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Autore: Red Saintia    18/12/2018    14 recensioni
Il Natale... una ricorrenza ricca d'amore pace e solidarietà. Sì ok, adesso mettiamo da parte i sentimentalismi stucchevoli e vediamola da un altro punto di vista, quello di Nadia Carter. Una ragazza che non ha il così detto "spirito natalizio" ma che dovrà ricredersi su molte cose.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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# PROMPT n. 5  “A decide di confessare a B i suoi sentimenti la notte della Vigilia, ma poi lo vede baciare C…”

 
Mi guardai  intorno camminando lentamente al centro di quello che, senza dubbio, era uno dei luoghi più accoglienti che avessi mai visto. Un divano tre posti più uno da due ed un’antica poltrona troneggiavano in quell’ambiente. Un tavolo basso interamente fatto di legno messo al centro, il camino che aspettava solo di accogliere al suo interno della scoppiettante legna e un maestoso albero di Natale riccamente addobbato.
In quel preciso istante pensai che avrei potuto trascorrere anche tutta la settimana su quel divano leggendo un libro accanto al fuoco. Ahimè, i sogni non son desideri, e un bussare poco garbato alla porta mi riportò alla triste realtà di quella pace che avrei tanto voluto ma che non riuscivo a trovare.

Non chiesi neppure chi fosse alla porta, d’altronde chi poteva essere se non quel rompi scatole che evidentemente si era preparato qualche battutina sarcastica di rimando alle mie parole.
“Cosa vuoi Eric?”

“Senti…. so bene come la pensi su di me e non ho intenzione di darti noie. La macchina non parte, credo sia la batteria. Fuori si gela quindi ti pregherei di essere ospitale per stanotte, poi domani non appena arrivano gli altri mi farò dare una mano e andrò via.”

Non potevo negargli di entrare, lo detestavo con tutta me stessa ma non certo fino al punto di vederlo congelato… o forse si?
“Vieni dentro dai che accendo il camino.”

“Grazie.”

Non ci volle molto a riscaldare l’ambiente, accesi le luci dell’albero e lui in compenso prese le valigie nelle nostre rispettive auto. La dispensa era effettivamente stracolma di cibo, ma il mio obbiettivo era uno solo… prepararmi una cioccolata calda.
Dovevo averlo proprio terrorizzato perché per tutto il tempo in cui mi vide trafficare ai fornelli tenne lo sguardo basso rimanendo in rigoroso silenzio. Mi voltai per osservarlo meglio e lo beccai con il mio libro, che avevo lasciato sul tavolo, leggere avidamente seduto per terra. Visto così poteva quasi sembrare passabile come persona, i suoi occhi risaltavano con le fiamme rossicce del camino.

“Davvero ti piace Doctor Sleep?” mi chiese

“Certamente, come tutti i libri di King, anche se dubito che tu li conosca…”

“Ah giusto… io sono quello che si fa comprare la laurea da suo padre lo avevo dimenticato.”

“Non prendertela è solo che non ti ci vedo appassionato di romanzi o letture in generale.”

“E secondo te di cosa sarei appassionato sentiamo?”

“Sinceramente non saprei e non me ne frega. Ma potremmo chiederlo a Rebecca, credo che lei conosca i tuoi gusti visto che ti sta sempre appiccicata. A proposito ma non dovrebbe già essere qui?”

“Si infatti, lo chiamata prima. Arriverà in serata o al massimo domattina presto, aveva parenti a casa.”

Non c’era limite alla sfiga

“Ottimo… almeno avrai compagnia.”

“Guarda che lei non è la mia ragazza.”

“Ma io non te lo chiesto.”

“E io voglio dirtelo lo stesso.”

“Fa come ti pare. Comunque… ti va della cioccolata?”

“Si grazie.”

Forse aveva ragione Kayla dovevo farmela passare o quella sarebbe stata la giornata più lunga della settimana.

“Comunque… non per vantarmi, ma giusto per farti capire che non sono un analfabeta ignorante, ti dico che King lo conosco molto bene, così come altri autori che più o meno trattano il suo stesso genere letterario come Lovecraft e Hoffman.”

