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Autore: ONLYKORINE    25/01/2019    1 recensioni
Storia vincitrice del Contest 'The world in a Book' il prompt era questo:
Jasmine, dopo aver trovato il coraggio di lasciarsi tutto alle spalle, compreso il suo orrendo padre, si ritrova a dover accettare tre ragazzi, di cui una femmina, nello sesso appartamento dove dovrà rimanerci per un bel po'. Lei, una ragazza così solitaria, riuscirà ad aprirsi con qualcuno? Racconterà la sua storia o innalzerà un muro? Proverà a fidarsi o rimarrà nella sua bolla personale? E se non è la sola ad aver passato le pene dell'inferno?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non far saltare il progetto

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La scuola era iniziata già da un mese e le cose non andavano male. Jasmine si sedette a uno dei tavoli con il suo vassoio. Se prima della morte della madre era una persona socievole e sempre in mezzo ai suoi amici, dopo era diventata un tipo solitario che non amava le chiacchiere né le parole inutili. Si mise gli auricolari e iniziò a mangiare. Vide dall’altra parte del locale mensa Gabe, il ragazzo che viveva con lei. Lui alzò la mano per salutarla e lei ricambiò, ma non gli fece cenno di sedersi al suo tavolo, né lui si avvicinò, comunque.

Non c’era molta confidenza fra lei e gli altri ragazzi del progetto. Mangiavano insieme la sera e si parlavano per le questioni riguardanti la casa e i turni di lavoro, ma per il resto, Jasmine non voleva iniziare relazioni impegnative.

 

Da quando sua madre era morta aveva capito che gli amici ti stavano vicino solo finché faceva loro comodo e quando invece eri tu ad aver bisogno, sparivano tutti. Così come era successo a lei. Nessuno si era più fatto vivo, nemmeno Tash, che vantava di essere la sua migliore amica. Nemmeno Lenny, il suo ragazzo. Erano andati a trovarla i primi giorni in ospedale, ma poi, più il tempo passava e più diradate si fecero le loro visite, diventando poi del tutto assenti.

Sospirò guardando il piatto. Non aveva neanche più fame.

 

Sentì delle grida da due tavoli alla sua destra e si girò in quella direzione: Connor stava di nuovo facendo lo sbruffone. Lui e un altro ragazzo erano faccia a faccia, e si stavano parlando. Dalle loro facce, Jasmine capì che non stavano solo discutendo, ma che, se avessero continuato su quella strada, sarebbero finiti alle mani. Connor era il tipo che, se provocato, si buttava a pesce in qualsiasi rissa. Non andava bene. Anche Connor doveva sapere che era meglio non mettersi nei guai, fare a botte a scuola non avrebbe portato niente di buono.

Chissà se il loro progetto sarebbe saltato e lei si sarebbe trovata per strada a causa sua. Jasmine aveva bisogno del progetto. Almeno fino a giugno. Poi, loro avrebbero potuto fare quello che volevano.

Si alzò dal suo posto per andare a controllare cosa stesse succedendo nonostante avessero intorno, lui e l’altro ragazzo, una buona parte dei ragazzi dell’ultimo anno.

Quando arrivò vicino, però, vide che accanto a Connor c’era Lucy che gli tirava un braccio e cercava di portarlo via. Oh. Lucy era arrivata prima di lei. Anche lei doveva aver avuto lo stesso pensiero di Jasmine. Il progetto innanzitutto.

 

Jasmine si fermò e osservò la scena. Lucy, che era più bassa di Connor, lo tirava per un braccio, con quella che Jasmine immaginò fosse tutta la sua forza, ma lui continuava a guardare il ragazzo con uno sguardo di fuoco e a dire parole a bassa voce. Poi Lucy dovette dire qualcosa che lo colpì, perché Connor si voltò verso di lei, la guardò e, tornando a guardare il ragazzo con cui stava discutendo, gli disse ancora qualcosa e si allontanò con la ragazza.

Jasmine si sentì sollevata. Osservò i suoi coinquilini camminare verso la porta che dava sul corridoio. Connor aveva le spalle basse mentre affondava le mani nelle tasche dei Jeans e Lucy gli era vicino e gli continuava a parlare a bassa voce, con una mano sulla sua schiena. Notò che la ragazza portava una maglietta a maniche lunghe nonostante facesse ancora caldo e le venne in mente di non averla mai vista con un indumento diverso. Sempre jeans e maniche lunghe. Mmm. Era una cosa strana. Ma almeno aveva salvato Connor da una possibile sospensione e loro dal fallimento del progetto.

