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Autore: Happy_Pumpkin    24/08/2018    3 recensioni
“Vieni, Nemeo: ti aspetto, stronzetto!”
Quasi richiamato dalla provocazione, un enorme leone gli balzò addosso, ma Naruto fece una potente torsione del busto che si concluse con uno schianto della robusta mazza in legno contro la mandibola spalancata della creatura, pronta a divorare l’intero carretto.
Il leone finì nella polvere in un ruggito frustrato, per poi sparire in una pioggia di pixel dorati.
“Uno a zero per me, yeah!”
Sasuke, decisamente, non sapeva se essere più stupito per quello strike portentoso contro un leone volante, o se per il fatto che Naruto si fosse ricordato del leggendario leone Nemeo ucciso da Ercole in una delle sue fatiche. L’aveva pure soprannominato stronzetto, ma quelli erano dettagli.

Un archeologo, un tester di videogiochi... sopravvivranno?
[Fanfiction scritta per il raduno del gruppo SasuNaruFanfiction Italia | SasuNaruSasu]
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Madara Uchiha, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Primo Capitolo






Naruto ebbe un brivido. Scosse le spalle, poi guardò dietro di sé, scorgendo il profilo delle colonne appartenenti al complesso dei fori, ma anche gli archi di trionfo che sembravano aver realmente guidato il loro percorso.
Sospirò, felice, davvero felice di non essersi deframmentato alla stregua dei bug con cui avevano avuto a che fare fino a poco fa. Se solo non avessero compreso le parole dell’uomo che era venuto loro incontro per poi sparire, probabilmente avrebbero sbagliato la strada, venendo cancellati per sempre; certo, a patto che quel tizio strambo stesse dicendo la verità riguardo la deframmentazione, ma dopo aver visto bug assurdi Naruto non si trovava nelle condizioni di voler a tutti i costi verificare la realtà dei fatti.
Tornò poi a guardare davanti a sé, con Sasuke che aveva cominciato a salire le gradinate. A ben pensarci, le parole dell’intruso erano quasi logiche: dopo il trionfo, la vittoria.
E quale monumento a Roma poteva rappresentare meglio la vittoria, se non l’Altare della Patria? Sulle prime, Naruto non aveva capito la reale connessione, ma Sasuke, con una sorta di pazienza molto contenuta, gli aveva ricordato che il vero nome con cui all’epoca era stato fondato il monumento, oltre un millennio dopo l’età imperiale romana, era il Vittoriano.
Roteò gli occhi, domandandosi di cosa si nutrisse Sasuke per ricordare tutte quelle cose. Suppose che la storia e l’archeologia dovessero davvero piacergli e sentì, in quei mesi di lavoro assieme, di ammirarlo per la determinazione a non lasciare che le memorie in un certo senso tangibili dell’umanità venissero cancellate per sempre. Ovviamente, l’archeologo poteva anche scordarsi di ricevere parole d’ammirazione dal suo collega. Almeno per il momento.
“Ehi, hai intenzione di rimanere lì ancora a lungo, o vuoi far parte della statuaria?”
Lo esortò Sasuke, arrestandosi in cima alla gradinata.
Naruto gonfiò le guance, con disappunto. Bene, Sasuke, scordati per almeno molti altri anni ancora che io ti dica qualcosa di bello.
“Arrivo, arrivo, scusa se siamo scampati a morte certa e volevo godermi il momento!”
Sasuke sollevò un istante gli occhi al cielo, per poi tornare a guardare davanti a sé. Al suo fianco si ergeva l’imponente e gigantesca statua equestre di Vittorio Emanuele II anche se, a testimoniarlo, non c’erano né il bronzo del Re, né tantomeno alle sue spalle il Vittoriano come avrebbe dovuto essere. Al suo posto, infatti, c’era una gigantesca macchina da scrivere con altrettanto enormi tasti e un corpo fatto interamente di marmo.
“Fanculo…” mormorò l’archeologo.
“Che roba è?” domandò Naruto, incrociando la braccia mentre reclinava la testa e si domandava che accidenti fosse quell’affare di dubbio gusto, in mezzo a tutta quella pretenziosità di marmo.
