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Autore: RedSouls    16/01/2019    3 recensioni
Ginny viene smistata in Serpeverde. Le sarebbero serviti sette anni per capire il perchè.
Questa è la traduzione della bellissima FF di Annerb "The Changeling". Non sono mai stato un amante delle FF non canon, anzi. Ma questa, vi assicuro, è scritta talmente bene e i pezzi si incastrano così alla perfezione, che ne vale davvero la pena. Preparatevi, perchè sarà un viaggio davvero lungo.
P.S.: questa è la mia prima traduzione e sicuramente non sarà perfetta. Ho cercato di mantenere il più possibile lo stile dell'autrice, ma se in certi passaggi avete suggerimenti per rendere più chiara la traduzione sono apertissimo a ogni consiglio.
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Armistice'
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Note del Traduttore: Questa FF non è di mia proprietà, ne sono solamente il traduttore. Potete leggere l'originale qui


Capitolo 1 - Primo anno

 

“Serpeverde!”

Sembrò, per un momento, come se l’intero mondo fosse finito nel momento in cui la voce del cappello parlante squillò attraverso la Sala Grande. Nemmeno la pesante stoffa calcata attorno alle orecchie di Ginny potè soffocare il suono di quattro esclamazioni atterrite, ognuna a lei familiare abbastanza da essere distinta semplicemente dal movimento dell’aria. 

Ci deve essere un errore, pensò, una volta confusamente e una seconda molto più convinta, come a costringere il cappello a rimangiarsi la parola. 

Il cappello non si degnò di rispondere e la professoressa McGonagall (la sua non direttrice della Casa) glielo sfilò dalla testa con un movimento brusco. Ginny si appollaiò incerta sul bordo dello sgabello, gli occhi glaciali della McGonagall già puntati sul successivo undicenne spaventato. 

“Signorina Weasley”, disse seccamente. “Il tuo tavolo è in fondo.”

Ginny lanciò uno sguardo allo scuro mare verde e argento più lontano, al modo in cui l’intero tavolo sembrava avvolto nelle ombre al margine della sala. No. Assolutamente no. C’era un errore. 

Voltò la testa al tavolo dei Grifondoro, incontrando gli occhi sgranati, lo sguardo pietrificato dei suoi fratelli, e stolidamente aspettò che George urlasse che si trattava soltanto di uno scherzo. E non era incedibile che fosse riuscito a metterne a segno uno tanto contorto? Aveva speso l’intera estate a fare un cappello finto!

George scambiò solo uno sguardo con Fred, i volti identici in tutto, anche nel pallore dello shock. 

“Signorina Weasley,” ripetè la McGonagall, la voce non più dura. C’era un mormorio crescente nella stanza, le persone si giravano e sussurravano l’un l’altro dal momento che Ginny si rifiutava di lasciare il suo posto. 

Muoviti, ordinò alle sue membra paralizzate. Alzati e muoviti.

Si ritrovò in piedi, cercando di sollevare il mento mentre percorreva l’ampia distanza verso il tavolo, ma i volti che l’aspettavano lì erano duri, ostili. Sussurravano dietro le mani mentre lei si avvicinava. 

Si appollaiò all’estremità del tavolo senza lasciar tremare le mani. Non molto. 

Da quel momento non ricordò molto del festino. 

Più tardi, quando si sistemò nel suo dormitorio nelle profondità più nascoste del castello (non una torre, non il confortevole scoppiettio del fuoco, non una signora grassa ad accoglierli), si diede una scossa e ricordò a se stessa che era solo una casa. Se lo ripetè nuovamente quando la ragazza del letto accanto arricciò il naso alle vista della veste di seconda mano di Ginny e agli altri suoi abiti. 

Solo una casa. 

Questo non spiegava perché sentiva la nausea in quelle profondità verdastre. Sbagliate. Come se lo sciabordio dell’acqua del lago nero premesse dall’alto verso il basso su di lei. Tirò le tende chiudendole ermeticamente attorno al proprio letto e cercò di non sentire le voci delle altre ragazze. 

