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Autore: queenjane    19/12/2018    1 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Il mio antenato, Felipe l’eroe, il pirata, il figlio illegittimo che si era reinventato aveva scritto per un pezzo, per sé ed  i suoi, rileggevo sempre con piacere le sue note, i pensieri, cercando di immaginarmi al suo posto, il passato era davvero una terra straniera o no?? non credo, non del tutto.
 
Felipe rifletteva, meditabondo, poteva essere ed in effetti era, tempo di bilanci e riflessioni.
La sera era abbastanza tranquilla, non pareva che il giorno dopo avrebbero combattuto contro Bonaparte, il Corso che si era fatto imperatore, da alcuni definito l’Anticristo e pretendeva di conquistare il mondo, o tentava.
Come una specie di malia, che incitava a continuare, a pretendere di più ancora.
Lui del resto ben lo sapeva, per personale esperienza.
Era nato illegittimo da una breve relazione di suo padre, Xavier Fuentes, nato nel 1738, poco più di un ragazzino quando lui era venuto al mondo e lo aveva riconosciuto, assegnandogli un patronimico, e soldi e tempo per educarlo.
Ma non Fuentes, quello sarebbe stato pretendere troppo. Fuentes .. le cui origini famigliari risalivano a stare cauti al 732, anno in cui  Carlo Martello sconfisse gli Arabi e uno dei suoi compagni d’arme, un Fuentes, appunto costruì il primo nucleo del’avito castello di Ahumada, sui Pirenei.
Ottenuto il titolo di marchesi, avevano vegliato sui confini, in tempi di pace e di guerra, vigilando contro gli Arabi e onorando i re spagnoli.
 Erano a Granada ai tempi della reconquista, un Fuentes era salpato con Cortes alla conquista del Sud America.
Viaggiatori, diplomatici, uomini di chiesa, politici, erano stati finanche vicerè del Perù e di Milano, quando sull’impero di Spagna non tramontava il sole.
Usavano appellarsi i signori delle montagne.
Lui era Felipe Juan Moguer, Moguer che fu il primo appellativo dei signori di Ahumada, poi due fratelli, sotto Carlo Magno, combatterono con valore e lui assegnò al primo il titolo di marchese, il secondo ne ebbe un altro, fu padrone successivamente  di ricche terre, ma scelse di chiamarsi Fuentes, per differenziare.
Verso il Mille, il ramo di Ahumada aveva una ragazza Moguer, la sola erede, che sposò un Fuentes, ricongiungendo i due tralci, da allora vi furono solo i Fuentes.
Che tornavano in quel ragazzino, Moguer, il suo cognome rispecchiava quelle origini e che sarebbe cresciuto fino a diventare un uomo in cui i difetti erano superati dagli innumerevoli pregi. Avvenente, carismatico, fiero era un guerriero. 
Come Enrico di Normandia, illegittimo aveva conquistato il trono inglese, lui aveva conquistato il suo posto nel mondo.
A circa 15 anni era andato in Russia, approfittando che suo padre svolgeva le funzioni di ambasciatore ad interim nelle terre del Grande Nord, così lontane dai cieli nativi della Spagna che era davvero un altro mondo, un nuovo mondo, cercando di inventarsi il futuro.  Era una sorta di “ibrido” ben addestrato, che conosceva le lingue, i cavalli, la scherma e le buone maniere, dotato di una strepitosa avvenenza fisica, che feriva il cuore e molto altro delle donne, fossero giovani o meno.  Conobbe il piacere, le sue relazioni erano discrete ma non per questo meno gratificanti.
Ora ed allora.
La tensione serpeggiava, bevve un sorso di vino, se chiudeva gli occhi e il vento lo toccava era di nuovo giovane, vigoroso.
Ricordò, cercando di distrarsi, altri giorni, altre battaglie.
Come quella di Cesme in Anatolia, contro i turchi, al cui esito vittorioso la zarina Caterina II gli aveva tributato il titolo di conte Rostov.
Era per meriti personali, il pettegolezzo che l’imperatrice russa se lo fosse portato a letto era una mera maldicenza
Cesme, nell’estate 1770,…  24 navi turche contro 20 russe, fire ships, assalti diretti, arrembaggi, sullo stile dei pirati.
Aveva poi raccontato di essersi sentito sdoppiato, di avere combattuto a mani nude, neanche badava ai fischi e ai sibili. Si era messo un corsetto imbottito, sotto la camicia, con larghe maglie di metallo, una precauzione contro le pallottole e le armi da taglio, se la cavò giusto con alcune ferite leggere.
Furore, il figlio del dio della guerra, un Fuentes di sangue e non di nome, un’altra leggenda.  Oppure si muoveva o sennò toccava a lui morire, esperienza che non aveva voglia di fare subito, a dargli retta avrebbe rinviato a tempo indefinito. Rombi, fatica fisica, l’odore di ferro del sangue, a un certo punto non sentiva più nulla per i rimbombi dei cannoni, tre giorni pieni.

