52
Nella
notte
-parte
seconda-
Rimasero
ad osservarsi, occhi negli occhi, qualche istante.
“Non
mi
fai paura" mormorò Leonore “Ed i tuoi
occhi… i tuoi occhi sono
meravigliosi. Meravigliosi e malinconici".
Lucifero
non rispose. Lei lo aveva supplicato, mentre erano avvolti
dall’estati
dell'amplesso, di mostrarsi per quello che era. Lo aveva desiderato
ardentemente e lui l’aveva accontentata, non aspettandosi
altro che terrore.
Leonore però, ancora sotto il parziale controllo del potere
del demone, non si
era spaventata. Dinnanzi a coda, ali, corna e cicatrici, era rimasta in
silenzio. Affascinata, incuriosita, e solo lievemente turbata.
“Ora
sarà
meglio proseguire con il rituale" furono le parole del diavolo.
Iniziò
a
tracciare con il sangue complessi simboli lungo tutto il corpo della
mortale,
dopo essersi procurato un taglio al braccio con il pugnale.
“A
chi
stai pensando?” domandò Leonore.
“A
che ti
riferisci?”.
“Hai
lo
sguardo di chi ha la mente lontana. Stai pensando a lei?”.
Il
sovrano finse di non aver capito a chi l'umana si riferisse. In
realtà quei
capelli biondi, quello sguardo e quello strano modo di fare erano fin
troppo
familiari. Non poteva fare a meno di pensare a Sophia, mentre finiva i
glifi
necessari al rituale. Una volta che ebbe terminato l'ultimo simbolo,
l'intero
disegno brillò per qualche istante.
“Ora
puoi
tranquillamente farti una doccia e lavare via tutto" spiegò
lui.
“Ma…
e il
rituale?!”.
“Funziona
così. Ha già iniziato ad agire, lavati pure.
Ricordati di concederti ad un uomo
prima dell'alba, ed andrà tutto come previsto. Ma dubito tu
voglia farlo
ricoperta di sangue e disegni strani, no?”.
“Hai...
hai ragione. Allora io ora mi lavo per bene e
poi…”.
“Esatto.
Ora meglio che vada. Ho un lavoro piuttosto impegnativo da
gestire…”.
“Ok.
E…
posso darti un bacio?”.
“No,
non
credo sia il caso".
“Capisco…
E se… avrò bisogno di vederti?”.
“Traccia
il mio simbolo".
Il
demone
tolse la catena che portava al collo, il cui ciondolo rappresentava il
sigillo
di Lucifero, e gliela porse.
“Traccia
il mio simbolo” spiegò “Se
avrò voglia, verrò. Ma non preoccuparti: ci
rivedremo. Io ci tengo a controllare che i miei patti vadano a buon
fine.
Clienti soddisfatti…”.
“E
non ho
nulla da firmare? Di solito non si firma?”.
Il
diavolo rifletté qualche istante. Poi scosse la testa.
“Non
serve. Ora va a lavarti. Io devo andare".
Ary
corse
lungo il sentiero, nella completa oscurità.
Arrancò fra sassi e sterpaglie,
deciso a raggiungere la propria dimora. Pensò che, se lui
fisicamente non
poteva fare molto contro un branco di demoni, qualche danno avrebbe
potuto
provocarlo con un grosso SUV lanciato lungo la strada! Gli tremavano le
mani quando
tentò di aprire la portiera con il mazzo di chiavi che
portava in tasca.
Finalmente riuscì a salire ed accendere il motore,
schiacciando forte
sull'acceleratore. Corse verso il punto dell'aggressione, alzando di
colpo i
fari. Una figura spaventosa si mostrò e ringhiò
contro il mezzo, con occhi
scintillanti e la bocca grondante di sangue. Il mortale
lanciò un grido,
spaventato, e vide le pupille del demone arrotondarsi e lo sguardo
della
creatura mutare.
“Keros?”
mormorò l'umano.
