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Autore: tixit    01/09/2018    10 recensioni
Breve storia triste con molte licenze cronologiche e un po' di vago soft porn.
Fersen è tornato, è ospite di Oscar ed ha portato con sé il caos.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cala Novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti

Imparare le regole

I due giorni che seguirono, ad André sembrarono carichi di elettricità e parole trattenute sotto macigni di rabbia compressa.
Oscar usciva a cavallo incurante della nebbia, della pioggia, dell’alba e del tramonto; irrequieta galoppava oltre l’orizzonte per poi rispuntare accigliata accanto al camino, con le gocce di nebbia rapprese sui capelli dorati e sulle ciglia lunghe.

Fersen la seguiva, come se tra quei due ci fosse una specie di sfida: stavano acquattati tra le canne dello stagno per sparare alle anatre fino ad avere le mani intirizzite, si rincorrevano al galoppo lungo il canale e poi, sfiniti, si sdraiavano sull’erba umida, puntellandosi sui gomiti, per battibeccare di questo e di quello.

A volte gli occhi di Oscar si fermavano sulle labbra di Fersen e a volte lui la avvolgeva con lo sguardo nascondendo a malapena un sorriso pigro e compiaciuto - la prima volta che questo avvenne André stava tagliando il formaggio e si ferì ad una mano. Nessuno se ne accorse.

Nemmeno lui.

Quel giorno, invece, aveva deciso di non seguirli. Seduto sulle scale, mentre sgranocchiava una mela, pensò rattristato che lui poteva amare Oscar da lontano e poteva sognare di amarla da vicino, ma Fersen aveva detto la parola magica: bambini.
Futuro insomma.

Non l’ineluttabile eterno presente che non offriva sbocco a chi non se lo sapeva cercare.  

 

Quando lei rientrò la vide sedersi in terra accanto al fuoco, rabbrividendo.
Era esausta pensò André irritato, "lui" avrebbe dovuto averne più cura, capire che era consumata da emozioni difficili da catalogare, che tutto quel galoppare non serviva assolutamente a niente perché non si può sfuggire da se stessi. E che, insomma, se proprio dovevano comportarsi come due cretini avrebbero dovuto farlo al caldo e bevendo una tisana.


Vide con stizza che Fersen le stava porgendo da bere - giusto quello di cui aveva bisogno... ma per piacere! - poi lo vide massaggiarle le spalle per scioglierle la tensione nei muscoli indolenziti e di colpo gli sembrò che il suo cuore si stringesse fino a diventare come quello di un pettirosso.

Quando lei sorrise grata André sussultò.

Quando infine Fersen le slacciò il gilet ricamato e lei lo lasciò fare, provò l'irresistibile impulso di tirargli addosso qualcosa, ma aveva solo un torsolo di mela e la scena gli parve ridicola.

Tornò a respirare solo quando lei gli fermò la mano che 
stava giocherellando con i bottoni della camicia. “E’ una strada che non porta da nessuna parte.” la sentì dire e non poté che concordare con lei.

“Potrebbe...” mormorò lui.

Lei scosse il capo.

“Non mi credete?”

“E’ difficile credere ad un uomo che tiene una lista…”

Fersen la guardò sbigottito e lei soggiunse ridendo “A Madame de Tourvelle piace che le si succhino i seni…”  

Fersen tacque arrossendo e lei gli poggiò una mano sul ginocchio - un gesto amichevole. “Quale uomo ha bisogno di prendere appunti su questi particolari?” chiese curiosa.

André si alzò per risalire le scale, voltando la schiena a quei due - sarebbe salito per poi discendere lungo quelle di servizio per non farsi notare. Se lui adesso le stava sfiorando le dita, non lo voleva affatto sapere.


Mentre in cucina, con le mani tremanti, preparava il vassoio la immaginò sul tappeto, i capelli come una corolla, i pugni stretti lungo i fianchi, le nocche pallide, Fersen che la afferrava per i polsi delicati e… di colpo sbatté la bottiglia sul tavolo.