Quella prima notte rimase distesa nel suo letto ad osservare i delicati ricami argentei attorno al suo letto. I mostri e i draghi sembravano fluttuare e muoversi, strisciando verso di lei nell’oscurità. Mantenne sotto controllo la sua immaginazione con decisione, i denti che mordevano l’interno delle labbra. Non aveva mai avuto paura del buio e non avrebbe cominciato ad averne adesso. 

Quando le altre ragazze smisero di parlare, il loro ritmico respiro riempì la stanza, Ginny scostò le coperte e aprì il suo baule ai piedi del letto. In cima a tutto c’era una sciarpa rossa e oro lavorata a maglia da sua madre. Ginny la prese e la ficcò in nei più profondi recessi del baule. Fu laggiù che trovò un libro a lei non familiare. 

Tirandolo fuori, vide che era un sottile diario nero, la copertina fatta di morbida pelle. Pensò che dovesse essere un regalo fatto da sua madre di nascosto come la sciarpa, solo che questo era di gran lunga più appropriato. Ricacciò indietro le lacrime e prese il libro, aprendolo alla prima pagina. 

Ginny Weasley, scrisse con cura. Considerò le parole per un momento prima di prendere di nuovo la piuma. 

Ginny Weasley, scrisse, è una Serpeverde.

Il cuore le batteva forte mentre osservava le parole. Gocce di inchiostro caddero dalla piuma che indugiava incerta sulla pagina. 

No.

Ginny scarabocchiò sopra quelle dannate parole, cancellandole e distruggendole.

Ritira quello che hai detto, ritira quello che hai detto, ritira quello che hai detto, scrisse al di sotto, ancora e ancora. 

Per la prima volta quel giorno, qualcosa sembrò finalmente girare per il verso giusto. L’inchiostro si assorbì nella pagina, lasciando niente se non la calma distesa color crema, come se le parole non fossero mai esistite. 

Sollevò ancora la piuma sulla superficie e pose la domanda che le rimbalzava in testa da tutto il giorno. 

Che cosa ho fatto di sbagliato?

Le parole scomparvero lentamente. 

Per un momento, quasi desiderò che il diario le rispondesse. 

* * *

Si svegliò la mattina dopo con nessuna grande risposta, nessun semplice rimedio. All’ingresso, Fred e George le passarono le braccia attorno le spalle e dissero che non era un grande problema, ma lei aveva vissuto con loro tutta la vita e abbastanza per sapere quando mentivano. 

Quello era un grosso problema. 

Dubitava di aver persino cominciato a comprendere i motivi per i quali lo era, lo sapeva e basta. Anche Percy lo pensava, a giudicare dal modo goffo in cui le diede dei colpetti sul braccio scuotendo la testa solennemente avanti e indietro come ad un canto funebre. 

Ginny non aveva mai realizzato prima di quanto fosse pomposo.

Condivise questo pensiero con il suo diario e si chiese se questa fosse cattiveria. Se questo fosse il motivo per cui era lì. Il cappello aveva visto qualcosa in lei?

Guardò l’inchiostro dissolversi e scomparire, come un fatto mai avvenuto. Immaginò che la facesse sentire un poco più leggera, solo un pochino. 

La prima volta che Errol caracollò nella Sala Grande con la posta da casa, Ginny pensò che il tono  leggero di sua madre fosse forzato. Erano solo parole sulla carta, ma immaginò la confusione di sua madre. Pansy Parkinson, la voce modulata perfettamente in modo tale da arrivare il più lontano possibile lungo il tavolo, dichiarò di non aver mai visto un gufo più decrepito e patetico nella sua intera vita. Aveva forse qualche sorta di malattia? 

Ginny piegò il capo e si forzò a deglutire il toast che grattò secco lungo la gola. 

Durante il giorno aveva le lezioni a riempire il suo tempo. Non c’era nessuno a sedersi vicino a lei se non la silenziosa Smita, la compagna di casa sfortunata abbastanza da rimanere incastrata con Ginny. Non parlavano eccetto quando Smita chiedeva a Ginny di passarle gli occhi di tritone, e Ginny non osava a provare nulla di più. 

Imparò invece a concentrarsi sulla sensazione tra le dita della bacchetta fatta per lei e lei soltanto. Se si sforzava abbastanza, le cose potevano essere piegate al suo volere, funzionare nel modo in cui lei si aspettava che facessero. La magia aveva senso. 