Era
lì il
mezzodemone, con quell'espressione spaventosa rivolta verso il SUV. La
camicia
candida era macchiata di sangue, così come il sangue ne
rigava il viso. Fra le
labbra, aperte in un lieve ringhio, due canini bianchi come la neve che
copriva
il sentiero. Il tentatore aveva riconosciuto l'auto, dopo aver reagito
d'istinto per la sorpresa, ed aveva notato gli occhi spaventati del
mortale.
Non sapeva che fare, non voleva spaventarlo ulteriormente, e per
fortuna fu
l'umano a parlare, dopo aver aperto il finestrino.
“Sali,
presto!”
lo incitò Ary “Andiamo a casa prima che ne
arrivino altri!”.
Keros
non
rispose e salì in macchina, pulendosi il viso con la manica
della camicia.
“Sei
ferito?” si preoccupò il mortale, leggermente
pallido.
“No"
parlò, finalmente, il principe “Solo qualche morso
o graffio”.
“Li
hai…
uccisi? Uccisi tutti?”.
“Dovevo
farlo. Ci avevano visti, e sentiti. Se ne avessero parlato in giro,
sarebbe
stato un disastro. Ora devo informare immediatamente mio padre".
“Tuo
padre? Quello vero o quello adottivo?”.
“Ora
che
ci penso… entrambi! Non è normale che girino
creature simili per il mondo
umano. Ci sono delle regole da seguire, territori da rispettare.
Farò aumentare
la sorveglianza. Non voglio che tu o Leonore corriate dei rischi per
colpa di
simile marmaglia".
Ary
non
disse nulla. Era ancora molto agitato ma tentava di non mostrarlo.
Sobbalzò
quando udì il grido di Keros, rivolto al dispositivo che lo
metteva in
connessione con l'Inferno.
“Rispondimi,
vecchio!” ringhiava in demoniaco “Che cazzo stai
facendo?!”.
Lucifero,
impegnato in altre faccende, non rispondeva alle chiamate del figlio
adottivo.
Il principe, innervosito, ringhiò di nuovo. Sapeva che per
contattare Mihael
doveva attendere l'alba.
“Stai
bene” tentò di smorzare la tensione il mortale
“Non ti hanno fatto del male.
Ora andiamo a casa e…”.
“Non
volevo spaventarti. Scusami”.
“Sei
un
demone. E sei incazzato, si vede dalle dimensioni delle tue corna".
Keros
alzò lo sguardo. Non ci aveva fatto molto caso.
“Promettimi
solo di tentare di controllarti a casa, ok?”
sdrammatizzò l'umano “Me la
distruggi se no!”.
“Adesso
metto a lavare questa camicia, perché me l'hai regalata tu e
ci tengo, e poi
vado subito all'Inferno a parlare con Lucifero. Ti va bene? O vuoi che
resti di
guardia?”.
“Preferirei
non restare da solo nella notte, se è possibile che ci siano
altri demoni nei
paraggi. Ma potresti sempre avvisare Mephisto e farlo passare per qua a
farmi
da baby-sitter…”.
“Proverò
di nuovo a contattare mio padre con il mio
dispositivo…”.
“Ed
io mi
berrò almeno due caraffe di tè
calmante…”.
Entrarono
in casa parlando sottovoce. Le luci erano spente, l'auto di Leonore
parcheggiata nel vialetto. Probabilmente lei era già a
dormire, pensavano, e
non la volevano svegliare. Notando l'agitazione di Ary, Keros lo
guidò fino
alla camera da letto e poi gli parlò con dolcezza.
Guardandolo negli occhi, usò
i propri poteri e l'umano si rilassò fino ad addormentarsi
profondamente. Il
principe si sentiva in colpa: doveva averlo spaventato molto!
Tentando
di nuovo di contattare Lucifero, Keros entrò nel bagno con
la lavatrice. Si era
tolto la camicia e si avvicinò all'apparecchio con sguardo
infastidito: odiava
la lavatrice. La odiava moltissimo, perché quasi mai
riusciva a farla partire.
