Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: littlegiulyy    13/12/2018    2 recensioni
Ashley Rivera, dopo una vita passata nella sua riserva Navajo tra lupi, vampiri e continui problemi, sentendosi troppo stretta in quella vita, decide trasferirsi a Seattle per specializzarsi in chirurgia.
Tuttavia forse la sua vecchia vita un po' le manca, o forse no; forse le sembra tutto uguale o forse tutto cambierà.
Tratto dalla storia:
"“Tu saresti il chirurgo?” mi chiese con voce rotta da dolore e ansimante, accennando un sorriso forzato.
“Eh si sono proprio io” risposi guardando la sua gamba ridotta decisamente male.
Rise “Quanti anni hai? 18?”
Lo guardai meglio, e per la prima volta lo guardai in faccia.
Era decisamente un bel ragazzo, ogni cosa a suo posto e con un sorriso quasi abbagliante.
Sorrisi “Sei simpatico… mi dispiace deluderti, ne ho 23”
“Come me, piacere, Jacob Black” mi tese la mano destra, l’unica che poteva muovere
“Ashley Rivera” dopo qualche momento di indecisione gli strinsi la mano."
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Embry Call, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti! Scusatemi ancora una volta per il ritardo, ma questo è davvero un periodo pienissimo!
Spero che il nuovo capitolo vi piaccia, fatemi sapere che ne pensate...
Buona lettura.


Domenica


Un raggio di luce fioco colpì direttamente i miei occhi svegliandomi.
Avevo sempre odiato la luce di mattina, eppure questa volta non mi turbava più di tanto...
Il rumore della pioggia che batteva sul vetro e sul tetto attirò subito la mia attenzione,mentre il braccio bollente di Embry circondava la mia vita impedendomi qualsiasi movimento.
Rimasi immobile con la paura che potesse svegliarsi da un momento all’altro.
Per la prima volta, dopo tanto tempo, mi sentivo libera. Svuotata da tutto.
Sospirai.
Qualche bicchiere di troppo alla fine ci aveva portati a questo.
Era la cosa giusta?
Non l'avevo programmato, ed io programmavo sempre tutto. Più o meno.
Mi voltai lentamente verso di lui, cercando di non svegliarlo.
Il suo profumo muschiato mi entrò nelle narici e mi resi conto che, qui, tutto sapeva di lui.
Il suo viso era disteso e rilassato, ed il suo respiro regolare. Per un attimo mi chiesi come potesse racchiudersi così tanta bellezza in una sola persona.
La sua pelle ambrata risultava liscia e priva di imperfezioni anche da vicino e le sue labbra rosee mi spingevano solo a baciarlo ancora una volta.
I suoi capelli scompigliati ricadevano sugli occhi... alzai un amano per accarezzarlo, ma ci ripensai subito riportandola sotto il mio viso.

Cosa ti stava succedendo Ashley?Dov’era finita la tua maschera di freddezza che ostentavi sempre con tutti?

Ripensai alla sera prima, alle sue mani bollenti sulla mia pelle e la sua bocca così dannatamente calda ed un brivido mi percorse la schiena.

Com’era  possibile che mi facesse provare delle sensazioni così forti in così poco tempo, quando nessuno ci era mai riuscito in svariati anni?

Mi ero sempre interrogata su quale fosse effettivamente il mio posto in questo mondo, e per tanto tempo non ero riuscita a darmi una risposta.
Prima della trasformazione questi non erano sicuramente problemi che mi ponevo, ma da quando ero diventata un licantropo tutto era cambiato, compresa me.
Da quando avevo iniziato la specializzazione in chirurgia mi ero convinta che il mio posto fosse in sala operatoria, lì dove tutto poteva accadere, dove quasi tutto era sotto il tuo controllo. Quasi tutto. Ma dove tutto era chiaro e c'era una spiegazione logica a tutto.
Ma forse, oltre alla sala operatoria, qualcos’altro avrebbe iniziato a far parte di me andando avanti con il tempo…chi lo sapeva?
La stretta di Embry si fece un po’ più forte, destandomi dai miei pensieri.
I suoi occhi si aprirono, gli ci volle qualche attimo per mettere a fuoco il mio viso probabilmente.
“Buongiorno doc… sei già sveglia?” mi chiese con voce ancora impastata dal sonno
“Buongiorno a te, si da un po’...”
“Potevi svegliarmi” disse liberandomi dalla sua presa e strofinandosi gli occhi con una mano
Ridacchiai “dormivi così bene che non avevo il coraggio di svegliarti”
Mi sorrise e, in un attimo, bloccandomi  di nuovo con il suo braccio si mise sopra di me.
Mi guardò, il suo sguardo vagò per un attimo sul mio corpo, per poi tornare nei miei occhi.
Mi avrebbe spogliata con gli occhi, se solo non fossi già stata priva di tutti i vestiti.
 Mi sorrise  “Cosa c’è?” gli chiesi curiosa e per niente imbarazzata stranamente. I suoi occhi sul mio corpo erano una delle sensazioni più belle che avessi mai provato...
“Niente… rivederti così mi ricorda il nostro primo incontro, cioè il secondo a dire la verità… nel bosco… quel giorno, quando ti ho morsa per sbaglio”
Risi ricordando il momento “già cercavi di uccidermi” rise con me e in un attimo il suo sguardo si fece decisamente più malizioso.
“Non potrei mai ucciderti ragazzina” mi sussurrò abbassandosi al mio orecchio.
Le sue labbra calde e terribilmente invitanti si appoggiarono sul mio collo. Trattenni il respiro.
Il suo respiro si fece più irregolare mentre iniziò a scendere sempre di più fino ad arrivare al mio seno.
Un gemito di piacere uscì dalle mie labbra quando morse piano.
Un ululato improvviso squarciò il silenzio in cui eravamo immersi.
“Merda” disse staccandosi subito.
Lo vidi chiudere gli occhi cercando di regolarizzare il respiro e di riacquistare la calma.
Le sue mani, ancora appoggiate sulla mia pelle, tremavano impercettibilmente.
“Devi andare?”
“Si”
Si alzò dal letto e si infilò dei pantaloncini velocemente.
I suoi addominali scolpiti e le sue bracci muscolose mi fecero scattare qualcosa dentro.
Mi alzai a mia volta, rimanendo ferma in piedi davanti a lui.
I suoi occhi analizzarono il mio corpo ancora un avolta ed in un attimo, con un balzo, annullò la distanza tra di noi.
Le sue mani iniziarono a vagare su tutta la mia pelle stringendomi possessivo, mentre le sue labbra rapirono subito le mie. Senza alcun preavviso, mi sollevò ed avvolsi le gambe intorno alla sua vita mentre la mia schiena si scontrò con il muro.
Continuammo a baciarci senza alcuna tregua.
Cazzo, neanche a 16 anni probabilmente avevo tutti questi ormoni.
Sorrisi sulle sue labbra mentre le sue mani stringevano le mie natiche. Sarei rimasta per ore a baciarlo, e questo un po’ mi spaventava dovevo ammetterlo ammetterlo.
Un altro ululato ci riportò alla realtà.
Ci staccammo subito e i nostri respiri accelerati e irregolari riempirono la stanza.
Slegai le gambe dalla sua vita e toccai il pavimento con i piedi. Per un attimo fu come se la stanza girasse tutta intorno a me, mi ci volle un attimo per riacquistare la lucidità.
Lo allontanai con una debole spinta e subito iniziai a recuperare i miei vestiti per terra in fretta “è meglio che tu vada Embry”
Il suo sguardo non si staccò per un attimo dal mio corpo, lo guardai sorpresa “sei ancora qui Call? Vattene”
“Fino a prova contraria è casa mia questa”
Ridacchiai, accidenti aveva ragione “giusto… allora è meglio che me ne vada io” dissi infilandomi il vestito della sera prima.
Scosse la testa divertito “ci si vede in giro ragazzina” ridacchiò prima di uscire con un balzo dalla finestra.
Guardai la finestra da cui era sparito per qualche istante…