E, dopo, l’aria del mare Egeo era veramente bella, respirata a pieni polmoni. La lettera arrivò quando avevo appena diciassette anni e mezzo.
Orlov aprì la busta, scorse i fogli e sorrise.. “Monsieur..”A CHI DICEVA?
 “Monsieur le Comnte de Rostov ..
“Eh?”Non fu molto intelligente, non capiva a chi si riferissero, la battaglia era finita sola da una settimana e ancora non ci sentiva tanto bene.
“Svegliatevi, ragazzo … e leggete qui”Questo era Orlov, un briccone di vecchia data, un furbo di tre cotte che aveva sostenuto con suo fratello l’ascesa al trono dell’imperatrice nel giugno 1762.
 “Avete ricevuto un encomio e questo è il vostro titolo, sperando vi piaccia, l’ha coniato la zarina” le ginocchia, cortesi, lo sostennero. Non era più un bastardo, un ramingo, quella era la  rivalsa “ E siete stato nominato cavaliere dell’ordine di santa Caterina”

“Felipe, leggete e credete”  un novello San Tommaso.
Aveva da compiere 18 anni.
Poteva essere fiero di sè.. nel 1774, durante l’ultima battaglia della sesta guerra contro i turchi, rimediò una sciabolata sul fianco, ulteriori encomi e la carica di capitano di fregata della marina, una vita tra le acque, per lui nato in mezzo alle montagne ..
 
E altri viaggi, ingaggi, missioni e pericoli, sposo due volte, la prima con Elisabeth Raulov, nata nel 1758, figlia di uno dei sostenitori dell’ascesa imperiale di Caterina, che si era quindi presa cura di lei, che le aveva dato una raffinata ed ulteriore educazione, quando la ragazza era rimasta orfana.. le piaceva, avrebbe fatto gola a molti impalmarla, il marito sarebbe diventato ipso jure principe, aggiungendo il cognome Raulov al suo. Ed era molto avvenente.. Il buon senso, il desiderio della ragazza di sposarsi con il giovane iberico, il placeat della zarina conducevano in quella direzione, tranne che, annotò dopo, si sentiva un pezzo di agnello pronto per lo spiedo, da vendere al migliore offerente.. Molti avrebbero voluto essere al suo posto e lui no. E un nobile, per prassi, non si sposa per amore, quanto per inclinazione, accordi tra i genitori, non disperdere patrimoni.. nel giugno 1778 le nozze, lui non mancò al suo dovere, che l’anno dopo Elisabeth partorì una coppia di gemelli, maschio e femmina.

La scusa ufficiale erano gli incarichi diplomatici ed in marina, allenare nuove reclute, stando via a mesi, se non a stagioni intere, era un baro, una spia, un pirata ed un avventuriero, tante definizioni e nessuna precisazione, comunque scordò  ogni teoria, vantaggio o convenienza, quando nel 1788 trovò l’amore della sua vita.
Si sposarono, una specie di battaglia, un lungo affare, alleata inopinata fu Ella, anche lei si era innamorata a sua volta,in quegli anni ognuno aveva avuto le sue liaisons.. Tra un escamotage e l’altro, alla fine furono entrambi liberi entrambi l’uno dall’altra.
Con la sua nuova moglie si erano stabiliti in America, avevano avuti due figli, Enrique ed Isabelle.
E di nuovo la Spagna ed i suoi cieli, Ahumada ed i Pirenei..
E Napoleone, che aveva conquistato la penisola iberica, insediandovi suo fratello Giuseppe, era stato sfibrato dalla resistenza..
Si guardò le mani, era tornato a combattere, per la prima volta le armate del Corso erano state sconfitte dalla resistenza iberica, la appellavano la “guerriglia” e .. Il Corso aveva costretto il re  e suo figlio ad abdicare a Bayonne, contando su una rapida risoluzione, così non era stato.. Nonostante le vittorie era stato costretto a tornare a Parigi, nel gennaio 1809, per gli intrighi dell’Austria e quelli interni della Francia.. Lasciando parte dell’esercito, la resistenza era continuata.. Si combatteva casa per casa o giù di lì, il ricordo della resistenza delle truppe di Madrid, fucilate dai francesi, gli faceva ancora male. E non si mollava..
Respirò a fondo, la mite aria di settembre lo circondava come ai tempi della sua giovinezza tornò a respirare, lunghe e avide sorsate.
Il giorno seguente, russi e francesi si sarebbero scontrati a Borodino, nei dintorni di Mosca, sarebbe stato un combattimento all’ultimo sangue. Si era ripresentato, suo figlio Rostov-Raulov combatteva a fianco dello zar Alessandro I, gli aveva chiesto di ritornare, era sempre un ufficiale di Santa Madre Russia e .. sta bene, aveva detto.
Iniziò a scrivere a sua moglie, i fogli si accumulavano, la sua grafia era sottile e ordinata, ogni tanto si fermava a sorbire un bicchiere di sherry (iberico come lui fino all’ultima stilla) “… 1812. Caro amore mio, ti scrivo alla vigilia della battaglia.. (..) Ti sento vicina (… ) Rievoco la prima volta che ti vidi,  tra le mani reggevi  un mazzo di fragranti giacinti, i fiori del dolore, per la mitologia della antica Gracia, il profumo del miele dei petali e il sale della pelle, appena più forte di quello di una mandorla. No, non sono mai stato un poeta e tu mi hai reso tale (…) Se non dovessi tornare, sappi che ti amo, che ti ho amato sempre e che l’ultima immagine che porterò con me sarà il tuo viso.. Sempre tuo, Felipe
 