“Ma dai? Questa si che è una sorpresa, sono stupita?”
Ed era vero, neanche nei miei più rosei sogni avrei creduto che io ed Eric avremmo avuto un argomento in comune di cui parlare.

“E io sono stupito invece di quanto sia buona questa cioccolata, anche se il mio stomaco vorrebbe del cibo solido da ingerire.”

“Beh… l’ora del pranzo è passata da un pezzo. Facciamo così… io ho preparato la cioccolata e tu prepari la cena, ne sei capace?”

“Tu mi sottovaluti Nadia, potrei sorprenderti sai?”

“Dubito che tu ci riesca per la seconda volta, ma provaci non si sa  mai.”

Era il massimo che riuscivo a fare e non so il perché, lui mi innervosiva, mi faceva sentire inadeguata e smarrita. Quando stavo in sua presenza mi sentivo fragile e vulnerabile, e quelle sensazioni mi terrorizzavano.
Lo lasciai di sotto con le cuffie inforcate come suo solito, presi la valigia e salii di sopra in una delle camere da letto. Mentre cercavo di sistemarmi, il cellulare squillò.
“Pronto, Dana sei tu?”

“Ciao Nadia come va? Vi siete sistemati?”

“Diciamo di sì, ma è una situazione che non mi piace e per di più anche la macchina di Eric non parte, aspetta voi per dargli una mano.”

“Tranquilla domani saremo lì, adesso Kayla è dal meccanico, tieni duro e fa la brava.”

“Si come no…”
Devo dire che me la presi con tutta calma, scelsi una delle tre camere da letto a disposizione, sistemai le mie cose quasi a voler marcare il territorio. Non mi sarei schiodata da lì per nessun motivo, se c’era qualcuno che doveva andarsene quello era lui. E benché nel mio cervello balzasse ancora l’immagine dei suoi  occhi castani che leggevano attenti il mio libro, decisi che niente e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea su Eric Sanders.

Cercai di evitarlo abilmente per tutto il pomeriggio, non mi andava di intavolare una conversazione che avrebbe solo portato all’autocelebrazione del suo ego. Mi decisi a scendere solo perché dopo qualche ora le calorie della cioccolata erano belle che finite e il mio stomaco necessitava di qualcosa di più sostanzioso.
Scesi giù… e per poco gli occhi non mi uscirono dalle orbite. Un delizioso profumino aveva dolcemente invaso il soggiorno, qualcosa sfrigolava sui fornelli e la tavola era elegantemente apparecchiata per due.

Lo vidi seduto su uno sgabello aveva ancora le cuffie nelle orecchie ed era intento a leggere. Feci per schiarirmi la voce sperando di attirare la sua attenzione e al terzo tentativo finalmente quel rintronato se le tolse e richiuse il libro.

“Ah… finalmente sei scesa, credevo ti fossi chiusa a chiave in una delle camere?”

A quell’affermazione gli regalai uno dei miei più acidi sorrisi.
“Vedo che hai preso in ostaggio il mio libro oggi?”

“Almeno con lui riesco a fare una muta conversazione, visto che tu ti sei elegantemente dileguata.”

“Ero a farmi una doccia e a sistemare le mie cose.”

“Vedo… infatti sei davvero molto bella Nadia.”

“E’ inutile che cerchi di adularmi io non sono Rebecca non mi servono i tuoi complimenti per rinsaldare la mia autostima.”

“Ci risiamo, lo hai fatto di nuovo…”

“Che vuoi dire? Cosa?”

“Uno ti fa un complimento, cerca di essere carino e tu fai la iena.”

“Io descrivo semplicemente la realtà dei fatti sei tu che non accetti che ti si spiattelli in faccia la verità.”

“Non ho intenzione di discutere con te Nadia, non di nuovo.”

“Neppure io se è per questo, tanto è tempo perso.”

“Bene.”