Rimase a guardarli mentre si allontanavano e notò che, prima di svoltare l’angolo del corridoio, Connor si riprese e mise un braccio sulle spalle della ragazza, stringendola verso di sé e alzando l’altro braccio al soffitto, mostrando un pugno. Poi tutti e due risero e Lucy si accoccolò contro il torace dell’amico.

Jasmine si morse il labbro: loro erano amici di sicuro. Anzi, forse anche di più.

 

***

 

“Chiedilo alla principessa.

La voce di Connor trasudava disprezzo e derisione. Jasmine capì che parlava di lei quando incontrò il suo sguardo.

“No, è lo stesso…” Lucy abbassò lo sguardo sul piatto. Jasmine si guardò intorno, cercando di capire cosa stesse succedendo, ma né Gabe né Connor spiegarono il problema. Stavano mangiando tutti insieme, ma, come succedeva spesso, non stavano chiacchierando fra di loro.

“Cosa devi chiedermi, Lucy?” chiese, direttamente alla ragazza.

La bionda alzò le spalle. “Non fa niente. Non ci vado”. Jasmine non capì bene. Ma effettivamente lei e Lucy non parlavano granché.

Guardò Gabe, che le sorrise e tornò a mangiare alzando le spalle.

Connor mise un braccio sulla spalliera della sedia di Lucy e le accarezzò la schiena con due dita. Sembrava un gesto molto… personale. E intimo. “Vacci. Lo faccio io. Andrò dalla Phillips nella pausa”.

Come? Jasmine si fece più attenta. Se c’era di mezzo la Phillips poteva riguardare il progetto. “Dove devi andare, Lucy? Posso aiutarti?” si costrinse a chiedere. Di solito non dava fiducia e confidenze con facilità. Non più, almeno.

Lucy alzò lo sguardo verso di lei. “Ho trovato un corso per imparare a cucire a macchina. Ma la prima lezione è domani. E domani ho il turno al Blue Market…” sospirò e guardò Connor, che, con sorpresa di Jasmine, le sorrise annuendo, continuando ad accarezzarle la schiena. Sembrava che quel gesto le desse più fiducia.

Infatti Lucy la guardò ancora. “Faresti cambio turno con me? Connor ha la seduta obbligatoria con la Phillips e non può sostituirmi, mentre Gabe sarà di turno anche lui…” I suoi occhi divennero vacui come quando Jasmine la immaginava in un film horror.

“Va bene” rispose. Si era immaginata molto di più.

La biondina tirò su la testa di scatto, guardandola ancora. “Come?”

Jasmine scosse le spalle. “Non ho impegni domani. Posso fare il tuo turno”.

“Davvero?” Lucy sembrava scettica. “Lo faresti?”

Jasmine guardò Connor, che sembrava l’unico che capisse la ragazza e l’occhiata che le lanciò non fu più di disprezzo, ma quasi simpatico. Poi tornò a guardare la ragazza. “Sì” disse ancora.

Il sorriso che vide apparire sul viso di Lucy trasformò il suo sguardo. “Grazie!” Sembrava anche carina, quando non aveva gli occhi vacui.

Jasmine annuì senza dire niente e alzò le spalle. Non era niente di che.

 

***

 

Quella sera era il suo turno di lavare i piatti.

Jasmine si avvicinò al lavello sospirando. Si guardò intorno con curiosità. Non dava mai troppa importanza agli altri tre. Fino a quella sera. Vide Connor andare sul balcone per fumare una sigaretta e Lucy seguirlo. Attraverso il vetro li osservò parlare. Erano entrati in confidenza, loro. Molto. Chissà se c’era qualcosa di più intimo. Quando Connor si voltò verso il vetro e la vide osservarli, lei guardò da un’altra parte. Non voleva saperne niente. Meno sapeva meglio stava. L’importante era che non saltasse il progetto.

Si girò verso Gabe. Lo vide trafficare vicino alla porta e andare verso il corridoio. Non si girò verso di lei. Lui era sempre gentile, ma sempre sulle sue, come se loro non fossero alla sua altezza. A volte Jasmine pensava che fosse vero. Lui era calmo, faceva sport, andava bene a scuola… Sembrava uno dei ragazzi della sua vecchia compagnia. Uno di quelli che aveva fatto finta di non conoscerla quando si erano rincontrati dopo che lei si era trasferita. Forse sarebbe stato meglio se avesse mantenuto le distanze anche da lui.

Non le piacevano quei tipi lì.