Eccelleva. Mentre Fred e George e Ron erano a proprio agio e ridanciani, circondati da amici e immersi nel lusso di potersela cavare con poco, lei prese voti che sua madre aveva cominciato a perdere la speranza che la sua progenie più giovane potesse raggiungere. Faceva chiedere a Ginny cosa avesse spronato Percy e Bill e Charlie a prendere il massimi dei voti.

La notte riversava la sua frustrazione e confusione nell’unico posto in cui poteva, il suo diario. Scriveva ogni singola parola che pensava ma che non osava dire durante il giorno. Ogni dubbio, ogni sentimento oscuro e qualche volta sembrava che fosse la piuma a muoversi e non lei. 

Un giorno quello rispose e fu la cosa più naturale del mondo. 

Tu non sei sola, Ginny. 

Il suo nome era Tom. Era il suo unico amico. 

Si alzò dal letto il giorno dopo sentendosi svuotata, aleggiando come un fantasma. 

Era più semplice. 

* * *

Nel mezzo del trimestre, Bill le mandò una lettera. ‘Serpeverde eh?’ disse come se fosse un saluto, e lei apprezzò la mancanza di premura. Nessun girarci intorno, dritto al punto. 

‘Sono andato da Madama Piediburro con una ragazza Serpeverde al mio quarto anno. Abbiamo quasi limonato.’

Le sue mani si strinsero, la carta crocchiò tra le sue dita. Non è un grosso problema.

‘Non che tu debba andare in giro a limonare Grifondoro incoscienti. Certamente non prima del tuo quarto anno.’

Ginny soffocò una risata, il sentimento estraneo e dimenticato, e un sorriso stentato tagliò il viso in due, non più abituato. Mamma si lamentava al proposito, ma Bill aveva sempre parlato con lei come un’adulta, qualcuno alla quale non nascondere le cose. 

‘So che tutti ti staranno dicendo che è solo una casa, ma penso che sia più importante che tu ti ricordi che sei una Weasley e che è questo ciò che conta.’

Posò la lettera, piegandola con cura e riponendola tra le pagine del suo diario. 

Il problema era che a parte i capelli rossi, stava cominciando a dubitare di essere una vera Weasley. I Weasley erano stati in Grifondoro per quattro generazioni, dopotutto, e i Preweets per altre tre. Cominciava a chiedersi se sua madre non avesse fatto una sorta di patto con una fata per avere lei, la preziosa unica figlia, e che questo ne fosse il prezzo non previsto. 

Forse era una Changeling.1

Aveva letto di loro nascosta nei recessi della biblioteca a pranzo, incapace di affrontare un tavolo di sconosciuti. Solo che i libri raccontavano di come i bambini changeling dovessero avere una forza sconosciuta e lei non si sentiva così.

Alla fine dei conti, era solo Tom che la capiva. 

Non hai bisogno di nessun altro.

Si aggirava con le dita coperta d’inchiostro, imparando a respirare nei momenti in cui le mancava l’aria, a continuare a camminare quando non voleva fare altro che scomparire. Poteva fuggire a casa, lasciandosi tutto questo ale spalle, ma non era mai fuggita da una sfida fin da quando a  quattro anni s’intrufolò nel baule di Bill per andare a Hogwarts.

Questo era il suo sogno, essere lì. Solo non aveva mai immaginato potesse essere così.

“Ginny?” disse un giorno Smita a pozioni, il tono quasi preoccupato, ma quando Ginny si voltò il volto della ragazza era duro dalla disapprovazione.

Non crede che tu ne valga la pena, ma io si.

Ginny sentì le viscere contorcersi e spinse la ciotola di vermicoli sviscerati verso Smita. 

Finirono la lezione in silenzio. 

* * *

Quando fuori cominciò a fare buio avvertì una strana sorta si sollievo. Alzarsi con il sangue sulle dita e nessuna memoria sembrava incastrarsi bene su un Serpeverde. Non è vero?

Solo che poi le persone cominciarono a farsi male. 

Cosa sta succedendo? scarabocchiava sulle pagine. Cosa mi sta succedendo?

Tom aveva sempre le risposte. Sei più forte di quanto tu creda, Ginny. 

Nel momento in cui cominciò a sospettare qualcosa, a elaborare il tutto nella crescente confusione della sua testa, non c’era nessuno con cui confidarsi. 

