Capitolo 45: Riflessioni, depressioni e
barlumi di luce
“M |
otoria
da Centrale… Motoria da Centrale” il gracchiare proveniente dal comunicatore
riscosse improvvisamente il pilota dell’organismo “insomma, signor Kirby: le
dispiacerebbe aumentare un po’ la velocità?!”
Il
responsabile della attività muscolari diede una veloce occhiata al manometro
della pressione sanguigna, per poi rispondere mestamente: “Mi spiace, signore,
ma più di così è impossibile: ha le gambe di piombo ed è già un miracolo tenerlo
su!”
“Ma
è possibile che quest’individuo tiri fuori tutta la grinta soltanto durante le
operazioni?!” sbottò il Coordinatore, esasperato.
“Se
ne stupisce?” commentò amaro il responsabile neurologico “dopotutto è ancora un
ragazzino!”
“Ora
non più, Marlowe” ribatté A1, con veemenza “come vi ho già detto, d’ora in avanti
dovrà comportarsi da adulto. Troppo
comodo esserlo solo a letto!”
“Il
guaio, con le Genetiche, è che diventano funzionali troppo presto.” commentò,
sospirando, il capo della Sensitiva.
“Questo
è fuor di dubbio, signor Chandler” ne convenne Harper “soprattutto rispetto
alle Cerebrali…!”
“Mi
sta forse dando dell’inetto, signore?!” domandò aspramente l’interessato, punto
sul vivo.
“Non
la prenda sul personale, Watson” gli rispose il superiore, con un cenno di
diniego “qua dentro ci siamo dimostrati tutti
degli incapaci, se non dei veri incoscienti!”
“Io…
io non sarei d’accordo, signore” saltò su Marlowe, inaspettatamente “penso
piuttosto che il povero signorino Alan sia rimasto vittima di circostanze molto
più grandi di lui, che non è stato capace di affrontare!”
“In
tal caso non doveva mettersi a fare il detective” sentenziò deciso il
Coordinatore “la sua maledetta passione per quel mestiere da adulti ci ha
obbligato a concentrarci su determinati problemi, trascurandone erroneamente
diversi altri, niente affatto marginali. Come gestire le relazioni
interpersonali, per esempio…!”
Marlowe
scosse tristemente il capo: “Purtroppo, sotto quest’aspetto, gli organismi
maschili saranno sempre in netto svantaggio rispetto a quelli femminili, signore,
le cui Cerebrali maturano prima… per non parlare delle Neurologiche.”
“E
allora, lei e Watson, sbrigatevi a colmare il gap” ribatté perentoriamente A1 “perché
fra nove mesi, al più tardi, il nostro assistito si ritroverà nientemeno che un
bel pupo fra le braccia!”
“O
magari anche due…!” intervenne il capo-sezione nominato, con tono sarcastico.
Il
superiore si volse verso di lui, fissandolo con sguardo truce: “Che fa, signor
Watson, il portajella? O crede forse di essere spiritoso?!”
“Né
la prima, né la seconda, signor Harper” rispose questi, con pacatezza “volevo
solo far presente che anche l’atto riparatorio
preteso dalla sua illustre collega Lana Orion potrebbe non essere scevro di conseguenze…
non so se mi spiego!”
Il
Coordinatore impallidì, per poi precipitarsi sul comunicatore: “Genetica da
Centrale… Spade da Harper, risponda!!”
“Comandi,
signore…!”
“Esigo
di sapere all’istante se il rapporto C con la signorina Haneoka è avvenuto
prendendo le opportune precauzioni. Mi ha compreso?”
Dopo
alcuni secondi di tensione, la risposta del capo-sezione giunse marcatamente
tremula: “So… sono desolato, signore. Ma in quel momento il nostro organismo
non disponeva di mezzi anti-concezionali!”
“Lo
so benissimo, idiota” gridò A1, esasperato “le sto chiedendo se ne avete applicati
di naturali!”