“Le civiltà che hanno vissuto a Roma fino a qualche secolo fa erano solite chiamare il Vittoriano con il nome dispregiativo di macchina da scrivere. Credo, ecco, che il bug si sia trasformato in questa versione. E dobbiamo anche rimettere Vittorio Emanuele sul cavallo – si scrocchiò il collo, annunciando – ci aspetta un bel po’ di lavoro.”
“Ma dovremmo smantellare tutto questa gigantesca schifezza, prima di rifarla. Rispettare le proporzioni e i dettagli, anche tramite il modello precaricato: non sarà affatto facile, rischiamo oltretutto di lasciare delle voragini bianche.” Commentò il tester, avvicinandosi per toccare le pareti lisce e fredde di quello che doveva essere un oggetto anacronistico, a sua volta museale, come una macchina da scrivere.
Prima di rispondere, Sasuke si ingegnò su come cercare di risolvere il problema e velocizzare tempistiche che, suo malgrado doveva dare ragione a Naruto, sarebbero risultate eterne. Scorse in lontananza, nel cielo, quelle che sembravano nuvole, accompagnate da luci remote simili a tuoni di un’atmosfera carica di pioggia; non gli piaceva per nulla, soprattutto perché condizioni atmosferiche ostili in un luogo simile non erano mai state previste.
 Ma non fece in tempo a cercare di escogitare qualcosa che sentì un suono simile a un clangore metallico, terribilmente vicino. Istintivamente, entrambi gli uomini si fissarono.
“L’hai sentito anche tu?” domandò Naruto, attento. Aveva notato a sua volta la tempesta in lontananza e l’aria, in generale, era quasi elettrica, come rarefatta.
“Sì.” Confermò Sasuke.
Sollevò istintivamente lo sguardo, portandolo verso il cavallo. Naruto lo imitò, contemplando per brevi istanti l’equino; accennò un sorriso perché era sicuro che avessero subito un’allucinazione uditiva.
“Che…”
Ma si interruppe, sovrastato dallo stesso suono metallico di prima. Quella volta, fu certo che proveniva dal cavallo. Più precisamente, da dentro il cavallo.
Loro malgrado, sia Sasuke che Naruto sussultarono, non aspettandosi quel colpo secco tanto all’improvviso. Dopo aver guardato un istante l’archeologo, il suo collega dai capelli biondi e gli occhi attenti puntati verso la statua domandò, sentendosi un po’ stupido:
“Chi… chi è?”
Sasuke sospirò, guardando altrove. Ma non poté nemmeno formulare un insulto concreto verso Naruto, visto che dopo quella domanda apparentemente semplice si aprì un’apertura all’altezza del ventre del cavallo; uno sportello si piegò verso di loro e da oltre esso spuntò la testa appartenente alla figura di un uomo in bianco e nero, con dei vistosi baffoni che contornavano il volto oltraggiato. Peccato che tutto il corpo fosse… piatto, come un foglio di carta o, in quel caso, una fotografia gigante capace di parlare.
“Terribile, Signori, siamo allo sfascio, in una situazione di collasso e degrado della civiltà.” Annunciò.
Ai suoi piedi, perplessi, sia Sasuke che Naruto lo fissarono. Il primo con evidente fastidio, il secondo con altrettanta lampante incomprensione. Più che altro perché non sapeva chi accidenti fosse quel tizio chiaramente d’altri tempi, emerso dal ventre in bronzo di un equino. Sasuke, invece, lo sapeva eccome, ma non fu affatto felice della cosa, in quanto significava che il tutto era ancora più scombinato del previsto.
“Signor Chiaradia, o meglio, la sua foto, che cosa sta facendo nella statua? Dovrebbe trovarsi – esitò un istante, immobile, per poi dire – alla versione digitale della Biblioteca Nazionale Norvegese.”
L’uomo baffuto borbottò qualcosa sulla chiamata alle armi, la patria e altri valori, così Naruto ne approfittò per sporgersi verso l’orecchio di Sasuke e domandare, le labbra a pochi millimetri da lui.
“Chi è Chiaradia?”