“Bene!” gridai più forte, perché in qualche modo dovevo sempre imporre la mia superiorità verbale.
Lo vidi sparire in direzione della cucina, si sentiva un rumore di pentole e stoviglie ma non mi andava di approfondire. Restai a guardare le luci ipnotiche dell’albero cercando di pensare ad altro. Tornò dopo circa dieci minuti, stavolta fu lui ad attirare la mia attenzione, mi voltai e  lo vidi in piedi con due primi piatti  tra le mani.

“Se vuoi accomodarti ho preparato la cena come promesso.”

Non dissi niente per evitare di fare ulteriori danni, mi limitai a sedermi attirata da quel profumo invitante. Cominciammo entrambi a mangiare e devo ammettere che quella pasta era davvero buona, mi sentivo in dovere di dire qualcosa credo che stavolta lo meritasse davvero.
“Eric complimenti, è davvero ottima. Ma come hai fatto questo condimento?”

“Non ci vuole molto… ho utilizzato ciò che avevo a disposizione…”

“Sul serio? E cioè?” a quel punto ero davvero curiosa.

“Un barattolo di sugo pronto che ho trovato in dispensa.”

“Scherzi?”

“Assolutamente no.”

Lo guardai perplessa e stupita, lui posò la forchetta e scoppiò a ridere. Non so perché… forse era la sua risata o il suo modo di fare così naturale e scanzonato allo stesso tempo, ma mi coinvolse nella sua allegria e quello fu l’istante preciso in cui quel muro invalicabile che avevo innalzato cominciò a sgretolarsi.

Devo ammettere che fu una serata piacevole, inaspettatamente trovammo molti argomenti in comune dei quali parlare e fu proprio chiacchierando di libri, musica e cinema che ci trovammo a guardare il bellissimo cielo stellato di Sun Valley sotto il portico fumando una sigaretta.
“Ne vuoi una delle mie?”

“No ti ringrazio non le reggo le tue, e poi quel vino che hai tirato fuori mi sta facendo girare notevolmente la testa.”

“Oh… signorina Carter lei non regge l’alcol? Che delusione…”

“Già proprio una delusione vero? E pensare che gli scemi come te li reggo bene.”

“Ti prego Nadia sei stata così piacevole in queste due ore non rovinare tutto aprendo a sproposito la bocca.”

“E chi vorrebbe zittirmi sentiamo? Tu Eric? Vorresti provare a farmi tacere, ma credimi non ci riusciresti.”

“Davvero?”

“Puoi scommetterci…” gli dissi. Ma che idiota ero stata, l’avrei dovuto capire da tante cose. I suoi modi gentili, la sua galanteria e quei sorrisi concessi con tanta indulgenza servivano solo a preparare il terreno per la sua prevedibile mossa.

Non riuscii ad impedirglielo perché ero troppo concentrata a tenergli testa con le parole, e così neppure le vidi arrivare… le sue labbra che catturarono le mie mordendole leggermente per indurmi ad aprirle ed accettare quel bacio che mai gli avrei concesso spontaneamente.

Mi bloccò il viso tra le mani e io non fui più in grado di muovermi, sentivo solo il suo sapore sulle labbra e un calore intenso che invadeva il mio corpo. La mia mente non riusciva a concepire come diavolo avessi fatto a trovarmi in quella situazione. La mia testa mi intimava di dargli uno schiaffo proprio lì in quell’istante, il punto era che il mio corpo non rispondeva, era come se fosse disconnesso dal cervello.
Il cuore batteva forte. Ma davvero il cuore umano poteva battere così velocemente in certe situazioni? Lo stavo scoprendo in quell’istante. E quando le sue braccia mi avvolsero completamente i miei occhi si chiusero, la razionalità, l’orgoglio e la diffidenza andarono a farsi benedire e lasciai che lui avesse il controllo su di me.

“Chi sei tu realmente?” mi chiese

“In questo momento me lo sto chiedendo anch’io, ma temo che le nostre inibizioni siano rimaste sedute al tavolo lì dentro.”

“Sei tremendamente attraente Nadia, e non solo fisicamente. Il tuo cervello il tuo modo di essere, ogni cosa che dici o che pensi mi fa ribollire il sangue. Lo capito da quando ti ho conosciuta che saresti stata la mia rovina, ma fanculo, se è così che deve essere sarai il più dolce abisso nel quale voglio perdermi.”