Altro
breve quanto intenso silenzio. Poi la voce di Spade tornò, sempre più simile ad
un guaito: “Signore… noi ci abbiamo provato… ma lo staff della signora Speedy non
ce lo ha permesso!”
“Lo
scaricabarile non le salverà il culo, brutto disgraziato!!” rimpallò il capo,
fremente d’indignazione.
“Scaricabarile
un accidenti” gridò allora il responsabile genetico, in un sussulto di dignità
“noi e la Motoria eravamo pronti a uscire per tempo, ma le grinfie di quella
mantide ci hanno immorsato il bacino. Chieda conferma al signor Kirby, se non
ci crede!”
“Come
mantide?!” sussultò Marlowe “Sammy,
non ti sembra di esagerare?”
“Col
cavolo, che esagero. Fatti rammentare dal capo la teoria degli agnellini e delle tigri…!”[1]
“La
finisca, Spade” gridò Harper, già in preda all’ira “la verità è che vi siete
comportati da pivelli. E per la seconda
volta!!”
“Ma
signore, se le dico che non potevamo in alcun modo ritirare il raccordo di
giunzione! Che cavolo potevamo fare?”
“Scongiurare
l’emissione, maledetti incompetenti che siete!”
“Con
un tale accumulo di segnali eccitatori
di quel livello?” obiettò il
malaugurato direttore della Ripro “ma signore, con tutto il rispetto, lei
farnetica: nemmeno stritolando il PCG[2] ci
saremmo potuti riuscire!”
Lew
“A1” Harper si sentì mancare il pavimento cellulare sotto i piedi. Era proprio
vero che i guai venivano sempre a coppie, come le ciliegie!
“Almeno…
se è così… questa volta verrà al mondo dalla donna giusta!”
Il
Coordinatore si voltò verso il capo della Neuro, osservandolo con aria apatica.
Non aveva nemmeno più la forza di arrabbiarsi per quella frase decisamente fuori
luogo: era troppo impegnato a contenere lo sgomento nel pensare a cos’avrebbe
detto l’ispettore Heiji…
Senza
replicare, lasciò quindi la centrale operativa per andare a chiudersi nel suo
ufficio, dove sedette alla scrivania. Rimasto qualche momento a tenersi il capo
fra le mani, alzò infine lo sguardo sull’immagine di una bellissima donna
bruna, appesa alla parete.[3]
“Signora
Kaori… purtroppo mi sono dimostrato un completo incapace! Sono un fallito e non
merito il suo perdono… ma la supplico: vegli su suo figlio. Lei lo sa che non
voleva far del male a nessuna… perciò
la scongiuro: mi aiuti a tirarlo fuori, da questo ginepraio!”
***
Con
la mani nelle tasche, sforzando faticosamente una gamba dopo l’altra, il
“ragazzo speciale” di Seika si stava trascinando verso casa. Le sue facoltà funzionavano
in modo appena sufficiente per non scontrarsi coi passanti o impattare contro
un palo della luce, ma per il resto la sua mente rimaneva quasi del tutto
avvolta nella nebbia.
Alan
non poteva - o meglio non voleva -
pensare più a nulla. Aveva ormai quasi il terrore di farlo, poiché qualsivoglia
ragionamento avesse applicato in tutti quei terribili sette giorni (da quando
cioè il suo Consiglio Organico aveva malauguratamente deciso di verificare la
dannatissima Ipotesi Zero) lo aveva
invischiato sempre di più in una rovinosa ragnatela che lo stava trascinando in
un pozzo senza fondo.
Quel
che più lo annichiliva era la profonda assurdità di quanto gli era capitato. Era
mai possibile che un giovanotto come lui, serio, riflessivo, posato ed educato
si fosse potuto infilare in un guaio del genere? No, non era possibile!
Cos’avrebbe
detto la sua povera mamma, se fosse stata ancora in questo mondo? E cos’avrebbe
detto, soprattutto quel brav’uomo di suo padre, specialmente dopo tutte quelle
raccomandazioni, purtroppo fatalmente tardive?
