Hopeless
wanderers
Ti sia lieve la terra
[o della consapevolezza]
2
novembre
Rimane in silenzio per quelle che
paiono ore, immobile come una statua di sale, prima di rendersi conto di quello
che è appena successo ed essere costretto a sedersi per terra quando le
ginocchia non lo reggono più.
-…ma stiamo scherzando.-
mormora la strega alle sue spalle alzandosi dal divano. –Non è possibile. È un
cazzo di scherzo.-
-Non credo scherzerebbero su
qualcosa del genere, Mitsuki.- suo padre è fermo sulla soglia del soggiorno, gli occhi
sgranati dietro le spesse lenti degli occhiali. Lo sa che suo padre ha ragione,
non potrebbero mai scherzare su qualcosa del genere, ma per un attimo Katsuki ha sperato che fosse davvero uno scherzo, che Deku ora sarebbe apparso davanti alla telecamera con il suo
solito sorriso idiota e avrebbe chiesto scusa per aver fatto preoccupare tutti
quanti.
Deku è morto.
Lo dice prima nella sua testa, un
paio di volte, prima di ripeterlo ad alta voce.
-Deku è morto.- le parole scivolano sulla lingua ed escono dalla sua
bocca come nient’altro che un sussurro strozzato, in cui non riconosce nemmeno
la propria voce. Le mani tremano, chiuse a pugno, mentre il respiro gli si
blocca in gola.
-Deku è morto.- mormora ancora, nel silenzio surreale del soggiorno
di casa, davanti alla televisione.
13
novembre
La salma di Deku
impiega una settimana a tornare a casa e altri quattro giorni per avere una
degna sepoltura.
È il giorno del funerale del
migliore degli Eroi e il mondo intero sembra essersi fermato: improvvisamente pare
sia arrivato l’inverno, insieme a una pioggia incessante che bagna da giorni la
città. Tutti gli abitanti si muovono per le strade come figure spettrali dal
capo chino, attonite e sconvolte dall’accaduto, anche la mattina in cui quella
bara di legno chiaro viene calata nella sua fossa – intorno a essa, sono tutte
nere figure spettrali e indistinte dai capi chini, nascoste dai loro ombrelli
scuri per ripararsi dalla pioggia, figure che Katsuki
osserva da poco distante, incurante del diluvio che gli inzuppa i capelli e i
vestiti e dell’acqua che è così gelida che sente freddo fin nelle ossa.
Riconosce nella folla Eri, caschetto di capelli chiarissimi che sembrano
brillare in contrasto con il giubbotto nero e le mani delicate strette tra loro
che non smettono di tremare, e vicino a lei RoboCop e
Mezzo e Mezzo. Sente, più che vederla, Faccia Tonda singhiozzare, nascosta
chissà dove in mezzo a tutte quelle ombre nere – non distoglie lo sguardo dal
gruppo nemmeno quando nota gli occhi dorati del Parafulmini scrutarlo da
lontano: senza farsi notare Kaminari solleva appena
una mano in segno di saluto e sorride, tornando poi a guardare davanti a sé.
E poi, silenziosi come erano
arrivati e chiusi nel loro dolore, tutti iniziano lentamente ad allontanarsi e Katsuki aspetta pazientemente di restare da solo. Incerto
sui propri passi, con gli scarponi che affondano nel fango e nelle pozzanghere
che si sono formate, Katsuki compie qualche decina di
passi avanti, le mani nelle tasche della giacca di pelle che ormai trattiene
ben poco del suo calore corporeo.
Il telefono vibra nella tasca dei
jeans e il trillo di un messaggio in arrivo lo distrae per qualche secondo da
quel metro di terra che fissava con insistenza.
Pikachu
wannabe
>Potevi
anche avvicinarti, non ti avrebbe mandato via nessuno. 11:50 AM
Forse, ma aveva bisogno di parlare
con Deku da solo.
Rimette il telefono in tasca e
torna a osservare la tomba. -…tu lo sapevi, vero? Quando mi hai parlato lo
sapevi che sarebbe successo.-
Gli risponde soltanto il vento, che
comincia a colpirgli il viso con forza portando con sé anche la pioggia gelata,
ma Katsuki non smette. –Sei un coglione, Deku. Sapevi che sarebbe successo, cazzo, e hai fatto quello che ti avevo esplicitamente chiesto di non fare.
Hai lasciato a me i tuoi casini.-
Inizia a camminare avanti e
indietro davanti alla tomba, gli stivali sporchi di fango e le mani strette a
pugno.