Tutto si era concluso così? Con un “ci si vede in giro”?
E adesso? Cosa sarebbe successo tra me e lui?

Decisi di non pensarci adesso, recuperai tutte le mie cose compresa la borsa ed il mio telefono e nel giro di qualche minuto uscii da casa Call, prima che tornasse sua madre come l’ultima volta.
Mi incamminai lungo il ciglio della strada. Nonostante ci fossero dei grossi nuvoloni neri, per fortuna aveva smesso di piovere. Di certo non sarei potuta tornare a Seattle a piedi… ma non avevo voglia di trasformarmi subito, farsi una passeggiata per schiarirmi un po’ le idee e prendere un po’ di aria fresca era l’idea migliore. Era proprio quello che ci voleva ora.
Il vantaggio di queste case in mezzo al bosco a LaPush era che potevi fare quello che volevi, nessuno ti avrebbe vista o controllata.
Realtà ben diversa da com’ero abituata a casa mia.
Tra qualche giorno sarei tornata a casa per le vacanze di Natale e avrei rivisto tutti. I miei genitori, mio fratello, le mie amiche, il mio branco…
Da un lato ero felicissima di rivedere tutti, ma dall’altro un po’ mi dispiaceva allontanarmi da Seattle.
Com’erano cambiate le cose nel giro di poche settimane… e tutto dopo aver incontrato Embry.
Era incredibile come, nonostante ci conoscessimo così poco, sapesse perfettamente come prendermi e cosa dirmi. In fin dei conti lui era stato l’unico, da quando ero arrivata a Seattle,  a rendere questo posto un po’ più… casa, e meno lavoro.
Il motore di una macchina in lontananza attirò la mia attenzione e venne subito captato dal mio udito sovrannaturale. Cosa avrebbe pensato la gente vedendomi?
Stavo camminando sul ciglio della strada, alle 9 di domenica mattina, con i vestiti della sera prima, decisamente fuori luogo per il contesto.
Il motore rallentò pericolosamente quando si avvicinò a me.
Volevo voltarmi per vedere chi fosse, ma lasciai stare e decisi di continuare a camminare cercando di non dare troppo nell’occhio.
“Ashley!”
Non appena riconobbi la voce mi fermai subito voltandomi “Kim! Cosa ci fai qui?” la guardai sorpresa, cosa stava facendo?
“Cosa ci fai tu qui piuttosto” ridacchiò guardandomi “direi che non sei tornata a casa questa notte” concluse continuando a ridere.
Abbassai la testa imbarazzata “Kim mi dispiace se non siamo più tornati alla festa ma…”
“Non ti preoccupare, era tardi, siamo andati via dopo poco! Oltretutto questa mattina mi sarei dovuta alzare presto, quindi ho deciso di tornare a casa per le 2… sto andando a Seattle, alle 12 devo andare a prendere mio cugino che torna a casa per Natale, ti serve un passaggio?”
La guardai, perché no? Almeno mi sarei fatta la strada in ottima compagnia.
“Lo accetto volentieri grazie” dissi aprendo la portiera e prendendo posto in macchina “come mai sei partita così presto se devi essere a Seattle alle 12?”
“In realtà avevo semplicemente voglia di farmi un giro a Seattle prima di andare in aeroporto… sai quando si vive a LaPush andare a Seattle è un evento” rise “è un po’ di tempo che non ci vado… solitamente se dobbiamo fare spese andiamo a Port Angeles, decisamente più vicino… avrei voglia di fare colazione da Laudree, quella pasticceria francese che c’è nella 17th avenue NE, la conosci?”
“Si certo… fa un pain au chocolat buonissimo… per non parlare delle brioche! Non è molto distante da casa mia”
“Perfetto! Che ne dici di fare colazione con me?”
“Volentieri Kim… solo che sono ancora vestita da festa” le feci notare guardando fuori dal finestrino imbarazzata. Lei rise “giusto giusto hai ragione, se vuoi passiamo per casa tua, ti fai una doccia e andiamo!”
“Sarebbe perfetto”
Le diedi il mio indirizzo ed impostò il navigatore.
“Allora… da quanto state insieme tu e Jared?”
“Ho perso il conto ormai” ridacchiò “a gennaio sono sei anni”
“Accidenti Kim, è tantissimo tempo”
“Si ma per me è come se ci fossimo messi insieme ieri. Non sai per quanto tempo gli sono morta dietro senza che lui mi filasse, poi un bel giorno così di punto in bianco si è accorto della mia esistenza”
“Ha avuto l’imprinting”
“Già… potrai pensare che io sia fortunata, ma spesso mi chiedo se non avesse avuto l’imprinting dove saremmo adesso… cioè… non so se mi spiego…” farfuglio visibilmente in difficoltà
“Non sei certa che lui starebbe con te se non avesse avuto l’ imprinting?”
“Esatto, magari lui è così innamorato di me solo per l’imprinting… ma dopotutto cosa ci posso fare io? Sono dubbi che mi rimarranno sempre e cerco di non pensarci, altrimenti non vivrei più serena”
“hai ragione, fai bene a non pensarci… ma una cosa ci tengo a dirtela… io non ho avuto l’imprinting Kim, ma so cos’hanno provato e cosa privano tutt’ora i miei fratelli che l’hanno avuto. Tra di noi ci leggiamo nel pensiero, riusciamo a trasmetterci le sensazione e le emozioni che proviamo, come se le stessimo vivendo noi. Quando hai l’imprinting con una persona è come essere destinati, come se tutto quello che ti è successo fino a quel momento ti avesse portato proprio da quella persona. Probabilmente quindi, l’imprinting ha solo fatto aprire gli occhi a Jared”
“Grazie Ashely, spero proprio sia così”
Parcheggiò davanti al portone di casa mia e scesi dalla macchina “vieni su, così non mi aspetti qui al freddo”
Aprii il portone e iniziammo a salire le scale, purtroppo abitare al terzo piano in un palazzo storico senza ascensore dopo un turno di notte con le gambe a pezzi era davvero martoriante.
Ma non avrei scambiato casa mia con nessun’altra.
Aprii la porta ed entrai in casa, sfilandomi subito le scarpe.
“Finalmente mi tolgo queste scarpe, mi hanno massacrata! Non sono più abituata a mettermi i tacchi, e pensare che una volta li mettevo sempre... adesso passo la mia giornata in ciabatte o con scarpe da ginnastica” risi appoggiando la borsa sul bancone della cucina.
Mi voltai verso Kim e la vidi guardarsi intorno “wow Shay, questa casa è meravigliosa”.
Avevo trovato questo loft davvero con un colpo di fortuna! Oltre ad essere vicinissimo all’ospedale, era all’ultimo piano di un palazzetto storico, quindi era circondato da grattaceli decisamente più alti ma una grande vetrata dava su tutta la strada principale. Una vista pazzesca!
Non era tanto grande, l’entrata dava su un grande soggiorno con la cucina a sinistra, tutto rigorosamente bianco, un tavolo in mezzo alla stanza ed il salotto con divano e tv a destra. Una scala bianca sulla sinistra portava alla stanza al piano superiore, la mia camera da letto, che si affacciava sul soggiorno. Una porta vicino al mio letto conduceva al bagno. Era perfetta per me e per l’uso che ne facevo!
“Grazie… sono stata fortunata, ho trovato un annuncio sulla bacheca dell’ospedale i primi giorni che ho iniziato… sono venuta a vederla e me ne sono innamorata!” spiegai salendo le scale...
“E dove sei stata quando ancora non avevi trovato questa casa?”
“Per un po’ mi ha ospitato un amico di mio fratello” spiegai senza dare troppe informazioni.
Probabilmente il capitolo “Caleb” era meglio tralasciarlo.
“Vado a farmi la doccia, ci metto un attimo! Se vuoi qualcosa da bere o qualsiasi altra cosa prendi pure, fai come se fossi a casa tua Kim” conclusi con un sorriso prima di chiudermi in bagno.
 