Perché lo stavo abbracciando? Perché le mie mani correvano veloci sul suo torace cercando di aggrapparmi a lui come se fosse la mia sola salvezza. Che mi stava succedendo? Era davvero dovuto all’alcol quella euforia, quel desiderio, quell’esigenza di averlo…
Una parte di me sapeva che saremmo finiti di sopra, forse la parte più buia, più nascosta, quella che non voleva ammettere che l’ostilità nei suoi confronti era solo una corazza che avevo costruito ad arte per proteggermi. Ma proteggermi da cosa? Che male avrebbe mai potuto farmi perdermi tra le sue braccia?
Forse lo avrei scoperto quella sera o forse non ne avrei mai avuto occasione. So solo che in quel momento non volevo pensarci, perché la sola sofferenza che avrei potuto provare era se lui si fosse fermato.

Ma Eric non lo fece… no, proprio per niente. Non posso dare una definizione precisa di quel rapporto, non era solo sesso, non era neppure amore, e allora cos’era? Esigenza, istinto, irrazionalità? Non lo so, e forse neanche m’importava, io gli diedi tutta me stessa quella notte non sapendo alla fine cosa mi sarebbe rimasto.
Un senso di piacevole torpore ci colse entrambi alla fine di quell’amplesso. E l’ultima cosa che videro i miei occhi prima di chiudersi furono dei candidi fiocchi di neve che scendevano lungo i vetri della finestra. Poi le sue parole mi risuonarono nella mente e sapevo che non le avrei mai più dimenticate…

“Vorrei tenerti stretta a me per sempre… perché so che all’alba tu non sarai più qui.”
Il sonno mi avvolse, non prima di aver bagnato il dorso della sua mano con una lacrima.

 
6:00 a.m. (21 Dicembre)

Credo di non aver mai dormito così profondamente in vita mia. Se solo quel fastidioso bussare alla porta non mi avesse svegliata credo che sarei rimasta in quel letto ancora per molto molto tempo.
Pochi secondi per connettere il cervello al resto del corpo, infilarmi qualcosa addosso e guardarlo dormire beatamente con i capelli leggermente scompigliati, sembrava un bambino, eppure ogni suo tocco me lo sentivo ancora addosso come se fosse stato marchiato a fuoco sulla mia pelle.

Scesi in fretta cercando di ricompormi, per quanto mi fosse possibile, aprendo la porta.

“Finalmente, era ora! Sono dieci minuti che busso qui fuori, mi si è congelata la punta del naso.”

“Buongiorno anche a te Rebecca…”

“Penso abbiate saputo di Kayla e gli altri?”

“Sì, ci hanno avvisati.”

“Comunque hanno risolto, un paio d’ore al massimo e saranno  qui.”
Mentre mi parlava lo sguardo di Rebecca si era inevitabilmente posato sulla tavola ancora apparecchiata della sera prima, passando poi a scrutare la mia persona da capo a piedi. “Bene… bene, vedo che avete fatto i bagordi ieri sera?”

“Se intendi al fatto che abbiamo cenato direi di sì. Volevi che morissimo di fame?”

“Giammai Nadia… quale perdita sarebbe stata, non godere più della tua compagnia. Piuttosto dov’è Eric?”

“E’ di sopra, dorme ancora.”

“Nella sua camera voglio sperare?”
Non risposi, e non so perché. Non era certo per vergogna o timore, non me ne fregava niente di quello che pensava di  me. E’ solo che quella notte era solo nostra e non volevo condividerla con nessuno.
Rebecca si aspettava una risposta, il suo sguardo la esigeva, e io non sapevo che scusa inventarmi.

“Rebecca! Buongiorno.” scese le scale ancora visibilmente assonnato.

“Eric… tesoro ciao, come stai? Fatti salutare.”
Eccola lì , la gatta morta che gli si fionda addosso come una cozza. Ma che dico, ma poi che mi frega, lui non è mica il mio ragazzo (se è per questo manco il suo) meglio sloggiare, quella Barbie di plastica proprio non la reggo di primo mattino.

