stato incastonato in quelle pareti?
Gli ultimi raggi del sole lasciarono la caverna in cui erano precipitati, oltrepassando le guglie delle montagne per far gettare loro le ombre sul mare orientale.
L’uomo raggiunse il limitare di quella caverna, guardando il precipizio che lì si apriva sul mare sottostante. Si guardò poi attorno, cercando un sentiero tra le rocce e le riseghe per poter risalire in superficie, fallendo.
Non poteva uscire da quella situazione. Non da solo, per lo meno.
Involontariamente il suo piede destro fece un passo indietro, come volesse allontanarsi da quel precipizio che gli si apriva davanti.
Si morse l’interno della guancia, cercando di allentare la tensione.
Chi erano i suoi nemici, ora?
Voleva ancora uccidere tutti i draghi. Avrebbe vendicato la sua famiglia fino al suo ultimo respiro.
Ma, adesso, aveva scoperto di chi era la colpa. Chi aveva provocato tutta quella morte.
Quante vite avrebbe dovuto strappare con il suo pugnale? Quante erano le persone a cui stava dando la caccia?
Alle sue spalle percepiva frammenti del discorso tra le due creature che l’avevano portato in quella voragine con loro, ma le sue orecchie si rifiutavano di dar peso a quelle parole.
Razer scacciò quell’infondato timore che il baratro davanti ai suoi piedi gli muoveva nelle viscere, portandosi nuovamente sul ciglio con cui terminava quel luogo antico.
Per un attimo l’uomo fu tentato di fare un passo avanti, mentre davanti ai suoi occhi la realtà si sovrapponeva con i ricordi sbiaditi del bambino che aveva visto le Terre d’Oriente ancorate alla catena dei Muraglia.
Suo padre l’aveva portato sul Passo del Messaggero, durante una delle sue battute di caccia e da quel passaggio ricordava di aver visto una pianura allungarsi davanti ai suoi occhi, che si andava a perdere oltre l’orizzonte in una distesa di terra rossastra.
Se solo avesse avuto ancora otto anni e avesse trovato quella sala in una delle esplorazioni con sua sorella, probabilmente, le avrebbe raccontato la leggenda della sala del tesoro dei nani. Quelle creature avevano lasciato dietro di loro più leggende che tesori.
Un artiglio arpionò la camicia del trentenne, tirandolo a sé e, con poca delicatezza, gettandolo a terra sulle macerie.
- Ho bisogno di ancora un po' di tempo, qui. Vedi di non ammazzarti ancora per una decina di minuti. – gli disse con voce seccata l’elfo dai capelli color pece, facendo scomparire il sinuoso tentacolo nero sotto la lunga giacca scura.
Razer non gli rispose, limitandosi a guardarlo con sguardo infastidito.
Non si sarebbe mai gettato da quel precipizio. Quella creatura avrebbe fatto meglio a preoccuparsi per la propria vita, piuttosto che per la sua.
- Scusami… chiunque tu sia, davvero. – Noir provò a spostarsi verso le due creature che ancora stavano parlando, ma non poté fare a meno che fermarsi quando la sua voce attirò su di sé lo sguardo dorato della fanciulla – Cosa… cosa dovremmo fare adesso? –
L’elfo si passò le dita tra i capelli corvini, smuovendo la ciocca candida, prima di rispondere. – Non appena avrò finito di mettere mia sorella al corrente dei principali avvenimenti dell’ultimo millennio vi porteremo in superficie, dove, probabilmente, ci sarà un cospicuo numero di combattenti ad attenderci.  Con buona probabilità là le nostre strade si divideranno. –
- Davvero ci porteresti in superficie solo per lasciarci in balia dei soldati? – Noir cercò di dare alla sua voce una nota di rabbia o indignazione, ma tutto ciò che tinse le sue parole fu una rassegnata disperazione.
L’elfo in tenuta elegante si voltò di scatto completamente in direzione del discendente di Reis, facendo ondeggiare la giacca attorno ai suoi polpacci. I suoi occhi scintillarono, come se avessero riflettuto un lampo notturno.
- No, non ho intenzione di gettarvi sulla Terra degli Eroi ed andarmene. Ho intenzione di gettarvi oltre la Terra degli Eroi, tornarci, distruggere una volta per tutte l’arma che il demone che si impossessò del tuo avo forgiò all’alba dei tempi e solo in seguito, abbandonare questo scoglio troppo cresciuto che non ha fatto altro che rovinarmi l’ultimo secolo di vita. –
- Tu? Tu! – la fanciulla proruppe in una risata violenta, che rimbombò tra le pareti e costrinse il trentenne dal polpaccio ustionato ad ascoltare il discorso da cui erano state generate quelle risa – Tu vorresti distruggere quella spada? Perché non gli dici la verità? Che hai intenzione di mollarli il prima possibile e scappare con la coda tra le gambe lontano da chi ora brandisce quell’arma? –
La scintilla negli occhi dell’elfo divampò in un incendio. Per un attimo il suo corpo parve non riuscire a mantenere la forma che aveva assunto, divenendo prima vagamente etereo, per poi sovrapporsi a centinaia di altre figure, umane e bestiali, migliaia di occhi iracondi si posarono nel medesimo istante sul volto della fanciulla, centinaia di braccia mossero altrettante armi eteree dalle forme più svariate, la giacca scura che ricadeva rigidamente verso il suolo pareva non essere abbastanza grande per contenere i torsi e le propaggini che si dimenavano sotto e attraverso di essa.
Bocche di ogni forma e dentatura fecero per aprirsi e permettere così a chissà quale cacofonia di voci di prorompere, ma si costrinsero a rimanere serrate.
I capelli, lentamente, si districarono dalla selva di aghi, piume, serpi e corna, tornando a coprire compostamente un capo dalla pelle chiara su cui un solo paio di occhi verdi rimase a fissare il volto magro di fronte a loro.
La lunga giacca tornò ad essere composta di tessuto morbido, cedendo nuovamente al volubile passaggio dell’aria ad ogni movimento.
Tutte le braccia meno le due più appropriate a quella forma si dissolsero completamente, sfuggendo al limbo in cui erano rimaste bloccate.
Lo sferragliare di armi scomparve, venendo sostituito dal tonfo sordo di una sola suola che batteva contro il pavimento di fronte a sé.
Una mano magra afferrò il bavero della camicia della fanciulla, tirandola a sé fino a quando gli occhi verdi e quelli dorati non furono che a pochi centimetri di distanza.

