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Autore: NyxTNeko    23/09/2018    1 recensioni
Roma, 37 d.C.
Una giovanissima schiava proveniente dalla Gallia, abile conoscitrice di ogni tipo di erba, approda nella Città Eterna. Divenuta libera, la sua vita sembra essere destinata a svolgersi nell'ombra della Capitale del Mondo...fino a quando il potere non entrerà dalla porta della sua piccola bottega di filtri e veleni e le stravolgerà l'esistenza risucchiandola inevitabilmente nel suo vorticoso buco nero.
Locusta, la prima serial killer della storia, fu un personaggio enigmatico, quasi leggendario, di cui si sapeva davvero poco anche ai suoi tempi, una cosa, però, era assolutamente certa: la strega di Nerone non sarebbe sopravvissuta a lungo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
Capitoli:
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"Est etiam quoque uti non magno solis ab igni 
aera percipiat calidis fervoribus ardor, 
opportunus ita est si forte et idoneus aer, 
ut queat accendi parvis ardoribus ictus"
Lucrezio, De rerum natura, vv 604 - 607

Roma, 17 luglio 64 d.C.

- Allora - esordì un uomo di mezza età incappucciato, nascosto dalla penombra - Avete portato il compenso per quel lavoretto? - chiese infine sospettoso.

- Certamente - rispose affabile uno dei senatori, panciuto e dallo sguardo tagliente, che estrasse il sacchetto pieno di monete e glielo porse - Ecco i 1000 sesterzi che mi avevate chiesto...

L'uomo, sempre guardingo e sospettoso,  strappò velocemente dalla mano il sacchetto e lo nascose sotto il mantello. Poi fece uscire, da un muretto dietro di lui, un gruppo di uomini, anch'essi incappucciati, con in mano delle torce - Ci garantite nuovamente che nessuna colpa verrà addossata a noi per quanto succederà alle sorti della Capitale?

Il senatore che aveva già fatto dietrofront, senza mutare la sua espressione rilassata, voltando leggermente il viso cadente verso di loro, rispose - Non preoccupatevi, sarà tutto secondo gli accordi, voi cristiani non subirete alcuna persecuzione, sarà Nerone a pagare per voi! - gli rassicurò il senatore con voce suadente - E una volta che ci saremo sbarazzati di lui e di tutti i suoi seguaci, ci uniremo per scegliere un imperatore che possa soddisfare le vostre richieste ed esigenze, cristiani...

Il capo del gruppo cristiano sorrise maliziosamente e dopo averlo guardato per l'ultima volta, corse immediatamente, insieme ai suoi compagni, nel cuore della città per appiccare il fuoco e provocare l'incendio che avrebbe ripulito Roma dalla feccia dei pagani e di Nerone.

"Razza di stolti" si disse non appena vide sparire nel buio della notte quel gruppo di cristiani fanatici, animati dalla loro insulsa fede che stava dilagando nell'Urbe e, quindi, pericolosa per la sicurezza delle tradizioni romane. "La vostra fede vi porterà alla tomba". 

- Ma sei sicuro che farà come dice... è un pagano! - gli sussurrò titubante un compagno pagano divenuto da poco un fervente e sentito cristiano - Se poi ci tradisce, l'intera comunità sarà in pericolo per colpa nostra 

- Anche a me quel tipo non piace affatto, ma noi e il Senato abbiamo un nemico in comune, l'imperatore... - bisbigliò il capo al suo fianco

- Ma non ci ha mai perseguitati, a differenza dei suoi predecessori - lo interruppe il compagno, turbato; dopo aver intravisto la sete di potere nel volto di quel senatore cominciò a comprendere che forse l'idea di bruciare Roma non era affatto la soluzione migliore per risolvere la loro posizione - È sempre stato abbastanza tollerante con noi, se instaurassimo un dialogo assolutamente pacifico, magari potremmo ottenere qualcosa in più...

- Se hai così tanta paura, tornatene pure a casa, di fifoni come te non sappiamo che farcene, ma sappi che non avrai più il tuo compenso - sbuffò un altro, stufo di sentire il suo insopportabile piagnisteo.

- Tenetevelo pure quel maledetto denaro! Non voglio fare la stessa fine di Giuda, non desidero sporcare le mie mani di sangue innocente, perché fino a prova contraria l'imperatore non ci ha fatto nulla, siete voi che lo state provocando! - gli rinfacciò adirato.