Che
fare, adesso? Mettere tutto a posto celebrando un matrimonio senza amore? Oh,
certo: Sayaka lo avrebbe colmato di affetto e di attenzioni, ma lui come
avrebbe potuto vivere sereno dopo aver pugnalato in quel modo la propria anima
gemella? Come avrebbe potuto guardarla più in faccia? E come avrebbe potuto
guardare in faccia la stessa Rina, dopo averla così fermamente respinta,
proprio per restare fedele alla sua dolce ex avversaria?
Almeno,
della procace biondina, se n’era infine innamorato, un po’… ma piantare in asso
addirittura la fanciulla della sua vita per farsi incastrare da una ragazza che
trovava semplicemente simpatica e carina, era veramente troppo!
Brividi
gelidi cominciarono a corrergli lungo la schiena, al pensiero che, se Rina si
fosse trovata al posto di Lisa nel momento in cui le aveva fatto quella tragica
confessione… altro che pugno nello stomaco: lo avrebbe letteralmente massacrato!
*Così
proverei meno rimorso, almeno* meditò
cupamente, andando anche più in là *o magari avrebbe anche potuto uccidermi… o forse
no, ma di sicuro ci avrebbe pensato suo fratello[4]… e
allora sì che avrei risolto tutti i miei problemi!*
Per
fortuna il raziocinio di Alan ebbe ben presto di nuovo il sopravvento e il
ragazzo scacciò quei macabri pensieri con un gesto deciso della mano: *Come
minimo, comunque, una bella scarica di ceffoni dal vecchio non me la leva
nessuno…!*
“Ehi,
Alan… vuoi un passaggio?”
Sussultando
come colpito da un fulmine, il ragazzo si paralizzò sul marciapiede, per poi girarsi
lentamente, lottando con la tensione che gli induriva le membra.
“Pa…
papà…!! Che… che ci fai, qui?”
“Lavoro,
non vedi?” rispose l’ispettore, indicandogli col pollice il furgone che seguiva
la sua macchina di servizio “Stiamo scortando un carico di valore al municipio.
Siccome casa nostra è sulla strada, possiamo accompagnarti. Dai, sali.”
Il
figlio obbedì impulsivamente, anche per non insospettire il genitore, montando
quindi sul sedile di dietro.
“Tutto
bene a scuola?” non mancò di chiedergli il padre, da perenne abitudinario.
“Alla
grande, nonno!” commentò Watson, con acido sarcasmo.
“Eh?
Che…? Ah, sì… bene…!”
Mezzo
girato verso di lui, Heiji lo squadrò espressivamente: “Speriamo, con
l’entusiasmo che hai! Che ti succede, hai litigato con la tua ragazza?”
“No…
senti, cosa state trasportando di così prezioso?”
“Come?
Ah… si tratta di alcuni dipinti della collezione Katamura, che sono stati
donati alla pinacoteca municipale. Quell’affarista lo aveva confermato al
ricevimento di sabato sera: me ne aveva parlato un collega che ha organizzato
il servizio di guardia.”
“Katamura…”
rimuginò il giovane, ben lieto di pensare ad altro “…ma non è il proprietario
del quadro
“Proprio
lui” confermò il padre “anzi, il sindaco mi ha fatto sapere che ti scriverà una
lettera d’encomio per aver sventato il furto dell’altro giorno. Sono fiero di
te, ragazzo mio!”
*Ancora
per poco, papà…!* pensò tristemente lo sciagurato. Poi aggiunse, sempre d’impulso
“Posso venire con voi?”
“Ma
sei instancabile, figliolo” ribatté l’ispettore, compiaciuto “non è meglio se
ti riposi, prima di metterti a studiare?”
“Per
domani non ho nessun test. Che ti costa?”
“E
va bene, se ci tieni tanto… dirigi al municipio, allora, Tanaka!”
“Bene,
signore!” rispose l’agente alla guida, cambiando direzione.