Fu un bisbiglio quasi affettuoso. Sasuke girò appena gli occhi, lo sguardo cadde sulle labbra e si sentì vagamente a disagio, un disagio che però non gli dava esattamente fastidio alla stregua di quando le persone si avvicinavano troppo o erano invadenti.
“Lo scultore che ha fatto la statua equestre di Vittorio Emanuele II.”
“Che adesso non ha Vittorio Emanuele II sopra.”
“Precisamente.”
Messa così l’intera situazione sembrava quasi ridicola, per quanto, al contrario, fosse estremamente tragica. Naruto fissò Sasuke, perplesso, rimandando a momenti migliori interrogativi amletici su come il suo brillante collega, per quanto dotato di buona memoria, fosse riuscito a ricordare un particolare tanto minuzioso quale la collocazione della foto di un tizio… insomma, uno sconosciuto, mica si parlava di Napoleone o di Jim Morrison.
“Popolo! – esclamò la figura monodimensionale dello scultore, agitando le braccia – Io recupererò l’illustre figura di Sua Maestà mediante le digitali memorie d’intelletto a me connesse, avendo la matrice di dati e catalogazione simile a quella del Re, al fine di agevolare la procedura. Al contempo, mi affido alla vostra esperta guida nell’immettere il corretto indirizzo d’archiviazione che appartiene alla mia virtuale persona, al fine di tornare ove era la collocazione originaria.”
“E dove si trova sua Maestà? Perché qui non abbiamo esattamente tempo di fare ricerche approfondite.” Tagliò corto Sasuke.
All’orizzonte, le nuvole sembravano essere avanzate ancora, sospinte da un vento distante.
“Poffare! Quale indegno comportamento da parte di voi giovini sbarbatelli! Quando con il Vittoriano avrete concluso, dovrete rivolgervi a tutte le divinità di codesta Terra piena di tribolazioni, per fare ammenda delle turpitudini che macchiano l’animo vostro. Senza la religione, sareste perduti e ridotti a uno stato di barbarie, rimembratelo!”
Fece per parlare ancora, ma Sasuke lo anticipò:
“Quindi? La risposta alla mia domanda, Signor Chiaradia. Purtroppo gli dei, al momento, sono l’ultimo dei miei problemi.”
Lo vide assottigliare gli occhi e, dopo un istante di oltraggiato silenzio, rispondere:
“Trompe-l'œil. Tecnica che andava bene per quei mentitori dei mangiarane francesi – schioccò la lingua, almeno, sembrò farlo attraverso il movimento piatto in bianco e nero, comunque l’eco vibrò nella pancia metallica dell’equino, dando un suono quasi dignitoso – tutto questo che voi vedete con i vostri fulgidi occhi, signori miei, è nient’altro che illusione nell’illusione. Una maschera. Un canovaccio teatrale male orchestrato. Fate cadere la maschera e in men che non si dica riavremo al di sotto di queste ignobili spoglie il vero, sublime Vittoriano e la statua con Sua Maestà intenta a ergersi in tutta la sua trionfale possanza.
Mentre che ultimo le connessioni ancestrali con la mia opera e la bronzea figura del Re, potreste, suppongo, pensare a come sbugiardare questa menzogna. Potrei risvegliare questo finto destriero e spingerlo verso nuovi orizzonti, portandolo a trascinare con sé il suo triste circo di finzione.”
Si impettì nel parlare.
Ma, mentre Sasuke lo guardava con l’intento di metterlo a tacere, richiudendolo da dove era venuto, Naruto era corso verso le pareti in marmo della gigantesca macchina da scrivere piazzata al posto del monumento originario.
“Sasuke!” chiamò, pochi istanti dopo che lo scultore aveva finito di parlare.
L’interpellato si voltò: “Cosa c’è? Non vedi che abbiamo già abbastanza casino? Adesso ci mancava rispedire al mittente questo pomposo foglio parlante – Ohibò, piano con le parole, Signorino udì la voce indignata del foglio in questione – non ti ci mettere anche tu, perché la mia pazienza sta già diventando un bug pronto al collasso.”
“Guarda qui.” Insistette semplicemente Naruto, troppo esaltato da qualcos’altro per dar peso al pessimo umore del collega.
