Non
far saltare il progetto
La scuola era iniziata
già da un mese
e le cose non andavano male. Jasmine si sedette a uno dei tavoli con il
suo vassoio.
Se prima della morte della madre era una persona socievole e sempre in
mezzo ai
suoi amici, dopo era diventata un tipo solitario che non amava le
chiacchiere
né le parole inutili. Si mise gli auricolari e
iniziò a mangiare. Vide
dall’altra parte del locale mensa Gabe, il ragazzo che viveva
con lei. Lui alzò
la mano per salutarla e lei ricambiò, ma non gli fece cenno
di sedersi al suo
tavolo, né lui si avvicinò, comunque.
Non c’era molta
confidenza fra lei e
gli altri ragazzi del progetto. Mangiavano insieme la sera e si
parlavano per
le questioni riguardanti la casa e i turni di lavoro, ma per il resto,
Jasmine
non voleva iniziare relazioni impegnative.
Da quando sua madre era morta aveva
capito che gli amici ti stavano vicino solo finché faceva
loro comodo e quando
invece eri tu ad aver bisogno, sparivano tutti. Così come
era successo a lei.
Nessuno si era più fatto vivo, nemmeno Tash, che vantava di
essere la sua
migliore amica. Nemmeno Lenny, il suo ragazzo. Erano andati a trovarla
i primi
giorni in ospedale, ma poi, più il tempo passava e
più diradate si fecero le
loro visite, diventando poi del tutto assenti.
Sospirò guardando il
piatto. Non aveva
neanche più fame.
Sentì delle grida da due
tavoli alla
sua destra e si girò in quella direzione: Connor stava di
nuovo facendo lo
sbruffone. Lui e un altro ragazzo erano faccia a faccia, e si stavano
parlando.
Dalle loro facce, Jasmine capì che non stavano solo
discutendo, ma che, se
avessero continuato su quella strada, sarebbero finiti alle mani.
Connor era il
tipo che, se provocato, si buttava a pesce in qualsiasi rissa. Non
andava bene.
Anche Connor doveva sapere che era meglio non mettersi nei guai, fare a
botte a
scuola non avrebbe portato niente di buono.
Chissà se il loro
progetto sarebbe
saltato e lei si sarebbe trovata per strada a causa sua. Jasmine aveva
bisogno
del progetto. Almeno fino a giugno. Poi, loro avrebbero potuto fare
quello che
volevano.
Si alzò dal suo posto
per andare a controllare
cosa stesse succedendo nonostante avessero intorno, lui e
l’altro ragazzo, una
buona parte dei ragazzi dell’ultimo anno.
Quando arrivò vicino,
però, vide che
accanto a Connor c’era Lucy che gli tirava un braccio e
cercava di portarlo
via. Oh. Lucy era arrivata prima di lei. Anche lei doveva aver avuto lo
stesso
pensiero di Jasmine. Il progetto innanzitutto.
Jasmine si fermò e
osservò la scena.
Lucy, che era più bassa di Connor, lo tirava per un braccio,
con quella che
Jasmine immaginò fosse tutta la sua forza, ma lui continuava
a guardare il
ragazzo con uno sguardo di fuoco e a dire parole a bassa voce. Poi Lucy
dovette
dire qualcosa che lo colpì, perché Connor si
voltò verso di lei, la guardò e,
tornando a guardare il ragazzo con cui stava discutendo, gli disse
ancora
qualcosa e si allontanò con la ragazza.
Jasmine si sentì
sollevata. Osservò i
suoi coinquilini camminare verso la porta che dava sul corridoio.
Connor aveva
le spalle basse mentre affondava le mani nelle tasche dei Jeans e Lucy
gli era
vicino e gli continuava a parlare a bassa voce, con una mano sulla sua
schiena.
Notò che la ragazza portava una maglietta a maniche lunghe
nonostante facesse
ancora caldo e le venne in mente di non averla mai vista con un
indumento
diverso. Sempre jeans e maniche lunghe. Mmm. Era una cosa strana. Ma
almeno
aveva salvato Connor da una possibile sospensione e loro dal fallimento
del
progetto.
Rimase a guardarli mentre si
allontanavano e notò che, prima di svoltare
l’angolo del corridoio, Connor si
riprese e mise un braccio sulle spalle della ragazza, stringendola
verso di sé
e alzando l’altro braccio al soffitto, mostrando un pugno.
Poi tutti e due
risero e Lucy si accoccolò contro il torace
dell’amico.
Jasmine si morse il labbro: loro
erano
amici di sicuro. Anzi, forse anche di più.
***
“Chiedilo alla principessa.”
