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Autore: sparewheel    08/12/2018    4 recensioni
Affrontando le conseguenze di un desiderio espresso involontariamente, Emma finirà per ottenere quello che mai avrebbe creduto possibile e per scoprire che un futuro inaspettato può essere ben più prezioso di un desiderio realizzato.
Swanqueen ambientata qualche tempo dopo gli eventi della 6x10 e che non segue gli sviluppi della 6B.
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti, Zelena
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Note e richieste di perdono sono a fine capitolo, per non farvi aspettare nemmeno un secondo di più. Buona lettura!
 
Capitolo 23.

Erano state ore, giorni, forse mesi.
Emma non sapeva quantificarlo con esattezza, ma il tempo che nella sua vita aveva passato a fissare delle porte chiuse non era di certo poco.
Da bambina, si era abituata a sorvegliare la porta della camera in cui doveva passare la notte fino a che non riusciva ad addormentarsi.
La guardava, sperando fino all’ultimo istante di coscienza che quella non si aprisse, che nessuno vi entrasse, che nulla cambiasse fino al mattino seguente.
Perché una familiare porta chiusa era l’avere un posto in cui stare.
Era una difesa, un rifugio, una certezza. Uno strumento con cui definire e proteggere i propri spazi, il proprio mondo, se stessa.
Persino le odiate porte della prigione ad un certo punto erano diventate per lei un conforto, un limite che le consentiva di rimandare l’incontro con un futuro incerto, doloroso, vuoto.
C’erano state tante e tante porte chiuse d’avanti agli occhi di Emma. E con loro, la certezza che non ci sarebbe mai stato nulla di positivo e bello per lei al di là di esse.
Ma in quel momento, il mondo di Emma non era attorno a sé. Il mondo di Emma era ancora una volta oltre una porta che la separava da Regina, quella porta che poco prima aveva dovuto chiudersi alle spalle.
Perché il mondo di Emma era Regina.
E la loro famiglia, e il loro futuro insieme.
Un futuro ancora una volta incerto, ma a cui certamente Emma non voleva rinunciare, per cui sapeva di voler lottare con ogni mezzo.
Anche se Regina non avesse più voluto farlo insieme a lei.
Anche se significava ricostruire da zero tutto quello che era appena andato in mille pezzi.
Ricordando il caos che poco prima era scoppiato dentro quella piccola stanza d’ospedale, Emma sospirò e distolse finalmente lo sguardo dalla porta bianca chiusa a qualche metro da lei. Porta dalla quale Regina non era ancora uscita.
Zelena e la dottoressa Wilson l’avevano raggiunta già da un po’ e certamente si erano ormai assicurate che lo sfogo magico non avesse avuto conseguenze per il bambino né avesse debilitato troppo Regina.
Emma sapeva che la sua presenza e la sua magia non erano indispensabili, c’erano altre persone su cui Regina e il bambino potevano contare.
Potevano stare bene anche senza di lei.
Probabilmente sarebbero stati meglio senza di lei.
E lei meritava tutto il disprezzo e il dolore che le parole di Regina le avevano buttato addosso, meritava di essere allontanata.
Ma nonostante ciò non riusciva ad andarsene.
Non poteva lasciare quell’ospedale, non prima di aver visto con i propri occhi che Regina stava bene, non prima di essersi assicurata che al bambino non mancasse davvero nulla.
Emma portò lo sguardo sulla stampa dell’ecografia che stringeva ancora tra le mani, che non riusciva a lasciare andare.
Si concentrò e provò, per l’ennesima volta nell’ultima mezz’ora, a richiamare a sé quei ricordi.
Lo sapeva, lo sapeva che la sua era una teoria praticamente assurda. Ma da quando le era venuta in mente non riusciva a smettere di pensarci.
E nelle loro vite era sempre l’assurdo quello che si rivelava reale, no?
Quindi doveva parlarne con Regina, doveva farlo prima possibile.
Perché forse era quella la chiave di tutto, la risposta alle loro domande.
E poi, era stato proprio il non parlare a portarle a quel punto, ed Emma non voleva continuare a commettere gli stessi errori.
Se avesse espresso prima i suoi dubbi… se avesse condiviso le sue paure con Regina… se le avesse parlato davvero a cuore aperto forse non le sarebbe esploso tutto davanti agli occhi.