In un istante, sollevò con la mano il marmo ed esso, simile a una pellicola, venne in parte via, rivelando tutt’altra struttura al di sotto. Il vero, originale, per quanto digitale, Vittoriano.
“Mr. Baffo ha ragione! C’è proprio una maschera al di sopra. Dobbiamo svestire l’Altare della Patria!”
Esclamò, esaltato.
“Wow.” Commentò Sasuke, apatico.
Poi sospirò e, avvicinandosi, notò effettivamente che la riproduzione al di sotto della pellicola sembrava proprio il monumento corretto.
“Sono metri e metri di strato da rimuovere: visto quanto è grande, impiegheremo tantissimo tempo.”
“Il cavallo – rispose Naruto, con gli occhi che scintillavano, entusiasti e in fibrillazione – Chiappia ha detto che risvegliava il cavallo finto.”
“Chiaradia.” Non poté fare a meno di correggerlo Sasuke.
“Sì, va bene, quello. Comunque – Naruto gesticolò, girando attorno a se stesso per abbracciare tutta l’imponente gradinata – se potessimo agganciare tutta ‘sta roba al cavallo, lo scultore lo attiva, nel frattempo lo rispediamo da dov’è venuto e in men che non si dica rimettiamo tutto dove già stava. Che ne dici?”
Sasuke fissò la struttura, poi l’equino.
Si morse un labbro. Era una follia ma, accidenti, si poteva fare.
“La tua arma. Puoi trasformarla in quello che vuoi?” domandò l’archeologo, occhieggiando il fucile sulle spalle del compagno.
“Ovvio – replicò fiero Naruto, impettendosi – ti ricordi, sulla piramide del Louvre, quando l’ho trasformato in un rampino che… Sasuke! Cavoli, geniale! Cioè, pure io, ma anche tu non scherzi! Certo, splendido! Trasformiamolo in un rampino e colleghiamo le corde coi ganci tra struttura e cavallo!”
L’uomo annuì, suo malgrado ritrovandosi nella stessa scia di entusiasmo, contagiato probabilmente non solo dall’urgenza del momento, ma anche da quell’eccessivo caos che era Naruto.
Quest’ultimo imbracciò il fucile e avviò la trasformazione, mentre l’archeologo corse verso lo scultore, domandandogli:
“Il cavallo, questo cavallo, lo può risvegliare e… – se si fosse sentito dire simili stronzate in un’altra circostanza, si sarebbe preso a schiaffi da solo – correre giù per le scale con noi in sella? Ci agganceremo il finto Vittoriano.”
“Ohohohoh! Quale superba idea, invero si può fare. Chi ve l’ha, modestamente, suggerita?”
Lo fissò, in attesa.
Dopo un’iniziale esitazione, infine Sasuke ammise, cercando di elaborare un sorriso che risultò essere una smorfia: “Lei, Signor Chiaradia. Merito del suo brillante ingegno.”
“Oh, lei mi rende troppo onore – lo fissò un istante, per poi concedere – assicurate i legami al nobile destriero, io provvederò al resto. Nel frattempo, chiederei se mi usaste la cortesia di rispedirmi alla mia collocazione natia, per quanto, in fin dei conti, fittizia anch’essa.”
“Certo – replicò Sasuke, notando Naruto intento a muoversi con il rampino e armeggiare con le corde – a questo posso pensare io.”
In breve, molto più breve se non altro rispetto all’eventualità di smantellare l’intero edificio pezzo per pezzo, Sasuke si era issato, arrampicandosi, sul cavallo di bronzo, con ancora la foto di Chiaradia all’interno ; nel frattempo, Naruto aveva ultimato di agganciare le corde in tensione alla gigantesca pellicola, arpionata.
Il tester rimise il fucile sulle spalle e cominciò a correre.
“Sbrigati!” lo incalzò Sasuke.
Nel cielo echeggiò un tuono simile a un gorgoglio cavernoso, diramando lampi di luce che ricordavano la spaccatura articolata di un vaso.
Naruto corse.
Senza preavviso, lo scultore disse qualcosa di totalmente incomprensibile. E… svanì.