-Casini che, tra parentesi, non ho
intenzione di accollarmi.- sibila, fermandosi
all’improvviso. –Mi basta la mia, di vita incasinata. E poi, cazzo, chi
vogliamo prendere in giro? So a malapena badare a me stesso, come pensi che
possa occuparmi di un ragazzino che non
so nemmeno dove hai lasciato?! Spiegami come faccio!-
La sua voce si disperde nel silenzio
del cimitero, sovrastando dalla pioggia che ha cominciato a scemare. Katsuki inspira forte dal naso e chiude gli occhi, cercando
di riordinare le idee, poi fa una giravolta su un tallone e si allontana a
passo spedito – perché tanto è inutile, discutere con i morti.
Non c’è dialogo. Non rispondono.
E vincono sempre loro.
Per tornare a casa decide di
percorrere la strada più lunga, per chiarirsi le idee – almeno ha smesso di
piovere, se questo può fare un po’ di differenza. Il cielo ha smesso di
piangere il suo più grande Eroe?
Ah,
che ironia: forse ha pianto anche al posto suo…
Si sente afferrare per una spalla e
strattonare. Non ha voglia di far partire una rissa, perché non ha voglia di
avere a che fare con la polizia che caga il cazzo e i giornalisti che gli
lancerebbero altra merda addosso, quindi si limita a sfoggiare il suo tono meno
strafottente e l’espressione più neutra che riesce a fare. –Senti, qualsiasi
cosa tu voglia, valla a cercare da qualche altra parte. Non ho proprio voglia
di lit… -
Le parole gli muoiono in gola
quando una lama – piccola, sottile, affilata – affonda nel fianco destro e lì
ci resta, mentre la figura lo afferra per la giacca e lo solleva come se
pesasse meno di una piuma, facendogli sbattere la testa contro la parete alle
sue spalle.
-Dov’è?-
ringhia l’uomo – perché è un uomo, solo un uomo può avere una forza simile.
–Dimmi dov’è?-
Katsuki
cerca di restare lucido nonostante il colpo violentissimo alla nuca e le fitte
al fianco. Caccia giù per la gola quello che crede sia sangue e cerca di
ribattere. –Che cazzo stai dicendo?-
-Dimmi… - la lama viene estratta
dal suo fianco con uno strattone e quel poco di aria che era riuscito a far
arrivare ai polmoni improvvisamente scompare di nuovo. Gli gira la testa e non
è normale che si senta così debole solo per un coltellino svizzero nel fianco
che quasi certamente ha evitato gli organi vitali. Se avesse voluto ucciderlo,
lo avrebbe già fatto. –Dov’è. Il. Bambino.-
Ma di che cazzo sta parlando? Quale
bambino? – Non ho idea di che cosa tu stia parlando, stronzo.-
Il pugno che si abbatte contro il
suo viso di sicuro lascerà un bel ricordo, pensa mentre si sente afferrare per
il collo e tirare di nuovo su dopo essere scivolato contro la parete. Cazzo, di
sicuro la sua giacca si sarà rovinata: è pelle d’agnello, cazzo, gli è costata
l’ira di Dio.
-Il bambino che era con Deku quando è passato a miglior vita.-
spiega l’uomo, stringendogli il collo quel tanto che basta per fargli mancare
l’aria ma non abbastanza da ucciderlo. –Dov’è?-
–E io che cazzo ne so?- a Katsuki viene da sorridere,
mentre gli sferra una ginocchiata al plesso solare. L’uomo arretra e barcolla,
ma non si arrende. –E anche se lo sapessi, di certo non verrei a dirlo a te, coglione.-
Katsuki
cerca di difendersi come può, ma le braccia sono sempre più deboli e i suoi
movimenti più lenti – e un altro pugno impatta con il suo zigomo, poi un altro
e un altro ancora, mentre l’uomo continua incalzante a chiedere del bambino.
Così concentrato nel fracassargli il naso, questi non si accorge del lieve
scoppiettare dei suoi palmi: viene investito pochi istanti dopo da una delle
sue esplosioni più deboli, ma lo stesso capace di spedirlo quasi dall’altro
lato della strada secondaria in cui era stato trascinato. L’uomo si accascia al
muro, gemendo di dolore, mentre Katsuki raccoglie
quelle poche energie che gli sono rimaste e barcolla verso di lui.
Deve restare lucido, non può
crollare adesso, cazzo.
-Non me ne frega un cazzo se volete
il moccioso di Deku … - ringhia, tirando su con il
naso. L’uomo cerca di alzarsi, così lui gli pianta un piede tra le gambe. -…ma
prova ad avvicinarti ancora a me e ti stacco le palle con delle cesoie da
giardinaggio e le uso per giocare a biliardo. S’est compris?-
-Non abbiamo paura di voi Er… - le parole gli muoiono in gola quando il suo stivale
preme sul cavallo dei pantaloni e i palmi scoppiettano ancora, minacciosi.
