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Autore: Happy_Pumpkin    04/09/2018    3 recensioni
“Vieni, Nemeo: ti aspetto, stronzetto!”
Quasi richiamato dalla provocazione, un enorme leone gli balzò addosso, ma Naruto fece una potente torsione del busto che si concluse con uno schianto della robusta mazza in legno contro la mandibola spalancata della creatura, pronta a divorare l’intero carretto.
Il leone finì nella polvere in un ruggito frustrato, per poi sparire in una pioggia di pixel dorati.
“Uno a zero per me, yeah!”
Sasuke, decisamente, non sapeva se essere più stupito per quello strike portentoso contro un leone volante, o se per il fatto che Naruto si fosse ricordato del leggendario leone Nemeo ucciso da Ercole in una delle sue fatiche. L’aveva pure soprannominato stronzetto, ma quelli erano dettagli.

Un archeologo, un tester di videogiochi... sopravvivranno?
[Fanfiction scritta per il raduno del gruppo SasuNaruFanfiction Italia | SasuNaruSasu]
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Madara Uchiha, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Secondo Capitolo





Pantheon, tutte le divinità. A Naruto sarebbe venuto da ridere per la stupidità del collegamento, peccato si trovasse in una situazione nella quale gli veniva tutto meno che ridere. Stava infatti ancora in sella a un gigantesco cavallo di bronzo, con accanto il suo collega archeologo che pareva semplicemente incazzato e sulla soglia dell’apprensione tragica, inseguito da una gigantesca massa d’acqua marittima.

Grandi risate, insomma.
Il peggio di tutta quella faccenda, però, era che davanti a loro non c’era il normalissimo edificio verso cui erano stati un po’ brutalmente diretti, bensì... una voragine: un’immensa spaccatura nella terra, al cui interno confluiva ulteriore acqua che pareva essere divorata dalle profondità più oscure.
Gli venne da gridare. Un grido di rabbia, più che di semplice paura, rabbia per dover morire senza combattere.
Ma più si avvicinavano, più scorse qualcosa comparire dal gigantesco buco che sembrava essersi generato nel terreno, tra laterizi e pietre; più che qualcosa: un edificio affondato senza una crepa o parti danneggiate, come se ci fosse nato, in quella terra, con tutti i suoi marmi resi ancora più lucenti dall’acqua che terminavano con un foro centrale in cima all’immensa cupola.
Il Pantheon.
Sentì Sasuke mormorarlo, nonostante il galoppare furente dei cavalli e lo scroscio agitato dell’acqua alle loro spalle.
“Dobbiamo gettarci nell’apertura della cupola.” Decretò alla fine l’archeologo, stringendo le redini senza distogliere lo sguardo da davanti a sé.
Quella frase Naruto l’aveva sentita ancora meglio. E gli piaceva, logicamente, persin meno.
“È un tuo modo creativo per trovare un’alternativa in cui moriamo schiantati, anziché affogati dall’acqua?”
Se solo ci fosse stato tempo, Sasuke avrebbe spiegato con didascalica precisione il perché della sua scelta, giusto per concludere con un idiota finale che risultava meno dispregiativo dei primi mesi. Ma anche in quel caso il tempo non giocava esattamente a loro favore, dunque l’uomo si limitò a ripetere a voce più alta, in modo da essere sicuro di farsi sentire:
“Quando avremo toccato la cupola del Pantheon salta dal cavallo e gettati di corsa nell’apertura!”
Lanciò una breve occhiata alle sue spalle: la forza dell’ondata anomala d’acqua era tremenda, se li avesse travolti ne sarebbero stati schiacciati, forse addirittura sarebbero morti sul colpo per l’impatto dalla violenza di un tir schiantato a tutta velocità.
Si aspettò un’eventuale protesta di Naruto, ma questi si limitò ad annuire, corrugando le sopracciglia con uno sguardo determinato e gli occhi puntati davanti a sé, pronto per il momento decisivo.
Momento che non si fece attendere troppo.
Infatti, pochi istanti dopo il cavallo, ormai fuori controllo, saltò oltre il margine della voragine. Per qualche istante i due furono in balia dell’aria, con la criniera in fili di bronzo che ondeggiò placida, sospesa in un gonfiore leggiadro al pari dei capelli dei conducenti, plasmati dal vento; specie quelli di Sasuke che, anche se bagnati, erano comunque piuttosto lunghi.