Forse doveva aspettare ancora qualche istante prima di far dormire
Ary… Era
talmente concentrato su rabbia e frustrazione, che non aveva notato la
luce
accesa e la mortale immersa nella vasca idromassaggio.
“Oh
mio
Dio!” esclamò Leonore “Che è
successo?!”.
Keros
sobbalzò, nascondendo la camicia insanguinata e distogliendo
subito lo sguardo
dalla donna.
“Sono
in
mezzo alle bolle, tranquillo” parlò ancora lei
“Ma che è capitato? È
sangue?”.
“Sì…
scusami… ma stai tranquilla: non è sangue mio o
di Ary".
“Meno
male! State bene entrambi?”.
“Ci
hanno
attaccati dei demoni. Ma va tutto bene. Io… ti lascio fare
il bagno".
“Devi
mettere in lavatrice la camicia?”.
“Sì…
io…
non vorrei doverla buttare…”.
“E
non
sai come si fa a farla partire?”
“Già…”.
Il
principe ammise a fatica le sue lacune in campo elettronico. Aveva
schiacciato
tasti a caso senza risultato, innervosendosi ulteriormente. Leonore
tentò
invano di spiegare il tutto restando stesa nella vasca.
“Passami
l'accappatoio" si arrese infine “Faccio io".
Il
sanguemisto le porse l'accappatoio, stando attento a non posare lo
sguardo su
luoghi inopportuni. Lei si alzò, coprendosi subito ed
uscendo dall'acqua. Era
rimasta in quella vasca per un po', a riflettere. Era giunta alla
conclusione
che non era quello il modo per avere un figlio. Forse non era quello il
suo
destino…
“Prima
mettiamo l'antimacchia" spiegò la mortale, spruzzando del
prodotto sulla
camicia. Keros osservò tutto, con curiosità.
Doveva ammetterlo: faceva schifo
in economia domestica!
“Scusami…”
mormorò, imbarazzato “Non volevo interrompere il
tuo bagno".
“Tanto
dovevo uscire comunque. Ero lì da un po'… Voi,
escludendo i demoni, avete
passato una bella serata?”.
“Splendida.
Grazie per la cena. È stato tutto perfetto".
“Mi
fa
piacere sentirlo".
“E
tu? Ti
sei rilassata?”.
“Ho
passato decisamente una bella serata,
sì…”.
“Bene…”.
Leonore
aveva strofinato la camicia con cura. Poi aveva aperto
l’oblò della lavatrice e
spiegato a Keros come fare. Lui ringraziò, ancora in
imbarazzo, mentre lei
faceva partire il lavaggio.
“Lui
è
stato qui?” domandò il principe, avvicinandosi
alla donna.
“Lui
chi?’.
“Lo
sai
chi… Sento il suo odore, percepisco la sua presenza".
La
mortale non sapeva che dire. L'atteggiamento del mezzodemone era
cambiato di
colpo e un pochino la spaventava. Si era fatto serio e sospettoso, si
avvicinava senza guardarla ed annusando l'aria. Le era addosso, ne
riusciva a
sfiorare il collo. Per un attimo, Leonore temeva che volesse morderla.
“Lo
sa
che mi innervosisce se viene in questa casa senza il mio permesso"
sbottò
Keros, senza allontanarsi dall'umana “E su di te lo sento
così forte... Non
mentirmi. È stato qui”.
“Sì,
lui…
è stato qui. Lucifero è stato qui" ammise Leonore
e Keros ringhiò.