Mi lavai in fretta ed asciugai bene i capelli. Stesi un velo di trucco, il giusto per coprire le occhiaie che segnavano il mio viso da giorni e che, dopo questa notte, erano decisamente peggiorate. Avevo dormito si e no un paio d'ore, non di più.
Indossai dei jeans e degli stivali alti, un maglione a collo alto e presi su la giacca, la borsa e finalmente scesi le scale. Guardai l’orologio, erano le 10.
Ci avevo messo mezz’ora giusta, tempo record per una ritardataria come me!
“Eccomi qui, possiamo andare”
Kim si alzò dal divano “perfetto, adoro la tua giacca”
“Grazie” sorrisi, Kim era sempre molto gentile.
Raggiungemmo Laudree a piedi, in fin dei conti erano solo 500m, prendemmo posto in uno dei tavolini all’interno, per non morire di freddo, e ordinammo subito.
“Oggi fa piuttosto freddo” commentai guardando fuori dalla vetrina
“Si… infatti prima quando ti ho vista per strada con quel vestito mi hai fatto venire freddo solo a guardarti” rise seguita da me “beh ma io non sento poi così tanto freddo, sono un lupo anche io” le ricordai.
“Hai ragione, a volte tendo a dimenticarlo… allora… hai voglia di parlare di questa notte?”
Abbassai lo sguardo sul mio cappuccino decisamente imbarazzata.
“Beh…”iniziai insicura ”non c’è molto da dire”
“Non c’è molto da dire?! Te lo si legge in faccia che avresti mille cose da dire” ridacchiò. Per un attimo mi stupii di come mi avesse già capita in così poco tempo, anche lei.
Era tanto che non avevo un’amica con cui parlare, da quando mi ero trasferita a Seattle, a parte Beth, non avevo nessun altro. E con tutti i turni che facevamo, io e Beth ci vedevamo davvero molto poco ultimamente.
“Eravamo un po’ avanti…” iniziai “abbiamo decisamente bevuto troppo ieri sera” risi “una cosa tira l’altra e…” tentennai un attimo sperando che capisse senza farmelo dire a voce alta.
Non che fossi mai stata una tipa timida, eppure anche solo parlare di Embry mi faceva perdere la testa.
“O mio diooo l’avete fatto!!” esultò Kim decisamente felice “e poi hai dormito da lui? Ne avete parlato?”
“Si ho dormito da lui… ma non ne abbiamo parlato in realtà… questa mattina poco dopo che ci siamo svegliati il branco l’ha chiamato ed è scappato via. Non lo so Kim… non ci capisco molto. Non capisco quali siano le sue intenzioni sinceramente, se voglia solo portarmi a letto o no…” dissi sorseggiando il mio caffè.