Poi, il tempo sembrò riprendere a correre più veloce e in quel breve attimo di caduta, Sasuke e Naruto lasciarono le redini per saltare ai lati del cavallo che atterrò in una vibrazione metallica, crepando la superficie traslucida della cupola; gli zoccoli schiaffeggiarono l’acqua che, sfidando ogni legge della fisica, risaliva in ruscelli morbidi la superficie curva della cupola per poi confluire nell’apertura circolare al centro.
Quando rotolarono a terra senza farsi troppo male, Sasuke e Naruto si rialzarono avvertendo ancora le viscere rimestarsi in petto, risalite fino alla gola per via di tutti quegli sbalzi di altezze; ma non c’era tempo per riacquistare l’equilibrio o riprendersi: le gigantesche onde d’acqua continuavano infatti a inseguirli con ostinata ferocia. Sebbene un po’ traballanti, appena riuscirono a rimettersi in piedi i due corsero, per dirigersi senza ulteriore esitazione verso l’ingresso in cima alla cupola.
I loro piedi, come gli zoccoli del cavallo, lambirono i ruscelli d’acqua trasparente, sottile, simile a pioggia scrosciante contro un vetro, spruzzando a ogni salto di quella corsa disperata gocce che si mischiarono alla spuma del mare. Quando arrivarono al bordo dell’apertura circolare, Sasuke e Naruto si guardarono un istante, poi si fiondarono all’interno quasi in contemporanea; nel gettarsi, il tester trattenne il fiato, che gli rimase bloccato all’altezza della gola.
Poi venne travolto da una superficie d’acqua che sembrò avvolgerlo in quella caduta folle, rimischiandogli ancora gli organi che, quella volta, cercarono quasi sicuramente di risalirgli oltre il palato.
Appena riemerse, inspirò una gigantesca boccata d’aria, tra la bocca che sapeva di mare e i capelli gocciolanti acqua – almeno, la simulazione virtuale gli faceva credere a tali livelli di essersi inzuppato fino al midollo . Preoccupato, cercò Sasuke e lo vide intento a dare grandi bracciate per raggiungere quella che sembrava… una canoa fatta di canne e paglia? Nel bel mezzo di quel gigantesco bacino d’acqua che sommergeva le statue del pantheon e le sue nicchie?
Bene, tutto assolutamente normale.
Lo raggiunse e si issò a sua volta, senza che ovviamente l’archeologo gli desse una mano e… beh, figurarsi se lui gli avrebbe chiesto qualcosa. L’imbarcazione ondeggiò un istante per poi stabilizzarsi. Nonostante l’aspetto fragile, sembrò reggere bene il loro peso e anche le acque parvero essersi calmate; meraviglia, forse per una volta non c’era nulla che stesse cercando di ucciderli!
“Non so come sistemeremo tutta questa storia – borbottò Naruto, tirandosi indietro i corti capelli fradici – che ci fa ‘sta bagnarola nel mezzo del Pantheon, proprio non so. Poi i romani non erano grandi marinai, giusto?”
Fece presente, fiero dell’osservazione.
Sasuke gli lanciò un’occhiata e precisò, meticolosamente fastidioso: “Per inciso, questa bagnarola è una feluca egizia. Che… no, non so nemmeno io cosa rappresenti in questo contesto – guardò un istante altrove, per poi ammettere suo malgrado – è vero, i romani non erano grandi marinai, anche se Agrippa fu determinante per Ottaviano, non solo per le sue capacità ingegneristiche, basti pensare ad Azio, o…”
Corrugò appena le sopracciglia, per poi sospirare e scuotere la testa, mentre la barca galleggiava placidamente: “Lascia perdere, non so perché ti racconto tutto questo nel mezzo del casino in cui ci troviamo, sarà il fatto che è stato proprio Agrippa a erigere il primo Pantheon.”
Ma Naruto scosse la testa: “No, no, anzi, mi ha fatto piacere! Hai una luce diversa negli occhi quando parli di ciò che ami.”
Si fissarono un istante e Sasuke pensò fosse stupido imbarazzarsi per quelle parole; parole, se possibile, ancora più stupide – anche se, avendo conosciuto Naruto in quell’anno, poté ammettere che non sempre diceva cose totalmente a caso, il più delle volte lo faceva credendoci davvero.