Si avvicinò a Ron una volta, il fratello che non voleva nemmeno più incrociare il suo sguardo, ma fu Harry che la notò davvero. 

“Ginny?” chiese, la sua debole attenzione distratta troppo presto da un gruppo di Tassofrasso che attraversò deliberatamente la sala per non passare troppo vicino al supporto Erede di Serpeverde.  Harry si accigliò.

Se solo avessero saputo. 

Non sapeva dire se volesse ridere o ribaltare tutto. 

Allora non disse niente, non volendo vedere il biasimo negli occhi di Harry. Lo sguardo del “lo sapevo”

Serpeverde. 

Scosse la testa e camminò via con il diario che le bruciava contro la coscia. 

* * *

Quando Tom la portò nei più profondi recessi oscuri di Hogwarts, pensò che forse sarebbe semplicemente scomparsa, a giudicare dal modo in cui il suo corpo sembrava confondersi con la roccia. Solo che non era lì per quello, realizzò troppo tardi. Era lì per punire. Era un’esca. 

Lui verrà. 

Ginny aveva i suoi dubbi. 

Giacque, più morta che viva all’apparenza, giacque lì e guardò Tom cercare di riscrivere il passo il presente e il futuro. Non fece assolutamente nulla per impedirglielo. 

Forse se fosse stata una Grifondoro ne sarebbe stata in grado. 

Si sorprese di svegliarsi e di trovare Harry lì. C’era stato un tempo in cui forse avrebbe significato tutto per lei. Era ferito, era quasi morto per lei, anche se la vita ricominciava a scorrere nelle sue carni, non pizzichi e aghi, ma coltelli e travi. Non c’era motivo nel fermare le lacrime, un oceano accumulato lungo tutto l’anno.

“È tutto a posto” disse Harry, dandole dei goffi colpetti sulla spalla, chiaramente più a suo agio con basilischi e maghi oscuri che con una piccola ragazzina senza speranza. “Riddle se n’è andato.”

Questo aggiustava le cose, davvero? Abbassò lo sguardo sul diario rovinato che grondava inchiostro sul grembo di lui. Le sue parole, i suoi segreti, sfocati e offuscati mentre scorrevano sul pavimento. 

Scosse la testa, stringendo forte le ginocchia la petto. Harry non avrebbe mai dovuto scendere laggiù. Non per lei. 

“Ginny” disse lui, preoccupazione e sconcerto appesantivano il suo tono. 

“Sono una Serpeverde” mormorò miserabilmente lei nelle sue ginocchia. Proprio come Tom. Proprio come Pansy e Malfoy e tutti i maghi oscuri mai vissuti. 

Più di tutto avrebbe voluto sentire Harry dire ‘E allora?’, dirle che non importava. Ma lui la guardò e basta, la confusione gli increspava la fronte. Per la prima volta non sembrava un eroe, ma piuttosto un ragazzino impaurito. Non era sicura di cosa farsene di quello. 

Aberrazione, arrivò il sussurro morente di Tom, le sue grinfie ancora conficcate in lei nonostante dovesse essersene andato. Non ti adatti ai suoi ideali del bene contro Serpeverde. E nonostante tutto lui è stato l’unico di cui sospettavano. 

Ginny voleva scuotersi via quella voce, chiuderla fuori dalla testa. C’era una dolorosa rabbia che aleggiava sopra qualcosa che non capiva, cose che era troppo piccola per afferrare. Solo sapeva che per tutto quello che aveva riversato in Tom, lui ne aveva versato altrettanto in lei. 

Non erano il genere di cose che una ragazzina come lei si supponeva dovesse provare. 

Per quanto ci provasse, non riuscì più a vedere Harry Potter nella stessa luce di sempre. Forse lui era ancora un eroe, ma lei non sarebbe mai stata una principessa. (Il cappello aveva ragione? Era questo che realmente era?) La sua stupida cotta non aveva speranza sotto il peso di quella consapevolezza. 

Lasciò che Harry la guidasse fuori e la salvasse e lasciò che spiegasse i suoi errori alla sua  famiglia che aspettava, ma sapeva che si stava lasciando alle spalle qualcosa che non avrebbe mai più avuto indietro. L’innocente piccola Ginny Weasley non lasciò mai la Camera. 