Mi sentivo confusa accidenti, perché adesso mi sentivo così confusa?

“Poi conosco la sua reputazione, e di sicuro non è quella di un ragazzo modello che vuole relazioni fisse… quindi non lo so in realtà, non so proprio se ho fatto la cosa giusta, so solo che mi sento terribilmente e dannatamente bene”
“Si… conosco bene Embry e le sue mille storielle, però non l’ho mai visto così concentrato su una ragazza. Potrebbe avere altre intenzioni con te, perché no?”
“Magari sono stata il suo pallino fisso fino ad ora solo perché non gli ho detto sì subito” ipotizzai, guardò altrove in modo un po' strano, come mai?
“Non penso proprio sia così… in ogni caso dovete parlarne. Dovete parlare di quello che è successo tra di voi e capire la direzione da prendere insomma, non credi?”
“Assolutamente…” ebbi un attimo di indecisione, ma alla fine decisi di liberarmi totalmente “ci sono già passata Kim… il ragazzo che mi ha ospitato quando ancora non avevo una casa qui…una relazione tira e molla, per due anni, senza mai mettere in chiaro le cose. Dopo un anno e mezzo lui si è trasferito qui a Seattle e poco dopo anche io…  Era un susseguirsi di momenti in cui stavo da dio ed ero al settimo cielo, e periodi in cui stavo malissimo. Non voglio che riaccada… è che Embry mi fa un effetto strano, quando sono con lui tutto si concentra su di lui… non so se mi spiego, è come se stare con lui mi liberasse da tutti i miei pensieri e non mi era mai successo”
“Pensaci bene allora Shay, perché questo è quello che io provo quando sono con Jared” concluse guardandomi. Una stretta allo stomaco mi tolse tutto l’appetito.

Eppure Jared e kim erano destinati a stare insieme. Il lupo di Jared aveva scelto Kim e niente sarebbe mai potuto cambiare.
Allora perché Embry mi faceva provare queste sensazioni?

Avevo voglia di vederlo, adesso. Ma non sapevo quando l’avrei rivisto.
Non avevo idea di cosa stesse facendo adesso, di dove fosse, se avesse risolto quello per cui era scappato via così velocemente.
Perchè non riuscivo a fidarmi di lui?

“Ci si vede in giro”
Già… ma in giro dove?
Sospirai…

Guardai l’orologio, erano le 11.30, era decisamente tardi per entrambe.
“Adesso devo andare Kim, inizio a lavorare alle 12 e sarà meglio che ti sbrighi anche tu… per entrare in aeroporto c’è sempre tantissimo di traffico” dissi prendendo in mano la mia borsa e alzandomi dalla sedia
“Giusto hai ragione, non mi ero resa conto di come si fosse fatto tardi”
“Grazie per la chiacchierata, mi ha fatto davvero molto piacere” le dissi abbracciandola sincera.
Ero felice di aver trovato un’amica, ero sicura che io e Kim saremmo potute andare davvero d’accordo.
“Grazie a te, dobbiamo rifarlo al più presto! Scappo, prima che mio cugino rimanga ad aspettarmi in aeroporto, non me lo perdonerebbe mai” rise” buona giornata Shay!”
“Anche a te Kim, salutami Jared”
La salutai… mi aspettava un turno di 48h dopo non aver dormito quasi niente questa notte.
Sospirai e mi incamminai verso l’ospedale, nella speranza che arrivasse qualche caso interessante…
Almeno questo non mi avrebbe fatto pensare per un po’ a quello che era successo!
 
 
Martedì ore 18.00

Crollai sul letto della stanza del medico di guardia senza forze.
Non ricordavo l’ultima volta che ero uscita da questo ospedale, erano due giorni che ero chiusa qui dentro e mi sembrava di esserci rinchiusa da sempre.
Il sonno mi stava uccidendo, non avevo più la forza di fare niente.
Il mio telefono squillò. Ancora, ancora una volta.
Lo sfilai dalla tasca del camice svogliatamente e riposi senza neanche guardare chi fosse.
“Pronto”
“Dottoressa Rivera… sono il dottor Kill, pronto soccorso, mi servirebbe una consulenza chirurgica”
“Devo scrivere l’atto operatorio di un intervento che ho appena concluso, com’è la situazione lì?”
“E’ meglio se viene subito, è una cosa veloce, poi la lascio tornare al suo lavoro. Il paziente è Luis Miller”
“Va bene, arrivo” conclusi chiudendo la telefonata.
Sospirai nuovamente.

Se solo avessi saputo a 17 anni quando avevo scelto di fare medicina che vita avrei fatto, forse ci avrei pensato due volte prima di sceglierla.
Ero stanchissima, non sentivo più le gambe e le braccia, per non parlare del sonno… giurai che quando sarei tornata a casa avrei dormito per ore ed ore.