***
“Fate
piano… ecco, bene… il numero 10 da questa parte.” l’assessore alla cultura del Comune
di Seika supervisionava scrupolosamente il trasporto e la collocazione dei
quadri lungo le pareti della pinacoteca. Alan e suo padre stavano osservando le
operazioni accanto al Primo Cittadino, che sorrideva con aria soddisfatta: “Queste
opere sono davvero magnifiche. I visitatori non mancheranno!”
“Potete
starne certo, vostro onore” affermò l’assessore al bilancio, anche lui presente
“e il ricavato rimpinguerà le nostre casse, permettendoci di finanziare quei
progetti che abbiamo annunciato nell’ultimo consiglio comunale.”
“Non
è questa la sede per discuterne, assessore!” lo rimproverò il sindaco,
sbirciando nervosamente i due detectives. Il più giovane fece infatti una
smorfia, pensando che lo zio di Rina era davvero una gran vecchia volpe!
“Ah,
ecco finalmente il nostro pezzo forte!” esclamò ancora Morinaka, mentre due
operai stavano recando l’ultimo pezzo della largizione di Katamura. Sulla tela
era raffigurato il mitico leone dalla testa di donna, mentre poneva ad Edipo i
tre famosi indovinelli. La vista del dipinto fece rivivere al povero Alan le
immagini della famosa sera in cui aveva smascherato ufficialmente la sua antagonista
e che avrebbe potuto diventare il preludio della sua nuova e felice esistenza a
fianco di Lisa Haneoka. E invece…
“Può
essere veramente orgoglioso di suo figlio, ispettore” Alan si riscosse nell’udire
la voce del sindaco “se non avesse sventato il furto di Seya, ora non potremmo
ammirare questa pregevole opera!”
Heiji
Asuka sorrise compiaciuto, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo: “Buon
sangue non mente, vostro onore. Stia sicuro che, prima o poi, il mio ragazzo
riuscirà a portare a termine l’incarico affidatogli.”
“Ah,
non ne ho il minino dubbio” convenne Morinaka, mentre l’interessato stringeva i
denti, sentendosi avvampare dalla vergogna “sono anzi certo che nel futuro diventerà
un ottimo detective professionista.”
“E
così, questa è proprio La Sfinge?”
s’informò il padre di Alan.
“Per
l’appunto” rispose l’assessore alla cultura, che aveva raggiunto il gruppetto
subito dopo che avevano finito di appenderlo “la critica lo considera una delle
migliori raffigurazioni dell’omonima figura mitologica. L’ha creato un pittore
di grande talento, rimasto purtroppo vittima di un dissesto finanziario. Per
sua fortuna, il commendator Katamura l’ha salvato dall’indigenza,
acquistandogli il quadro.”
“Non
c’è che dire: è un vero mecenate, quell’uomo!” ribadì il capo del Comune.
Sorridendo
sotto i baffetti alla Erroll Flynn, l’ispettore diede di gomito al figliolo: quando
quest’ultimo aveva ricevuto il biglietto di Seya - erano trascorsi solo pochi
giorni, ma a lui sembrava un’eternità - aveva chiesto al padre di verificare se
l’obiettivo della ladra fosse stato acquisito lecitamente dal suo possessore.
Heiji aveva così scoperto che l’autore del quadro aveva dovuto contrarre dei
debiti con alcuni strozzini, uno dei quali sembrava essere stato in rapporti
d’affari proprio con lo stesso Katamura! All’uopo, lo staff dell’ispettore
stava ancora indagando.
“Mi
perdoni, eccellenza, ma le ricordo che fra dieci minuti abbiamo appuntamento
con l’assessore ai Lavori Pubblici!” disse al sindaco il suo segretario
personale.
“Ah,
sì: è vero” si rivolse agli Asuka “signori, vi ringrazio per l’ottimo servizio
e vi prego di scusarmi, ma il dovere mi chiama. Fra due giorni apriremo la
pinacoteca al pubblico: se volete ammirare la collezione in tutta tranquillità,
approfittatene pure ora.”
“Grazie,
vostro onore, arrivederci!”