Veloce, Sasuke occhieggiò il pad con i dati ricalibrati per ricollocare la fotografia nella giusta simulazione.
“Maledizione.” Mormorò tra i denti. Perché il cavallo di bronzo, a differenza di Naruto, non accennava a muoversi.
Istintivamente tese la mano al tester, quando questi cominciò a scalare la parete di marmo del piedistallo. In quel preciso istante, però, le cose cambiarono: l’equino, infatti, in uno scuotersi di criniera dai lucenti fili di rame prese improvvisamente vita. Emanò un nitrito metallico ma profondo e si impennò, gli occhi simili a piombo puntati davanti a sé, mentre il manto sembrava scintillare come una corazza lucida. Sasuke fece giusto in tempo ad aggrapparsi alle enormi redini che ricordavano metallo fuso, gelido nelle sue mani, così da non venire disarcionato dal movimento improvviso.
Con un salto, il cavallo scese dal piedistallo. Ancora sospeso per aria, in quell’istante infinitesimale di potenza della creatura, Naruto per un riflesso dettato dall’esperienza assurda di quei mesi riuscì ad aggrapparsi alla gamba massiccia, metri e metri di metallo che gli rendeva però difficile tenere la presa tanto a lungo.
Quando la creatura atterrò sulle gradinate marmoree, in uno scossone di ferro e rame, infatti Naruto rischiò di sfracellarsi a terra. Vide le sue mani lasciare la presa, lo vide distintamente, al punto da riuscire a darsi dello stupido e prepararsi a sentire la sua colonna vertebrale sbriciolarsi all’impatto con le scale, perché la statua era alta metri e metri, lui invece era solo un misero umano altrettanto finto ma ben più minuscolo.
Però, la sua caduta non terminò in quel modo. Anzi, non terminò affatto.
Sporgendosi quasi del tutto, con le gambe sommariamente agganciate alle estremità della sella, Sasuke si era lanciato di getto per afferrare il collega, che si limitò a scontrarsi appena con la coscia bronzea dell’animale.
“Sali, presto!”
Con un colpo d’addominali, Naruto senza farselo ripetere due volte si dette la spinta e, facendo appoggio sulle gambe con una presa più salda, salì fino in cima alla sella, talmente grande da potercisi sdraiare, se solo si fosse trattato di una tranquilla camminata domenicale.
Peccato che, a conti fatti, tutta la questione fosse decisamente lontana dall’essere tranquilla. Spronato dalle ultime parole del suo scultore, il cavallo infatti continuò a correre lungo le magnifiche gradinate, in un trionfo di zoccoli e muscolatura possente.
Dopo che Naruto era risalito, Sasuke fece appena in tempo a guardare alle sue spalle, poi imitato dal tester, per vedere l’intera struttura del Vittoriano venire finalmente svelata: la patina fittizia fu trascinata dalla corsa impazzita del cavallo che scoprì quel vecchio vestito per rivelare la bellezza del corpo di marmo dell’Altare della Patria. Anche la statua equestre originale era al suo posto, con tanto di Vittorio Emanuele II che, fiero, sembrava guardarli dall’alto del suo basamento meraviglioso.
In un frusciare di vesti la copertura s’involò nel cielo, disperdendosi tra le nuvole in numerosi frammenti simili a polvere, oro brillante destinato a sparire.
Il cielo tuonò. Ma non fu l’unico rombo che udirono.
Quando il Vittoriano si rivelò in tutta la sua bellezza, infatti, ai margini della struttura cominciò a sgorgare…
“Acqua?” domandò Naruto, incredulo.
“Le statue ai lati – spiegò Sasuke, tornando a guardare davanti a sé e a reggersi per un nuovo sobbalzo dell’animale in corsa – rappresentano due vecchi mari dell’Italia, prima che ci fosse il Grande Terremoto. E a quanto pare… hanno deciso di esondare!”
Con uno strattone, riportò Naruto a guardare dritto davanti a sé, lasciandogli parte delle redini per tentare, in quella corsa folle, di guidare il cavallo decisamente fuori controllo.
