Eren osservò il bambino, pensieroso.
Solo poche ore prima quel neonato era un forte e vigoroso uomo di quarant'anni... forse un po' basso di statura, ma si meritava tutta la fama di "soldato più forte di Paradis".
Adesso, invece, si trovava di fronte a un bambino piccolo, debole e con la febbre alta a causa di un'infezione in atto.
Cosa era stato a ridurlo così? Probabilmente qualcosa nella saliva del Gigante Bestia, che gli era entrata nel sangue quando era stato morso.
Era strano. Perché c'era stata quella trasformazione? Era reversibile? E il Capitano era cosciente della sua situazione attuale?
Le domande erano tante, troppe; e le risposte poche, forse neanche una, al momento.
Gli tolse la pezza dalla fronte e la bagnò con dell'acqua fredda da una bacinella posata sul comodino, per poi rimetterla al suo posto, tirandogli parzialmente indietro i capelli.
Delle immagini gli apparvero nella mente, come dei flash: Dina Jeagger con Zeke bambino, e poi Carla, con il figlioletto piccolo. Erano ricordi di suo padre, tornati a galla, probabilmente stimolati dalla visione di Levi.
Il piccolo mosse la manina, afferrando un dito della mano di Eren, poggiata ancora accanto alla sua testa, e lo strinse, facendo un leggero lamento. Il giovane non si mosse, sistemandosi di nuovo accanto a lui, mentre la porta si apriva e gli altri entrarono, fermandosi ad un passo di distanza da loro.
"Ha ancora la febbre alta." li informò, rimboccandogli le coperte.
"Ma siamo qui da ore..." obiettò Connie "E il dottore lo ha visitato! Non dovrebbe essersi già abbassata la temperatura?"
"Ci vorrà un po'. I bambini sono delicati, bisogna fare attenzione." spiegò Eren, serio "Piuttosto... perché siete tutti qui? Hanji non vi aveva chiesto di organizzarvi in turni?"
"Non ci siamo messi d'accordo." borbottò Jean, avvicinandosi al letto e osservando Levi, che si lamentava nel sonno "Dannata bestia! Se mi capita tra le mani..."
"È mio fratello, sarò io ad ucciderlo quando sarà il momento." lo interruppe il giovane Jeagger, controllando di nuovo l'ammalato "Ora... mi servono dei vestiti puliti per lui, sta sudando e deve essere cambiato. E poi bisogna dargli qualcosa da mangiare."
"Al mangiare ci penso io!" si offrì Sasha, entusiasta "Cosa devo prendere? Carne salata? Pesce? Facciamo delle frittelle?"
"Sasha, è un bambino! Bisogna dargli il latte!" la rimproverò Mikasa, tirandole una leggera sberla dietro la testa.
"Mio padre consigliava il latte di capra quando una donna non poteva allattare." continuò Eren "Vedete se riuscite a trovarlo. Nel frattempo cercherò nei suoi ricordi altre cose che possano esserci utili per la situazione."
"Accompagno Sasha al magazzino e alla dispensa dell'esercito a Shigashina." suggerì Connie "Allora abbiamo bisogno di vestiti per neonati e latte."
"Anche i pannolini." aggiunse Jean "Non vorrai mica lasciarlo sporco? Se lo facessimo ci ucciderà non appena torna normale!"
I due annuirono e corsero fuori, e nella stanza calò il silenzio.
Mikasa prese la sedia e si sedette accanto al letto. Al rumore, Levi si svegliò di scatto, prendendo a piangere forte.
"Dannazione! Urla più di te!" si lamentò il biondo, coprendosi le orecchie con le mani e rivolgendosi al commilitone "Che gli è preso ora?"
Tale reazione aveva colto tutti di sorpresa. Mikasa guardò l'amico, il quale agì d'impulso, prendendo il bambino in braccio e cullandolo per farlo calmare.
Finalmente le urla cessarono, e il piccolo si aggrappò alla camicia del giovane, lamentandosi debolmente e poggiando la testa sulla sua spalla, calmato dal leggero dondolio.
"Ma che diavolo è successo?" si lamentò Jean, passandosi le mani tra i capelli, nervoso.
"Forse... credo che ora sia solo un bambino malato." spiegò la ragazza "Non so neanche se possa ricordare qualcosa."
"Può darsi che questa trasformazione comporti un certo livello di amnesia, come per la trasformazione in Gigante." suggerì Eren, continuando a cullare quello che era stato un suo mentore e il suo diretto superiore.
Di nuovo si fece silenzio.
Loro erano soldati, erano addestrati a combattere, non ad accudire neonati.
Erano certi, quella sarebbe stata la missione più dura di tutte quelle a cui avevano partecipato negli ultimi quattro anni.