Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    15/10/2018    3 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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52

Nella notte

-parte seconda-

 

Rimasero ad osservarsi, occhi negli occhi, qualche istante.

“Non mi fai paura" mormorò Leonore “Ed i tuoi occhi… i tuoi occhi sono meravigliosi. Meravigliosi e malinconici".

Lucifero non rispose. Lei lo aveva supplicato, mentre erano avvolti dall’estati dell'amplesso, di mostrarsi per quello che era. Lo aveva desiderato ardentemente e lui l’aveva accontentata, non aspettandosi altro che terrore. Leonore però, ancora sotto il parziale controllo del potere del demone, non si era spaventata. Dinnanzi a coda, ali, corna e cicatrici, era rimasta in silenzio. Affascinata, incuriosita, e solo lievemente turbata.

“Ora sarà meglio proseguire con il rituale" furono le parole del diavolo.

Iniziò a tracciare con il sangue complessi simboli lungo tutto il corpo della mortale, dopo essersi procurato un taglio al braccio con il pugnale.

“A chi stai pensando?” domandò Leonore.

“A che ti riferisci?”.

“Hai lo sguardo di chi ha la mente lontana. Stai pensando a lei?”.

Il sovrano finse di non aver capito a chi l'umana si riferisse. In realtà quei capelli biondi, quello sguardo e quello strano modo di fare erano fin troppo familiari. Non poteva fare a meno di pensare a Sophia, mentre finiva i glifi necessari al rituale. Una volta che ebbe terminato l'ultimo simbolo, l'intero disegno brillò per qualche istante.

“Ora puoi tranquillamente farti una doccia e lavare via tutto" spiegò lui.

“Ma… e il rituale?!”.

“Funziona così. Ha già iniziato ad agire, lavati pure. Ricordati di concederti ad un uomo prima dell'alba, ed andrà tutto come previsto. Ma dubito tu voglia farlo ricoperta di sangue e disegni strani, no?”.

“Hai... hai ragione. Allora io ora mi lavo per bene e poi…”.

“Esatto. Ora meglio che vada. Ho un lavoro piuttosto impegnativo da gestire…”.

“Ok. E… posso darti un bacio?”.

“No, non credo sia il caso".

“Capisco… E se… avrò bisogno di vederti?”.

“Traccia il mio simbolo".

Il demone tolse la catena che portava al collo, il cui ciondolo rappresentava il sigillo di Lucifero, e gliela porse.

“Traccia il mio simbolo” spiegò “Se avrò voglia, verrò. Ma non preoccuparti: ci rivedremo. Io ci tengo a controllare che i miei patti vadano a buon fine. Clienti soddisfatti…”.

“E non ho nulla da firmare? Di solito non si firma?”.

Il diavolo rifletté qualche istante. Poi scosse la testa.

“Non serve. Ora va a lavarti. Io devo andare".

 

Ary corse lungo il sentiero, nella completa oscurità. Arrancò fra sassi e sterpaglie, deciso a raggiungere la propria dimora. Pensò che, se lui fisicamente non poteva fare molto contro un branco di demoni, qualche danno avrebbe potuto provocarlo con un grosso SUV lanciato lungo la strada! Gli tremavano le mani quando tentò di aprire la portiera con il mazzo di chiavi che portava in tasca. Finalmente riuscì a salire ed accendere il motore, schiacciando forte sull'acceleratore. Corse verso il punto dell'aggressione, alzando di colpo i fari. Una figura spaventosa si mostrò e ringhiò contro il mezzo, con occhi scintillanti e la bocca grondante di sangue. Il mortale lanciò un grido, spaventato, e vide le pupille del demone arrotondarsi e lo sguardo della creatura mutare.

“Keros?” mormorò l'umano.

Era lì il mezzodemone, con quell'espressione spaventosa rivolta verso il SUV. La camicia candida era macchiata di sangue, così come il sangue ne rigava il viso. Fra le labbra, aperte in un lieve ringhio, due canini bianchi come la neve che copriva il sentiero. Il tentatore aveva riconosciuto l'auto, dopo aver reagito d'istinto per la sorpresa, ed aveva notato gli occhi spaventati del mortale. Non sapeva che fare, non voleva spaventarlo ulteriormente, e per fortuna fu l'umano a parlare, dopo aver aperto il finestrino.

“Sali, presto!” lo incitò Ary “Andiamo a casa prima che ne arrivino altri!”.

Keros non rispose e salì in macchina, pulendosi il viso con la manica della camicia.

“Sei ferito?” si preoccupò il mortale, leggermente pallido.

“No" parlò, finalmente, il principe “Solo qualche morso o graffio”.

“Li hai… uccisi? Uccisi tutti?”.

“Dovevo farlo. Ci avevano visti, e sentiti. Se ne avessero parlato in giro, sarebbe stato un disastro. Ora devo informare immediatamente mio padre".

“Tuo padre? Quello vero o quello adottivo?”.

