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Autore: BellaLuna    26/03/2019    2 recensioni
Raccolta di storie incentrate sulla coppia Bulma/Vegeta ambientate in diversi Universi Alternativi.
#1: CardCaptorSakura!AU: "La verità era che Bulma avrebbe volentieri ceduto il suo ruolo di cattura carte a Vegeta, e grazie tante!"
#2: Avatar, theLastAirBender!AU: Vegeta, principe dei dominatori del fuoco, scopre che esiste qualcosa di più forte dell'odio per cui valga la pena combattere.
#3: LOST!AU: "Forse, semplicemente, il destino di Vegeta era sempre stato quello di salvarla dalla catastrofe, come il suo quello di salvare lui da se stesso."
#4: Victoria!AU: "Bulma sapeva già come sarebbe andata a finire. Vegeta l'avrebbe guardata e non avrebbe visto nient'altro che una corona. Non avrebbe mai visto una donna, non avrebbe mai visto lei."
#5: TheVampireDiaries!AU
#6: LaBellaAddormentataNelBosco!AU
#7: FullMetalAlchemistBrotherwood!AU
#8: DragonTrainer!AU
#9: GossipGirl!AU
#10: TeenWolf!AU
#11: SKAM!AU
#12: YourName!AU
#13: Mulan!AU
#14: L'IncantesimoDelLago!AU
#15: StrangerThings!AU
[Il Capitolo Uno, il Capitolo Quattro e il Capitolo Quattordici di questa Raccolta partecipano alla "Seasons Die One After Another Challenge Edition!" di Laila_Dahl sul forum di Efp.]
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO QUINDICI: StrangerThings!AU




Ci sono notti in cui Bulma sogna ancora di essere inghiottita da un albero, e di finire in un luogo dove tutti i mostri strisciano nell’ombra pronti a farti a pezzi.
Sogna ancora di sparire in un’oscurità dove nessuno potrà più trovarla, sogna ancora che il suo corpo si dissolva da qualche parte nel sottosopra senza più essere ritrovato, come il povero corpo di Laura, lacerato e sperduto chissà dove.
Sogna ancora di urlare a squarciagola il nome di Vegeta, solo che nei suoi sogni lui non la sente, lui non le risponde, e la lascia sola a vagare nel buio, per sempre.
Certe volte Bulma si sveglia, nell’atmosfera calda e confortevole della sua stanza tutta rosa, e pensa com’era essere un adolescente normale.
Pensa com’era la sua vita prima che i mostri rapissero i bambini per mangiarseli di notte.
Pensa a quanto tempo fa, di preciso, aveva ricominciato ad avere paura del buio.
C’è una pistola carica nascosta nel suo armadio, e non importa quante volte sua sorella maggiore abbia cercato di confortarla (“Lo abbiamo chiuso, B., non c’è più nessun passaggio adesso, è finita.”) perché se chiude gli occhi Bulma può ancora sentire il Demogorgone strisciare nell’ombra, il suo rantolo che accende mille luci di Natale a casa di Vegeta.
Se chiude gli occhi, Bulma può ancora vedere l’espressione delusa, abbattuta, che Laura le ha rivolto l’ultima volta che l’ha vista; può ancora immaginare l’urlo che doveva aver lanciato quando era stata trascinata in basso, sempre più in basso, e il Demogorgone le aveva strappato via la vita a morsi.
Può ancora immaginare tante cose orribili che prima erano solo confinate nei libri e nei film dell’orrore e che adesso invece invadono la sua realtà, la macchiano come un’onta di sangue che non si sarebbe mai più tolta dalle sue mani.
Secondo Junior – il cervellone del loro gruppo improvvisato di cacciatori di mostri – la loro era la sindrome dei sopravvissuti.
"Ti senti così," le aveva spiegato un giorno, senza neanche riuscire a guardarla, "quando sai che mentre tu stai ancora qui, vivo e respiri e mangi e cammini e lasci che il tempo ti scorra di nuovo addosso, ci sono persone che hai lasciato alle spalle, persone che non hai potuto salvare e che peseranno sulla tua coscienza per sempre."
Junior non aveva aggiunto altro, all'epoca, e Bulma si era ritrovata ferita e arrabbiata a pensare che conoscere la causa del suo malessere, poco l’aiutava a sentirsi meglio, poco l’avrebbe aiutata a sopravvivere.
Yamcha le dorme accanto certe sere, le sussurra all’orecchio di dormire, di non pensarci, è solo un incubo, B, dimenticalo, ma dimenticare è tutto ciò che Bulma non vuole, è tutto ciò che Bulma non può fare.