Era ora di smetterla di aspettare che fossero gli altri a spalancare le sue porte chiuse. Era ora che fosse lei ad aprirsi, a lottare per costruire qualcosa di bello e positivo per il proprio mondo.
Con queste nuove intenzioni a darle forza, Emma fece i pochi passi che la separavano dalla porta della stanza in cui aveva lasciato Regina e la spalancò senza nemmeno bussare.
Non poteva aspettare altri consensi o l’insicurezza l’avrebbe travolta di nuovo.
Doveva entrare e farsi ascoltare.
Ma, una volta dentro, Emma ebbe a malapena il tempo di scorgere Regina, seduta accanto alla dottoressa Wilson in una stanza nuovamente in ordine, che si ritrovò sbalzata all’indietro, spalle al muro, capelli rossi ondeggianti a coprirle la visuale e occhi verdi furenti a scrutarla con rabbia.
“Che diavolo ci fai ancora qui?!” le ringhiò in faccia Zelena, tenendola bloccata con la sua magia.
“Lasciami passare, devo parlare con Regina!” le intimò Emma, cercando di divincolarsi e di sfuggire a quella morsa magica.
Ma Zelena ignorò la sua richiesta e face un ulteriore minaccioso passo nella sua direzione.
“Ho appena finito di sistemare i danni fatti dal tuo ultimo discorso, non ti lascerò avvicinare a mia sorella” le disse, gli occhi scintillanti di magia, pronta ad agire.
“Zelena…” la richiamò Regina, per nulla intenzionata ad assistere ad un inutile scontro tra le due.
La sua voce era calda, forte, definita come sempre.
Ma era stanca Regina, Emma lo capì dal tono di quella singola parola.
E si sentì ancora più in colpa.
Sospirò, stanca anche lei di tutta quella situazione, prima di riprendere a parlare. “No, va bene… resterò ferma qui. Ma dovete ascoltarmi, penso sia importante.”
Zelena sollevò un sopracciglio e la guardò perplessa, ma non disse nulla, così come le altre occupanti della stanza. E per Emma quel silenzio fu il cenno che serviva per continuare.
Sospirò di nuovo e abbassò lo sguardo.
“Mi dispiace per quello che ho causato prima.
Ferirti e poi doverti dare le spalle e andare via per farti stare meglio… è l’ultima cosa che avrei voluto Regina, credimi.
Camminavo tra quei cocci di vetro e macchinari distrutti e sapevo di aver rovinato tutto, sentivo che era la fine.
Ma poi ho visto la stampa dell’ecografia, questa piccola foto del bambino…”
Emma la strinse ancora, poggiandovi sopra lo sguardo.
“Regina, penso davvero tutto quello che ti ho detto in quel momento. Vi amo tantissimo.
E con quella distruzione attorno, con quelle colpe, con quella sofferenza che avevo dentro, ho desiderato solo di poter andare oltre tutto, di poter tornare a casa con te e nostro figlio.
Ed è stato come un flash: mi sono ricordata che è esattamente quello che avevo desiderato nel mondo del mio desiderio, mentre ti guardavo dormire in quella foresta, a pochi passi da me*. Io volevo solo che tu fossi al sicuro, che stessi bene, che il dolore e le sofferenze lasciassero finalmente il posto a un po’ di serenità. Quel tipo di serenità spensierata che abbiamo condiviso molte volte durante un pasto o guardando un film o litigando per i miei eterni ritardi con i documenti a lavoro...”
Nel fare quell’elenco, Emma sorrise lievemente, concedendosi qualche secondo per indugiare sui ricordi delle serate al 108 di Mifflin Street e sul familiare rumore di tacchi che calcavano il pavimento della stazione, preannunciando l’ennesimo rimprovero alla sua costante e volontaria incompetenza.
“Volevo che stessimo bene e anche quella volta ho desiderato di essere a casa con te e nostro figlio.
E ovviamente stavo pensando ad Henry, ma… se fossi stata presa alla lettera?
Regina, se fosse stato quel mio desiderio a creare il bambino?”
Nel porre quella domanda, Emma sollevò la testa alla ricerca di Regina, ma i suoi occhi trovarono solo quelli spalancati di Zelena.
“È possibile?” chiese, in un sussurro, alla maggiore delle sorelle Mills.
E a Zelena quella domanda arrivò come fosse una supplica, come se Emma la stesse implorando di darle ragione, di darle speranza, di darle indietro la sua famiglia.