“Ora che ci penso… entrambi! Non è normale che girino creature simili per il mondo umano. Ci sono delle regole da seguire, territori da rispettare. Farò aumentare la sorveglianza. Non voglio che tu o Leonore corriate dei rischi per colpa di simile marmaglia".

Ary non disse nulla. Era ancora molto agitato ma tentava di non mostrarlo. Sobbalzò quando udì il grido di Keros, rivolto al dispositivo che lo metteva in connessione con l'Inferno.

“Rispondimi, vecchio!” ringhiava in demoniaco “Che cazzo stai facendo?!”.

Lucifero, impegnato in altre faccende, non rispondeva alle chiamate del figlio adottivo. Il principe, innervosito, ringhiò di nuovo. Sapeva che per contattare Mihael doveva attendere l'alba.

“Stai bene” tentò di smorzare la tensione il mortale “Non ti hanno fatto del male. Ora andiamo a casa e…”.

“Non volevo spaventarti. Scusami”.

“Sei un demone. E sei incazzato, si vede dalle dimensioni delle tue corna".

Keros alzò lo sguardo. Non ci aveva fatto molto caso.

“Promettimi solo di tentare di controllarti a casa, ok?” sdrammatizzò l'umano “Me la distruggi se no!”.

“Adesso metto a lavare questa camicia, perché me l'hai regalata tu e ci tengo, e poi vado subito all'Inferno a parlare con Lucifero. Ti va bene? O vuoi che resti di guardia?”.

“Preferirei non restare da solo nella notte, se è possibile che ci siano altri demoni nei paraggi. Ma potresti sempre avvisare Mephisto e farlo passare per qua a farmi da baby-sitter…”.

“Proverò di nuovo a contattare mio padre con il mio dispositivo…”.

“Ed io mi berrò almeno due caraffe di tè calmante…”.

 

Entrarono in casa parlando sottovoce. Le luci erano spente, l'auto di Leonore parcheggiata nel vialetto. Probabilmente lei era già a dormire, pensavano, e non la volevano svegliare. Notando l'agitazione di Ary, Keros lo guidò fino alla camera da letto e poi gli parlò con dolcezza. Guardandolo negli occhi, usò i propri poteri e l'umano si rilassò fino ad addormentarsi profondamente. Il principe si sentiva in colpa: doveva averlo spaventato molto!

Tentando di nuovo di contattare Lucifero, Keros entrò nel bagno con la lavatrice. Si era tolto la camicia e si avvicinò all'apparecchio con sguardo infastidito: odiava la lavatrice. La odiava moltissimo, perché quasi mai riusciva a farla partire. Forse doveva aspettare ancora qualche istante prima di far dormire Ary… Era talmente concentrato su rabbia e frustrazione, che non aveva notato la luce accesa e la mortale immersa nella vasca idromassaggio.

“Oh mio Dio!” esclamò Leonore “Che è successo?!”.

Keros sobbalzò, nascondendo la camicia insanguinata e distogliendo subito lo sguardo dalla donna.

“Sono in mezzo alle bolle, tranquillo” parlò ancora lei “Ma che è capitato? È sangue?”.

“Sì… scusami… ma stai tranquilla: non è sangue mio o di Ary".

“Meno male! State bene entrambi?”.

“Ci hanno attaccati dei demoni. Ma va tutto bene. Io… ti lascio fare il bagno".

“Devi mettere in lavatrice la camicia?”.

“Sì… io… non vorrei doverla buttare…”.

“E non sai come si fa a farla partire?”

“Già…”.

Il principe ammise a fatica le sue lacune in campo elettronico. Aveva schiacciato tasti a caso senza risultato, innervosendosi ulteriormente. Leonore tentò invano di spiegare il tutto restando stesa nella vasca.

“Passami l'accappatoio" si arrese infine “Faccio io".

Il sanguemisto le porse l'accappatoio, stando attento a non posare lo sguardo su luoghi inopportuni. Lei si alzò, coprendosi subito ed uscendo dall'acqua. Era rimasta in quella vasca per un po', a riflettere. Era giunta alla conclusione che non era quello il modo per avere un figlio. Forse non era quello il suo destino…

“Prima mettiamo l'antimacchia" spiegò la mortale, spruzzando del prodotto sulla camicia. Keros osservò tutto, con curiosità. Doveva ammetterlo: faceva schifo in economia domestica!

“Scusami…” mormorò, imbarazzato “Non volevo interrompere il tuo bagno".

“Tanto dovevo uscire comunque. Ero lì da un po'… Voi, escludendo i demoni, avete passato una bella serata?”.

“Splendida. Grazie per la cena. È stato tutto perfetto".

“Mi fa piacere sentirlo".

“E tu? Ti sei rilassata?”.

“Ho passato decisamente una bella serata, sì…”.

“Bene…”.