Mi alzai di scatto facendomi forza.
Uscii e mi diressi verso il pronto soccorso.
Prima di tutto avevo bisogno di un caffè. Avevo perso il conto di quanti ne avevo bevuti in questi due giorni, ma era l’unico modo per sopravvivere a questi orari indegni.
Arrivai alla macchinetta e inserii la chiavetta.
Caffè lungo.
Via.
60 secondi di attesa.
Tirai fuori il telefono dalla tasca mentre la macchinetta fabbricava il mio caffè.
Nessun messaggio.
Ovviamente.
Non l’avevo più sentito dopo esserci visti e dopo quello che era successo, almeno un messaggio me lo aspettavo. Era incredibile come cambiasse atteggiamento da un momento all’altro, forse soffriva di bipolarismo e non gli era ancora stato diagnosticato...
o forse era solo uno stronzo e in questo momento si stava facendo un'altra...
30 secondi.
Sbuffai.
“Questa stupida macchinetta” borbottai sottovoce rimettendo via il telefono nella tasca del camice decisamente innervosita. Che giornataccia.
Iniziata con una pancreasectomia d’emergenza e non ancora conclusa.
Sarebbe potuto succedere di tutto fino a sera!
“Questa macchinetta è terribile, ci mette sempre ore per un dannato caffè, il bar nell’ala ovest è decisamente più comodo e fanno dei caffè ottimi”
Mi voltai guardando il ragazzo che aveva appena parlato, indossava il camice, ma non l’avevo mai visto in giro prima di allora.
Pensai dovesse avere circa la mia età, forse qualche anno in più.
“Avessi il tempo di andare fino all’ala ovest” commentai ironicamente sbuffando.
Lo guardai meglio, era decisamente un bel ragazzo.
Alto, pelle ambrata, capelli scuri e occhi di un blu talmente acceso che sembravano due pozzi d’acqua.
“Giusto” ridacchia “bisogna avere il tempo… sono fortunato ad essere lì vicino allora”
“Immagino di si”
“Dottor Hamilton, chirurgia cardiotoracica, piacere” mi porse la mano e, dopo un attimo si tentennamento, gliela strinsi.
“Dottoressa Rivera, chirurgia d’urgenza e traumatologia”
“Wow, ho sentito che siete solo in due donne a fare la specializzazione in traumatologia” disse appoggiandosi alla macchinetta del caffè ed infilando le mani in tasca.
“Si… io e la dottoressa Elisabeth Mitchell”
“E’ una specializzazione tosta, l’altro giorno ho operato con… Benson mi pare… e c’era anche il vostro strutturato, Roy… personaggio decisamente difficile” rise
“Thomas Benson sta sempre attaccato al culo di Roy” sbottai innervosita, odiavo Thomas quando faceva il lecchino. Ed ultimamente succedeva spesso.
“E’ quel tipo di persona?”
“Si”
“Sempre odiati quelli così” commentò.
Non appena la macchinetta suonò, avvertendomi che il mio caffè era pronto, subito prese il bicchiere e me lo porse “il suo caffè è pronto dottoressa”
Mi sorrise, ricambiai.
Non era per niente male. Decisamente no.
Presi il mio bicchiere “grazie… beh ci vediamo allora…”
“Da che parte vai?”
“Devo andare in pronto soccorso per una consulenza al volo”
“Sto andando anche io lì, hanno chiamato anche cardiochirurgia… meglio, facciamo la strada insieme” concluse incamminandosi nel corridoio.
Lo guardai per un attimo con il mio caffè in mano “e tu? Non lo bevi il caffè?”
Mi sorrise, di nuovo.
“Lo prenderò dopo aver visitato il mio paziente”
Alzai le spalle e mi incamminai affianco a lui.
“Chi è il tuo paziente?” iniziai a sorseggiare il mio caffè lungo.
“Luis Miller, mi pare”
“Anche io sto andando lì per lui”
“Hanno chiamato anche cardio? Accidenti, allora non deve essere proprio messo bene” riflettei accelerando il passo. Eppure al telefono Kill mi sembrava molto tranquillo…
“Sai di cosa si tratta?”
“Mi hanno detto che è un trauma, ferito della strada… non so altro” mi disse.
Le porte del pronto soccorso si aprirono davanti a noi ed entrammo velocemente.
L’infermiere ci venne subito incontro “Siete i chirurghi della cardio e di traumatologia?”
“Si, dov’è il paziente?” chiesi gentilmente
“Letto 6” mi disse indicando la fine della corsia.
Non appena ci avvicinammo al letto, guardai il dottor Hamilton… probabilmente sarei uscita dall’ospedale la mattina dopo.
Grazie dottor Kill.
Sospirai e mi tirai la schiena facendo ginnastica.
Altro che consulenza veloce, questo aveva tutta l’aria di essere un intervento bello lungo e per il momento c’ero solo io di libera.
“Dottoressa… prevedo una bella notte insieme” commentò Hamilton guardandomi e sorridendo “guarda te il caso, ci siamo incontrati alle macchinette ed alla fine operiamo insieme”
Annuii ricambiando il sorriso “neanche farlo apposta…” commentai iniziando a raccogliere i capelli.
“Non dirmi che ti dispiace… perché a me non dispiace neanche un po’” concluse facendomi l’occhiolino.
Abbassai la testa imbarazzata e decisi che sarebbe stato meglio passare alla visita prima che le cose degenerassero.
 
 
Mercoledì ore 8.00

Crollai a letto senza neanche preoccuparmi di vestirmi dopo lo doccia.
Ero decisamente senza forze, sfiancata.
Non ero mai stata così stanca in tutta la mia vita.
Sarei potuta svenire dal sonno da un momento all’altro.
Dopo aver operato con Hamilton per ben 6 ore, poi altre quattro ore per scrivere i due post operatori  finalmente ero riuscita ad uscire da quel posto.
Avevo male alle gambe, ai piedi, alla schiena, alle mani, alla testa… ero a pezzi. Ero da buttare.
Chiusi gli occhi ed in un attimo, senza rendermene conto, presi sonno.
 
