Nota dell’autore: “jumanji”, secondo l’autore del romanzo Chris Van Allsburg, significa “molti effetti” in Zulu, ma non ho trovato questa traduzione. In compenso, è la pronuncia giapponese di un significato più adatto.
- 26 Dicembre 1994 -
Nadine pose la scatola sul letto del fratello quattordicenne e lo colpì sulla spalla per svegliarlo.
“Lève-toi, Philippe! J’ai remédié un cadeau pour toi. Je l’ai trouvé dans la plage.”
Il ragazzo castano fece leva con le braccia per guardare lo strano oggetto.
“C’est un jeu de société. Laisse-moi dormir!” replicò lui accasciandosi.
Nadine aprì la scatola e prese una delle statuine dal contenitore in legno in un angolo: un elefante grigio. La bambina raccolse un dado dallo stesso contenitore, ma il secondo le scivolò e lei poggiò la pedina sul tabellone per prenderlo con entrambe le mani.
L’elefante in miniatura scattò su uno dei posti di partenza agli angoli del tabellone, inducendo Philippe ad alzarsi di nuovo.
Nadine esitò un istante, poi disse: “Il suffit de lancer les dés. Je t’en suppli!”
“Oh! Ça va.”
Il ragazzo prese i dadi in mano e li lanciò sul tabellone. Un quattro e un uno.
Poi si stropicciò gli occhi, mentre la sorellina vedeva formarsi una frase verde al centro del tabellone: «Dans la jungle tu dois attendre jusqu'à ce que une catastrophe vous allez craindre»
Philippe spostò lo sguardo corrucciato dalla sorella alle parole appena composte. Infine alle sue mani. E gridò.
Nadine arretrò di scatto vedendo che le braccia di suo fratello evaporavano e che quella sostanza simile a fango liquido vorticava sopra il tabellone, avvicinandosi sempre di più alle parole verdi che ormai sfumavano quanto il ragazzo. Cercò di afferrare la spirale aeriforme, ma non riuscì a impedire che il suo regalo di Natale venisse ricevuto.
- Sedici anni dopo -
Ritornerò a leggere la stessa riga per la quarta volta senza capire cosa c'è scritto. No, non sarò dislessico: avrò scritto cinque libri in quel momento. Sarà solo che le mie emozioni non si saranno mai abbinate bene alla mia logica. Sarà come se mi mancasse un tassello da tutta la vita, qualcosa che vorrò recuperare, ma non saprò di cosa si tratterà.
Guarderò il tabellone dell’aeroporto: l’orario d’arrivo, le 5:15, sarà passato da cinque minuti. Chiuderò il libro e comincerò ad andare avanti e indietro per la sala d’attesa, finché non sentirò un ruggito dal cielo. A quel punto l’attesa sarà finita.
Aspetterò che l’atterraggio sia compiuto, poi resterò immobile davanti alla vetrata per veder scendere i passeggeri di ritorno a Brantford. E finalmente la vedrò.
I capelli biondi saranno liberi sotto il cappello bianco da sole mentre scenderà la scala con la valigia di lusso in mano. Il suo vestito turchese emanerà la sua dolcezza coprendo a tratti i suoi tacchi fucsia a ogni passo.
Mia sorella è la nona meraviglia del mondo moderno. Ovviamente l’ottava è la zoologia.
La guarderò arrivare all’edificio dell’aeroporto con la sua camminata decisa e rilassata al tempo stesso. Infine, me la vedrò arrivare davanti tra una vasta folla su cui spiccherà intensamente.
Mi vedrà. Verrà davanti a me per salutarmi. E butterà da una parte la valigia.
“Pete.” sussurrerà al mio orecchio mentre le sue braccia premono sul retro della mia camicia beige.
“Non sai quanto mi sei mancata, sorellina.” confesserò premendole la guancia sulla sua. “Bentornata.”