 

Si tirò su le maniche, si chinò per prendere il sapone per i piatti e aprì l’acqua, iniziando a lavare le stoviglie. Sentì la porta balcone aprirsi e richiudersi, ma non si voltò più, così si spaventò quando Connor apparve al suo fianco. Fu ancora più stupita quando lo vide prendere uno strofinaccio e toglierle dalle mani uno dei piatti appena sciacquati.

Jasmine fece finta di niente, ma quando arrivò ai bicchieri non ce la fece più. “Perché mi stai aiutando?”

Lui alzò una spalla e sorrise al muro. “Così…” Ma poi la sua mano scattò dietro al collo. Jasmine lo aveva visto farlo tante volte, ormai aveva imparato a riconoscere quel gesto.

“Tu sei strano” disse ancora la ragazza.

“Dovresti vederti con i miei occhi, principessa.”

“Perché mi chiami principessa?” Passò sotto l’acqua due forchette.

“Sei diversa da noi, sembri una principessa”. Ma lo disse con un tono strano. A Jasmine non piacque.

“Tu non sai niente di me. Smettila di chiamarmi così.”

Connor finì di asciugare tutto e poi le disse semplicemente: “Va bene, non ti chiamerò più principessa ma, fidati, neanche tu sai niente di noi”. E se ne andò senza dire nient’altro. Lo guardò finché non lo vide sparire per il corridoio.

No, no, quello strano era lui, mica lei.

 

***

Merda! Jasmine non aveva sentito la sveglia, quella mattina. Si era fiondata in bagno e velocemente si era lavata per recarsi al lavoro. Era un sabato mattina e lei aveva il primo turno. Sbuffò saltellando infilandosi una scarpa mentre guardava l’orologio. Venti minuti. Venti minuti per andare al negozio. Non sarebbe riuscita neanche a fare colazione. Dannazione!

Uscì dalla stanza infilandosi la giacca e in cucina sentì delle risate. C’era qualcuno già sveglio? Si incamminò verso la cucina e infilò dentro la testa. Due teste scure si girarono verso di lei.

Gabe era seduto al tavolo a fare colazione e chiacchierava con un ragazzo di colore che non aveva mai visto, appoggiato ai fornelli.

“Ciao, devi essere Jasmine, giusto? Io sono Will”. Il ragazzo si allungò verso di lei e le porse la mano. Lei gliela strinse un po’ confusa. Chi era quel tipo? Un amico di Gabe? Jasmine salutò il nuovo ragazzo un po’ imbarazzata e aprì il frigo in cerca di qualcosa che potesse mangiare per strada. Niente. Niente di suo.

Prese il succo d’arancia e se ne versò velocemente un bicchiere. “Scusate, ma sono in ritardo. Mi ha fatto piacere conoscerti… Will. Ma devo andare al lavoro”.

Appoggiò il bicchiere vuoto nel lavello e si girò verso la porta.

“Aspetta, Jasmine: ti accompagno”. Jasmine si voltò verso Gabe, che si era alzato e aveva preso il piatto dal tavolo.

“Lascia, faccio io” gli disse Will, togliendogli il piatto dalle mani. Gabe lo ringraziò con un cenno del capo.

“Come mi accompagni, scusa?” chiese la ragazza.

Il ragazzo uscì dalla cucina prendendo la sua giacca e infilandosela. “Ho preso una macchina, ieri”. Oh. Una macchina?

“Davvero?” Lui sorrise. Aveva un sorriso carismatico. Ti faceva sentire bene.

“Non dico bugie”. E le mostrò le chiavi. “Andiamo”.

Mentre scendevano le scale, Gabe spiegò a Jasmine la storia dell’auto. Era l’auto di un signore anziano, che Gabe aveva aiutato qualche pomeriggio in alcune cose di ristrutturazione che non riusciva a fare da solo e lui, in cambio gli aveva regalato l’auto. Era contento mentre lo raccontava. E lei che pensava che fosse un pallone gonfiato. Invece aveva aiutato un estraneo. Lo guardò di sottecchi: era anche carino. E quando sorrideva il mondo diventava più luminoso. Chissà come faceva a farlo succedere.

Jasmine era imbarazzata. Iniziava a rendersi conto che sapeva pochissimo delle persone che vivevano con lei. Quando salì in macchina, una macchina usata ma tenuta bene, cercò di essere gentile e trovare qualcosa da dire. Niente. Non le veniva in mente niente.

“È un tuo amico, Will?” chiese, giusto per rompere il ghiaccio.