C’è ancora la foto di Laura appesa a scuola, le parole d’inchiostro rosso che urlano scomparsa, e fanno male più di tutti i coltelli conficcati nel palmo della mano che era stata costretta a usare per attirare l’attenzione di un mostro dentro una trappola per orsi.
A volte fa così male che non le permette di respirare, che non le permette di vivere.
Quelle sono le notti in cui si alza in punta di piedi per uscire dalla sua stanza, afferra la cornetta del telefono che sta in soggiorno e compone il numero di casa di Vegeta.
Ma non ha mai il coraggio di chiamarlo, non ha mai il coraggio di comporre l’ultimo numero e aspettare nel buio che lui le risponda.
Forse perché Tarble erano riusciti a salvarlo, e Vegeta se ne era venuto fuori meno illeso, o comunque più intatto e meno danneggiato di quanto lo era lei.
O forse perché aveva atteso così tanto che lui la cercasse, che si facesse vivo, che le dicesse qualcosa in più del semplice ciao quando la incrociava nei corridoi della scuola, che Bulma non ha idea di come debba o non debba comportarsi adesso con lui.
Le sembrava che… quando davano insieme la caccia al Demogorgone... le era sembrato che loro... invece Vegeta l’aveva lasciata indietro, in disparte, rivestendo nuovamente i panni del ragazzo scontroso, asociale e indifferente al mondo, che era stato negli anni precedenti.
Mentre Yamcha, al contrario, le era rimasto vicino, l’aveva stretta fra le braccia quando aveva avuto freddo, l’aveva baciata e accarezzata quando pensava che non sarebbe mai più riuscita a sentirsi se stessa.
Ma erano altre le braccia che Bulma cercava di notte, durante i suoi incubi, quando il mondo si faceva viscido e oscuro e c’erano solo ombre a strisciare e a prendere vita ai lati più nascosti della sua stanza.
Era un’altra la voce che avrebbe voluto sentire, altre le mani che avrebbe voluto stringere, di cui sentiva il bisogno.
Ma, come nel suo sogno, teme ancora che nel momento in cui barcollerà nelle tenebre, non ci sarà più nessuno a trarla in salvo, non ci sarà più nessuno a sentire la sua voce. E allora scomparirà anche lei nel nulla, come Tarble, come Laura.
È in quei momenti che con disprezzo si accorgere di essere ancora una codarda, e che se le braccia di Yamcha sono le uniche ad ancorarla al suolo, allora lei non ha la forza per riuscire a lasciarle. Non adesso. Non ancora.
 
***
 
«Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
Bulma piomba a casa sua di notte, indossando un giaccone da uomo sopra la sua vestaglia di pizzo chiaro, che le mette in evidenza le ginocchia e i polpacci e le caviglie sottili.
Vegeta la guarda e pensa che forse sta ancora sognando, forse si è addormentato di nuovo nel letto di suo fratello Tarble, per essere certo che non scompaia di nuovo nel nulla, e ora quella che ha davanti è la stessa Bulma che nei suoi incubi non è riuscito a salvare, quella che era stata inghiottita da un albero e che lui non era riuscito a tirare fuori.
«Bulma... che cosa ci fai qui?»
«Non riuscivo a dormire.»
«Non lo sai che è pericoloso stare fuori di notte?»
Davvero aveva bisogno di ricordarglielo? Davvero quello che era successo solo tre mesi prima non era stato abbastanza per farle passare la voglia di fare stupidaggini?
La vede infilarsi una mano in tasca e quando la tira fuori una pistola le pende dal dito indice come se fosse un giocattolino da quattro soldi che si porta in giro per fare sfoggio di sé.
«Per precauzione» dice, e c’è una luce sadica nei suoi occhi, una luce che Vegeta conosce bene e che significa che è ancora pronta a far guerra, è ancora pronta ad avere vendetta.
«Su, entra, fa freddo.» la invita, scostandosi dalla porta di servizio attraverso la quale l’ha sentita chiamarlo, e Bulma si dondola sui talloni un paio di volte prima di raggiungerlo sull’uscio e iniziare a fissarlo dritto negli occhi, a nemmeno una spanna di distanza da lui.
«Pensavo non volessi avere più nulla a che fare con me.» gli sussurra, e adesso che le è così vicina Vegeta può sentire il suo profumo di vaniglia e latte di cocco, le guance scavate da occhiaie profonde.