“Scusate io vado di sopra, ci vediamo dopo…”

Eric mi guardò, sentivo i suoi occhi addosso, e tremai senza volerlo. Sparii dalla loro vista, Rebecca aveva smesso di fare domande una volta adocchiato l’oggetto dei suoi desideri. Non le era nemmeno passato di mente, se non per un centesimo di secondo, che io e lui fossimo stati a letto insieme.

Certo, io paragonata a lei ero praticamente insignificante. Andai in camera, quella che avevo scelto per me e condiviso con lui, e mi accorsi con la coda dell’occhio che la porta  di un’altra delle stanze era aperta e il letto disfatto.

“E’ bravo Eric… previdente ad ogni evenienza.”
Mentre io ero intenta a coprirgli le spalle, lui se l’era parate già da solo, fabbricandosi un alibi. Un senso di disgusto mi prese alla bocca dello stomaco, ma cercai di trattenermi, tra poco sarebbero arrivati i ragazzi e non volevo di certo farmi trovare turbata per colpa di quel verme.

 
24 Dicembre


“Sei una schiappa Dana! Avrai fatto quella discesa a testa in giù minimo cinque volte.”

“E tu sei un idiota Michael, potevi anche darmi una mano invece di ridere.”

“Dai ammettilo eri esilarante…” pure Alex ci si metteva a prenderla in giro, povera Dana.

Anch’io non ero di certo una sciatrice provetto ma almeno non ruzzolavo come una palla in discesa. Non riuscivo a rilassarmi come avrei voluto. Alla fine Eric non era più andato via, Alex lo aveva convinto a rimanere. Ed io non potevo mostrarmi contrariata da quella decisione senza necessariamente mettere in piazza quello che era successo tra noi. Cercavo, per quanto mi fosse possibile, di evitarlo. Non sempre ci riuscivo…

“Nadia… ehi Nadia!”

“Cosa vuoi?”

“E me lo chiedi? Sono tre giorni che mi eviti, ma che ti ho fatto?”

“Niente Eric, proprio niente.” stronzo

“E fermati ti sto parlando che cavolo!”

“Ma cosa vuoi? Cosa vuoi? Vuoi parlare con me, e per dirmi cosa? Che ti sei preso il tuo spasso e che non devo illudermi. Sta tranquillo so bene come funziona con quelli come te, non ho bisogno dello spiegone. Torna da Rebecca siete proprio fatti l’uno per l’altra.”

“E se ti dicessi che non è lei che voglio?”

“Ti risponderei che dovevi pensarci prima di disfare il fatto per non farle sapere che eravamo stati insieme.”
Gli dissi quelle parole con una rabbia diversa dal solito. Una rabbia che non volevo provare, perché faceva male… troppo male, come quando lo guardavo negli occhi e improvvisamente tutto acquistava un significato diverso.

“Aspetta! Non andartene ti prego…” forse sarei rimasta… avrei potuto, se solo non avessi intravisto da lontano una chioma bionda reclamare la propria preda. Girai le spalle e me ne tornai alla baita a passo svelto.

 
Io e le ragazze, tranne Rebecca che praticamente si era autoproclamata supervisore, cercammo di fare del nostro meglio per preparare un cenone almeno commestibile. Il risultato fu una confusione senza precedenti ma riuscimmo se non altro a non bruciare niente.
Alex aveva messo lo stereo a tutto volume, in radio davano i No Doubt con Don’t speak e la voce di Gwen Stefani mi fece venire un nodo allo stomaco che non passò inosservato alla mia cara amica Kayla.

“Cosa c’è Nadia?”

“Niente, va tutto bene.”

“Adesso hai dei segreti anche con me?”

“Sai che non potrei…”

“Allora perché non mi dici che hai? Non mi terrai ancora il broncio per la questione di Eric?”

“Certo che no, figurati. Ormai è andata.”

“Ok, ho capito che devo tirarti le parole di bocca. Allora ti facilito il compito. Cos’è successo tra te e Eric?”

“Niente, cosa vuoi che sia successo? I soliti battibecchi.”

“Sei una bugiarda Nadia e lo sguardo che lui ti rivolge ne è la prova.”