Dov'era finita la misericordia di Cristo? Possibile che il potere e i soldi fossero riusciti ad intaccare persino il cuore di coloro che avrebbero dovuto essere messaggeri di pace, di amore verso il prossimo?

Avevano, forse, dimenticato le parole del loro Messia, ovvero di amare anche e soprattutto i nemici e di porgere sempre l'altra guancia. Erano solo chiacchiere, dunque, non c'era nulla di vero? Come tante altre che dicevano di diffondere la verità, anche questa filosofia religiosa era solo un insieme di discorsi farfugliati?

- Perché ci stiamo riducendo a questo? Perché?

- Dovresti saperlo il perché, il nostro compito è di portare la Sua Parola ovunque e noi conosciamo solo questo modo! Non ha senso parlare in maniera pacifica, bisogna incutere loro paura! Ricordati della profezia apocalittica egizia!

- Quando Sirio, la stella di Canis Major sorgerà, la malvagia città cadrà e nascerà una nuova! La nostra Roma! La nuova capitale di Cristo!

- Credevo che foste migliori di certa gentaglia, invece non siete così diversi da quelli che voi chiamate pagani! - urlò piangendo e, sopraffatto dalla delusione, dall'amarezza, scappò via da loro. Non riusciva a credere che quelle persone, che considerava colme di senno, fossero in realtà dei fanatici della distruzione e della vendetta. Loro che parlavano di perdono infinito e di Resurrezione dei Corpi dopo la morte.

In cuor suo prese la dura decisione di non appartenere più a quella maledetta setta, che lo aveva stregato con il suo messaggio rivoluzionario ed innovativo e che in quel momento si era rivelato per quello che era: una seria minaccia per Roma. "La mia famiglia aveva ragione, non avrei dovuto credere a quelle parole così persuasive, erano solo chiacchiere vuote, ma adesso sono pronto per ritornare ad essere un fiero ed onesto pagano". 

Anzio, 18 luglio

Nerone e sua moglie avevano deciso di trascorrere l'estate nella residenza di famiglia dell'imperatore; nella sua città natale il caldo era persistente, ma non soffocante ed afoso come nella Capitale del Mondo: l'aria di mare, infatti, mitigava decisamente la calura che aleggiava da giorni sull'intero Lazio.

Era da quasi un mese che non scendeva una goccia di pioggia e tutti sembravano preoccupati per i vigneti e i raccolti, tranne l'imperatore, il cui pensiero era rivolto alla sua piccola Claudia, morta dopo quattro mesi dalla nascita, e ciò l'aveva straziato, non sapeva più quale divinità maledire, poichè le aveva rinnegare tutte, che fossero ufficiali o meno.

Poppea, più e più volte, aveva tentato di tranquillizzarlo, fallendo miseramente. Il già fragile cuore di Nerone aveva subito un altro terribile colpo che aveva minato la sua psiche e le sue emozioni, formando un'altra profonda crepa. 

L'imperatrice sperò che quel soggiorno estivo potesse aiutare suo marito a ritornare in forze e notò che negli ultimi giorni effettivamente stava migliorando, i suoi pensieri intrisi di sciagure e maledizioni stavano lentamente scomparendo, per lasciare il posto a quelli legati alla vita quotidiana e al governo.

- Secondo voi Poppea, dovrei accettare quella proposta fatta da Gaudenzio, qualche mesetto fa? - domandò l'imperatore pensieroso. Era sdraiato sul triclinio, senza toccare cibo.

- Quella dell'anfiteatro dedicato alla nostra dinastia? - evitò di scendere nei particolari riguardanti la piccola Claudia, perché altrimenti non si sarebbe più ripreso dalla ricaduta.

- Si, si esattamente quella! Glielo avevo promesso, ma...

- Ma...?

- Ma prima vorrei pensare a ristrutturare gran parte degli edifici posti nella capitale, le strade stanno diventando sempre più impraticabili e se capitasse qualche disgrazia, soprattutto con il caldo di questi ultimi mesi, non ci sarebbe spazio sufficiente per effettuare i dovuti soccorsi...

- Potreste chiedere a Gaudenzio di darvi una mano, sono sicuro che non vi dirà di no, anzi secondo me è impaziente di mettersi al vostro completo servizio

- Lo penso anch'io - Nerone poggiò la mano sul viso e sorrise timidamente,  pensando al fatto che la sua adorata Poppea si stava dimostrando sempre più gentile, pacata nei suoi confronti e disponibile ad un dialogo più sincero all'interno della coppia: quella gravidanza aveva portato degli aspetti positivi, nonostante l'esito infelice.