Mentre
il sindaco e suoi collaboratori se ne andavano, l’ispettore tornò a battere
affettuosamente la spalla del suo rampollo: “Beh, Alan, io devo tornare in
ufficio. Vuoi che ti accompagni a casa o preferisci tuffarti nella cultura?”
Il
ragazzo sussultò a quel contatto e, dopo aver riflettuto un istante: “Pensavo
di dare un’occhiata, papà… non preoccuparti, rincaserò da solo.”
“Bene,
ci vediamo a cena.” disse allora Heiji, congedandosi.
*E
farai meglio a godertela, finché puoi…!* si disse l’incauto, mentre l’osservava
allontanarsi. Dopodichè, come spinto da un vago presentimento, s’avvicinò a
quel malaugurato dipinto, imprevista fonte di tanti guai. I suoi attenti occhi,
diretti dalla centrale di Chandler, scorsero lentamente tutta la tela… lo
stesso detective non sapeva nemmeno cosa stesse cercando. Forse era soltanto un
modo per distrarre il cervello dal problema principale: Parker aveva avvertito A1
che bisognava prendersi una pausa, onde evitare che i neuroni entrassero in
zona pericolo. Dopotutto, la sua intraprendente spasimante ci aveva messo assai
poco per dirgli di essere in dolce attesa e certe analisi farmaceutiche
potevano anche non essere del tutto attendibili. Alla famiglia Shinomya sarebbe
occorso un po’ di tempo per un sicuro responso medico e questo avrebbe dato
modo al Consiglio asukiano di riflettere con più calma su quel che davvero
convenisse fare.
Nel
frattempo, quel quadro… era curioso, ma più lo guardava con attenzione e più si
persuadeva che avesse qualcosa di diverso da quando lo avevano sostituito con lo
specchio di Leche, la sera del mancato colpo di Saint Tail!
“Hai
pensato di darti alla pittura?” gli chiese una voce allegra “O vuoi forse
diventare un critico d’arte?”
Riprendendosi
dall’ennesima scossa, Alan si voltò per trovarsi di fronte a Rina Takamya,
venuta, come spesso faceva, a trovare lo zio sul lavoro. E, per una volta
tanto, quel grazioso visetto sorridente fu per la squadra di Marlowe un vero
toccasana. Se non altro, negli ultimi tempi aveva perso molta della primitiva
spavalderia.
“Forse
dovrei” rispose lui, tenendo le mani in tasca e rigirandosi verso la tela
“magari risulterei meno disastroso che non come detective!”
La
biondina gli si appoggiò affettuosamente: “Dai… lo sai che non è vero. E se
anche non ti occuperai più del tuo caso preferito,
avrai tante altre occasioni per dimostrare le tue capacità.”
“Tu
credi?”
“Assolutamente
sì. Anzi, sai cosa ti dico? Che senza intrighi sentimentali di mezzo, farai
addirittura scintille!”
“Oh,
di questo sono sicuro” convenne lui, sorridendo amaramente “qualunque sarà il
mio futuro lavoro, non potrà certo venire turbato dalla mia vita sentimentale…”
Rina
corrugò le sopracciglia: “Beh, non è proprio questo che intendevo!”
“…perché
quella è finita” terminò lui, con accento cupo, incrociando le braccia
“definitivamente…!!”
L’arguta
ragazzina rimase interdetta un secondo, per poi scrutare accuratamente il volto
di Alan: quel suo sguardo buio che continuava a vagare sul dipinto non le
diceva niente di buono!
“Che
cos’è successo…?” gli chiese, con voce alterata. Poi, urtata dal suo silenzio,
gli afferrò il mento con la mano, obbligandolo a guardarla in faccia
“Rispondimi, per favore!”
Lui
lo fece, ma con voce quasi atona: “Non ho niente da dire, Rina. Lasciami
perdere!”
Siccome
però l’Emotiva di Marlowe continuava a mandare segnali disperati attraverso quelle
bellissime iridi verde-scuro, il messaggio vocale trasmesso da Chandler non suonava
troppo persuasivo. Ebbe piuttosto l’effetto di ferire la Neuro di Rina, che
ordinò quasi subito alla sua Motoria di mollare uno schiaffo a quello
sbarbatello turba-fanciulle!