“Santa, fottutissima, Gea!” esclamò il tester, per una volta senza opporsi al sollecito brusco dell’altro. Quando l’animale atterrò oltre le gradinate in uno slancio potente, rimbalzarono sulla sella in un violento scossone.
L’acqua marina rimbombò alle loro spalle, con l’impetuosità di una diga esplosa: un trionfo di schiuma e salsedine sembrò divorare le scale, per poi arrivare a lambire le zampe del cavallo, schizzando spuma bianca addosso ai conducenti e al manto metallico.
“Giriamo!” esclamò Naruto, tirando una redine per far svoltare l’equino che, nonostante un po’ di reticenza, curvò seguendo la traiettoria.
Ma l’immenso muro d’acqua sembrò seguirli, anziché dirigersi dritto davanti a sé, mosso da un magnetismo magico verso il destriero e i suoi ospiti.
“Dove andiamo?” domandò Naruto, guardandosi attorno.
Al loro fianco avevano piazza Venezia, mentre di fronte si ergeva l’imponente Colonna Traiana, con il suo incedere crescente delle scene che narravano la riconquista della Dacia.
La spuma gorgogliò alle spalle con rabbia sempre maggiore, invece il cielo riecheggiava dei suoi tuoni come un monito distante. Sasuke si morse un labbro, stringendo le redini mentre il cavallo, inarrestabile, avanzava.
“Dove cazzo è il tizio di prima? Adesso non viene a tirarsela con i suoi suggerimenti da enigmistica dei poveri?” esclamò Naruto, voltandosi di tanto in tanto per controllare la gigantesca massa d’acqua marina che sembrava poterli travolgere e inghiottire da un momento all’altro.
“Zitto, lasciami pensare!” ribatté Sasuke, guardando invece dritto davanti a sé il Foro Traiano che si espandeva con i suoi resti oltre la meravigliosa colonna, lambita anch’essa dalle acque del mare.
“Beh, pensa in fretta, perché non so te, ma io non ho avuto nessuna illuminazione divina su dove accidenti andare eh… cazzo – sgranò gli occhi, perché scorse a pochi metri di distanza qualcosa sfarfallare, come una proiezione instabile del percorso – no, giriamo, giriamo, non so dove, ma non andiamo dritto. C’è un’imperfezione, non è la strada!”
Tirò le redini. Sasuke si tenne a malapena per reggere la virata improvvisa del cavallo, venendo schiaffeggiato da un’ondata d’acqua che gli incollò i capelli sul cranio. Troppo occupato a pensare per insultare il suo collega, al quale era sostanzialmente andato addosso, si portò indietro i capelli fradici in maniera sbrigativa e gli gridò, per sovrastare il rombo delle onde prossimo a investirli, visto che avevano deviato direzione:
“Prima! Prima che hai detto?”
Naruto lo guardò appena per scuotere la testa, tornando poi a concentrarsi sulla guida mentre il fucile rimbalzava sulle sue spalle.
“Ma ti sembra il momento? Non lo so, dico tante cose… – schioccò la lingua – non sappiamo dove andare, ci vorrebbe un miracolo per…”
“Divino!”
In un’altra occasione, Naruto avrebbe probabilmente replicato con un sornione modestamente, grazie per averlo notato, ma trovò che per una cazzata simile Sasuke lo avrebbe rispedito direttamente da Teti.
Si sentì invece afferrare per il braccio da Sasuke che, parlando rapido, lo scosse spiegandogli:
“Chiaradia! Mi ha detto una frase: dobbiamo rivolgerci a tutte le divinità di codesta Terra; c’è un luogo che le racchiude tutte – nel vedere lo sguardo perplesso dell’altro, però, brusco aggiunse – di là! Vai in quella direzione!”
A Naruto non rimase che fidarsi. In quell’anno sembrava che la fiducia reciproca, in fondo, avesse funzionato molto bene.



Sproloqui di una zucca

Eccomi dopo intense settimane di vacanze XD Dopo quest'aggiornamento i prossimi saranno più frequenti <3
In questi capitoli Sasuke e Naruto mi fanno morire per come battibeccano eppure continuano comunque a cercarsi. Grazie e alla prossima!
   
 
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