La voce di Connor trasudava
disprezzo
e derisione. Jasmine capì che parlava di lei quando
incontrò il suo sguardo.
“No, è lo
stesso…” Lucy abbassò lo sguardo
sul piatto. Jasmine si guardò intorno, cercando di capire
cosa stesse
succedendo, ma né Gabe né Connor spiegarono il
problema. Stavano mangiando
tutti insieme, ma, come succedeva spesso, non stavano chiacchierando
fra di
loro.
“Cosa devi chiedermi,
Lucy?” chiese,
direttamente alla ragazza.
La bionda alzò le
spalle. “Non fa
niente. Non ci vado”. Jasmine non capì bene. Ma
effettivamente lei e Lucy non
parlavano granché.
Guardò Gabe, che le
sorrise e tornò a
mangiare alzando le spalle.
Connor mise un braccio sulla
spalliera
della sedia di Lucy e le accarezzò la schiena con due dita.
Sembrava un gesto
molto… personale. E intimo. “Vacci. Lo faccio io.
Andrò dalla Phillips nella
pausa”.
Come? Jasmine si fece
più attenta. Se
c’era di mezzo la Phillips poteva riguardare il progetto.
“Dove devi andare,
Lucy? Posso aiutarti?” si costrinse a chiedere. Di solito non
dava fiducia e
confidenze con facilità. Non più, almeno.
Lucy alzò lo sguardo
verso di lei. “Ho
trovato un corso per imparare a cucire a macchina. Ma la prima lezione
è
domani. E domani ho il turno al Blue Market…”
sospirò e guardò Connor, che, con
sorpresa di Jasmine, le sorrise annuendo, continuando ad accarezzarle
la
schiena. Sembrava che quel gesto le desse più fiducia.
Infatti Lucy la guardò
ancora.
“Faresti cambio turno con me? Connor ha la seduta
obbligatoria con la Phillips
e non può sostituirmi, mentre Gabe sarà di turno
anche lui…” I suoi occhi
divennero vacui come quando Jasmine la immaginava in un film horror.
“Va bene”
rispose. Si era immaginata
molto di più.
La biondina tirò su la
testa di
scatto, guardandola ancora. “Come?”
Jasmine scosse le spalle.
“Non ho
impegni domani. Posso fare il tuo turno”.
“Davvero?” Lucy
sembrava scettica. “Lo
faresti?”
Jasmine guardò Connor,
che sembrava
l’unico che capisse la ragazza e l’occhiata che le
lanciò non fu più di disprezzo,
ma quasi simpatico. Poi tornò a guardare la ragazza.
“Sì” disse ancora.
Il sorriso che vide apparire sul
viso di
Lucy trasformò il suo sguardo. “Grazie!”
Sembrava anche carina, quando non
aveva gli occhi vacui.
Jasmine annuì senza dire
niente e alzò
le spalle. Non era niente di che.
***
Quella sera era il suo turno di
lavare
i piatti.
Jasmine si avvicinò al
lavello
sospirando. Si guardò intorno con curiosità. Non
dava mai troppa importanza
agli altri tre. Fino a quella sera. Vide Connor andare sul balcone per
fumare
una sigaretta e Lucy seguirlo. Attraverso il vetro li
osservò parlare. Erano
entrati in confidenza, loro. Molto. Chissà se
c’era qualcosa di più intimo.
Quando Connor si voltò verso il vetro e la vide osservarli,
lei guardò da
un’altra parte. Non voleva saperne niente. Meno sapeva meglio
stava. L’importante
era che non saltasse il progetto.
Si girò verso Gabe. Lo
vide trafficare
vicino alla porta e andare verso il corridoio. Non si girò
verso di lei. Lui
era sempre gentile, ma sempre sulle sue, come se loro non fossero alla
sua
altezza. A volte Jasmine pensava che fosse vero. Lui era calmo, faceva
sport,
andava bene a scuola… Sembrava uno dei ragazzi della sua
vecchia compagnia. Uno
di quelli che aveva fatto finta di non conoscerla quando si erano
rincontrati
dopo che lei si era trasferita. Forse sarebbe stato meglio se avesse
mantenuto
le distanze anche da lui.
Non le piacevano quei tipi
lì.
Si tirò su le maniche,
si chinò per
prendere il sapone per i piatti e aprì l’acqua,
iniziando a lavare le stoviglie.
Sentì la porta balcone aprirsi e richiudersi, ma non si
voltò più, così si
spaventò quando Connor apparve al suo fianco. Fu ancora
più stupita quando lo
vide prendere uno strofinaccio e toglierle dalle mani uno dei piatti
appena
sciacquati.
