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Autore: _thantophobia    19/09/2018    2 recensioni
Izumi si era immaginata molteplici facce, mentre percorreva in macchina i chilometri che separano casa sua dalla prigione - si era immaginata un ragazzone tutto muscoli come Bane oppure un anonimo ragazzino insospettabile ma pericoloso e mortale come John Doe, di certo non un ragazzo che, prima di finire lì, doveva essere davvero solare e pieno di vita.
Davvero non capisce come ci sia arrivato.
[OC | Kaminari Denki | Bakusquad | un po' tutti] [KamiJirou | hint ad altre ship] [rating giallo per il linguaggio e i temi(?) | angst | maliconico | introspettivo] [what if?/AU/idk/something in between?]
[il secondo capitolo partecipa al Writober2018 con la lista di prompt di Fanwriter.it | prompt: segreti]
[capitolo 11 - Finale Alternativo: Acido Lisergico]
[capitolo 12 - X (+1): Dimmi che posso entrare]
[capitolo 13 - ]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kaminari Denki, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non c’è molto da dire, come intro. È un mezzo sclero causato dalla mia passione per i polizieschi e da un'idea che avevo beccato in giro circa un mesetto fa - ma purtroppo non mi ricordo dove l'ho scovata. Se dovessi ricordarmelo o dovesse ricapitarmi sotto gli occhi, metterò un riferimento qui.
Ah, se l'html dovesse fare il cavolo che gli pare, date la colpa a EFP, io le ho provate tutte.

 

 

 

 

 

 

 

 

Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

I: L’Ultimo Miglio

 

 

 

 

 

Il tempo qui è come un acido leggero che prima
ti cancella la memoria e poi il desiderio di continuare a vivere.
Stephen King, “Il Miglio Verde”

 

Another head hangs lowly,
child is slowly taken.
And the violence caused such silence.
Who are we mistaking?
Cranberries, “Zombie”

 

 


 

 

Da quando era ancora una bambina delle elementari, Izumi ha sempre avuto le idee molto chiare sul suo futuro. Ogni volta che gli adulti, con il solito tono melenso che si usa con i bambini, le ponevano la fatidica domanda – “E tu, Izumi, cosa vuoi fare da grande?” – lei rispondeva semplicemente e con una scrollata di spalle: -Qualsiasi cosa per cambiare quello che non mi piace.-
A una risposta così generica, gli adulti si limitavano a ridacchiare e a pensare che in fondo era solo una bambina e che avrebbe cambiato idea. Perché, secondo gli adulti, gli unici che avrebbero potuto cambiare le cose erano gli Eroi – e lei, povera bimba, è nata Quirkless.
Peccato che Izumi non si sia fatta fermare da niente e sia rimasta fedele alla sua idea anche a distanza di anni, diventando una dei giovani avvocati in uno studio legale molto rinomato di Tokyo. In tutta sincerità, non le piaceva per niente il sistema a cui aveva giurato fedeltà, ma proprio per questo l’aveva scelto: per cambiare le cose. E il modo migliore per cambiare le cose, secondo lei, è farlo dall’interno – e aveva già avuto i primi risultati: in pochi mesi di lavoro, Izumi era riuscita a salvare dall’ergastolo e dalla pena di morte diverse persone, dimostrando la loro innocenza anche quando sembrava impossibile.
È sempre stata convinta che non esista una distinzione netta tra buono e cattivo – anzi, pensa che questo modo di vedere il mondo sia parecchio riduttivo, perché esiste un’immensa scala di grigi tra i due opposti - e che anche chi ha sbagliato abbia il diritto di parlare e spiegare: aveva fatto di questo pensiero la sua personale crociata, diventando l’incubo dei giudici che spesso e volentieri diventavano loro stessi colpevoli e finivano messi in croce al posto degli imputati.
Per questo il suo capo, forse per farle calare la cresta o per metterla ancora di più alla prova, le ha affidato quel caso. Praticamente un caso impossibile, a detta sua, anche per “l’Avvocato delle Cause Perse”.
-Nessuno degli avvocati contattati dal carcere ha voluto prendere il suo caso.- spiega il suo capo, sbuffando una nuvola di fumo verso il soffitto. –Hanno tutti rinunciato dopo il primo incontro.-
Nel fascicolo che tiene tra le mani non c’è nessuna foto dell’imputato, solo un numero identificativo. -Come mai?-
L’uomo spegne il sigaro nel posacenere, appoggiando poi i gomiti sulla scrivania. –Perché si dichiara colpevole di un crimine commesso quando aveva diciassette anni. Ora ne ha diciannove. È un caso perso, io te lo dico.- accende un altro sigaro. –Rassegnati.-
Izumi raddrizza la schiena mettendo sotto braccio il fascicolo. –Non esistono casi persi, signore… E dovrebbe smetterla di fumare così tanto.-
L’uomo le fa un gesto nervoso con la mano invitandola a uscire e Izumi ridacchia: per quanto possa sembrare burbero e sgarbato, il suo capo in fondo ha un cuore d’oro.
Si ferma sulla soglia. -Signore, qual è l’accusa dell’imputato?-
Il fumo del sigaro sale sempre verso il soffitto, seguito dallo sguardo dell’uomo. –…associazione a delinquere, tentato omicidio e ancora qualcosa che è scritto lì. Però fidati se ti dito che è indifendibile.-
Izumi trattiene il respiro. A soli diciassette anni ha commesso tutti questi crimini? Ma lei non si arrende. –Questo non lo dirò fino a quando non l’avrò incontrato. Dove l’hanno rinchiuso?-