Ma prima di poter ribattere, improvvisamente la barca cominciò a muoversi totalmente da sola, dato che non c’erano remi, né loro erano ancora dotati di capacità telecinetiche, per quanto fittizie. Si voltarono entrambi a guardare in avanti, realizzando che la corrente aveva cominciato a sospingerli verso una delle estremità del Pantheon, più precisamente contro una delle pareti; anche se ai rispettivi margini di tale parete due nicchie, rispettivamente una con la statua della Luna e l’altra con quella del Sole, cominciarono a sollevarsi facendo defluire ulteriore acqua in una cascata, la barca sembrò non accennare a spostarsi da quella direzione.
Anzi, man mano che la feluca avanzava, la corrente divenne più intensa e inoltre, sebbene con maggiore lentezza, il volume dell’acqua stava cominciando a calare drasticamente.
 “Finirà così e ci andremo a schiantare.” Mormorò Sasuke, guardando l’apertura verso l’esterno in entrambe le nicchie. Non sapeva esattamente perché, cosa si fosse alterato, ma aveva la sensazione che quel mare si estendesse per chilometri e chilometri, con ampiezze molto più grandi di quelle effettive.
“Puoi giurarci. Più incrementerete la velocità, più farà male; e posso assicurarvi che farà molto male.”
Nonostante l’impellente necessità di trovare una soluzione, dato che nelle colonne in mezzo tra le due edicole sembrava esservi nient’altro che solido marmo, sia Sasuke che Naruto si voltarono di scatto al sentire una voce che sembrava in qualche modo già conosciuta. E per nulla amichevole.
“Il tizio di prima!”
Esclamò infatti Naruto, quando vide seduto sulla punta della feluca proprio l’uomo che avevano incontrato attraverso la fenditura; riuscì anzi a distinguerne ancora meglio i contorni, i capelli lunghi e disordinati, nonché quelle che sembravano occhiaie.
“Madara, prego.” Replicò tagliente il tizio in questione.
La barca andò più veloce, fendendo l’acqua nella sua spuma bianca. Il livello si stava abbassando, ma più scendeva, più pareva che sotto di loro non ci fosse alcun pavimento: solo l’abisso, oscuro e terribile, mentre la via di fuga attraverso le due aperture continuava a rappresentare l’unica soluzione per andarsene da quel posto infernale.
Sasuke lo fissò, sentendo una rabbia crescente: “Chi sei? Cosa vuoi da noi?”
“Non c’è tempo per le domande – con un cenno della testa li invitò a tornare a guardare avanti e i due, loro malgrado, istintivamente lo fecero – decidete, quale fiume prenderete: Don, Po’, Tevere o Nilo?”
Rise. Poi, in quell’istante, si abbassarono altre due nicchie, con le statue ricche di panneggi di Marte e, rispettivamente, di Venere.
Quattro statue, quattro direzioni diverse.
La corrente cominciò a cambiare in una serie di turbinii confusi e la feluca sembrò non saper più dove dirigersi. I muri colonnati parevano in ogni caso volerli far schiantare e inghiottire, come l’abisso sotto di loro.
“Quattro fiumi? Dove li vedi quattro fiumi a Roma?”
Esclamò Naruto, scuotendo la testa. Fece per allungare la mano e afferrare il tipo che aveva detto chiamarsi Madara, ma questi sembrò inconsistente, perché la mano del tester passò attraverso il corpo dello sconosciuto.
“Che domanda stupida. Sasuke, almeno tu, Uchiha secchione, non mi deludere.”
Ci fu aperta ironia in quella richiesta, ma Naruto si sentì offeso: “Beh, Casper dei poveri, stupido sarà tutto questo gioco assurdo; sono io a sistemare i bug evidentemente provocati da te grazie alle mie conoscenze informatiche. Secchione a lui, tzé.”
Gonfiò le guance, incrociando le braccia.
Tevere. Pensò frenetico Sasuke: l’unico fiume presente era il Tevere.
Fece per aprire la bocca e dirlo, quando si bloccò.
Qualcosa non tornava: era una risposta troppo facile e, in tutto quel casino, se c’era una cosa chiara era che il tizio seduto ai margini della barca non sembrava affatto amare le cose semplici.