“Sei
uno sciocco!! È vero che ti ho lasciato a Lisa, quando ho capito che l’amavi più
di me… ma credi forse che io abbia
smesso di volerti bene? Lo sai che ti leggo come un libro stampato: tu stai
malissimo e sono preoccupata per te…!” gli gridò, esasperata, mentre lui si massaggiava
filosoficamente la guancia.
L’ultima
frase della ragazza fece però scattare qualcosa nella mente di Alan; come una
sorta di processo alchemico che Marlowe e Chandler non riuscirono a fermare: “E
allora smetti di esserlo” sbottò, staccandosi bruscamente da lei “tu, Lisa,
Sayaka… e magari qualche altra, per buona misura… smettetela di pensare a me!! Perchè,
più lo fate e più m’incasino… io non ce la faccio più! Quindi ve lo chiedo per
favore, Rina: lasciatemi in pace…!!”
“Alan,
ma che cosa ti prende…?!” lo interruppe sbigottita la sua ex pretendente, mentre
lui si allontanava.
“Mi
ha sentito, si o no?!” gridò ancora lui, dopo essersi bloccato per rigirarsi
verso la ragazza “Ho detto di levarvi dalle vostre testoline questo maledetto
disgraziato!! Hai capito?? LASCIATEMI
ANDARE IN MALORA DA SOLO!!!”
Detto
ciò, le voltò definitivamente le spalle per avviarsi a grandi passi verso
l’uscita, incurante dello sguardo stupito di alcuni impiegati, richiamati dalle
sue urla.
Ma
Rina non se ne dette per inteso: anche dentro di lei scattò qualcosa e,
raggiuntolo con ampie falcate, lo afferrò alla spalla con una mano e alla
cintola con quell’altra…
“Cosa
fai…? Mollami!” protestò lui.
“Alan…
adesso ti calmi, ti accompagno a casa e mi racconti tutto!”
“Nemmeno
per idea… lasciami andare, ti ho detto!!”
“No!”
“Rina…
bada che, se non mi molli subito, potrei anche non rispondere delle mie
azioni!”
“Nemmeno
io!” fu la sua fredda e secca risposta.
Il
giovanotto tentò di divincolarsi, ma la ragazza, forte della sua perizia di
judoka,[5] lo
placcò subito a terra.
“Lasciami,
stupida, lasciami…!!!” gridò lui, con voce ormai isterica, tentando di
rivoltarsi.
“Non
ci penso neanche” rispose Rina, con tono ugualmente alterato dall’emozione “non
ti permetterò di farti del male Alan: né per Lisa, né per me…!”
Lui
tentò ancora di divincolarsi, ma quando si rese conto che non avrebbe mai potuto
aver ragione della sua forza erculea - maledetto il giorno che aveva rifiutato,
forse per non ingelosire Lisa, di frequentare insieme quel corso d’arti
marziali - cominciò a battere i pugni sul pavimento di marmo, piangendo
disperatamente.
“Presto,
chiamate un dottore” gridò la ragazza verso i presenti “è in preda a una
crisi!!”
Per
fortuna, proprio di fronte al Municipio c’era l’Ambulatorio medico, il cui responsabile
poté accorrere prontamente. Nel frattempo i funzionari comunali faticavano a
tenere fermo il povero Alan, le cui grida straziavano il cuore alla sua amica,
che cercava di calmarlo accarezzandogli il viso e ripetendogli: “Stai buono,
Alan… non è niente! Si sistemerà tutto… non fare così, tesoro! Ti prego…!!!”
Finalmente
arrivò il dottore e gli iniettò subito una massiccia dose di tranquillante; al
che il poveraccio si accasciò, inanime, fra le braccia della sua amica.
“Sarà
meglio portarlo in clinica per un controllo” disse il medico, afferrando il
cellulare “chiamo l’ambulanza.”
