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Autore: _aivy_demi_    04/09/2018    14 recensioni
"Sposto lo sguardo su di te, sul tuo corpo; poggio la mano sul tuo petto, muovendo delicatamente le dita. Percepisco sotto i polpastrelli le ferite richiuse appena, la pelle rovinata da centinaia di scontri, il battito lento e regolare (fortunatamente regolare...): tutto ciò sussurra "sono vivo". Non posso essere più felice di così, in questo momento."
Il terzo capitolo partecipa alla challenge del gruppo Boys Love "Midnight in the Garden of Good and Evil"
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Obito Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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-Manca poco, resisti...

Kakashi correva, con tutta l'energia che gli era rimasta: correva come ne andasse della propria vita, ma in realtà lo stava facendo per salvare quella di qualcun altro.

-Cazzo!

Il sangue del ferito che si era caricato in spalla colava copioso dallo squarcio sul petto.

-Obito, mi senti? Resta sveglio!

Il rifugio medico era poco più di un mucchio di tende sparpagliate su un piccolo spiazzo tra i fitti alberi.

-Ci siamo...

L'uomo cadde sulle ginocchia accanto ad uno dei medici presenti, che si apprestò a chiamare due inservienti nel tentativo di recuperare lo shinobi che giaceva ancora sulla schiena dell'Hatake.

-Aiuta... te... lo.



°


Cerco di issarmi a sedere, ma ogni singola parte del mio corpo protesta solo all'idea. Il bruciore si è diffuso ovunque, insieme alla sensazione di essermi rotto qualche osso.

Come se non ci fossi abituato.

Ci provo di nuovo, ma nulla da fare: i muscoli non vogliono rispondere. Dovrei dargli torto?

Casco nuovamente sul giaciglio di fortuna, maledicendo la scomodità di quel campo. Nella mia mente si rincorrono immagini di morbidi letti all'occidentale, lenzuola profumate e cuscini in piuma. Torno alla realtà, grazie al dannato dolore alla gamba che richiama la dovuta attenzione.

Obito.

Obito, dove sei?

Mi gira la testa, e gli occhi faticano a stare aperti. Mi hanno dato di sicuro qualcosa: come se imbottirmi di antidolorifici bastasse a tenermi buono. Illusi.

Devo vederti.

Stai bene?

Concentro tutta la forza che posso nel collo, nel tentativo di voltarmi: di nuovo un male cane, ma devo accertarmi assolutamente di una cosa. Riesco nell'intento, mi giro verso destra. Nulla. Non ci sei.

Riprovo, verso sinistra stavolta. Non sei neppure lì. Dove sei finito? Sto cominciando ad agitarmi, sento tremare le mani, e la gamba è trafitta da migliaia di aghi roventi. Mi resta una cosa da fare: chiamare qualcuno, e chiedere informazioni. Apro la bocca, ma non sono in grado di pronunciare nessuna parola; le labbra si muovono, niente di più. Punto i gomiti: voglio alzarmi, devo andare a cercarti. Devo essere sicuro che tu...

Non riesco a finire questo pensiero, al diavolo le congetture. La sola idea che possa essere morto mi fa venire la nausea. Accertarmene è l'unico modo per non impazzire.

Ci riprovo.

Niente.

Mi sento scivolare in un oblio nero, denso e viscoso. Al diavolo loro, e le loro droghe mediche.



°


-Ehi... Mi senti?
Spalanco gli occhi, il cuore sussulta in gola. Faccio troppo affidamento al mio corpo, alzandomi di scatto: brutta cosa. Ricasco sulla schiena, maledicendo quante più deità possibili mi vengano in mente. Sbatto le palpebre un paio di volte, nel tentativo di scacciare il velo assonnato dalle pupille. Non so chi sia, non riconosco la voce; non ha il camice, quindi presumo sia venuto qui mandato da uno dei medici.

-Sei in grado di capire quello che dico?
No, ho cambiato lingua solo per non darti soddisfazioni. Lasciami in pace, devo andare.

Sbuffo di nuovo.

-Ti do una mano.

Strano, ha colto il segnale palese al primo colpo: tipo intuitivo dunque, non è poi così immeritata quella divisa da Jounin lisa e macchiata di sangue rappreso. Mi sembra di sentirne ancora l'odore.

Trattengo un conato, mentre lo sconosciuto passa il braccio sotto alle mie scapole, nel tentativo di farmi sedere.

-Va meglio?

Una meraviglia, come sempre. Sono sperduto in mezzo alla foresta, scampato ad un agguato di un gruppo di imbecilli che mi ha colto di sorpresa, e non ho la più pallida idea di come stia il mio compagno. Perfetto, no?

Tento di rispondere, ma la gola e la bocca sono così secche e impastate da non permettermi altro se non un paio di colpi secchi di tosse. Il nuovo arrivato mi porge una borraccia con dell'acqua.