Lui si voltò verso di lei, con uno sguardo strano. “Dai per scontato che sia amico mio perché è nero come me?”Aalzò un sopracciglio e Jasmine sentì chiaramente le guance prendere fuoco.

“Scusa…” Dannazione! Ma Gabe rise.

“Cavolo, non pensavo fosse così semplice metterti in imbarazzo. Sei sempre… Scusami, l’ho detto apposta.”

Continuò a sorridere mentre faceva attenzione alla strada. Quando si fermò al semaforo rosso, spiegò ancora: “Ho visto Will la prima volta due settimane fa”.

Oh. “Dove?” chiese ingenuamente. Lui rise ancora. Jasmine si sentì un po’ stupida. “A casa nostra. Dove avrei dovuto incontrarlo?”

Lei alzò le spalle. “Quindi chi è?”

“Secondo me è una spia della Phillips.”

COSA? “Davvero?” Ma Gabe rise ancora.

“Scusami, non ho resistito. Prenderti in giro è così facile”. Jasmine sbuffò e guardò fuori dal finestrino. Se non fosse stata in ritardo, sarebbe scesa subito. “Ok. Non so chi sia.  Ma cucina volentieri e le sue uova sono buone. Pensavo fosse l’avventura di una notte di qualcuno di voi” disse, abbassando un po’ la voce.

Come? L’avventura di uno di loro? Che intendeva? Oh, forse intendeva una notte di sesso… Lo guardò e notò che lui la osservava con la coda dell’occhio. Ripartì appena il semaforo si fece verde e riportò l’attenzione per la strada. Jasmine non sapeva cosa dire. Quando arrivarono davanti al Blue Market, lei era ancora imbarazzata, ma in orario. Prima di scendere disse: “Grazie per avermi accompagnato”.

Gabe sorrise e lei sentì l’imbarazzo sciogliersi. “L’ho fatto volentieri. Scusa per prima, quando sono nervoso, tendo a essere un po’ antipatico… Io… Mi ha fatto piacere scoprire che Will non aveva passato la notte in camera tua…” Jasmine spalancò gli occhi quando si rese conto di quello che intendesse dire. Poi sentì le guance andare a fuoco. Doveva scendere subito. Al più presto. Borbottò un: “Ci vediamo”, e scese velocemente.

Dannazione, Gabe… Ci voleva provare con lei? No. No, sicuramente aveva capito male. Sentì ancora le guance calde ed entrò al Blue Market.

“C’è freddo, eh?” disse Mike Dubb, il proprietario del Market.

“Come?” chiese Jasmine confusa.

“Sei tutta rossa, ci deve essere un gran freddo là fuori!” Oh. Jasmine non se n’era neanche accorta, del freddo. Ma annuì e andò nel retro ad appoggiare la giacca e iniziare il lavoro. Aveva bisogno di un caffè. O venti caffè. Sì, meglio venti.

 

***

 

Tornando a casa, Jasmine ripensò a quello che aveva detto Gabe. Diceva che quando era nervoso diventava un po’ antipatico. E se tutte le volte che lei aveva pensato che fosse un pallone gonfiato in verità fosse stato solo nervoso? Poteva essere. Gabe aveva un caldo sorriso ed era spesso gentile. Era stato gentile anche nei confronti di Will.

Sospirò pensando al ragazzo conosciuto quella mattina. Quindi Will era rimasto lì per la notte. Lei non ci aveva mai pensato. Portare qualcuno in quella casa? Assolutamente no. Ma a dir la verità lei non aveva nessuno. Non frequentava nessuno e non era di sicuro il tipo da una notte e via. Si infilò le mani in tasca, imbarazzata dai suoi pensieri. Ma cosa stava pensando?

Più che altro… Se la signora Phillips avesse scoperto che Will rimaneva in casa a dormire (Jasmine sentì chiaramente le guance scaldarsi quando pensò che probabilmente lui non avesse dormito tanto), avrebbe fatto saltare il progetto? Era il caso di parlarne con gli altri. O forse avrebbe fatto meglio a parlarne direttamente con Lucy. Chissà doveva aveva conosciuto Will. Non le sembrava proprio il suo tipo. Oddio. Non che fra di loro ci fosse così tanta confidenza…

E se avesse chiesto direttamente alla signora Phillips se era possibile avere ospiti in casa? Forse, se le avesse fatto credere di aver qualche amico… Ma mica ci avrebbe creduto, la signora Phillips. Lei era sveglia. Pensò ancora a come risolvere la questione, mentre iniziava a salire le scale per raggiungere l’appartamento.

L’importante era non far saltare il progetto.

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