* * *

La più grande ironia era che la sua disgrazia la rese una vera e propria Serpeverde. 

Nella sala comune tutti lottavano per la sua attenzione, strisciavano vicino a lei per chiedere come fosse stato, avere un tale mostro sotto il suo controllo, sapere di avere la possibilità di uccidere e distruggere, ripulire quel posto dai sanguemarcio se solo non fosse stata scoperta a causa della sua stessa trappola. 

Sanguemarcio.

Pensò ad Hermione Granger e la sua chioma crespa, al modo in cui sorrideva a Ginny nei corridoio, gentile ma guardinga. Il modo in cui persino lei, la più brillante, non era completamente sicura di Ginny fuori dalla cerchia dei Grifondoro. 

“Come non ti sei fatta scoprire per così tanto tempo?” volevano sapere i suoi compagni di casa. 

Non sapeva cosa rispondere, come spiegare loro delle vittime e dell’impossibilità di scegliere, del riversare segreti e sentimenti preziosi a qualcuno che non li meritava. Non sapeva come parlare senza rischiare di tradire la propria debolezza. Forse non sapeva molto, ma anche lei capiva già il rischio di mostrarsi deboli. Aveva bisogno di parlare, di trovare la bugia perfetta, ma la gola le si bloccava tradendola. 

Solo che in un qualche modo il silenzio non la condannò. 

Fu così che inaspettatamente imparò il potere del silenzio. Il potere di non agire, quando fin da piccola era sempre stata cresciuta con la convinzione di dover continuare a muoveri, seppur alla cieca.

Quando le chiedevano di raccontare, Ginny serrava le labbra in un linea sottile, guardando in tralice i propri compagni. Lasciò che loro riempissero gli spazi vuoti con qualunque cosa necessitassero. 

Resistette abbastanza per sopravvivere a quegli ultimi caotici giorni prima della fine dell’anno, per tenersi i pezzi insieme prima di lasciarsi scivolare via. Non le piaceva pensarla come a una ritirata, ma fu comunque sollevata dalla semplice distanza da Hogwarts e dai vividi ricordi che l’improvviso viaggio di famiglia le lasciarono. 

* * *

L’aspro sole dell’Egitto le bruciava la pelle, era circondata dalla sua famiglia. Magari sarebbe bastato a far scomparire Tom, come una fotografia lasciato troppo a lungo alla luce diretta del sole. 

Lo sperava. 

Fuori, sulle dune di sabbia, Bill si avvicinò a lei e con una mano le scompigliò i capelli con affetto. A poca distanza da loro i gemelli cercavano di infilare Percy in una tomba. Era tutto così stranamente normale, come se quell’ultimo anno non fosse mai successo, che Ginny trovava un po’ difficile respirare. 

Bill le strinse la spalla. “Il tuo primo anno in Serpeverde e già hai affrontato Tu Sai Chi e scombinato i suoi piani, eh?”

Non era esattamente quello che era successo, ma Ginny non aveva il cuore di correggerlo (o forse la sua bocca aveva imparato troppo bene a mantenere i segreti). Forse non importava comunque. L’unica persona a conoscere tutta la verità su quello che successe laggiù era Harry, e lui era a centinaia di miglia di distanza senza capirci nulla più di lei. 

Bill si chinò più vicino, la bocca sorridente vicino alla sua guancia con aria da cospiratore. “Che dispiacere dev’essere stato per il buon vecchio Salazar?”

Sorrise perché si aspettava che lo facesse. Ma anche perché dimostrava che essere una povera Serpeverde potesse essere una cosa positiva, giusto?

Le strattonò la treccia. “Weasley” disse lui, come un’accusa affettuosa. 

Ginny si appoggiò al fianco di Bill, pensando che forse avrebbe lasciato crederlo a se stessa. 

Solo per un poco.




1- non ho trovato una traduzione in italiano per changeling. Sarebbero bambini lasciati ai genitori dalle fate, in un qualche modo, quindi, non facenti parte della famiglia "naturale". In questo caso Ginny si chiede se il fatto che non sia una Grifondoro sia dovuto proprio al fatto che, in fondo, non è una vera Weasley

  
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