Fu con sollievo che sentì che era arrivato un ospite - Girodelle - meglio che niente, pensò. Meccanicamente aggiunse un altro bicchiere al vassoio e si trascinò verso il Salotto.

“Giusto Voi,” la sentì apostrofare il nuovo arrivato, brusca, “avete mai tenuto un elenco delle Vostre conquiste?”

Girodelle non si scompose, con un gesto elegante prese il bicchiere che André gli andava porgendo e poi replicò con aria svagata “Ho buona memoria.” Intanto percorreva la stanza con gli occhi come se cercasse qualcosa.

“Diplomatico come sempre.”

“Forse dovreste chiederlo ad André.” ribatté Fersen con aria di sfida.

André sentì di stare arrossendo e desiderò sprofondare - capiva che quei due stavano litigando senza saper litigare, Oscar in fondo non aveva mai imparato… le sue sorelle non litigavano mai con lei, troppa differenza d'età, giocattoli diversi, la viziavano e basta, quanto a lui non era suo compito litigare con Oscar. Lei risolveva il malumore con un colpo di spada od un pugno. Spiegare cosa le rodeva non era mai stato il suo forte.

André capiva, capiva tutto, ma non voleva farsi attirare nella trappola vischiosa delle loro parole.

Bambini aveva detto Fersen. Non bastava? Aveva messo sul tavolo l’unica cosa che lui non avrebbe mai potuto dare ad Oscar, pena la rovina di lei o del bambino. Una cosa impossibile.
Adesso voleva pure colpirlo come uomo? Fargli confessare che non c’era mai stata nessuna perché c’era già una di troppo? Una che gli invadeva pure i sogni e che nemmeno nei sogni era sua?

Vide lo sguardo impietoso di Girodelle su di sé e si sentì sconfitto. Lui era solo il buon vecchio segugio di casa, patetico, una animale dei cui accoppiamenti si può parlare liberamente in un salotto con gli ospiti - oh André, forse dovremmo fargli coprire Adeline, verrebbero dei bei cuccioli...

Girodelle scosse la testa divertito ed intervenne “Un uomo che tiene una lista con certi dettagli lo fa per lo stesso motivo per cui un oste prende appunti sui gusti dei suoi clienti più generosi.”

“Un oste?” Oscar inarcò le sopracciglia.

Fersen rise e poi disse compunto “In un certo senso…”

Girodelle guardò il bicchiere e poi mormorò: “Direi che ormai sappiamo tutti cosa piace a Madame de Tourvelle. All’oste interessa molto poco dei gusti dei suoi clienti, per questo se li deve appuntare. Non lo farebbe mai con i gusti di sua madre. La lista gli serve per tentare uno scambio alla pari, perché i clienti tornino spontaneamente.” fece un sorriso triste, “Soddisfazione reciproca. Madame de Tourvelle non mi risulta si sia lamentata.”

Fersen si mosse a disagio ed Oscar lo guardò incuriosita, poi chiese a Girodelle “Sono oggetti quindi?”

Girodelle poggiò il bicchiere “Si è fatto tardi, ero solo venuto per un saluto veloce… Ho lasciato il cavallo sul retro, se permettete uscendo passerei per le cucine.”

Poi guardò Oscar e le disse “Madamigella, non tutti possono permettersi lo zucchero. Per fortuna c’è il miele.”

“Non è la stessa cosa…” sussurrò Oscar guardandosi le mani.

“No, non lo è. E’ un buon surrogato.” Girodelle si inchinò, “Ognuno prende ciò che può.” Poi soggiunse con aria severa “Oppure fa a meno. Non siamo più bambini mi pare.”

 

In cucina Girodelle si sedette e chiese dell’acqua fresca, col tono cortese di chi era abituato e vedersi servire, sapendo di non dover mai alzare la voce.