“Posso
accompagnarlo, dottore?” chiese la giovanetta, con le lacrime agli occhi.
“Ma
certo, signorina. Qualcuno, però, deve avvertire la famiglia.”
“Telefonerò
io quando arriviamo, non si preoccupi.”
“D’accordo!”
***
“Tesoro…
esci, ti prego… adesso calmati: è un’ora che sei chiusa lì dentro…!!” ripeté
per l’ennesima volta la signora Shinomya, bussando alla porta della camera di
sua figlia, continuando però ad ottenere soltanto ripetuti e soffocati singhiozzi.
“Sono
desolata, signora” diceva intanto la cameriera, in tono sommesso “avrei dovuto
controllare meglio la data sulla confezione!”
La
madre di Sayaka sospirò “Purtroppo sono cose che capitano… anche se mi
piacerebbe proprio far causa a quella dannata farmacia! Sayaka, ti scongiuro:
non farmi stare in ansia così…!”
“Vuole
che vada a prendere il passepartout, signora?”
“Sì,
forse è meglio: non vorrei che facesse qualche sciocchezza!”
La
domestica corse via, tornando ben presto col necessario e la padrona s’affrettò ad aprire
la porta per poi appressarsi al letto della figliola, dove quest’ultima,
coricata a pancia in giù, stava inzuppando il cuscino con le sue lacrime. Sua
madre iniziò ad accarezzarle dolcemente i morbidi capelli, avendo ben compreso
cos’era successo!
Al
suo rientro da scuola, quando il maggiordomo l’aveva fatta scendere dall’auto,
la ragazza non aveva fatto pochi passi che il buon James aveva esclamato: “Buon
Dio, signorina… ma si è ferita?!”
Per
Sayaka, la vista di quella macchia sul sedile posteriore della vettura era
stata una mazzata dieci volte superiore di quella provocatole tempo prima
dall’imbarazzo del suo menarca! Controllatasi la gonna sul didietro, l’aveva
vista in uno stato pietoso... del resto, sapendosi in stato interessante, aveva
tranquillamente omesso d’indossare l’assorbente!
Il
tremendo shock rivelatorio, aggiunto alla vergogna d’esser vista in quello
stato dal maggiordomo, era stato troppo per la poverina, che si era precipitata
in camera sua, piangendo disperatamente, sotto gli occhi spalancati della
cameriera e della madre. Quest’ultima, vedendo la sottana della figlia
macchiata di sangue, aveva rivolto uno sguardo significativo alla domestica,
che si era precipitata a recuperare la confezione del test di gravidanza
acquistato il giorno prima… e le due donne avevano dovuto constatare che quello
stupido d’un farmacista aveva venduto ad Elizabeth un prodotto già scaduto!
“Coraggio,
piccola” sussurrava adesso la signora alla sua figlioletta sconfortata “calmati,
ora. Ci sono io, qui: non avere paura!”
Dopo
qualche altro singulto, la povera ragazza si tirò su per poter affondare la sua
testolina nel petto della madre: “Ohh… mammaaa…!!! Aiutami, ti pregooo…!!!”
“Sss…
buona, buona” cercò di calmarla lei, cullandola “è tutto passato… stai tranquilla,
adesso!”
“Io…
io… sono disperata, mamma” singhiozzò, istericamente “ho… ho appena… ho appena
detto ad Alan che… che aspettavo un bambino da luiii…!!!”
“Lo
so, tesoro” le rispose la madre, stringendola forte “lo so…!”
“E…
e… e adesso lui… lui… crederà che… che io… che gliel’ho detto per… per
ricattarlooo…!!!”
Alla
signora si spezzò quasi il cuore. Stravedeva per quell’unica figlia che aveva
ed era consapevole di averla viziata un po’ troppo! Forse aveva persistito nel
suo sbaglio per non avere visto il carattere della bambina guastarsi di
conseguenza.[6] Tuttavia, aver manovrato
in quel modo per sviluppare il suo rapporto col figlio dell’ispettore, soltanto
perché Sayaka s’era presa una cotta per lui, senza nemmeno verificare se il
giovanotto la ricambiasse almeno un poco, non era stato esattamente un
comportamento da genitrice responsabile!