“Piazza Navona!” esclamò alla fine, facendo sussultare il tester. Ovviamente, Sasuke in quei casi si era semplicemente messo a riflettere, al di là della frustrazione e della voglia di attaccare alla gola Madara che si era intromesso nel loro già complicato lavoro.
Chi fosse, cosa volesse… perché sentiva di ricordare qualcosa su di lui, persino su di sé, dimenticato nel tempo? Domande lecite, in realtà, ma necessariamente da rimandare; per quel motivo aveva ignorato Naruto, come era capitato già tante altre volte prima di allora a dire il vero, lasciandolo al suo blaterare mentre cercava di fare qualcosa di concreto.
“La fontana dei quattro fiumi, quella del Bernini – riprese più velocemente – il Gange, il Rio della Plata, il Danubio e…”
“Il Nilo.” Concluse per lui Naruto.
Sasuke annuì, ma prima che potesse domandarsi se il collega fosse davvero a conoscenza di dettagli simili, il tester lo anticipò, indicando l’imbarcazione:
“Si tratta di una feluca egizia, no? Forse avevamo l’indizio sin dal principio.”
“Hai ragione.” Ammise Sasuke, sorpreso ma non più di tanto. Quell’idiota dai capelli biondi aveva una conoscenza archeologica e artistica che rasentava il ridicolo, però non mancava di spirito d’osservazione e intelligenza. Doveva ammetterlo, anche se gli costava fatica.
Infatti prontamente Naruto sgranò gli occhi, provocandolo: “Oh, incredib…”
Ma Madara lo afferrò per la collottola della maglia – chissà come, ma quel tipo sembrava invece poterli picchiare persino troppo facilmente – e incalzò, con lo sguardo più folle, persino divertito:
“Quindi?”
“Nilo! Prendiamo il Nilo!” gli ringhiò contro Naruto, esasperato.
Con una virata brusca, la feluca cambiò direzione e si diresse verso l’edicola un tempo appartenente a Venere, la quale era però sparita, in modo da lasciare lo spazio sufficiente per passare.
Madara li osservò un istante, poi li provocò:
“Chissà se riuscite a risalire fino alle acque vergini, pivelli!”
Ma non si godette le gioie di vederli cercare di replicare qualcosa perché sparì, facendo sussultare leggermente la feluca che, però, proseguì il suo incedere rapido fuori dal Pantheon, trasportata dalla corrente forte ma non travolgente.
Metro dopo metro, le acque si fecero meno dense e violente, finché l’imbarcazione sembrò paradossalmente spiaggiarsi in quella che, come previsto dalla normale urbanistica, era Piazza Navona. Placida, la fontana funzionava quasi fosse stata una tranquilla giornata qualsiasi, con le sue statue e le sue alture rocciose che le elevavano. Un po’ sospettosi, Sasuke e Naruto scesero dall’imbarcazione, scrollandosi per quanto possibile un po’ d’acqua dai vestiti e dai capelli zuppi.
Le nubi all’orizzonte sembravano più lontane, ma erano sempre presenti e incombevano su di loro come una spada di Damocle.
“Wow – mormorò Naruto – incredibile, però siamo ancora vivi.”
Strizzò ulteriormente la maglia, gocciolando acqua salmastra.
“Già.” Convenne Sasuke.
Si girò e, già preoccupato all’idea di come accidenti avrebbero fatto a risistemare un Pantheon interrato e affogato nel mare, rimase di sasso quando realizzò che l’edificio era perfettamente normale, con tanto di marmi lucenti, la sua gloriosa cupola e le alte colonne frontali che sorreggevano il frontone austero.
Prontamente, il tester tirò fuori il pad personale per memorizzare i codici modificati e salvarli nel suo database, in modo da facilitarsi eventuali nuove correzioni.
Nel frattempo, lo scroscio dell’acqua proveniente dalla fontana e del tintinnare di monete si espanse nell’aria con un effetto persino rassicurante.
“C’è una valuta virtuale?” domandò Naruto all’improvviso, contemplando a sua volta il Pantheon, a caccia di eventuali buchi dovuti a imperfezioni residue.
“Come?” si riscosse Sasuke, tornando a guardarlo.
Naruto si voltò, scrutando alle proprie spalle, infine spiegò: “Non so, mi è venuto spontaneo chiedere. Ho sentito qualcosa che ricordava un tintinnio, ma forse è solo la mia immaginazione, in mezzo a tutto questo casino.”