“Sono fortunata a tornare a casa e ritrovare un fratello che me la ricordi com’è sempre stata, nonostante tutti i cambiamenti.” mi dirà, prima di ritrarsi e guardarmi negli occhi, commossa.
“Nella tua vita potranno anche entrare e uscire centomila persone, ma ti prometto che io rimarrò sempre. La tua stanza ti aspetta.”
Dopo aver raccolto l’appariscente valigia, accompagnerò Judy alla mia Honda CR-Z biposto e, richiuso il bagagliaio, mi metterò alla guida.
“Allora, com’è andata l’asta di stamattina?” le chiederò.
“Abbiamo venduto quasi tutto. Un oggetto l’ho comprato anch’io per portartelo. Non è un Monet, ma spero ti piaccia.” mi risponderà con gli occhi contratti per la preoccupazione. Finta.
“Una volta a me dicevi sempre la verità anche in questi momenti. Possibile che tre anni a Parigi mi abbiano declassato a un estraneo?” scherzerò.
“Che non si possa nemmeno fare buona impressione con il proprio geniale fratellino! Ma l’avrebbero buttato comunque, tanto valeva portarlo con me. L’ho valutato io e non avevo mai visto un oggetto così ben conservato. Ti assicuro che l’impressione che ho avuto è indescrivibile!”
Mangerò una fetta di pandoro (integrale) accanto al fuoco, mentre Judy sfoglierà il mio ultimo libro seduta accanto a me sul divano in iuta indiana e cuscini di ramiè.
“Oh, Pete! È straordinario! In ogni tuo libro non ti limiti solo a descrivere le peculiarità e il comportamento delle specie che studi, ma anche le tecniche adottate da ogni esemplare in situazioni nuove indotte...”
“L’hai già letto, vero?” la interromperò prima di staccare un altro morso.
“Sì, ma pensavo che ti avrebbe fatto piacere sapere cosa ho pensato quando li ho letti.”
La osserverò con le labbra assottigliate.
“D’accordo, lo so che non ti piacciono queste recite, ma potresti stare al gioco per una volta?”
Le prenderò la mano.
“Judy… Non puoi abituarti alla finzione continua ogni volta che succede qualcosa. Lo so che ne hai passate molte, ma ora sono qui con te.”
La sua testa delicata si scuoterà rapidamente e impercettibilmente prima che le palpebre si chiudano e si posino sul mio petto.
“Finirò per restare una stima...trice d’arte se...senza amore!”
Le accarezzerò i capelli dorati poggiando con leggerezza attenta il mento sul suo capo.
“Almeno tu provi. Io non avrò mai il coraggio di sposarmi, e anche se fosse non riuscirei mai a portare avanti un divorzio come il tuo.”
Lei alzerà la testa con una smorfia che vuole sembrare un sorriso.
“Cosa? Tu ti stai prendendo la responsabilità di seguire mamma. Non puoi far passare la tua maturità per vigliaccheria. Adesso sono io che non ci casco.”
Sarà lei a mentirsi di nuovo: ciascuno di noi due vorrà ammirare l’altro perché sarà la persona più cara con cui confidarsi, trovare soluzioni e fare progetti.
“Nicéphore ti è servito per capire cosa evitare in un uomo. Osserva l’anaconda e saprai come sfuggirle.”
“Se non ti ha avvelenato prima. Io non l’ho studiato da lontano.”
Le sorriderò esitante: “Gli anaconda non secernono veleno.”
Si rimetterà a sedere dritta.
“Hai detto che i Parrish passano domani a trovarci. A che ora arrivano?”
“Hanno detto verso pranzo. Di solito intendono le 11. Bene, allora posso avere il prezioso souvenir della raffinata arte francese?”
Si asciugherà una riga nel fard vicino al naso: “Certo.”
Aprirà la sua valigia sul tavolo e ne estrarrà un involucro giallo. Mi sembrerà un parallelepipedo a base quadrata. Escluderò subito che si tratti di un libro.