-Tieni, bevi.

Faccio fatica persino a deglutire. Appena il liquido scende giù fino allo stomaco, un altro conato si presenta; stavolta riesco a trattenermi a stento, nonostante non ne sarebbe uscito nulla, se non acidi. Respiro profondamente: devo riuscire a comunicare, devo riuscire a sapere come stai.

-... ito...

Il giovane mi si avvicina, tentendo l'orecchio.

-O... Obito...

Il suo sguardo perde risolutezza, spostandosi repentinamente verso un punto casuale di quel posto che comincio solo ora a riconoscere. Perché non risponde? Penso di essere riuscito a farmi capire, maledizione!

-Riesci a reggerti in piedi? Te la senti di camminare?

Ci provo ancora, nella speranza che questo ragazzo possa accompagnarmi da te. Porto un piede davanti all'altro, inveendo ad ogni passo: la maledetta gamba non vuole ascoltarmi, ma non m'importa.

La strada è più breve di quello che pensassi.

Che idiota, come ho fatto a non accorgermene? Il riparo non è poi così angusto, vista una seconda porzione di terreno celata da un telo di fortuna.

-Forse non dovrei...

Metto da parte l'orgoglio, e con un filo di voce lo supplico di scostare quella tenda e farmi avvicinare.

...!

Sei tu... Non ci posso credere, sei ancora vivo...!

Sento le ginocchia venire meno. Gli occhi faticano a stare aperti a causa dei farmaci e del pizzicore improvviso che percepisco sotto alle palpebre. Il giovane che ancora mi sta sorreggendo mi accompagna ad un rustico giaciglio, mantenendo il silenzio. Mi aiuta ad adagiarmi accanto a te, senza chiedere nulla di più: presumo sia arrivato alla conclusione che sarebbe stato impossibile reggermi nel tentativo di starti appresso.

-Grazie.

Poco più che un sussurro, colto comunque. Mi sorride, scosta nuovamente il separé e si allontana. Ricorderò il suo volto, ne sono sicuro: l'unico che abbia dedicato del tempo per ciò di cui avevo assolutamente bisogno. Non ho nemmeno idea di quanto tempo sia effettivamente passato da quando siamo arrivati. Non ci sono finestre ovviamente, non posso capire neppure se è giorno o notte.

Non importa.

L'unica cosa ora che conta è essere qui.

Siamo da soli, e ho appena constatato che sei ancora vivo. Per miracolo, presumo.

Non hai ancora aperto gli occhi.

Non mi stupisce, guarda lo stato in cui ti trovi. Non che io stia tanto meglio, ma almeno non mi sono fatto aprire in due. Sei un emerito idiota, sul serio. Avrei dovuto esserci io al tuo posto, ed adesso inveirei non sai quanto contro di te, visto che ti sei buttato tra me e quello stronzo; non posso farlo, mi provoca dolore solo l'idea di tentare.

Sono così vicino al tuo profilo, da poterlo sfiorare con i capelli. Il tizio di prima è stato fin troppo gentile, mi auguro solo non arrivi nessuno in questo momento: due imbecilli mezzi morti che se ne stanno appiccicati uno accanto all'altro, in un solo posto letto di fortuna.

Oh, al diavolo, pensino quello che vogliono: sei ancora vivo, chi se ne importa di ciò che può pensare chiunque altro.

Il tuo volto è troppo pallido, ed il tuo petto si muove così lentamente, quasi in maniera impercettibile. Vorrei poter poggiare la mano sul tuo torace, soltanto per assicurarmi di non stare sognando. Sei nudo per metà, fasciato e coperto di bende. Sono bianche, significa che sono riusciti a ricucire la ferita in maniera dignitosa.

Sembri beatamente rilassato, mentre riposi: vorrei poterlo essere pure io, ma ho il terrore di rivivere quello che è accaduto, lasciandomi andare alla stanchezza. Se chiudendo gli occhi e riaprendoli, non ti trovassi più? Scoprire che è tutto un sogno, realizzare che in realtà non sei... sopravvissuto?
Le palpebre si abbassano: è già la seconda volta che mi scuoto nel tentativo di rimanere sveglio. Ci sto provando, ma neppure il dolore riesce a frenare la stanchezza.

Guardami.

Ti prego, apri gli occhi e guardami, Obito.

So che sei vivo, ma fammelo capire. Sorridi, fai una delle tue solite smorfie idiote, corruga la fronte e prendimi in giro. Fai quello che ti pare, davvero: non mi importa. Scimmiottami quando leggo, quando mi alleno, quando mi incazzo. Rispondimi a tono come quando litighiamo come bambini.

Fallo.

Parlami.

Guardami.



-Attento!