Leonore aveva strofinato la camicia con cura. Poi aveva aperto l’oblò della lavatrice e spiegato a Keros come fare. Lui ringraziò, ancora in imbarazzo, mentre lei faceva partire il lavaggio.

“Lui è stato qui?” domandò il principe, avvicinandosi alla donna.

“Lui chi?’.

“Lo sai chi… Sento il suo odore, percepisco la sua presenza".

La mortale non sapeva che dire. L'atteggiamento del mezzodemone era cambiato di colpo e un pochino la spaventava. Si era fatto serio e sospettoso, si avvicinava senza guardarla ed annusando l'aria. Le era addosso, ne riusciva a sfiorare il collo. Per un attimo, Leonore temeva che volesse morderla.

“Lo sa che mi innervosisce se viene in questa casa senza il mio permesso" sbottò Keros, senza allontanarsi dall'umana “E su di te lo sento così forte... Non mentirmi. È stato qui”.

“Sì, lui… è stato qui. Lucifero è stato qui" ammise Leonore e Keros ringhiò.

Già innervosito da quanto accaduto lungo la serata, l'apprendere che perfino Lucifero agiva alle sue spalle lo infastidiva molto. Non gli importava se vedeva quella mortale per la città ma quella era la casa che divideva con l'uomo che amava! Quella era la sua casa, il suo territorio, e non gradiva che Lucifero ci entrasse senza nemmeno avvisare. E l'odore che aveva quella femmina… com'era strano…

Lei, in piedi contro il mobile accanto alla lavatrice, stringeva e sé l'accappatoio, non sentendosi a proprio agio. Lui le alzò il viso con due dita, guardandola negli occhi. Leonore tremò, incrociando quello sguardo aranciato. Tentò di indietreggiare, ma dietro di lei vi era una cassettiera in legno, dove andavano riposti i detersivi. Lui era serio, silenzioso. Senza dire una parola, infilò le mani fra le pieghe dell'accappatoio. L'umana, sotto l'influsso del potere di Lucifero, lasciò che il sanguemisto la scoprisse. Nuda, ipnotizzata e stordita, attese che il principe la possedesse. Si protrasse verso di lui, con un piccolo gemito, provando un desiderio ardente. Per Keros fu lo stesso, non provò altro desiderio se non quello di entrare in quella femmina. Era ancora nervoso, furioso, e sfogò parte di quelle sensazioni in quel rapporto. La mortale lo stringeva forte, bramando ogni movimento del principe. Non si chiamavano per nome, non si sussurravano parole d'amore. Semplicemente godevano, entrambi avvolti da un potere che non riuscivano a contrastare.

“Non ti fermare" gemette lei “Vieni dentro di me. Ti supplico, ancora! Vieni dentro di me!”.

Non era da lei agire così, così come non era da Keros usare una tale foga. Erano uniti, si muovevano sempre più in fretta, con sempre maggiore passione e furia. I loro respiri si erano fatti rapidi ed ansimanti, fra gemiti ed esclamazioni di piacere. Quando lei raggiunse l'orgasmo, strinse forte il sanguemisto a sé, lanciando un grido, e poi si stese, ribaltando la testa all'indietro e percependo ogni istante di quel piacere intenso. Era diverso da quello che aveva provato poco prima con Lucifero. Il re era stato avvolgente, era stata un'esperienza che aveva coinvolto ogni singolo centimetro di se stessa, come se il sovrano fosse stato in grado di eccitare ogni sua singola cellula. Con Keros era stato diverso. Capì quando anch'egli raggiunse il massimo piacere e lo strinse ancora a sé. Sfinita, ansimante per la fatica, ci mise qualche istante per riprendersi. Ancora stringeva forte Keros a sé quando si accorse di quel che effettivamente era successo. E per Keros doveva essere lo stesso perché la fissava stranito, come appena destatosi da un sogno. Lui indietreggiò, confuso.

“Mi… mi dispiace!” riuscì a dire.

Convinto di aver agito per rabbia, vittima dell'istinto demoniaco e non del potere del rituale di Lucifero, si sentì in colpa e si subito tentò di capire se avesse fatto del male a Leonore. La donna, a sua volta piuttosto confusa, realizzò quanto successo.

“Oh mio Dio…” mormorò “Lo abbiamo fatto! Io e te abbiamo…”.

“Mi dispiace!” le rispose Keros, visibilmente agitato “Non so cosa mi è preso! Ti ho fatto male? Ti ho spaventata? Che cosa orribile ho combinato!”.

“Ma io… io dovevo…”.

Lei arrossì. Dalla finestra si poteva notare il cielo che iniziava a schiarire: era quasi l'alba.

“Oh mio Dio" ripeté ancora la mortale “Lo abbiamo fatto prima dell'alba".

“Che c'entra l'alba?” alzò un sopracciglio Keros.

“Io… devo confessarti una cosa… però so già che ti arrabbierai”.

 

Terminata la seconda parte. E ora? Posso dirvi che vi dovrete aspettare un po’ di risse :p

   
 
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