La suoneria del telefono mi svegliò di soprassalto, il buio intorno a me mi lasciò scombussolata per un attimo. Che razza di ore erano? Presi il telefono e risposi senza neanche guardare, come al solito.
“Pronto” farfugliai con la voce ancora impastata dal sonno, chi era questo seccatore adesso?
“Ciao doc, da quanto tempo”
Non appena riconobbi la sua voce, mi svegliai improvvisamente e mi misi a sedere nel letto, come se mi avessero fatto una doccia di acqua fredda! Erano passati un po’ di giorni dall’ultima volta che l’avevo visto…
“Embry” dissi sorpresa.
Un po’ avevo perso le speranze, lo ammetto. Non mi aspettavo una sua telefonata.
O meglio, l’avevo aspettata per 3 giorni, ma questa mattina non ci avevo proprio pensato, come se avessi perso le speranze.
“Ti va di uscire a fare un giro?”
Mi prese decisamente in contropiede “Adesso?!”
“Si adesso”
Non avevo neanche idea di che ore fossero, accesi la luce nella stanza e guardai l’orologio… erano le 21.30. Avevo dormito più di tredici ore e non mi ero resa conto di niente.
Fuori era diventato buio.
“Mi sono appena svegliata, o meglio… mi hai svegliata tu” iniziai, ma non riuscii a terminare perché mi interruppe prima “Ho disturbato il tuo riposino di bellezza principessa?”
“No, hai interrotto il mio riposo post tre giorni nostop in ospedale, che ne dici?” sbuffai. Perché doveva sempre mettere in dubbio quello che facevo come se  non facessi mai niente?
“Dico che allora dovremmo fare qualcosa di tranquillo… che ne so… un film, ti va di farmi entrare?”
“Entrare?” gli chiesi non riuscendo a capire a cosa si riferisse
“Sono qui sotto”
“Sotto dove?!”
“Sotto casa tua, ovvio”
Rimasi in silenzio decisamente sorpresa.
Si era davvero presentato sotto casa mia alle 21.30, dopo che non si faceva sentire per tre giorni, come se niente fosse? E io avrei anche dovuto farlo salire?
Mi mangiucchiai l’unghia del pollice nervosamente.
Non sapevo cosa fare, aprirgli o mandarlo a casa?
Avevo aspettato la sua telefonata per più di tre giorni, e non si era fatto sentire.
Pensava davvero di poter farsi sentire come e quando gli pareva a lui? Forse non aveva ancora capito.
Non avevo voglia di perdite di tempo, non me lo sarei potuta permettere.
“Doc ci sei?” ridacchiò al telefono.
Per un attimo la sua risata mi irritò.
“Ti apro” dissi secca buttando giù il telefono.
Cazzo. E adesso perché gli avevo detto che gli avrei aperto?
Mi maledii per qualche istante, aprivo sempre la bocca staccandola dal cervello.
Mi alzai dal letto e andai ad aprire.
Gli lasciai la porta socchiusa, mentre io mi diressi velocemente verso il bagno per vestirmi.
Infilai al volo una maglietta larga e raccolsi i capelli decisamente troppo mossi oggi.
Mi guardai per un attimo allo specchio e me ne pentii subito.
Avevo delle occhiaie che mai avevo avuto prima probabilmente.
E questo era solo l’inizio.
Senza considerare il segno del cuscino stampato sul mio zigomo sinistro… mi avvicinai allo specchio e strofinai con la mano, nella speranza che andasse via tutto… niente da fare.
Sentii la porta chiudersi e subito uscii dal bagno dirigendomi al piano inferiore.
“Wow, ti sei già tolta tutto per il mio arrivo?” ridacchiò avvicinandosi subito a me non appena scesi la scala.
Lo spinsi via, prima che le sue mani potessero toccare i miei fianchi, e mi guardò sorpreso.
Dannazione, quanto era bello.
Il mio cuore iniziò a battere più forte del normale, come ogni volta in sua presenza.
Si appoggiò allo stipite della porta, passandosi una mano tra i capelli.
“Che ti prende?” mi chiese sospirando.
Stava davvero sospirando?! Lui?!
Per un attimo l’istinto di prenderlo a sberle e mandarlo fuori a calci fu davvero molto forte, ma mi trattenni e lo guardai meglio…
I suoi occhi erano contornati da cerchi violacei, ed il suo colorito era decisamente più pallido rispetto al solito, segno che non aveva dormito tanto in queste notti.
“Dove sei stato?”
“Quando?”
“In questi giorni, Embry” dissi incrociando le braccia al petto “mi aspettavo che almeno ti facessi sentire o vedere, dopo… beh… lo sai” conclusi imbarazzata ma decisa.
Era arrivato il momento di chiarire alcune cose.
“Non pressarmi Ashley, ho avuto da fare” disse staccandosi dallo stipite della porta, lo guardai sconvolta.
“Hai avuto da fare?”gli chiesi decisamente alterata.
Ma con chi pensava di avere a che fare?!
“Si”
“Ed io ti starei pressando?! No guarda, non hai proprio capito un cazzo. Ho aspettato un tuo messaggio, che ovviamente non è arrivato, per tre giorni!  TRE GIORNI EMBRY. E adesso tu mi dici di non pressarti dopo che abbiamo fatto sesso e non ti sei fatto ne sentire ne vedere per giorni?! Sei stato chiarissimo”
“Non fare così per favore” disse strofinandosi gli occhi “sono stato di ronda due giorni consecutivi, e poi ieri notte l’ho passata a studiare e anche questa mattina… per perché oggi pomeriggio avevo un esame. E non volevo solo portarti a letto, se è questo che stai insinuando e pensando…” disse guardandomi.
Mi persi nei suoi occhi, come sempre.
Perché mi faceva sempre quest’effetto?
Presi posto su uno degli sgabelli del bancone della cucina e ripresi a mordicchiarmi il pollice nervosamente… dovevo credergli? Non aveva proprio trovato cinque minuti per scrivermi un messaggio o farmi una telefonata?
“Bella casa comunque” disse avvicinandosi un po’ e guardandosi in giro “davvero bella, ci abiti da sola?”
“Grazie… si…” dissi spostando lo sguardo altrove.
Feci finta di niente quando si avvicinò a me, cercando di non darci peso, ma non appena la sua mano si appoggiò sul mio viso, il cuore iniziò a battere e per un attimo pensai che sarebbe uscito dal petto.
Incrociai i suoi occhi e anche l’altra mano avvolse il mio viso.
Trattenni il respiro.
Voleva farmi morire questa sera?
Si sistemò tra le mie gambe e si avvicinò pericolosamente.
“Non volevo solo portarti a letto Ashley… non mi sono fatto sentire perché sono stato davvero impegnato in questi giorni. Mi rendo conto che possa sembrare un po’ brutto ma ti assicuro che se avessi solo voluto portarti a letto non sarei qui adesso” disse con voce calma, quasi sottovoce “Sam ci sta massacrando di ronde perché l’altra notte lui e Jared hanno sentito delle tracce che si dirigevano dal confine con il Canada verso Forks… “ si avvicinò un po’ di più e le sue labbra sfiorarono le mie “puoi credermi o pensarla come vuoi” concluse sottovoce guardandomi negli occhi, abbandonando per una volta quell’aria strafottente che si portava sempre appresso.
“Mi hai detto ci si vede in giro” gli ricordai
“Non sono forse venuto qui questa sera?” soffiò sulle mie labbra
“Pensi di poterti divertire ancora un po’ e poi andartene? Così, quando ne hai voglia?”
Ridacchiò “sembri quasi seria Shay”
“Sono serissima infatti, Embry” dissi decisa.
“Secondo me non resisti ancora molto”
“Io? Resistere? A chi, a te? Ma per favore. Vai via Embry, vai a giocare con un’altra… non ti mancano le ragazze di certo…”
“E questo chi te lo ha detto?” mi chiese guardandomi sorpreso.
Mi ricordai della chiacchierata con Kim, non potevo certo dirgli che io e Kim avevamo parlato di lui!
“Non è difficile da immaginare” il suo profumo inondò le mie narici e cercai di rimanere lucida “Davvero, vai via Embry” farfugliai cercando di allontanarlo, ma fu tutto inutile.
Scoppiò a ridere e le sue labbra in un attimo si fiondarono sulle mie mentre le sue braccia mi avvolsero prendendomi per i fianchi. I nostri corpi aderirono perfettamente.
Cercai di allontanarlo ancora una volta, ma senza alcuno sforzo mi prese in braccio e mi fece sedere sul bancone. Le sue mani iniziarono a vagare sul mio corpo e persi la ragione come ogni volta che mi toccava.
Avvolsi la sua vita con le mie gambe e non capii più niente, chi stava baciando chi, cosa stava per succedere.
Il calore generato dal suo corpo e dal mio era quasi insopportabile. Gli sfilai la maglietta e mi aggrappai meglio alle sue spalle muscolose, mentre le sue mani veloci fecero saltare il gancetto del mio reggiseno.
Un brivido mi percorse la schiena.
Con una mano mi sfilò le mutande e con uno strappo deciso lacerò la mia maglietta. Guardai i brandelli della maglietta cadere per terra, ma non me ne preoccupai più di tanto.
Cercai il bottone dei suoi jeans e glieli aprii continuando a baciarci.
Dannazione, mi ero ripromessa che non avrei ceduto così questa volta.
Al diavolo tutto.
Con una spinta entrò dentro di me, reprimendo ogni gemito mordendomi la spalla.  
Strinsi le gambe intorno alla sua vita e non riuscii proprio a trattenere dei gemiti di piacere, nonostante non volessi dargli soddisfazione. Mi maledii abbandonando la testa sulla sua spalla mentre continuava a spingere deciso. Afferrai il suo braccio e mi strinsi ancora di più a lui, cercando di sostenere il suo ritmo.
Dovevo ammettere che ci sapeva fare.
Per la seconda volta stavo facendo il sesso più bello della mia vita.
Con una spinta decisa improvvisamente mi fece distendere sul bancone e mi tirò più verso di lui lasciandomi senza fiato.
Mi abbandonai sotto le sue mani bollenti dimenticando qualsiasi cosa.
Anche il suo respiro affannato e i suoi gemiti mi arrivavano lontani. Non capivo più se ero io o era lui. Non mi importava. Non volevo saperlo. Niente aveva importanza adesso.
Chiusi gli occhi stringendo la mano sulla sua spalla, mentre la sua mano mi stringeva forte il fianco. Probabilmente se non fossi stata anche io un licantropo mi avrebbe fatto decisamente male.
Lo sentii tremare e le sue mani strinsero ancora di più mentre aumentava le spinte, trattenni il respiro e finalmente raggiunsi l’orgasmo. Poco dopo anche lui.
Mi abbandonai rilasciando tutti i muscoli ancora in tensione. Lo guardai ancora tra le mie gambe mentre con le mani si sorreggeva appoggiandosi al bancone affianco ai miei glutei. Cercava di regolarizzare il suo respiro decisamente affannato, mentre dei tremiti attraversavano ancora il suo corpo.
Era bellissimo.
 