Tutte cose che però non stava a lei restituire.
Zelena annullò il blocco magico ancora agente sullo sceriffo e si fece da parte, cessando di essere un ostacolo.
Emma però non si mosse se non con lo sguardo, che fu subito su Regina.
Regina che appariva palesemente sconvolta.
Perché, un desiderio…
Uno dei tanti a cui si era ben presto rassegnata a dover rinunciare, uno dei tanti impossibili.
Uno dei tanti che invece Emma aveva realizzato per lei.
Ed era possibile, certo che era possibile! Perché Emma era… era semplicemente Emma, e con lei anche l’impossibile poteva accadere.
Emma aveva dimostrato più volte l’immenso potere che aveva.
Emma aveva dimostrato più volte l’immenso potere che aveva nella vita di Regina.
E se servivano altre prove…
“Dopo che Robin mi ha ferita con la freccia… come hai fatto a trovarmi?” domandò Regina, ricordando ancora nitidamente la familiare nube bianca che l’aveva portata in salvo.
“Non lo so, con… con la magia?” chiese a sua volta Emma, cercando di ricordare il più possibile di quel frangente.
“Non sapevo dove fossi e ho provato a percepire la tua magia, ma non ci riuscivo, ed ero frustrata e preoccupata e pensavo a te e… poi mi sei comparsa davanti.
Pensi sia stato anche quello un desiderio esaudito?”
Regina annuì.
“La tua magia è molto forte. Può aver interagito con quella della lampada, permettendoti istintivamente di controllare il desiderio.
In fondo, in quel mondo tutto era come lo desideravi, no?”
Emma la guardò incerta.
“Beh, in modo un po’ distorto ed estremizzato, ma si, lo era. Il regno era in pace, io avevo da sempre una famiglia, i miei genitori erano felici, Henry stava diventando l’eroe che vorrebbe essere, tu…” si bloccò, Emma. E le guance le si colorarono di rosso.
“Io non c’ero” concluse per lei Regina, un lampo di dolore ad illuminarle gli occhi.
Ma Emma non distolse lo sguardo.
Le sorrise. Continuò.
“Tu non avevi un doppione, il desiderio non ha dovuto creare, mostrare o cambiare niente.
Sei arrivata a salvarmi direttamente da questo mondo così come sei, perché non c’è niente da cambiare, non c’è nessun’altra versione di te che io desideri.”
E fu un colpo dritto al cuore.
Gli occhi di Regina si spalancarono e quelli di Emma continuarono ad urlarle il suo amore in silenzio.
Per lunghi ed essenziali istanti.
Come già tante altre volte avevano fatto.
“Oddio, è uno di quei vostri momenti…” commentò Zelena, una smorfia di disgusto a pervaderle il volto.
Sollevò le mani e una nube verde cominciò ad avvolgerla.
E la smorfia di disgusto si trasformò in un sorrisetto sollevato ben prima che il teletrasporto fosse completo e le consentisse di lasciare la stanza.
“Bene, non badate a me, vado via anch’io” disse la dottoressa Wilson, dirigendosi invece verso la porta.
Ed effettivamente nessuno le badò fino a che non raggiunse Emma e le diede un colpo sulla spalla, facendole fare un balzo in avanti.
“Bravo sceriffo!” le disse Miranda, compiaciuta, prima di uscire.
“Hey!” replicò Emma, lanciandole un’occhiataccia e massaggiandosi la spalla.
Il colpo non era stato poi così forte, ma l’aveva colta alla sprovvista.
E, soprattutto, aveva interrotto quel… loro momento.
Dannata dottoressa Wilson.
“Stai bene?” chiese Regina, avvicinandosi.
Emma annuì. I pensieri tornarono al bambino, a quella situazione, e il suo volto si fece nuovamente serio.
Regina lo notò.
“Vieni, sediamoci” le disse, prendendole la mano e guidandola verso le sedie.
Regina riprese il suo posto mentre Emma andò ad occupare quello che fino a qualche istante prima era stato di Miranda. Le loro mani rimasero intrecciate, strette l’un l’altra sui braccioli tra le due sedie.
“Stai pensando al prezzo della magia e agli inganni che i desideri nascondono sempre” affermò Regina, certa di aver letto negli occhi di Emma le stesse preoccupazioni che tormentavano il proprio cuore.