Già
innervosito da quanto accaduto lungo la serata, l'apprendere che
perfino
Lucifero agiva alle sue spalle lo infastidiva molto. Non gli importava
se
vedeva quella mortale per la città ma quella era la casa che
divideva con
l'uomo che amava! Quella era la sua casa, il suo territorio, e non
gradiva che
Lucifero ci entrasse senza nemmeno avvisare. E l'odore che aveva quella
femmina… com'era strano…
Lei,
in
piedi contro il mobile accanto alla lavatrice, stringeva e
sé l'accappatoio,
non sentendosi a proprio agio. Lui le alzò il viso con due
dita, guardandola
negli occhi. Leonore tremò, incrociando quello sguardo
aranciato. Tentò di
indietreggiare, ma dietro di lei vi era una cassettiera in legno, dove
andavano
riposti i detersivi. Lui era serio, silenzioso. Senza dire una parola,
infilò
le mani fra le pieghe dell'accappatoio. L'umana, sotto l'influsso del
potere di
Lucifero, lasciò che il sanguemisto la scoprisse. Nuda,
ipnotizzata e stordita,
attese che il principe la possedesse. Si protrasse verso di lui, con un
piccolo
gemito, provando un desiderio ardente. Per Keros fu lo stesso, non
provò altro
desiderio se non quello di entrare in quella femmina. Era ancora
nervoso,
furioso, e sfogò parte di quelle sensazioni in quel
rapporto. La mortale lo
stringeva forte, bramando ogni movimento del principe. Non si
chiamavano per
nome, non si sussurravano parole d'amore. Semplicemente godevano,
entrambi
avvolti da un potere che non riuscivano a contrastare.
“Non
ti
fermare" gemette lei “Vieni dentro di me. Ti supplico,
ancora! Vieni
dentro di me!”.
Non
era
da lei agire così, così come non era da Keros
usare una tale foga. Erano uniti,
si muovevano sempre più in fretta, con sempre maggiore
passione e furia. I loro
respiri si erano fatti rapidi ed ansimanti, fra gemiti ed esclamazioni
di
piacere. Quando lei raggiunse l'orgasmo, strinse forte il sanguemisto a
sé,
lanciando un grido, e poi si stese, ribaltando la testa all'indietro e
percependo ogni istante di quel piacere intenso. Era diverso da quello
che
aveva provato poco prima con Lucifero. Il re era stato avvolgente, era
stata
un'esperienza che aveva coinvolto ogni singolo centimetro di se stessa,
come se
il sovrano fosse stato in grado di eccitare ogni sua singola cellula.
Con Keros
era stato diverso. Capì quando anch'egli raggiunse il
massimo piacere e lo
strinse ancora a sé. Sfinita, ansimante per la fatica, ci
mise qualche istante
per riprendersi. Ancora stringeva forte Keros a sé quando si
accorse di quel
che effettivamente era successo. E per Keros doveva essere lo stesso
perché la
fissava stranito, come appena destatosi da un sogno. Lui
indietreggiò, confuso.
“Mi…
mi
dispiace!” riuscì a dire.
Convinto
di aver agito per rabbia, vittima dell'istinto demoniaco e non del
potere del
rituale di Lucifero, si sentì in colpa e si subito
tentò di capire se avesse
fatto del male a Leonore. La donna, a sua volta piuttosto confusa,
realizzò
quanto successo.
“Oh
mio
Dio…” mormorò “Lo abbiamo
fatto! Io e te abbiamo…”.
“Mi
dispiace!” le rispose Keros, visibilmente agitato
“Non so cosa mi è preso! Ti
ho fatto male? Ti ho spaventata? Che cosa orribile ho
combinato!”.
“Ma
io…
io dovevo…”.
Lei
arrossì. Dalla finestra si poteva notare il cielo che
iniziava a schiarire: era
quasi l'alba.
“Oh
mio
Dio" ripeté ancora la mortale “Lo abbiamo fatto
prima dell'alba".
“Che
c'entra l'alba?” alzò un sopracciglio Keros.
“Io…
devo
confessarti una cosa… però so già che
ti arrabbierai”.
Terminata
la seconda parte. E ora? Posso dirvi
che vi dovrete aspettare un po’ di risse :p