 
Mi ritrovai a sfogliare i suoi resoconti su Borodino, tra i tanti, andava per i sessanta anni e ancora non mollava, da perfetto testone qual era.
Mi era pure capitato tra le mani il rublo coniato per il centenario della battaglia di cui sopra. Al diritto, un’aquila coronata, simbolo degli zar,  e la scritta circolare ” ALESSANDRO I PER GRAZIA DI DIO IMPERATORE E AUTOCRATE DI TUTTE LE RUSSIE”. Al rovescio, la frase “1812 ANNO GLORIOSO È PASSATO MA NON SARANNO DIMENTICATI GLI EROISMI COMPIUTI”. Sono sicura che Felipe avrebbe gradito, tranne che nel 1912 era ormai polvere e fumo.

 La battaglia ebbe luogo il 7 settembre 1812 e vide la vittoria formale delle truppe napoleoniche. L’esercito russo si ritirò alle spalle di Mosca. Napoleone entrò in città e la trovò vuota di cose e persone. Dopo poco tempo il condottiero corso, non avendo ottenuto un successo definitivo, con l’esercito debilitato dal freddo, dalla difficoltà dei rifornimenti, dalle perdite, piccole ma continue causate dalla guerriglia russa, che imitava quella spagnola, (coincidenza??), decise di ritornare in Francia.
La grande armata napoleonica contava 600 mila soldati di cui 312 mila francesi. Duecentomila perirono nelle varie battaglie, duecentomila furono fatti prigionieri e almeno la metà di essi morirono. Nel dicembre 1812 solo 25 mila del gruppo centrale dell’esercito (450 mila soldati) riattraversarono il fiume Niemen e dei 47 mila della Guardia rientrarono solo in millecinquecento. Le perdite russe furono pure ingenti, nella sola battaglia di Borodinò morirono 52 mila soldati, contro i 28 mila di parte francese.
La disfatta numerica in Russia fu un araldo della fine di Bonaparte.
Felipe de Moguer, alias Rostov-Raulov era tra gli ufficiali schierati, come il suo primo figlio.
Per celebrare la ricorrenza di cui sopra, la famiglia imperiale giunse a Mosca. Lo zar Nicola II e le sue figlie visitarono i luoghi, guardando quindi i luoghi della battaglia dal Chistoprudny Boulevard, visitando successivamente il Cremlino.
Il figlio dello zar, Alexei Nicolaevich, era apparso smagliante e giocoso, nella sua uniforme su misura, un promettente erede al trono, sicuro e sorridente, nella cerimonia rievocativa sulla spianata. E poi si era inchinato con perfetta modestia, quando veniva posta la prima pietra di una cattedrale sul luogo della battaglia, vennero letti i nomi degli ufficiali.
“Cat, ma c’era anche  il tuo antenato tra gli ufficiali?” mi chiese poi in privato. “Certo” la mia solenne risposta, ridendo. “Racconta” mi ingiunse “Subito” saltandomi in braccio, adorava le storie e la sottoscritta, specie se combinate assieme “Era un portento, lui, un pirata, un guerriero”
Alexei was, also, a sweet boy who loved to draw ships and play with his toy soldiers. He loved to eat bliny (Russian pancakes) and he adored his family and friends. “Come te” anche Alexei era un portento. Felipe aveva combattuto contro la sua nascita oscura, lo zarevic con la sua malattia che lo tormentava da quando aveva solo sei settimane di vita. L’emofilia, il sangue che non coagulava, ogni caduta che poteva essere fatale e tanto non mollava, come mai aveva ceduto Felipe.
Per quanto monitorato a vista, era impossibile prevenire ogni minimo incidente. Sbattere un polso, un gomito contro una sedia, od un mobile causava esiti terrificanti.
 Le  emorragie articolari erano le peggiori, i nervi erano compressi, con dolori atroci e solo la morfina avrebbe attenuato gli spasmi.
Tuttavia i medici, per evitare dipendenze, non la somministravano, così che il suo unico rimedio era svenire per fuggire dal dolore.
Il sangue corrodeva le ossa, i tessuti e le cartilagini, tanto da fare assumere agli arti posizioni contorte, con angoli innaturali, che scemata la crisi,  era poi costretto a letto per settimane e a usare apparecchi ortopedici, appunto, per correggere la situazione.
Tanto, pur sorvegliato a vista, trovava sempre una via di fuga e si feriva spesso, con esiti quasi estremi.
Per paradosso, sfidava la malattia, il suo carattere vivace mal sopportava i limiti imposti dalla sua condizione.