“No,
no… non pensarlo nemmeno” le rispose, accarezzandole ancora i capelli e cercando
di sciogliere il groppo alla gola “in fondo è un ragazzo sensibile. Se gli parlerai
con sincerità, non mancherà di crederti.”
“Davvero,
mamma…?” chiese la figlia, con ancora gli occhi gonfi di lacrime.
“Ne
sono sicura… e se gli aprirai il tuo cuore, prima o poi ricambierà i tuoi
sentimenti, vedrai!”
Ma
l’erede della Principessa Rosa scosse tristemente la testolina: “No, mamma… vedi,
l’ho già fatto e… non c’è nulla da fare: ama un’altra!”
“Ne
sei proprio certa?” chiese la signora, scrutandola bene in viso.
Lei
tenne gli occhi bassi e annuì: “Me lo ha detto lui stesso!”
“E…
quell’altra lo ricambia?”
Da
sconsolato che era, lo sguardo di Sayaka si fece improvvisamente cupo: “Non lo
so” rispose, dopo aver riflettuto un momento “quel che so è che ha usato un
metodo assai vile, per conquistarlo!”
“Beh,
tesoro…” disse allora la signora, mettendole le mani sulle spalle “…non voglio
certo crearti delle illusioni, ma… se le cose stanno come dici, non è affatto
impossibile che lui possa cambiare idea!”
La
figlia ebbe un lampo negli occhi: “Lo credi, mamma?”
“In
ogni caso, l’amore è una battaglia, figlia mia” ribatté sua madre, sospirando
“e se pensi davvero che Alan Asuka sia l’uomo della tua vita, dovrai combattere
per conquistarlo. E ora vai a farti un bel bagno, su… che ne hai proprio
bisogno!” concluse, dandole un leggero buffetto.
“Va
bene!”
La
ragazza si alzò e stava per uscire dalla camera, quando la madre le disse: “Sai?
Pare che, in gioventù, l’ispettore Asuka si fosse infatuato nientemeno che
della famosa ladra Lucifer…!”
“Che
cosa??!” saltò su Sayaka, al colmo dello sbalordimento.
“Eh,
sì! Io lo venni a sapere perché, proprio in quel periodo, una mia compagna di
studi gli stava facendo la corte… eravamo molto amiche e mi aveva confidato
tutto!” spiegò la donna, con la voce velata dalla malinconia.
“E…
com’è finita?”
Un
sorriso di puro compiacimento spuntò sul viso della donna: “È finita bene,
perché, dietro mio suggerimento, Kaori affrontò di petto il suo ragazzo e gli
rimise la testa a partito… per la fortuna di tutte e due! È inutile” la signora
scosse la testa, sospirando pazientemente “i maschietti rimarranno sempre degli
eterni bambini, ricordatelo. E tocca a noi femminucce rimetterli sulla retta
via!”
Sayaka
rimase qualche momento ad assimilare quanto aveva udito, per poi sorridere
maliziosamente: “Ti ringrazio, mammina!”
“Non
c’è di che, bambina mia!”
[1] Vedi il “mitico” capitolo 12!
[2] Abbreviazione di Pubococcigeo (muscolo). Serve per… beh, imparatelo per conto vostro!
[3] In tutti gli uffici dei Coordinatori Organici è di
norma presente un ritratto dell’organismo assemblatore. Essendo elaborato attraverso
il cromosoma dell’ovulo, è sempre
quello originale, anche nei casi in cui
[4] Kai Hivatari, nella versione di Lord Martiya (cfr. Le fiamme del destino).
[5] Ebbene sì: Rina Takamya - nella mia fanfic, almeno - è cintura marrone di karaté. Che c’è da stupirsi?
[6] Non tutte le “cocche di mamma” diventano delle Iriza Legan, per fortuna!