POV EMBRY

Chiusi gli occhi cercando di calmarmi.
Tenere a bada la trasformazione in questi momenti, con lei, mi risultava terribilmente difficile.
Adesso capivo gli altri cosa intendevano quando dicevano che il tuo imprinting ti fa perdere letteralmente la testa. Con lei avrei perso sempre ogni briciolo di razionalità che avevo, ne ero certo. Il mio lupo sentiva la sua compagna vicina, decisamente. Su questo non c’erano dubbi.
Aprii gli occhi ed alzai lo sguardo su di lei.
Era bellissima.
Non c’era nient’altro da dire, se non questo.
Le sue gambe lisce e snelle erano ancora ai lati della mia vita, il suo addome piatto mostrava i suoi addominali ancora ben visibili nonostante non si trasformasse più così tanto e il suo seno... il suo seno era qualcosa di spettacolare.
Due colline rotonde, perfette. Decisamente grandi, e perfette. 
Da quando le avevo viste la prima volta nel bosco dopo quel piccolo inconveniente, non ero più riuscito a dimenticarle. Così morbide e allo stesso tempo così sode.
Un tremore mi percorse la schiena.
Dannazione, dovevo smetterla di pensare a queste cose o non ce l’avrei mai fatta.
Incrociai i suoi occhi e più di mille catene mi legarono qui, proprio in questo posto, con lei.
Ancora una volta.
Le sue guancie erano decisamente più rosate del solito, e le sue labbra carnose erano socchiuse mentre cercava di regolarizzare il respiro.
Le porsi un amano per trarsi su, subito l’afferrò e si mise seduta.
Non mi spostai, non mi spostai di un centimetro.
Le sue labbra erano a pochi centimetri dalle mie, ma i miei occhi si stavano perdendo nei suoi.
“Sei rimasto senza parole Call?” ridacchiò

Quanto avrei voluto dirti tutto Ashley… liberarmi e dirti tutto. Che sei il mio imprinting, che sei la donna della mia vita, che non posso stare senza di te ne allontanarmi da te… che sei come una droga, che non ho mai smesso di pensarti da quando ti ho vista quel giorno per la prima volta, nel bosco.
Chi l’avrebbe mai detto? Embry Call che ha avuto l’imprinting.
Quanto avevo aspettato questo momento?
Quante volte avevo desiderato trovare la mia persona e non sentirmi più in difetto, il ragazzo abbandonato dal padre, il ragazzo nato da una relazione clandestina…

