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Autore: Erin0904    06/11/2018    1 recensioni
Un fruscio di coperte la scosse, quasi come se… ma quando voltò la testa i suoi occhi incontrarono solo buio pesto e un piumone sgualcito e accartocciato a un lato del suo letto a baldacchino: fu un attimo, lo scarto vacuo di un battito cardiaco, e non poté non lasciare spazio all’illusione di poterlo avere ancora accanto. I suoi occhi esitarono un poco nell’accarezzare l’immagine di lui, abbandonato tra le braccia di Morfeo ed arrotolato buffamente nel piumone, di modo che non fosse più possibile capire dove iniziassero i suoi piedi e dove invece finisse la coperta.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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“See, I thought love was black and white
That it was wrong or it was right
But you aren't leaving without a fight
And I think, I am just as torn inside”

 
-Where I Stood, Missy Higgins.
 
 
Ron non avrebbe saputo dire con esattezza che ore fossero. Aveva esaurito da un bel pezzo tutte le diverse posizioni che di norma lo aiutavano a conciliare il sonno e si era dunque arreso all’ennesima notte da trascorrere ad occhi spalancati in compagnia di pensieri che avrebbe molto volentieri preso a pugni.
Poteva sentirsi nelle orecchie il battito cardiaco, prima lento e costante e poi d’improvviso più veloce quando l’immagine di lei gli attraversò la mente, puntuale come un orologio svizzero, ovviamente anche questa volta senza chiedere il permesso.
Una sudorazione algida gli imperlò la fronte, sforzo evidente del cercare di resistere a tutti i costi a quella presenza intrusiva.
All’esterno, la luna piena splendeva sfacciata e illuminava debolmente la stanza silenziosa.
 
In lei c’era sempre stato qualcosa che induceva ad osservarla più da vicino, si sorprese a pensare, e quando ci si avvicinava oramai era troppo tardi per poter tornare indietro: la trappola scattava e da quel momento in poi si vedeva solo lei. Quel suo volto era sempre intenso, pur nella leggerezza di una trasparenza che poche donne ancora in bocciolo hanno: una trasparenza fatta di sincerità, di capacità di credere agli altri, pur sapendoli capaci di mentire; a guardarla dritto in viso, Ron aveva sempre visto la sua volontà di fronteggiare il presente con razionalità, sebbene ci fossero comunque momenti in cui ella pareva congedarsi da tutti e tutto per entrare in una dimensione tutta sua.
Così morbida e dolce come una gatta’ mormorò tra sé e sé ‘quando mi passa vicino l’aria intorno quasi non si muove.’
 
Lui, da sempre una frana con le parole e con l’elaborazione delle proprie emozioni, si era arreso all’evidenza che lei facesse parte di quelle persone nate col dono dell’introspezione e del coraggio di guardarsi dentro, quelle che in qualche modo sanno sempre staccarsi dalla contingenza della vita per entrare in una dimensione altra, fatta di pensieri, di ricordi e di vissuti lontani: pensò che fosse un suo modo di ritornare al passato, per capirsi e per evolvere in rapporto ai nuovi bisogni del presente, per assestarsi alla vita che scorre…
Lei gli aveva sempre detto che riconoscere ciò che si è divenuti nel tempo fosse indispensabile. Come farlo, però, Ron non l’aveva mica mai davvero capito.
Eppure, nonostante l’abisso che a volte sembrava separarli, loro due avevano sempre trovato un modo per ritrovarsi vicini, a un lembo di pelle di distanza, con fatica, certo, ma con la voglia di vivere il qui ed ora l’uno nelle braccia dell’altra.
Ecco che allora, per lasciarle quello spazio che sentiva le fosse necessario, Ron aveva imparato ad osservarla con attenzione prima di interpellarla per una ragione qualsiasi, tentando di capire quale fosse il suo stato d’animo in quel momento: aveva imparato a riconoscere, nei suoi silenzi, i momenti in cui abitava pensieri che la tenevano lontana da lui. All’inizio, guardarla constatando che non aveva idea dove fosse volata con la mente in quell’istante lo disturbava, non gli piaceva sentirsi escluso da lei, ma poi, col tempo, aveva imparato a non soffrire per quelle sue assenze: aveva imparato a studiarla in silenzio, a sua insaputa, cogliendo le impercettibili variazioni del suo volto.
 