 

Izumi non era mai stata, nei suoi pochi mesi di attività, in quella prigione. Non aveva mai avuto un Villain come cliente, e in un certo senso questo la galvanizza un po’.
La prigione è un luogo freddo e umido, senza colori se non si contano le tute arancioni dei carcerati e le divise blu delle guardie – curioso come le ricordino un poco le carceri dei film americani, pensa mentre si guarda intorno in quella sala spoglia e grigia in cui una guardia l’ha lasciata ad aspettare il Detenuto 52368. Non hanno neanche usato il suo nome, Izumi sente la pelle delle braccia accapponarsi per la disumanità di quel posto – e crede di essere quasi saltata in piedi dal suo sgabello appena sente la porta aprirsi e richiudersi, annunciando l’arrivo del ragazzo.
Spende qualche secondo per studiarlo, osservando i capelli biondo oro tenuti legati in un codino disordinato sulla nuca, è troppo magro per la sua altezza – fermo sulla soglia, mentre aspetta che la guardia richiuda la porta, le dà la schiena e Izumi può notare benissimo come le scapole sembrino spuntoni affilati sotto la pelle troppo pallida e come la tuta arancione sia troppo abbondante per la sua corporatura. Quando si siede di fronte a lei, dall’altro lato del tavolo, può notare un viso stanco e affilato, su cui spiccano due occhi dorati che le ricordano quelli di un gatto ma che sono vuoti e senza luce.
Izumi si era immaginata molteplici facce, mentre percorreva in macchina i chilometri che separano casa sua dalla prigione - si era immaginata un ragazzone tutto muscoli come Bane oppure un anonimo ragazzino insospettabile ma pericoloso e mortale come John Doe, di certo non un ragazzo che, prima di finire lì, doveva essere davvero solare e pieno di vita.
Davvero non capisce come ci sia arrivato.
-Ciao.- sussurra, sorridendogli. –Mi chiamo Izumi, puoi darmi del tu se vuoi…-
Il ragazzo non risponde, fissandola senza davvero vederla.
-M… mi dici il tuo nome?- balbetta agitandosi. Si sente scrutata fin nel profondo, studiata, da quegli occhi. –Non mi piace chiamarti con quel numero.-
Lui continua a osservarla, prima di parlare: la voce raschia contro la gola, lenta e strascicata, esausta. -…ci sono stati dieci avvocati, prima di te. Tu sei la prima che mi chiede come mi chiamo.-
A Izumi viene da piangere, a immaginare la sofferenza che ha provato questo ragazzo. Si costringe a restare impassibile, tornando a parlare del caso.
-Ti hanno detto qual è la tua condanna, immagino… - tentenna, fissando i fogli che riempiono il fascicolo pur di non guardare i suoi occhi.
-…mi aspetta un cappio da un momento all’altro, lo so.- il tono è rassegnato, come quello di qualcuno che non ha più nulla a cui aggrapparsi per restare in vita. –Per questo non capisco perché sei qui. Potrebbero uccidermi anche domani.-
-Ho ancora un po’ di tempo.- nemmeno lei sa quanto, ma sa che ha ancora tempo. –E sono qui perché voglio aiutarti a uscire da questo posto e tornare a vivere.-
Il Detenuto 52368 sgrana gli occhi, come se all’improvviso le fosse spuntata una seconda testa. –Ma cosa…?-
-Tu non sei colpevole.- sentenzia lei, alzandosi e chiudendo il fascicolo. –Tu ti stai incolpando di qualcosa che non hai fatto. E ho tutta l’intenzione di dimostrarlo.-
Lui scuote la testa. –No, sono stato io. È solo colpa mia.-
-Questo lascialo decidere a me.- Izumi gli sorride. –Ci vediamo dopodomani, così mi parli bene di cosa è successo. Qual è il tuo dolce preferito? Se riesco te lo porto, ti va?-
Il detenuto non le risponde, così Izumi si volta e si avvia verso la porta per farsi aprire.
-…chiffon cake.-
Izumi si ferma, la porta già socchiusa e l’espressione sorpresa – espressione sorpresa che velocemente muta in un ghigno vittorioso. –Va bene, ti porto una chiffon cake.-
Lo vede annuire e alzarsi a sua volta, prima di fermarsi e guardarla negli occhi. -…dopodomani? Tornerai dopodomani?-
Annuisce. –Certo. Sono qui in veste di tuo avvocato, devo tornare.-
Izumi potrebbe mettersi a saltare di gioia, quando lo vede sorridere. -…Denki. Kaminari Denki.-
Quando la porta si richiude alle sue spalle, Izumi lancia uno strillo di gioia: ha già cominciato a fare progressi.