Ridacchiò.
“Allora lo senti anche tu, il tintinnio.” Constatò invece Sasuke.
Deviò lo sguardo: oltre la fontana, scorse la figura di un ometto con un cappello elaborato, decorato da una piuma svolazzante, e addosso una giacca dai pretenziosi orli in filo dorato, fatta di un tessuto che ricordava velluto.
“Lui… lo vedi?” sussurrò Sasuke.
“Non so se esserne felice, ma… sì, lo vedo.”
“Messeri!” esclamò all’improvviso l’uomo, facendo una leggera corsetta. Lo seguiva un carro in legno semplice, guidato da due cavalli senza cocchiere; tutto il contrario, insomma, della ricchezza portata addosso a quella figura bassa e un po’ sovrappeso.
“Dimmi, Sasuke, si tratta di un altro degli artisti che conosci soltanto tu?”
Sasuke roteò gli occhi, faticando come sempre a seguire l’ironia dell’altro, per poi replicare asciutto:
“Non so chi sia questo tizio, va bene?”
Lo osservarono fermarsi per controllare una scarsella in cuoio che, a giudicare dal suono metallico in quel momento riconoscibile, doveva essere piena di monete tintinnanti.
“Messeri, quale gaudio avervi trovato! Non so per quale ragione, ma stavo rientrando verso la magione di famiglia e tutto è tanto subitamente mutato. Orrore! Sortilegio demoniaco!”
Fece per agitarsi, ma Naruto lo bloccò, cercando di mostrarsi rassicurante e non mettersi a ridere per l’effetto comico della combinazione piuma-cappotto improbabile:
“Signore, stia tranquillo, stiamo cercando di risolvere la cosa.”
L’ometto respirò una boccata profonda, lo fissò, infine, ignorando il fatto che i due messeri fossero bagnati fradici e vestiti in maniera totalmente anacronistica per quelli che sembravano i suoi ricchi gusti, spiegò:
“Il mio cocchiere, lestofante, è scappato, lasciandomi in balia del nulla coi cavalli che potrebbero imbizzarrirsi e correre ovunque, portandomi a morte certa – spalancò gli occhi, come prospettando immagini orribili di sé intento a involarsi oltre il carretto – già è stato difficile reperire qualcosa di meglio oltre a questo catafalco pietoso, almeno tento di rientrare alla magione al fine di recuperare i mezzi di trasporto che si convengono al mio stato.”
Naruto annuì, dispiaciuto per quel signore che, in fondo, gusto nel vestire a parte sembrava tener davvero a rientrare a casa. Forse se lo avessero aiutato, indipendentemente dalla strada, non si sarebbero disintegrati in milioni di pixel; magari poteva essere un modo come un altro per correggere il bug di chi non si trovava nel posto giusto, come la simpatica foto monodimensionale di Chir… Chiam… Chiaradia.
Ma Sasuke scattò, sospettoso:
“Chi sei, esattamente? E perché dovremmo aiutarti? – poi guardò Naruto e ribatté, incurante della presenza dell’ometto, per quanto virtuale – Chi ci dice che non sia un trucco di Madara per mandarci fuoristrada?”
Naruto avrebbe voluto ribattere che Madara, per quanto perverso, non avrebbe mai potuto partorire un design così orripilante per qualcuno sostanzialmente progettato per ucciderli, ma venne interrotto proprio dal presunto killer in questione che ribatté, oltraggiato:
“Io sono un banchiere, poffare! La mia famiglia ha acquisito uno dei maggiori simboli del potere e del prestigio insito…”
Le sue parole si fecero più deboli quando vide i cavalli nitrire e, dopo uno sbuffo, decidere che forse conveniva loro galoppare da un’altra parte.
“I destrieri! Ohibò, intendete aiutar questo pover’uomo o volete bighellonare come donnine di facili costumi?”
“Ci ha appena dato delle puttane?” domandò Sasuke, inarcando un sopracciglio.
Ma Naruto non badò a simili sottigliezze linguistiche, afferrò per un braccio il collega e cominciò a correre, urlando: “Signor Banchiere, le acchiappiamo i destrieri, magari ci da un passaggio!”
L’uomo li seguì con una corsa più goffa, tenendosi il cappello per evitare di farlo volare via.