“Embry?” la sua voce dolce mi riportò alla realtà “Non ti stavi per trasformare prima, vero? No perché insomma ci tengo alla mia casa e non vorrei che tu la rovinassi, oltretutto, come abbiamo già potuto notare, sei decisamente più forte di me e non ci metteresti molto ad uccidermi solo trasformandoti o a ferirmi… Per fortuna la cicatrice del tuo morso è sparita… non so cosa ti avrei fatto se fossi rimasta sfigurata e… ma mi stai ascoltando?!”
La guardai e le sorrisi. Non potevo fare altro che sorriderle.
La baciai di nuovo, volevo sentire ancora le sue labbra morbide sulle mie.
Giuro, l’avrei baciata per ore.
Io che avevo sempre avuto paura delle relazioni serie, io che scappavo ogni volta che qualcosa si faceva serio con una ragazza, io che me le portavo a letto e poi sparivo nella notte senza farmi più sentire, io che mi dimenticavo di telefonare alla ragazza con cui ero uscito la sera prima… adesso in testa avevo solo lei.

E ci sarei stato ore con lei, giorni, mesi, anni.

La sua mano mi allontanò appena, il giusto per poter parlare “Che ti prende?” mi chiese guardandomi curiosa “niente… sono solo felice di essere qui” confessai mandando a quel paese la mia continua faccia di bronzo. Mi guardò stupita non capendo.
“il sesso ti fa questo effetto Embry?” ridacchiò “dovremmo farlo più spesso allora” mi sussurrò all’orecchio facendo aderire il suo seno ancora nudo al mio petto.
Trattenni il respiro e strinsi forte il bancone tra le mie mani, cercando di non rompere in mille pezzi tutto.
Cazzo, perché mi faceva questo effetto?
Un brivido percorse la mia schiena “smettila Ashley” farfugliai abbassando la testa e guardando altrove.
Rise. Ancora.
Per un attimo ebbi paura di perdere davvero il controllo e mi allontanai di scatto da lei e dalla sua maledettissima pelle liscia e perfetta.
“Suvvia stavo scherzando” disse sorpresa dalla mia reazione.
Scese dal bancone e si guardò attorno cercando i suoi vestiti, ormai ridotti in brandelli.
“Mi hai anche rotto la maglietta, era una delle mie preferite…” disse raccogliendo ciò che ne rimaneva da terra . Mi avvicinai e strattonandola per il braccio la avvicinai a me “scherzi un po’ troppo doc, non scherzare con i lupi” la avvertii sorridendo.
Un giorno di questi mi avrebbe fatto perdere totalmente la testa.
Ridacchiò liberandosi dalla mia presa e si appoggiò al bancone guardandomi in silenzio.
Distolsi lo sguardo prima di saltarle addosso di nuovo e mi tirai su i jeans chiudendo la cintura. Iniziai a raccogliere la mia maglietta e il maglioncino da terra e indossai velocemente.
Era meglio andarsene da qui, prima che le cose mi sfuggissero di mano di nuovo.
Mi ero ripromesso che questa sera non me la sarei portata a letto, e invece era andata proprio così.
Non si sarebbe mai fidata di me.

Grande Embry e te la sei appena scopata con i pantaloni abbassati, sul bancone della cucina, dopo non esserti fatto ne sentire ne vedere per giorni. E adesso te ne stai andando di corsa perché hai paura di affrontare la situazione. Come sempre.

Si è vero cazzo, avevo paura.
Avevo paura di rimanere qui, di non riuscire a fare a meno di lei, di dipendere da qualcuno.
Avevo paura di perdere le staffe un’altra volta e di non riuscire a trattenermi.

E per questo era giusto andarsene?

Si. Dovevo andarmene prima che la situazione degenerasse. E poi quando mai ero rimasto dopo aver fatto sesso con una?
Ma lei non era una… lei era Ashley. Il mio fottuto imprinting e mi stava letteralmente fottendo la testa ed io non ci capivo più niente.
Alzai lo sguardo su di lei, me ne pentii immediatamente.
I suoi occhioni scuri mi stavano guardando, con quelle ciglia lunghe e perfettamente girate all’insù, mentre si mordicchiava l’unghia del pollice. Stava analizzando i miei movimenti.
La guardai meglio, voleva dirmi qualcosa, ne ero certo, ma non ne aveva il coraggio…
“Te ne vai?”
Mi ritrovai spiazzato per un attimo “si, è meglio che io vada”
“Ovviamente”
“Ash…”
“No Embry, non serve che tu dica niente…” disse coprendosi con i brandelli della sua maglietta “hai ragione, è meglio che tu vada…” disse incamminandosi verso la scala per andare al piano di sopra.
La guardai…

Che razza di persona l’avrebbe lasciata li dopo essersela portata a letto?
Le avevo detto neanche un’ora prima che non volevo solo portarmela a letto… e sapevo bene che non era così… ma avevo paura. Di cosa poi?
Di provare per la prima volta qualcosa di vero per qualcuno?
Di poter essere abbandonato ancora una volta?
Di perdere la testa per lei e poi dover accettare la sua assenza quando troverà qualcuno migliore di me?

Mi guardai le scarpe…
Chi volevo prendere in giro?
Avevo già perso la testa per lei.
“Ashley… mettiti qualcosa e torna giù, che ne dici di guardarci un film?”
Parlai senza neanche rendermene conto. La voce era uscita dalla mia bocca, ma senza che me ne rendessi conto. La guardai, in attesa di una risposta, che non arrivò.
Sparì in cima alla scala, lasciandomi lì, da solo con i miei pensieri.

E adesso? Me ne sarei dovuto andare via?
Cazzo, perché combinavo sempre casini.
Jake me l’aveva detto un sacco di volte di non fare il coglione con lei, ed io come sempre ho rovinato tutto.

Mi voltai e mi diressi verso la porta, ma proprio quando appoggiai la mano sulla maniglia, due braccia sottili ma comunque muscolose avvolsero il mio corpo.
Il suo profumo mi arrivò dentro, dritto fino al cuore e chiusi gli occhi.
“Che film vuoi guardare?” mi sussurrò all’orecchio.
Sorrisi.
Ero davvero fregato questa volta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: littlegiulyy