Sentiva di amarla come mai in vita sua, percepiva un grande calore nell'anima: Poppea finalmente ricambiava il suo sentimento, questo gli bastava per continuare a vivere.

All'immagine della moglie si sovrappose quella di Locusta: come poteva dimenticare il suo affetto devoto, silenzioso, saggio e consolatore, e se un giorno gli fosse venuta a mancare la sua presenza, con molta probabilità, si sarebbe tolto la vita. "Senza di lei il mondo perderebbe la dolcezza e la grazia, una creatura così pura ed elevata che mi fa sentire indegno di starle accanto, per questo le ho impedito di seguirmi, è giusto che resti con suo marito".

La cupa sofferenza pareva solo un ricordo lontano in quel luogo, che era per lui sia paradiso sia inferno, pregno di dolci e al tempo stesso struggenti ricordi; la malinconia gli salì fino alla gola: gli mancava Domizia Lepida "Se solo avessi fermato mia madre quando non era ancora in grado di nuocere, saresti qui con me, a goderti gli anni delle vecchiaia serenamente" sospirò.

Poppea lesse la triste malinconia dipinta sul volto di Nerone e con delicatezza avvicinò la sua mano sull'altra che teneva appoggiata mollemente sulle vesti, gliela strinse e lo guardò: non era l'uomo più bello dell'Impero, aveva i capelli di quel colore così particolare per un imperatore, tutto il suo aspetto era insolito, bizzarro, originale, più vicino al gusto ellenico che a quello romano, aveva una sensibilità particolarmente spiccata e un amore spropositato per la Grecia che lo rendevano dolcissimo e purtroppo incompreso. 

Tuttavia fu proprio questa sua stranezza ad averla stupita, non era minimamente simile agli altri imperatori, tutti uguali e prevedibili, lui era Nerone, l'imperatore artista.

"Io non volevo essere un imperatore, Poppea" le ritornò alla mente quella frase che le ripeteva spesso, quando non si sentiva all'altezza del suo compito "Io desideravo solo essere un attore di teatro, rappresentare le varie sfaccettature dell'umanità, nel bene e nel male, ma il Fato ha voluto caricarmi di questo peso che devo portare fino alla tomba, ormai non posso tornare più indietro, perciò, se potete, aiutate questo artista ad essere un perfetto esempio per quel popolo che là fuori mi adora al pari di una divinità"

Quel sorriso colmo di tristezza... 

- Altezza imperiale!!! - la voce agitata di un pretoriano interruppe quel momento di tacita intimità; il soldato terribilmente spaventato, tremolante dalla testa ai piedi e affaticato per la lunga corsa, piombò ai piedi dell'imperatore e, tra un sussulto e l'altro, annunciò - È successa...una cosa...terribile...

- Non pensate ai convenevoli, riferite, soldato, avanti, se è così urgente, parlate!

- Roma...Roma sta bruciando, altezza imperiale! - riferì tutto d'un fiato.

- Co..cosa? Chi è stato? Quando è successo? - domandò a raffica, scuotendolo. Uno dei suoi più terribili presagi si era avverato.

- Nel cuore della notte, altezza imperiale, l'incendio è partito dal Circo Massimo e si è diffuso rapidamente in ogni angolo della città, la maledizione degli dei si è abbattuta su di noi!

Poppea credette di vederlo perdere coscienza, essere invaso dalla paura, dall'angoscia; lo vide balzare rapidamente in piedi: ordinò immediatamente un mezzo per portarlo a Roma. La sua città aveva bisogno di lui ora più che mai!

- Non fatelo, rischiereste la vita! - lo fermò balzando anch'ella.

- È mio dovere, Poppea, voi restate pure qui, ma io non posso sottrarmi al mio dovere e al mio popolo, pretoriano indicatemi la via

Poppea lo guardava incredula: era coraggio o imprudenza quella che stava mostrando in quel momento? Da dove gli proveniva tutta quella voglia di mettersi al servizio della sua popolazione? Non poteva lasciarlo solo...

- Altezza, io sono l'imperatrice e ho i vostri stessi doveri davanti al popolo...

Nerone si voltò e le sorrise: qualcun altro avrebbe condiviso il macigno del potere, si sentì improvvisamente leggero. "Sapevo che non mi avrebbe abbandonato, ora mi sento più forte per affontare questa tremenda prova, nella quale si gioca la nostra reputazione agli occhi del mondo". 

   
 
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