Accavallò le gambe ed osservò la stanza senza fretta, mentre André gli girava intorno imbarazzato - il miele, lo zucchero… intanto Girodelle gli chiedeva cortesemente di Rosalie, di Madame de Jarjayes, delle sorelle di Oscar ed  André rispondeva poco convinto - capiva che Girodelle aveva voluto offrire a Oscar qualcosa che considerava importante. Il miele era Madame de Tourvelle, quella a cui piaceva... - gli scappò un sorriso - lo zucchero era Maria Antonietta quindi? Quella che solo il re si poteva permettere... con quello che spendeva, poi!
E Oscar cosa era?


Era il suo zucchero pensò rattristato. Lo zucchero di André Grandier.

“Quando ero bambino volevo tanto imparare a giocare a scacchi.” disse Girodelle guardandolo severamente, “Tempestavo di richieste mio padre - un bambino invero insopportabile.”

André tacque non sapendo cosa pensare. Aveva sempre sospettato che il Conte non ci stesse poi tanto con la testa, forse per via di quei capelli lunghissimi e dei vestiti elaborati, però gli era sempre venuto il dubbio che magari era lui che sbagliava... stavolta non ne era più così tanto sicuro: ma cosa c'entrava lo zucchero con gli scacchi? Scosse la testa, una Guardia del Re... Santo Cielo! Proprio vero che oramai bastava essere nobile per fare quello che si voleva pure se non si era adatti!

“Ci mise trenta minuti a spiegarmi le regole. E tre minuti a battermi.”

André scosse la testa non avendo idea di cosa l’altro si aspettasse da lui. Girodelle alzò platealmente gli occhi al cielo. “Vi piacerebbe un lavoro?” chiese sbrigativo.

“Ho già un lavoro.”

“Avete ragione. E’ una vita quella che vi manca…” Poi scrollò le spalle e se ne andò.


Mentre stava sistemando i bicchieri perché la piccola lavapiatti di Palazzo Jarjayes non avesse troppo da lavorare il mattino dopo, avvertì il profumo di Oscar.

“Mi spiace che Fersen abbia cercato di metterti in imbarazzo…” sussurrò avvicinandosi.

“Era il suo modo per rimbeccare. Non gli è piaciuto il tuo tentativo di metterlo in imbarazzo.” disse André senza guardarla, conscio del calore della sua pelle pure a quella distanza.

“Io credo che tu non scriveresti mai una lista…”

“Ma che ci sarà mai di male in una lista!” replicò André irritato, serrando la mascella “Il capostalliere ha un elenco dettagliato delle preferenze e delle malattie di ogni cavallo di Palazzo Jarjayes.”

Oscar scoppiò a ridere e di colpo gli ricordò la ragazzina con cui dormiva abbracciato durante i temporali. Le accarezzò i capelli, con tenerezza, come faceva quando erano bambini e lei gli sfiorò il polso con la punta delle dita.
D'impulso poggiò la fronte contro quella di lei. Si stupì nel sentirle trattenere il respiro.

Lei meritava la sua chance, pensò accarezzandole una guancia, era da stronzi desiderarla chiusa in casa assieme a lui per sempre - Madame de Jarjayes se ne era andata. Senza sbattere la porta, ma se ne era andata. il Generale occupava un'altra ala e quella parte del Palazzo, ora che non c'era più nemmeno Rosalie, era davvero triste.
Se quello che lei voleva era quel fesso di Fersen, ma chi era lui per giudicare?

“Non essere severa con..." inghiottì a vuoto, pronunciare quel nome gli dava solo fastidio, "vederla e non poterla avere, desiderare, cercare un surrogato e poi tornare a desiderare pentendosi, sperare che lei non sappia mai delle altre donne e volere che gli altri sappiano, sappiano tutto, anche i dettagli, perché nessuno sospetti di lei... per non farle del male... Non giudicare un uomo solo da questo... da una stupida lista.”

Oscar lo guardò stranita “Stai scherzando vero?” esclamò. Di colpo si allontanò da lui ed uscì precipitosamente dalla cucina.

 
   
 
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