In un modo o nell’altro riuscirono a raggiungere il carro e, prima di aiutare Sasuke a salire, Naruto con un balzo si mise al posto di guida, afferrando le redini al volo. Riuscì, se non proprio a frenare del tutto i cavalli, perlomeno a rallentarli.
Giurò che dopo quella volta, tra equini giganti di bronzo e altri invasati digitali, non avrebbe più toccato un cavallo se non tra molto, moltissimo tempo.
Sasuke si issò, aiutando suo malgrado il banchiere che, ansimando, si accasciò sulla panca di legno, la quale scricchiolò sotto il peso del corpo comunque denso.
Nonostante avessero già superato Piazza Navona e il carro stesse proseguendo lungo quello che rimaneva dello Stadio di Domiziano, i due visitatori non erano ancora spariti, il che tutto sommato era un buon segno. Sasuke un po’ si dispiacque per aver trattato così male quel tizio ansante al suo fianco, ma non troppo.
Dette un colpo di tosse e domandò:
“Di che famiglia fa parte, quindi?”
“Ehi, Sasuke – lo interruppe Naruto, i cui capelli sembrarono più dorati, quasi sabbiosi – guarda, c’è della gente sugli spalti che ci acclama! Figo! Mi piace questa versione!”
Sia l’archeologo che il banchiere deviarono lo sguardo verso l’unica ala ancora integra dello stadio, dove le sole scalinate presenti erano quelle di accesso; nessun bug, per una volta: a livello museale, da prima della Pangea quello che rimaneva dello stadio iniziale era solo una triste mezza curva.
“Spero bene che abbiano pagato lo spettacolo.” Borbottò l’ometto, sistemandosi meglio sul sedile come per darsi importanza.
Sasuke incrociò le braccia, un po’ a disagio per quella situazione. Incredulo, però, roteò gli occhi quando sentì addirittura Naruto esultare e ruggire.
Andava bene la gloria e la parata in pompa magna, ma era quantomeno ridicolo atteggiarsi tanto solo per fare un paio di metri nella sabbia dell’arena, oltretutto a bordo di quattro assi di legno che per miracolo non si erano ancora distrutte.
“Smettila di ruggire, sei fastidioso.” Lo pungolò.
“Ma che ruggire? Ho solo salutato!” ribatté Naruto, voltandosi un istante.
Nel farlo, però, sgranò gli occhi, guardando qualcosa alle spalle dei due passeggeri improvvisati.
Si elevò un altro ruggito che sembrò più vicino. Come già accaduto, da prassi del manuale delle cose destinate a precipitare, Sasuke seguì lo sguardo del collega e mormorò, con piccata rassegnazione:
Leoni. Perfetto, davvero perfetto.”
Infatti un branco di tre leoni ruggenti, con tanto di criniera folta ed enormi zampe che si schiantavano sul terreno, era intento a correre nella loro direzione e, a giudicare dalle fauci immense, i tre animali erano anche pronti a divorarli con tutto il pacchetto, carro sgangherato compreso.
Ironia della vita, non li avevano incontrati al Colosseo, figurarsi se potevano esimersi dall’averci a che fare nel momento meno opportuno di sempre.
Fu Naruto però a dirgli: “Sasuke, prendi tu le redini, io mi occupo dei leoni.”
Senza che l’altro potesse esprimere qualcosa in contrario, il tester si era già voltato, in modo da balzare sul carretto che tremò un istante, come incerto se sbilanciarsi. Prima di trovarsi scaraventati a terra, suo malgrado Sasuke dovette saltare al posto di guida e prendere il controllo dei cavalli che, spaventati, cominciarono ad avere un’andatura discontinua, a volte cozzando l’uno contro l’altro.
Il banchiere si fece il segno della croce e mormorò qualcosa in latino.
Naruto imbracciò il fucile e lo trasformò in una mazza da baseball.
“Non si preoccupi, Signor Banchiere. È previsto un ritorno alla base.”
“Gesù.” Mormorò l’uomo, guardando quello strumento demoniaco estratto dal legno. Sbiancò.
Sasuke sentì i capelli sul collo rizzarsi. Non si voltò, ma sapeva, lo sentiva a pelle, Naruto stava progettando qualche cazzata.
“Sasuke, non prendere velocità o questa carretta non regge! Lascia fare a me!”