“Ma che dici? E che razza di sguardo farebbe?”

“Devo dirtelo? Non ci arrivi… Eric è cotto di te. Non so cosa tu gli abbia fatto ma quello prova qualcosa per te giuro.”

“Tu sei matta Kayla, non voglio ascoltarti vado ad apparecchiare…”
Avevo sempre saputo che era una buona osservatrice, ma che ci prendesse così non lo credevo possibile. Ero stanca, la giornata era stata pesante e io avevo bisogno di fumare.

Uscii sotto il portico e mi accesi una sigaretta. Non avrei retto altri due giorni in quel clima, la tensione quando eravamo entrambi presenti si tagliava con il coltello, era insostenibile. Dovevo parlargli, adesso… subito. Sperando che quell’impiastro di Rebecca non fosse tra i piedi.
Sì ero decisa, al diavolo il fumare. Feci un ultimo tiro gettandola nel posacenere. In soggiorno gli altri avevano cominciato un ballo di gruppo improvvisato e guardandoli distrattamente non notai subito se mancava qualcuno. La mia priorità in quel momento era un'altra.

Certo non pretendevo che lui mi dichiarasse amore eterno, anche perché non sapevo io stessa cosa significasse lui per me. Ma che almeno desse un significato, un senso a ciò che era accaduto tra di noi quella notte mi sembrasse il minimo.
Salii le scale e mi diressi nella camera che condivideva con gli altri due. Non pensai a bussare perché sapevo che Alex e Michael erano di sotto, e fu quello il mio errore…

Perché la presenza mancante nel soggiorno al piano di sotto si trovava in quella stanza semi svestita avvinghiata al corpo di Eric. Io rimasi impietrita, lui cercò di ricomporsi, Rebecca nemmeno ci provò, smorzando un sorriso beffardo di vittoria.
Non riuscivo ad articolare una frase di senso compiuto l’unica parola che emisero le mie corde vocali fu un laconico.

“Scusate…”

Richiusi la porta, mentre delle lacrime incontrollate mi pizzicavano gli occhi.

“Nadia aspetta!” mi sentii tirare per un braccio mentre mi allontanavo lungo il corridoio,  era lui che tentava in vano di trattenermi. Non so cosa mi prese ma l’unico gesto che riuscii a fare fu allungargli un sonoro ceffone dritto in viso.

“Se mai per qualche breve istante io abbia avuto un briciolo di rispetto per la tua persona sappi che lo hai perso in questo momento esatto.”
Non avevo la forza di tornare di sotto ed affrontare gli sguardi degli  altri, così mi diressi verso la mia stanza.

“Nadia io ti amo!” lo urlò con tutto il fiato che aveva in gola, questo posso affermarlo, anche Rebecca lo sentì perché la intravidi sulla soglia della camera di Eric. Era letteralmente sbiancata in viso.

Eppure quelle parole, forse insperate, che mai avrei creduto potessero uscire da labbra tanto crudeli, su di me fecero lo stesso affetto di un boomerang. La corazza che da sempre mi faceva da scudo era tornata più forte ed impenetrabile che mai, non l’avrei lasciata cadere, non più…

“Credimi Eric, dette da te queste parole non hanno significato.” gli chiusi la porta in faccia e capii di aver fatto così tanto rumore che i ragazzi interruppero di colpo la musica non capendo cosa stesse succedendo.

Mi inginocchiai ai piedi del letto stozzando i singhiozzi del mio pianto tra le lenzuola. Maledissi me stessa per essere stata tanto stolta e soprattutto il mio cuore che stava sperimentando per la prima volta l’amarezza della delusione.

Decisamente il Natale non era la mia festa…




Ciao a tutti, lo so... capitolo un po' più lungo del solito ma essendo il continuo del precedente e dovendo seguire un prompt come filo conduttore avevo nrcessità di far accadere le cose con il giusto ritmo e soprattutto con senso logico ovviamente. Spero vi sia pioaciuta la lettura e che non sia risultata troppo pesante . Grazie davvero, ci rivediamo nel finale...

 
   
 
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