Non permetto a mio padre di valutare le mie azioni, anche se quel vecchio inutile è un fottuto dio.
Non sarà di certo la sorella che ho liberato dalla sua prigionia a farmi abbassare il capo. Non dopo quello che mi hanno costretto a fare da quando gli ho proposto quel contratto.

- Ascoltami bene, Epica. Tu non hai ancora minimamente idea di cosa io possa o non possa fare. Non volevo dirtelo così, o quantomeno non ora, ma evidentemente hai bisogno di darti una ridimensionata dopo la fine dell’effetto di quelle droghe. – sul palmo della mano destra, libero di muoversi, si aprì una fenditura dalla quale sgorgò come acqua dalla fonte la lama argentea della spada del Fato – La vedi questa? Papà non è mai stato in grado di fare qualcosa per noi, ma, come puoi vedere, mi ha dato la possibilità di fare da me ciò che è necessario. Ecco dov’è la tua tanto potente spada del Fato, nella mano dell’unica Musa che, a quanto pare, non intendevi davvero proteggere. Quindi, ora, vedi di farti bastare la Spada degli Abissi che sono riuscito a farmi dare, perché più di quello da parte degli dei e da parte mia non avrai. –
La mano sinistra della creatura dalla ciocca bianca abbandonò le vesti della fanciulla, permettendo al corpo di cui era parte di allontanarsi.
- Voi due - la voce dell’elfo cercava di apparire priva di emozioni – guardatevi attorno, perché non vedrete mai più una delle due metà di Izivay Magnea. Ora vi porto lontano da questa follia. -




Angolo dell'Autore:

Non era così scontato ritrovarci qui, oggi.
Con il "ci" in ritrovarci intendo voi e il mio spettro languido e vago. Qui non sarò molto più di quello, il mio cervello non me lo permette e, credetemi, nel mio stato di stanchezza attuale sto facendo fatica a mettere le parole una dietro l'altra con un filo logico decente a tenerle unite.
Non sono qui per infestare queste righe, vi lascio solamente detto e ripetuto che l'uscita del capitolo la prossima settimana non è certo, così come non lo sarà nelle settimane successive.
Ancora vi chiedo scusa per il disagio, spero di poter riprendere ad essere il buon vecchio Vago ossessionato dalla puntualità.
Alla prossima.
Vago
   
 
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