Jasmine fece finta di niente, ma
quando arrivò ai bicchieri non ce la fece più.
“Perché mi stai aiutando?”
Lui alzò una spalla e
sorrise al muro.
“Così…” Ma poi la sua mano
scattò dietro al collo. Jasmine lo aveva visto farlo
tante volte, ormai aveva imparato a riconoscere quel gesto.
“Tu sei strano”
disse ancora la
ragazza.
“Dovresti vederti con i
miei occhi,
principessa.”
“Perché mi
chiami principessa?” Passò
sotto l’acqua due forchette.
“Sei diversa da noi,
sembri una
principessa”. Ma lo disse con un tono strano. A Jasmine non
piacque.
“Tu non sai niente di me.
Smettila di
chiamarmi così.”
Connor finì di asciugare
tutto e poi
le disse semplicemente: “Va bene, non ti chiamerò
più principessa ma, fidati,
neanche tu sai niente di noi”. E se ne andò senza
dire nient’altro. Lo guardò
finché non lo vide sparire per il corridoio.
No, no, quello strano era lui, mica
lei.
***
Merda! Jasmine non aveva sentito la
sveglia, quella mattina. Si era fiondata in bagno e velocemente si era
lavata
per recarsi al lavoro. Era un sabato mattina e lei aveva il primo
turno. Sbuffò
saltellando infilandosi una scarpa mentre guardava
l’orologio. Venti minuti. Venti
minuti per andare al negozio. Non sarebbe riuscita neanche a fare
colazione.
Dannazione!
Uscì dalla stanza
infilandosi la
giacca e in cucina sentì delle risate. C’era
qualcuno già sveglio? Si incamminò
verso la cucina e infilò dentro la testa. Due teste scure si
girarono verso di
lei.
Gabe era seduto al tavolo a fare
colazione e chiacchierava con un ragazzo di colore che non aveva mai
visto,
appoggiato ai fornelli.
“Ciao, devi essere
Jasmine, giusto? Io
sono Will”. Il ragazzo si allungò verso di lei e
le porse la mano. Lei gliela
strinse un po’ confusa. Chi era quel tipo? Un amico di Gabe?
Jasmine salutò il
nuovo ragazzo un po’ imbarazzata e aprì il frigo
in cerca di qualcosa che
potesse mangiare per strada. Niente. Niente di suo.
Prese il succo d’arancia
e se ne versò
velocemente un bicchiere. “Scusate, ma sono in ritardo. Mi ha
fatto piacere
conoscerti… Will. Ma devo andare al lavoro”.
Appoggiò il bicchiere
vuoto nel
lavello e si girò verso la porta.
“Aspetta, Jasmine: ti
accompagno”.
Jasmine si voltò verso Gabe, che si era alzato e aveva preso
il piatto dal
tavolo.
“Lascia, faccio
io” gli disse Will,
togliendogli il piatto dalle mani. Gabe lo ringraziò con un
cenno del capo.
“Come mi accompagni,
scusa?” chiese la
ragazza.
Il ragazzo uscì dalla
cucina prendendo
la sua giacca e infilandosela. “Ho preso una macchina,
ieri”. Oh. Una macchina?
“Davvero?” Lui
sorrise. Aveva un
sorriso carismatico. Ti faceva sentire bene.
“Non dico
bugie”. E le mostrò le
chiavi. “Andiamo”.
Mentre scendevano le scale, Gabe
spiegò a Jasmine la storia dell’auto. Era
l’auto di un signore anziano, che
Gabe aveva aiutato qualche pomeriggio in alcune cose di
ristrutturazione che
non riusciva a fare da solo e lui, in cambio gli aveva regalato
l’auto. Era
contento mentre lo raccontava. E lei che pensava che fosse un pallone
gonfiato.
Invece aveva aiutato un estraneo. Lo guardò di sottecchi:
era anche carino. E
quando sorrideva il mondo diventava più luminoso.
Chissà come faceva a farlo
succedere.
Jasmine era imbarazzata. Iniziava a
rendersi conto che sapeva pochissimo delle persone che vivevano con
lei. Quando
salì in macchina, una macchina usata ma tenuta bene,
cercò di essere gentile e
trovare qualcosa da dire. Niente. Non le veniva in mente niente.
“È un tuo
amico, Will?” chiese, giusto
per rompere il ghiaccio.
Lui si voltò verso di
lei, con uno
sguardo strano. “Dai per scontato che sia amico mio
perché è nero come me?”Aalzò
un sopracciglio e Jasmine sentì chiaramente le guance
prendere fuoco.