-Ho detto.-
sibila ancora, fulminandolo con lo sguardo. – S’est compris?-
Lo lascia andare quando annuisce e
balbetta qualcosa a mezza bocca, scappando da lui come se avesse visto il
diavolo in persona – solo quando è abbastanza lontano ed è sicuro di essere
rimasto solo, Katsuki si permette di appoggiare la
schiena al muro e di riprendere fiato: la ferita al fianco continua a pisciare
sangue, come il naso, e non riesce a tenere aperto l’occhio sinistro. Probabilmente
non resterà cosciente ancora a lungo, ora che il pericolo è passato, perciò con
un colpo di reni si rimette in piedi e barcolla verso casa sua che per fortuna
non è lontana: ha la vista offuscata quando riesce finalmente ad aprire la
porta d’ingresso e a trascinarsi all’interno dell’appartamento senza nemmeno
preoccuparsi di togliere gli stivali, e si libera della giacca e della maglia
con pochi movimenti che gli costano fitte di dolore al fianco. Almeno la ferita
ha smesso di sanguinare.
Sibilando trai denti una lunga
lista di insulti e maledizioni, apre il cassetto del mobiletto del bagno, dove
sa di avere una di quelle sparapunti automatiche e
del disinfettante – sparare i punti per chiudere la ferita lo costringe a
mordersi l’interno delle guance per non urlare, e Katsuki
ringrazia che sia un taglio non troppo largo o i punti non sarebbero bastati
come nemmeno le bende. Deve comprarne di nuove, lo scrive subito sulla lista
della prossima spesa appesa al frigo con un magnete, mentre cerca del congelatore
dei cubetti di ghiaccio per il naso.
Quando li ha trovati e li ha
avvolti intorno a quel che resta della sua maglia, si lascia cadere sul divano,
esalando esausto.
Il suo corpo è così stanco che alla
fine cede al sonno.
16
novembre
Il trillo assordante del campanello
gli sta facendo venire il mal di testa. Ha provato a ignorarlo, davvero, ma Katsuki capisce che se non risponde chiunque ci sia fuori
dal suo appartamento non se ne andrà senza averlo visto.
-Bakugou,
per l’amor di Dio.- strilla Ashido,
battendo con insistenza il palmo contro il legno della porta. –Se non mi apri
giuro che sfondo la porta. Lo sai che ne sono capace.-
Eh, appunto.
Si pente di aver aperto la porta
nell’esatto momento in cui l’ha fatto. –Cazzo vu… -
-Santo cielo, Bakugou!- esclama ancora la
ragazza, entrando nel suo appartamento con la stessa forza di un tornado. –Ci
hai fatto morire di paura! Credevamo ti fosse successo qualcosa!-
Katsuki
sbuffa, spingendola di nuovo verso l’uscita. –Beh, adesso mi hai visto. Ciao e
a mai più rivederci.-
-Credevamo ti avessero rapito di nuovo!- Mina è veramente sconvolta, quando lo guarda negli
occhi. –Non rispondi ai messaggi da tre giorni e il tuo telefono è sempre
spento… Abbiamo temuto che… -
-Sarà scarico.-
solleva le spalle, come se niente fosse. –Sono stati giorni un po’ impegnativi.
Mi sono dimenticato di metterlo sotto carica.-
Mina sembra rilassarsi, nel sentire
quelle parole. –Quindi non lo sai.-
Katsuki
inarca un sopracciglio. Cosa non sa? –Se intendi Deku
che ha tirato le cuoia… -
-No, no. Quello lo sai, ti abbiamo
visto al funerale.- lo interrompe, prima di sospirare.
–Non sai che ci sono dei Villains che stanno dando la
caccia a tutte le persone che erano vicine a Midoriya.-
Sospettando che sarà una lunga
chiacchierata, Katsuki la accompagna verso il
soggiorno – e mentalmente ringrazia che il divano non si sia sporcato di
sangue, qualche giorno prima. –In che senso?-
Mina si siede sulla poltrona di
fronte al divano, Katsuki prepara del caffè. –Due
giorni fa qualcuno ha seguito Ochaco, mentre tornava
a casa. E ieri Iida è stato aggredito.-
-E come stanno?-
le porge una delle due tazze, cercando di farle notare il dolore al fianco per
ogni minimo movimento.