Fu allora che l’archeologo, ovviamente incredulo sulla reale possibilità di lasciare tutto nelle mani di Naruto, si voltò e assistette allo spettacolo più tragicomico della sua esistenza: vide infatti l’uomo tutto determinato, in piedi, con tra le mani quella che era… una mazza da baseball.
Sembrava la versione contraffatta di un film hollywoodiano di Ercole con la versione alternativa della clava; ci mancava solo che al posto del copricapo in pelle di leone si mettesse un cappellino con visiera ed era pronto per sfondare nel mondo del cinema amatoriale.
“Una clava! Potevi almeno usare una fottutissima clava!”
Sbottò, convinto che ormai la loro fine fosse prossima.
“Vieni, Nemeo: ti aspetto, stronzetto!”
Quasi richiamato dalla provocazione, un enorme leone gli balzò addosso, ma Naruto fece una potente torsione del busto che si concluse con uno schianto della robusta mazza in legno contro la mandibola spalancata della creatura, pronta a divorare l’intero carretto.
Il leone finì nella polvere in un ruggito frustrato, per poi sparire in una pioggia di pixel dorati.
“Uno a zero per me, yeah!”
Sasuke, decisamente, non sapeva se essere più stupito per quello strike portentoso contro un leone volante, o se per il fatto che Naruto si fosse ricordato del leggendario leone Nemeo ucciso da Ercole in una delle sue fatiche. L’aveva pure soprannominato stronzetto, ma quelli erano dettagli.
Con altrettanta energia, mentre ormai Sasuke guidava i cavalli lungo le strade di fronte a sé, sperando sempre di non venir cancellato assieme a banchieri, leoni e giocatori di baseball improvvisati, Naruto colpì gli altri felini che gli andarono addosso; urlò pure, per sovrastare i loro ringhi e darsi la carica.
Quando fu certo che non li seguisse più nessuno, ansimante, il ragazzo si sedette sul legno, socchiudendo un istante gli occhi.
“Cavoli, non mi sento più le mani.”
“Sei stato bravo – ammise Sasuke dopo qualche istante – a conti fatti credo che senza la tua idea ci saremmo sfracellati già da tempo.”
Felice per quel complimento sincero, anche se esausto Naruto sollevò il pollice in segno di trionfo.
Il banchiere si schiarì la voce, ritrovando un po’ di colore sul volto terreo.
“Chigi.” Disse alla fine.
“Chigi?” domandò il tester.
“La mia famiglia – replicò l’altro, quasi come se fosse la cosa più scontata del pianeta, dopo i leoni cancellati a colpi di mazza da baseball – i rinomati banchieri che hanno acquistato l’omonimo palazzo.”
“Palazzo Chigi – intervenne Sasuke – dirigiamoci lì.”
Forse, dopotutto, la missione del banchiere aveva davvero impedito al sistema di cancellarli, anche perché non avevano ancora esattamente capito dove andare.
Proseguirono, oltrepassando varie strade: la Chiesa della Santa Maria Maddalena con il suo stile Rococò pieno di fronzoli – Sicuro che non è un bug? Aveva commentato Naruto – per poi costeggiare Montecitorio e, finalmente, giungere fino a Palazzo Chigi, così rinominato in seguito all’acquisto nel 1659 da parte di una famiglia di banchieri senesi, i Chigi per l’appunto.
Sasuke tenne per sé quelle nozioni di cultura, aveva parlato anche troppo per i suoi standard e quell’operazione di ripristino mista a fuga disperata si stava rivelando ancora più lunga del previsto.
Eccetto i leoni, se non altro né Piazza Navona, né i resti dello stadio sembravano danneggiati, lo stesso valeva per quanto visto di Montecitorio; inoltre, con uno certo spirito pratico il tester aveva provveduto a memorizzare i codici scannerizzati mediante il pad.
Quando fermò i cavalli, il banchiere sospirò sollevato e discese, aiutato da Naruto che gli evitò una rovinosa caduta a terra. L’arma del tester era ritornata il classico fucile multiuso.
“Vi sono debitore, messeri. Se volete aprire un conto e ottenere un prestito, vi farò un prezzo di favore, miei prodi. Lo diceva, il mio astronomo di fiducia, che il segno della Vergine sarebbe stato benedetto da Dio quest’oggi. E l’acqua il mio elemento fortunato.”