 Nel settembre 1912, dopo le celebrazioni di Borodino, la famiglia imperiale si recò a caccia nelle tenute polacche di Spala, un classico,  dopo che Alessio era rimasto a letto qualche giorno per una botta alla gamba sinistra, mai appurato se il suo malore derivava dall’urto contro una vasca o lo scalmo di una barca, che in verità non lo sapeva nemmeno lui.
Si era ripreso abbastanza in fretta, tuttavia,  e la zarina decise che poteva imparare meglio il francese, che Spala offriva ben pochi diversivi, oltre alla caccia, che il bambino non praticava di certo.
I suoi studi, irregolari a causa della malattia, erano molto indietro, non certo per colpa sua, quando stava male la convalescenza era spesso lunga, ma quando era in salute non stava fermo, si annoiava nel dovere restare seduto e ascoltare le lezioni.
Era troppo intelligente, bisognoso di stimoli e non solo di nozioni, usare un frustino o picchiarlo sulle mani per indisciplina erano strumenti educativi coevi che su lui non sarebbero mai stati applicati, Felipe ne aveva fatto l’esperienza e la sconsigliava, a chiare lettere nei suoi scritti.
Per distrarlo, la zarina decise di portarlo a fare un giro in carrozza, insieme alla imprescindibile Anna Vyribova.
Gli urti e  gli scossoni gli provocarono spasmi di dolore, si lamentava di un malessere allo stomaco e alla gamba sinistra, quando rientrarono era praticamente svenuto per il dolore.
L’emorragia era ripresa, intensa, violentissima.
Ma Alessio resisteva, senza cedere, la sua sopravvivenza lasciava di stucco, come quella di Luigi Giuseppe, primo figlio maschio di Luigi XVI e Maria Antonietta, non mollava la vita, mai.
Gli somministrarono l’estrema unzione. E sopravisse, un guerriero combattente, pur se la ripresa fu lunga, dura e logorante.
But HE was like Felipe, an hero.
Fino a Spala Alessio era un bambino allegro, vivace, era un genio nel combinare guai, pieno di gioia di vivere. Il degno complice di sua sorella Anastasia, per gli scherzi e le buffonate. A meno di otto anni, durante un party per bambini, era saltato da un tavolo all’altro, imitato dai suoi sodali. Quando Nagorny, il marinaio, avevano cercato di calmarlo aveva detto gaio “Tutti i grandi devono uscire” e cercava di mandarli via.
E dopo, a partire dall’ottobre 1912, divenne serio, riflessivo, quella prova l’aveva temprato ..  e segnato, dentro e fuori. Per mesi, quasi un anno, non riuscì a camminare correttamente, dovette usare  un apparecchio ortopedico e sottoporsi a  cicli di massaggi e bagni di fango per  evitare di rimanere zoppo.
 Appunto, camminava ancora male e a fatica, doveva essere sostenuto o si aggrappava ai mobili, alle pareti, ogni mossa era un affanno. Od usare la sedia a rotelle o essere trasfortato dai suoi marinai. Nelle  foto di quei periodi sarebbe stato sempre ripreso seduto o dalla vita in su, per non mostrare le sue debolezze.
Soprattutto, gli pareva incredibile che suo padre, che regnava su un sesto del mondo emerso, considerato un semidio, non fosse in grado, come sua madre, di sollevarlo dal dolore, di far cessare la sofferenza che lo attanagliava, da ultimo alla gamba sinistra.
 
1921, un ruscello sui Pirenei spagnoli.
Una ragazza, una giovane donna, un ragazzo di 17 anni..
Liberavano un aquilone, 
le rose, bianche e selvatiche, 
corolle aperte nell’acqua, danzavano intorno a loro, 
il rimpianto, la cura e il conforto.
Era il 17 luglio, tre anni erano trascorsi.
Il ragazzo serrò le braccia sulle spalle di entrambe.
“In memoria..”
In onore.
LE PROTEGGEVA.
ORA E SEMPRE..
FUENTES
 
   
 
   
 
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