 

-…sei proprio l’Avvocato delle Cause Perse, Izumi.- borbotta Hiroshi, quando le porge il plico di fogli ancora caldi appena usciti dalla stampante. –Interessarsi a un caso così… Ci vuole del coraggio.-
-Qualcuno deve pur farlo.- sentenzia lei, iniziando a svogliare quelle pagine: sono tutti articoli di giornale e bollettini della polizia riguardanti l’attacco dei Villains al Liceo UA di due anni prima, in cui rimasero feriti diversi studenti e dei Pro Heroes. –Ho la sensazione che non me la racconti giusta.-
Hiroshi si appoggia alla scrivania della collega, curioso. –In che senso?-
-Non lo so… Che stia mentendo.- mormora, raddrizzando la schiena. –È una sensazione di pancia, Hiroshi. È difficile da spiegare.-
-Però… - ribatte il ragazzo, indicando i documenti tra le mani della ragazza. –Tutte le prove sono contro di lui. E in più è l’unico a non essere stato attaccato dai Villains nonché uno degli amici più stretti dell’unica persona scomparsa.-
-…scomparsa?- Izumi è confusa. –Nessuno ha mai parlato di dispersi.-
Hiroshi le porge un bollettino della polizia. –Una sola, una sua compagna di classe. È sparita nel nulla e lui dichiara di averla uccisa. Allora, quando il caso era ancora gestito dalla polizia, aveva indicato un luogo in cui diceva di aver nascosto il corpo, ma non hanno trovato nulla.-
E quindi è stato archiviato come sparizione, conclude Izumi. –Erano amici?-
Hiroshi scrolla le spalle. –È sempre stato molto vago, quando gli chiedevano di lei. Come se non volesse parlarne.-
Izumi annuisce, leggendo il bollettino della polizia. Ora sa da dove iniziare a fare sul serio.

 

Due giorni dopo, quando si presenta di nuovo in prigione, Denki è già nella sala predisposta per gli incontri e giocherella distrattamente con l’elastico per capelli che tiene tra le dita. Come la vede, il viso si illumina.
-Sei riuscita a portare la chiffon cake?- le domanda, sorridendole. Lei gli mostra la scatola della pasticceria vicina a casa sua e lui pare un bambino davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli, da come si allunga sul tavolo per raggiungerla.
Ma lei la allontana, serissima. –Parlami di Jirou Kyouka.-

 

 

 

 

 

 

D.P.P.: Deliri Post Partum
UN PARTO PLURIGEMELLARE. PODALICO. CON TUTTE LE COMPLICAZIONI IMMAGINABILI.
Questa cosa mi ha letteralmente sfiancata. E non l’ho ancora finita.
Però ne sono piuttosto fiera. 
Per tutto il resto, spero mi scusiate: sono drogata di mokaccino in questo periodo e sto ascoltando a loop canzoni deprimenti come se non ci fosse domani.
Un grazie speciale va alla Conviventeh, che si è sorbita i miei scleri e dei post da più di duemila parole per volta senza volermi pestare a sangue (te se ama, Flo, anche se non mi fermi quando te lo chiedo e mi fai scrivere queste cose) e a Rod e Lia, che mi hanno fatta sentire in colpa per non averle rese partecipi della Schifezza Di Cui Sopra. E adesso ve la beccate tutta. Mi dispiace, Fra, il titolo è di quattro parole.

Se vi ha trasmetto qualcosa, lasciatemi un commentino! Mi interessano le vostre opinioni.
Non odiatemi troppo e CRESCETE E MOLTIPLICATEVI! *saluto vulcaniano*
Maki

 

 

 

 

 

 

 

  
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