“C’è sempre una fregatura che ci aspetta dietro l’angolo, no?” confermò Emma. “Ma questa volta dobbiamo trovare il modo di evitarla, dobbiamo proteggere questo bambino ad ogni costo.”
“E lo faremo, certo che lo faremo. Ma penso che la magia sia già di per sé la fregatura.
Il fatto che io non possa usarla, e che tu debba alimentarmi costantemente… credo sia questo il prezzo.
Lo stiamo già pagando Emma.
E come hai detto ieri, non possiamo sapere cosa ci riserverà il futuro, ma possiamo affrontarlo insieme” le disse Regina, aumentando la stretta sulla sua mano.
Emma rispose istintivamente alla stretta, aumentandola a sua volta.
Guardò quelle loro mani unite, poi il volto stanco e speranzoso di Regina. E capì che non tutto era perso, che in qualche modo loro ce l’avrebbero sempre fatta. Perché il loro legame era forte, sincero. E questo le diede il coraggio di dire quello che sapeva di dover dire, a costo di perderla. Le diede il coraggio di dare a Regina quello che ben poche altre volte la vita le aveva dato: una scelta.
“Certo, lo affronteremo insieme, per i nostri figli.
Ma, Regina… forse noi due abbiamo corso troppo, forse ti sei fatta prendere la mano dalla gravidanza e non ci hai pensato, ma… non sei costretta a stare con me per il bambino o per qualsiasi altro motivo.
Possiamo fare come con Henry, so che sapremo sempre mettere loro al primo posto.”
“Ma… che stai dicendo? Io non mi sento costretta a fare nulla, non-”
“Si, magari ora la pensi così” la interruppe Emma. “Ma… che succederà se un giorno ti sveglierai e ti renderai conto che hai commesso un errore? Che non ti importa davvero di me, che quello che abbiamo avuto è stato solo un passatempo, un modo per colmare un vuoto?
Io penso…” e la voce le tremò, scossa da ciò che stava per dire.
Regina lo percepì.
E capì che Emma si stava sforzando enormemente per tirare fuori quelle cose. Capì che, per quante assurdità avrebbe sentito, doveva lasciarla finire.
“…ho il terrore che ti stancherai di me. Che comincerai a trattarmi con freddezza, ad ignorarmi, che arriverai a non riuscire più a sopportare la mia presenza.
Penso che ad un certo punto mi lascerai.
Perché tu sei… guardati Regina: sei un sogno.
E io… io lo so che non avresti mai scelto me se avessi avuto delle alternative. Per questo ti chiedo di rifletterci, di rifletterci davvero. E se è così va bene, dimmelo, e potremo costruire il nostro rapporto in modo diverso.
Senza… arrivare a ferirci ancora.”
Lasciando andare quelle ultime, pesanti parole, Emma si sentì finalmente più leggera.
Cercò lo sguardo di Regina, pronta ad affrontare la sua reazione.
Il sindaco la stava guardando in silenzio, con le labbra serrate e l’espressione indecifrabile.
Emma aspettò, dandole modo di assorbire il suo discorso e di pensare ad una risposta.
Ma forse a Regina serviva più tempo o forse lei non si era spiegata bene e Regina stava ancora cercando di capire cosa diavolo le aveva detto o forse Regina non aveva il coraggio di dirle la verità e stava cercando un modo per uscire da quella situazione o…
Assalita da un improvviso nervosismo, Emma ebbe l’impellente necessità di muoversi, di fuggire lei stessa da quella situazione.
Cercò di sfilare la propria mano da quella del sindaco, per potersi alzare, ma Regina aumentò ancora una volta la presa e la fulminò con lo sguardo.
“Tu mi irriti Emma Swan” le disse Regina, più che seria, cogliendola alla sprovvista.
“Ti… irrito?” chiese lo sceriffo, basito.
Tra tutte le reazioni che poteva aspettarsi, quella era certamente la più… bizzarra.
“Si, mi irriti.
Molto spesso la tua sola presenza è un continuo punzecchiare la mia pazienza, quindi non riesco davvero ad immaginarlo il giorno in cui potrai essermi indifferente.
Tu sai far scattare dei tasti dentro di me che… non è mai stato così con nessun altro. Non ho mai reagito così con nessun altro, ed è come se una parte di me fosse nata quando ci siamo incontrate.