Nei tanti anni passati insieme aveva imparato a conoscerla, entrando nella profondità delle sue emozioni: l’aveva vista gioire e adombrarsi tante volte; la sapeva gelosa e avrebbe anche potuto ferirla facilmente, se solo avesse voluto, ma non l’aveva mai fatto. Sapeva anche che, le numerose volte in cui si erano scontrati, la separazione da lui l’aveva fatta precipitare nella solitudine blindata del suo orgoglio, da cui non si era mai davvero liberata. Lo amava. Lui lo sapeva, come sapeva di amarla a sua volta e, nonostante ciò, non era riuscito a fare un solo passo verso di lei dopo la loro dolorosa separazione. ‘Codardo’ si disse, senza indulgenza, stirngendo i pugni attorno al lenzuolo.
 
Sorrise poi debolmente al ricordo di quando l’aveva baciata per la prima volta, sotto la neve, e miseriaccia quanto gli gelavano i piedi dal freddo, eppure sarebbe rimasto fermo impalato di fronte a lei fino all’ipotermia completa pur di non interrompere quel momento magico, il primo in cui entrambi, finalmente, si erano mostrati l’uno all’altra senza più difese.
Si era reso velocemente conto di essere assolutamente spacciato, che lei fosse ben più di una passione fugace, bensì una di quelle da “una volta nella vita”, di quelle che fanno da spartiacque tra il prima e il dopo e che non lasciano scampo: o con lei, o per sempre nel dolore per la sua assenza.
 
Supino nel suo letto si sentì incredibilmente tradito dalla valanga di emozioni che sembravano assalirlo all’improvviso, tutte assieme: il pericolo, nella situazione attuale, era proprio quello di abituarsi a quello stato di cose con lei, di trovare in quel nuovo modo di stare insieme, un equilibrio precario che li avrebbe costretti a mantenere, pur nella vicinanza, una distanza mentale che escludeva a priori non solo il cercarsi, ma anche i gesti dell’intimità: la naturalezza del prendersi per mano, del toccarsi, dello sfiorarsi le labbra con un bacio al momento di separarsi.
Si rese poi conto che, nonostante il muro invalicabile frappostosi tra loro, a volte capitava che un semplice sguardo più intenso riuscisse ad alterare per un istante la loro nuova normalità, facendo riaffiorare all’improvviso il desiderio, rinnovando la passione in tutta la sua intensità.
Eppure, tutto questa era come congelato: lei era smarrita nel dolore di quella frattura, e lui era costretto a raffreddare il suo sentimento con la ragione per non rischiare di perderla del tutto.
 
Ron si chiese se non fosse proprio questa, la maturità, scoprire che l’altro è diverso da ciò che noi immaginiamo, che a volte, per quanto si voglia disperatamente qualcosa – o qualcuno – si sia costretti a separarvisi prima di tutto internamente.
Quanto avrebbe voluto poterla stringere a sé e lasciarla piangere sulla sua spalla finché le sue lacrime non si fossero esaurite, finché da quel pianto non si fossero sciolti tutti i nodi che li tenevano incarcerati l'uno lontanto dall'altra, ma, come una regola non scritta, non credeva gli fosse più permesso allungare la mano verso di lei, scalfendo il suo spazio personale.
 
Un rumore lo distrasse improvvisamente dal dolore acuto che la mancanza di lei gli provocava, ancora ed ancora.
Un rumore di passi leggeri. Qualcuno stava salendo le scale, diretto al suo dormitorio. Si ritrovò a provare pena e solidarietà per chiunque stesse ora sostando dietro la porta, ‘a quanto pare non sono poi l’unico a non riuscire a chiudere gli occhi nemmeno un minuto, in questo castello’.
Non fece in tempo a finire di formulare il pensiero che la porta di legno del dormitorio si aprì.
 
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Nota dell'autrice:
scrivere questa seconda parte è stato doloroso, coe fare i conti con un passato vecchio e un po' ingombrante. Ogni commento o critica è ben accetto.
Un abbraccio.

-Erin.
   
 
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