Sorrise, battendosi qualche colpetto sul ventre un po’ abbondante.
Sasuke fece una smorfia, domandandosi in che modo l’astronomia potesse incastrarsi con Dio, ma non aprì dibattiti in merito. Il cielo aveva ripreso a rannuvolarsi e lui aveva la sensazione che il tempo stesse per scadere.
“Dove dobbiamo andare?” provò invece a chiedere all’ometto, un po’ a bruciapelo.
Il banchiere si fece perplesso: “Dove, mi chiede, messere? Ma io non lo so, quali scempiaggini dite! L’unica cosa che so è che gli equini valgono, di questi tempi, quindi me li restituite.”
“E tutta quella storia del debitore, dei prodi, blablabla…” lo provocò Naruto, piccato.
L’uomo borbottò qualcosa per poi aggiungere: “Parlavo di tasso di interessi favorevole, un fondo destinato…”
Ma sia Sasuke che Naruto scesero, mollando redini, cavalli e carretti.
“Sa cosa? Si tenga i suoi tassi e pure i suoi cavalli. Andiamo a piedi.” Tagliò corto Sasuke.
“Ben detto.” Convenne Naruto.
Senza nemmeno badare all’espressione stupita dell’uomo, i due si allontanarono, ma non tantissimo, giusto per fare scena e attendere che il banchiere se ne andasse, con tanto di cavalli che riluttanti lo seguirono.
“Tassi e cavalli. Bella battuta.” Ridacchiò Naruto.
Suo malgrado, Sasuke accennò un sorriso e scrollò le spalle, effettivamente divertito: “Mi è uscita così.”
Risero assieme, scaricando le tensioni di quel viaggio frenetico.
Poi, lentamente, la risata si smorzò e ritornò la consapevolezza pressante di dove accidenti dirigersi senza rischiare la deframmentazione.
Quella volta, se non altro, tempeste furenti a parte avevano qualche istante in più per rifletterci.
“Sarà, ma io non sono della Vergine e si vede, data la sfiga che mi perseguita, anche se l’acqua è stata persin troppo il mio elemento.” Borbottò Naruto, memore delle dissertazioni astronomiche del Signor Chigi.
Sasuke lo fissò, pensoso:
“Vergine. Acqua.”
Naruto lo scrutò: “Stai avendo un’idea brillante da indizi assurdi, come il detective che risolve un caso d’omicidio?”
“Non so, è che… Madara – domandò all’improvviso l’altro – aveva detto qualcosa prima di andarsene.”
“Innanzitutto ci ha dato dei pivelli, e già per questo quando giungeremo al boss di fine livello gliela farò scontare tantissimo, poi… boh, ci ha detto chissà se riuscite a risalire fino alle acque vergini.”
Lo scimmiottò Naruto, per poi bloccarsi. Pareva avere un senso, ora che pensava a come tornavano i dettagli.
Sasuke fece un sorriso trionfante e perfettamente sicuro di sé; Naruto lo trovò inquietante ma bello al tempo stesso, cosa che lo fece un po’ imbarazzare.
L’archeologo infatti gli chiese, con sfida e accattivante esaltazione:
“Sai presso quale fontana sorgeva l’acquedotto dell’Acqua Virgo?”
Naruto incrociò le braccia, guardando altrove:
“Oh, dai, su, mister Genio, dimmelo, visto che muori dalla voglia di farmi sapere quanto sei speciale.”
Sasuke gli tirò un pugno sul braccio e lo mandò a fare in culo, ma alla fin fine, orgoglioso, gli rispose, aggiungendo che dovevano ancora superare un edificio ben più moderno prima di giungere a destinazione, la Galleria Alberto Sordi. E Naruto, in fondo, convenne che Sasuke ne sapeva davvero tantissimo. Oltre a essere un figo, ma questo non glielo disse.



Sproloqui di una zucca

Eccoci con questo nuovo capitolo, decisamente il mio preferito: mi sono divertita un mondo a scriverlo e spero abbia strappato anche a voi una risata. Mi auguro che vi siano piaciuti gli indizi e che la trama in generale vi acchiappi, sempre con quell'avvicinarsi progressivo di Sasuke e Naruto.
Grazie ancora a chi legge e segue questa storia. Alla prossima!

   
 
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