E non ho certezze sul futuro, ma so che non devi vivere col costante pensiero che io ti abbandoni, perché nemmeno questa è una cosa che potrei immaginare. La mia vita senza di te… non ricordo nemmeno com’era quando non ti avevo a darmi il tormento! E le nostre vite sono talmente intrecciate, talmente tanto legate l’una all’altra che sarebbe impossibile scinderle, non senza distruggere una parte di noi stesse.
Non ho speranza di liberarmi di te. E ne ho ancora meno di liberarmi di quello che provo per te… ma va bene, perché questo legame così intenso è esattamente quello che voglio.
Tu Emma Swan, tu sei esattamente quello che voglio.
E se non ti ho scelta prima è perché… non credevo di averla una scelta. Non credevo di poter avere te al mio fianco.
Ma ora che lo so non voglio perdere altro tempo. Voglio stare con te Emma.
E tu vuoi… vuoi tornare a casa con me e nostro figlio?”
Emma la guardò per qualche istante, incredula.
E poi baciò, baciò e baciò ancora le labbra di Regina.
Ogni bacio una stessa risposta a quella domanda, una continua conferma di quel suo piccolo grande desiderio.
Perché non c’era alcun dubbio: finché Regina e i suoi figli sarebbero stati lì ad aspettarla, Emma non avrebbe smesso di voler tornare a casa.
 
 
“Siamo a casa!” urlò entusiasta Henry, varcando la soglia del 108 di Mifflin Street.
Dietro di lui, Emma varcò quella stessa soglia, ma per nulla entusiasta.
Tristezza, rimorso, sofferenza, terrore… erano quelli gli unici sentimenti che riusciva a provare in quel momento.
Un sorriso però non poté non comparirle sul volto non appena sentì dei familiari e più che rumorosi passi venire nella sua direzione.
“Dov’è la mia nipote preferita?” esclamò, abbassandosi e spalancando le braccia per prendere al volo la piccola Jennifer, che le si era letteralmente lanciata addosso.
“Proprio qui, insieme alla tua ex nipote preferita” le rispose Robin, raggiungendole nell’atrio dopo aver palesemente dovuto rincorrere la più piccola di casa Mills.
“Vedrai, quando nascerà la tua sorellina verrai spodestata anche tu” Robin sussurrò all’orecchio di Jenny, facendole il solletico.
“Hey, non dirle queste cose!
Siete tutte le mie preferite, è questa la verità!” replicò Emma, tenendo Jennifer con un solo braccio e stringendo a sé Robin con l’altro.
“Certo, certo… in realtà lo sappiamo tutti chi è la tua Mills preferita…” la punzecchiò Robin.
“Sono io, sono io!” esclamò Jenny, abbracciando a sua volta le due donne.
Emma strinse le sue nipoti e si lasciò cullare da quel meraviglioso abbraccio, cercando in esso il coraggio che le serviva per affrontare l’imminente incontro con quella che era da sempre e sempre sarebbe stata la sua Mills preferita.
 
 
 
* La scena cui si fa riferimento è quella del flashback del capitolo 7. È in quel momento che Emma ha involontariamente espresso il desiderio che ha dato origine a tutto. E… così il mistero sul “concepimento” del bambino è stato svelato. Spero che la spiegazione sia soddisfacente ^^
E… chiedo immensamente scusa e umilmente perdono per il ritardo con cui questo capitolo è arrivato, mi dispiace davvero. Non è mia intenzione lasciare la storia incompiuta e so cosa deve succedere e come si arriverà alla fine, solo che… scrivere questo capitolo è stato abbastanza complicato, molto più di quanto non mi aspettassi. Non riuscivo a rendere giustizia alle paure di Emma e, soprattutto, non ero certa di quali dovessero essere le reazioni di Regina in dei contesti così carichi di emozioni, scoperte, timori. Spero di essere riuscita a non renderle OOC, ma se avete appunti o indicazioni a riguardo è tutto ben accetto.
Inoltre, voglio ringraziare Alex, Earwen82 e _Trixie_ che, in modo diverso, mi hanno aiutata a completare questo lungo capitolo. E ringrazio anche tutti voi che avete seguito e continuate a seguire questa storia, soprattutto chi, in questi mesi di silenzio, le ha mostrato interesse e affetto. Grazie davvero.
Non prometto nulla sul prossimo capitolo, se non che certamente ci sarà.
Grazie per aver letto fin qui.
A presto,
Sparewheel
  
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