-Ochaco se
l’è cavata con un grosso spavento… Grazie.- beve un
lungo sorso, prima di continuare. –Iida si è preso un
paio di pugni ma sta bene, niente di rotto. A parte gli occhiali… -
…quindi l’unico che si è preso un
coltello nel fianco è stato lui? Ma che cazzo. –E cosa volevano?-
-Iida
dice che continuava a chiedere di un bambino… - Mina sorseggia ancora il suo
caffè. –Tu sai qualcosa?-
Katsuki
lascia vagare lo sguardo lungo le pareti del suo soggiorno, evitando gli occhi
di Mina. Non sa se dirglielo o no, perché se Deku
avesse voluto che lo sapessero non l’avrebbe nascosto… Alla fine decide che
deve dirlo, emettendo giusto qualche particolare. -Più o meno. Hanno attaccato
anche me.-
Mina sbianca improvvisamente e
scatta in piedi, preoccupata. –Oddio, stai bene? Non sei ferito vero?-
-Sto bene, sto bene. Ora calmati.- la rassicura, e Mina torna a sedersi sul divano.
–Ho preso qualche giorno di riposo, quel coglione mi ha quasi spaccato il naso.-
La ragazza annuisce, rimanendo in
silenzio a osservare le proprie mani.
-Non possiamo rischiare che
attacchino qualcun altro.- esordisce dopo qualche
secondo. Mina annuisce. –Per adesso si sono limitati a spaventarci, perché se
avessero voluto ucciderci lo avrebbero già fatto.-
-Sono d’accordo.-
Mina annuisce ancora. –Escludendo te, Ochaco e Iida, siamo ancora tutti in pericolo… -
-L’idea migliore è di non restare
mai da soli.- cercano di attaccare quando meno se lo
aspettano, appena usciti dal lavoro o anche solo fuori di casa per fare la
spesa, quindi è meglio avere qualcuno vicino.
-È la stessa idea che ha avuto Sero.-
ribatte Mina. –Ci stiamo organizzando in modo da non lasciare nessuno da solo,
nemmeno a casa. Io vado a stare da Sero almeno finché
non si calmano le acque, e Kaminari e Jirou hanno anticipato il trasloco nel nuovo appartamento. Kirishima ha detto che si arrangerà in qualche modo. Dopo
farò un giro di telefonate per avvisare tutti.-
Katsuki
annuisce. Prevedibile che Kirishima avrebbe detto
qualcosa del genere… -Inizia da Mezzo e Mezzo. Tra tutti, lui è forse quello
che ha più da perdere.-
-…non credo che abbiano abbastanza
fegato da avvicinarsi a Yaomomo per arrivare a Todoroki, non adesso con il bimbo in arrivo almeno.- mormora Mina. –Anche perché si troverebbero contro Endeavor... Sembrano tutti Villains
di bassa categoria, nessun pezzo grosso con abbastanza palle e risorse da
rischiare di far incazzare Todoroki senior.-
-Però è meglio non rischiare.-
-…però è meglio non rischiare.- ammette ancora la ragazza. –Abbiamo dimenticato qualcuno?-
Katsuki
nega con la testa e qualche minuto dopo Mina è fuori da casa e lui può
lanciarsi a peso morto sul divano a guardare qualcosa su Netflix…
Poi, come un fulmine, nella sua mente si forma un pensiero spaventoso eppure
così banale che Katsuki può solo darsi del coglione
per non averci pensato prima.
-…cazzo.-
La madre di Deku.
M.C.A.S.T.:
Maki Comincia A Scrivere Testamento che è meglio(?)
…
. . .
*sips tachiflu con fare molto british(???)*
Per favore, mettete di nuovo giù i forconi, non
vogliamo che qualcuno si faccia del male.
Allora.
Sì, questo capitolo è arrivato prima di quanto
pensassi, ma sono riuscita ad andare avanti con la scaletta di questa storia più
o meno fino al capitolo 8, quindi mi sembrava giusto postare questo. Ci tengo a
informarvi che con il capitolo 8 non sono nemmeno arrivata a metà di quello che
voglio raccontare, quindi penso proprio che sarà una cosa lunga.
Come potete notare, ancora niente Ryu, ma state tranquilli che arriverà presto: avevo bisogno
di concentrarmi esclusivamente su Bakugou almeno
ancora per un capitolo o due, prima di prenderlo di peso e buttarlo in mezzo al
casino in cui Deku l’ha mollato, per fargli più o
meno capire che quello che lo aspetta e un casino bello grosso.
Gli servirà un po’ di tempo per arrivarci, ma
sì, è un casino molto grosso. [foreshadowing,
lo stai facendo bene]
Detto questo, come sempre grazie per essere
arrivati fino a qui! Se volete lasciatemi una recensione, così magari
discutiamo insieme di cosa ne pensate o se avete qualche idea su cosa possa
essere successo – o succederà.
Hasta luego!
Maki
P.S.: E visto che si avvicina il Natale e non
so se ci rivedremo altrove, vi auguro buone feste! Mangiate tanti panettoni e
pandori, e se vorrete farmi un regalo regalatemi un concentrato di anticorpi
che ne ho veramente bisogno.