Obito aveva ucciso quello che credeva l'ultimo assalitore.

Estrasse il kunai dallo stomaco dell'uomo che sarebbe collassato un attimo dopo.

"Da dove arrivano?" Non era riuscito a comprendere il motivo dell'attacco: semplici briganti?
-Kakashi, voltati!
Quest'ultimo colpì sulla schiena l'avversario, facendogli perdere i sensi.

I due, ansimanti ma soddisfatti, sorrisero.

-Bene, sembra sia finita.

Si adagiarono sfiniti alla base di uno dei grandi alberi che li circondavano, in quell'indefinibile luogo casuale ai confini di Konoha.

L'Hatake socchiuse gli occhi, ciondolando la testa sul petto. Troppo stanco per dare la dovuta attenzione all'ambiente circostante. L'Uchiha lo seguì, complice l'improvviso silenzio e l'apparente quiete.


Il clink del kunai estratto con decisa rapidità destò d'improvviso Obito.

Un unico suono.

Un movimento troppo rapido.



Stringo forse con eccessiva energia il lenzuolo, aggrappandomi fino a sentire svanire i tremori.

Il ricordo di quello che è accaduto si è presentato in maniera fin troppo nitida durante il mio ultimo collasso dato dalla stanchezza (decisamente la parola corretta, non mi sono nemmeno accorto di essermi riaddormentato). Ho ancora il fiatone, e percepisco delle piccole perle di sudore gelarmi la schiena scoperta.

Dormi ancora: regolare, fermo ancora nella posizione precedente. Non credo tu ti sia svegliato.
Riesco a voltarmi supino, constatando finalmente che neppure le mie condizioni sono delle migliori; l'attenzione totalmente risucchiata dall'idea di aver perso questo idiota che mi sta dormendo vicino, mi ha fatto dimenticare dello stato in cui sono. Fasciato, dolorante, di pessimo umore. Un arto che non riesco a muovere, costole che danno il loro bel daffare, la schiena che protesta a ogni movimento.

Bene, direi.

Più o meno.

Sposto lo sguardo su di te, sul tuo corpo; poggio la mano sul tuo petto, muovendo delicatamente le dita. Percepisco sotto i polpastrelli le ferite richiuse appena, la pelle rovinata da centinaia di scontri, il battito lento e regolare (fortunatamente regolare...): tutto ciò sussurra "sono vivo". Non posso essere più felice di così, in questo momento.

Sposto gli occhi al soffitto: mi concentro sui rumori all'esterno, sulle conversazioni anonime di persone senza volto che ci circondano, al di là del tessuto che ci separa dal resto del mondo. Un fruscio attira la mia attenzione. Richiudo d'istinto le palpebre.

-Bene, i parametri sono normali. Mi chiedo ancora come sia possibile.

-Lo so, è assurdo: lui l'ha portato sulle spalle fino al campo, prima di collassare a terra. Non è che stesse poi tanto meglio dell'altro.

Non posso fare a meno di origliare la conversazione tra i visitatori.

-Sul serio, non so in che condizioni potrà risvegliarsi. Abbiamo fatto ciò che abbiamo potuto: ora tutto sta nel suo corpo, e soprattutto nella sua volontà.

Ogni singola parola di quel maledetto mi ha spezzato qualcosa dentro. So che ce la puoi fare, sei un cocciuto che non molla mai. Se ci sarà qualcosa che non va, ti aiuterò io: qualsiasi siano le conseguenze.

Uno dei due mi si avvicina, lo percepisco anche se non posso vederlo.

-Non serve spostarlo. Lasciali così, non può fargli che bene. Andiamo.

Il suono dei passi si fa più lontano.

Cosa sarà di te, dopo che ti sarai svegliato? Quanto ci vorrà perché tu possa riprenderti?
Quanto ancora, perché tu riapra gli occhi?

Cadendo in un nuovo sonno senza sogni, la mia mano scivola sulla tua, adagiandovisi e percependone il rinfrancante tepore.

Obito...






Ci si può innamorare di una ship, grazie all'angst che mi ispira?
Certo che sì!
Questo è accaduto con Kakashi e Obito.

Inizialmente il progetto prevedeva una OS, ma ho deciso di creare una minilong con i punti di vista dei due protagonisti.

Una doppia visione a 360° gradi di dolore, paura, perdita, sensazione di vuoto e rassegnazione.
Mi auguro vi abbia scatenato la giusta malinconia.

Io sto nuotando nei feels con loro due! ^ ^

Un abbraccio speciale a BlueRoar, Mahlerlucia e Miryel perché ogni giorno sono un inesauribile spunto di nuove idee.

Grazie ragazze!

Un saluto a chiunque sia passato di qui, e grazie a voi tutti per l'attenzione che dedicate ai miei lavori!

-Stefy-



















   
 
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