“Scusa…”
Dannazione! Ma Gabe rise.
“Cavolo, non pensavo
fosse così
semplice metterti in imbarazzo. Sei sempre… Scusami,
l’ho detto apposta.”
Continuò a sorridere
mentre faceva
attenzione alla strada. Quando si fermò al semaforo rosso,
spiegò ancora: “Ho
visto Will la prima volta due settimane fa”.
Oh. “Dove?”
chiese ingenuamente. Lui
rise ancora. Jasmine si sentì un po’ stupida.
“A casa nostra. Dove avrei dovuto
incontrarlo?”
Lei alzò le spalle.
“Quindi chi è?”
“Secondo me è
una spia della Phillips.”
COSA?
“Davvero?” Ma Gabe rise ancora.
“Scusami, non ho
resistito. Prenderti
in giro è così facile”. Jasmine
sbuffò e guardò fuori dal finestrino. Se non
fosse stata in ritardo, sarebbe scesa subito. “Ok. Non so chi
sia. Ma cucina
volentieri e le sue uova sono buone.
Pensavo fosse l’avventura di una notte di qualcuno di
voi” disse, abbassando un
po’ la voce.
Come? L’avventura di uno
di loro? Che
intendeva? Oh, forse intendeva una notte di sesso… Lo
guardò e notò che lui la
osservava con la coda dell’occhio. Ripartì appena
il semaforo si fece verde e
riportò l’attenzione per la strada. Jasmine non
sapeva cosa dire. Quando
arrivarono davanti al Blue Market, lei era ancora imbarazzata, ma in
orario.
Prima di scendere disse: “Grazie per avermi
accompagnato”.
Gabe sorrise e lei sentì
l’imbarazzo
sciogliersi. “L’ho fatto volentieri. Scusa per
prima, quando sono nervoso,
tendo a essere un po’ antipatico… Io…
Mi ha fatto piacere scoprire che Will non
aveva passato la notte in camera tua…” Jasmine
spalancò gli occhi quando si
rese conto di quello che intendesse dire. Poi sentì le
guance andare a fuoco.
Doveva scendere subito. Al più presto. Borbottò
un: “Ci vediamo”, e scese
velocemente.
Dannazione, Gabe… Ci
voleva provare
con lei? No. No, sicuramente aveva capito male. Sentì ancora
le guance calde ed
entrò al Blue Market.
“C’è
freddo, eh?” disse Mike Dubb, il
proprietario del Market.
“Come?” chiese
Jasmine confusa.
“Sei tutta rossa, ci deve
essere un
gran freddo là fuori!” Oh. Jasmine non se
n’era neanche accorta, del freddo. Ma
annuì e andò nel retro ad appoggiare la giacca e
iniziare il lavoro. Aveva
bisogno di un caffè. O venti caffè.
Sì, meglio venti.
***
Tornando a casa, Jasmine
ripensò a
quello che aveva detto Gabe. Diceva che quando era nervoso diventava un
po’
antipatico. E se tutte le volte che lei aveva pensato che fosse un
pallone
gonfiato in verità fosse stato solo nervoso? Poteva essere.
Gabe aveva un caldo
sorriso ed era spesso gentile. Era stato gentile anche nei confronti di
Will.
Sospirò pensando al
ragazzo conosciuto
quella mattina. Quindi Will era rimasto lì per la notte. Lei
non ci aveva mai
pensato. Portare qualcuno in quella casa? Assolutamente no. Ma a dir la
verità
lei non aveva nessuno. Non frequentava nessuno e non era di sicuro il
tipo da
una notte e via. Si infilò le mani in tasca, imbarazzata dai
suoi pensieri. Ma
cosa stava pensando?
Più che
altro… Se la signora Phillips
avesse scoperto che Will rimaneva in casa a dormire (Jasmine
sentì chiaramente
le guance scaldarsi quando pensò che probabilmente lui non
avesse dormito
tanto), avrebbe fatto saltare il progetto? Era il caso di parlarne con
gli
altri. O forse avrebbe fatto meglio a parlarne direttamente con Lucy.
Chissà
doveva aveva conosciuto Will. Non le sembrava proprio il suo tipo.
Oddio. Non
che fra di loro ci fosse così tanta confidenza…
E se avesse chiesto direttamente
alla
signora Phillips se era possibile avere ospiti in casa? Forse, se le
avesse
fatto credere di aver qualche amico… Ma mica ci avrebbe
creduto, la signora
Phillips. Lei era sveglia. Pensò ancora a come risolvere la
questione, mentre
iniziava a salire le scale per raggiungere l’appartamento.
L’importante era non far saltare il progetto.
-
-
-