«Perché?» le chiede, fingendosi ingenuo.
Bulma afferma con fare ovvio: «Perché mi stai evitando.»
Vegeta si stringe nelle spalle, affonda ancora di più le mani nelle tasche del pantalone della tuta che indossa e stringe le dita così forte da farsi male «Non volevo disturbare te e il tuo fidanzato.» le risponde alla fine, e uno scintillio nuovo illumina il viso adombrato della ragazza «È questo allora, sei geloso di Yamcha?»
«Io non sono geloso proprio di nessuno. Sono stato impegnato con Tarble.» non è una bugia, ma nemmeno tutta la verità, e Bulma lo sa benissimo, come sa che se solo avesse aspettato un po' più di un mese prima di rimettersi con quell’idiota, forse Vegeta avrebbe finalmente trovato il coraggio di farsi avanti con lei apertamente.
Invece lo aveva lasciato indietro, come al solito, come facevano tutti.
Adesso la sua espressione è infiammata dal rimorso, e una mano le parte involontariamente a infilarsi in mezzo alla sua massa di riccioli azzurri «Avrei potuto aiutarti. Se me lo avessi chiesto. Invece, come al tuo solito, ti sei chiuso a riccio e mi hai esclusa. Mentre Yamcha... beh... lui...»
«Non mi interessa che cosa hai fatto con lui! Insomma, sei venuta fin qui alle due del mattino per litigare con me, per caso?»
«No.» gli sbuffa contro, e poi, spiazzandolo, cerca la sua mano in quella che lui ha nascosto dentro le tasche.
Gliela afferra saldamente, e aggiunge, quasi con le lacrime agli occhi «No... te l’ho detto, sono venuta perché non riuscivo a dormire.»
Istintivamente, e perché comunque non sarebbe mai stato in grado di allontanarla, non quando lei si lasciava andare così spontaneamente al suo tocco, Vegeta restituisce la stretta e approfitta di quella presa per portarla con sé fino in camera sua.
«Incubi?» le domanda, anche se la risposta è alquanto ovvia.
«Già...»
«Li ho anch’io qualche volta. A dire il vero, questo mi sembra uno di quelli.» gli confessa, quando ormai la porta della sua stanza è chiusa alle loro spalle e il buio li avvolge.
Fra le ombre e la luce dei lampioni che filtra dalla finestra aperta, Vegeta riconosce un sorriso scavare due fossette ai lati delle guance della ragazza, e il suo cuore non può fare a meno di partire al galoppo, ormai imbizzarrito del tutto nella sua corsa sfrenata.
Che cosa era capace di fargli quella Bulma, roba da non credere...
«Grazie. Quindi, io sarei il tuo incubo personale... mi stai dicendo questo? E chi è ora che ha voglia di litigare?» lo stuzzica, dandogli un leggero pugnetto sulla spalla destra, il suo corpo a un solo soffio di distanza dal suo.
È sempre stata troppo bella per il suo stesso bene, Bulma Brief, troppo bella persino da guardare alle volte, e così Vegeta si era soltanto limitato a lanciarle occhiate di sfuggita, a una distanza sempre di sicurezza quando lei non poteva accorgersene.
Le era piaciuta da sempre, ma gli era entrata dentro solo quando l’aveva vista impavida prendere una pistola e puntarla contro un demone sbucato da un’altra dimensione e pronto a divorare tutti.
Probabilmente, da quel giorno aveva iniziato ad avere più paura di lei – o meglio, di quello che lei rappresentava per lui – che di qualsiasi altro mostro potesse materializzarsi fuori dal sottosopra e minacciare la sopravvivenza dell’intera razza umana. Era abituato a combattere per sopravvivere. Mentre non era abituato ad avere un così disperato bisogno di qualcuno, non era abituato a essere visto, a essere vulnerabile.
Non sa quale forza guidi la sua mano in quel momento, sa solo che il desiderio di toccarla è così forte da non poter essere più trattenuto, più custodito dai suoi occhi.
Le dà un buffetto sulla guancia, la pelle sofficissima e liscia sotto le sue dita ruvide, e le bisbiglia sottovoce: «Potresti biasimarmi? Mi dai sempre il tormento.»
Bulma si lascia andare al suo tocco, piega il viso cosicchè la sua mano possa riempirsi di lei, e poi sorride nel dire: «Non è vero.»
«Sei prepotente, e vuoi avere sempre ragione su tutto.»
«Senti chi parla. Sei talmente insopportabile da fermi venire voglia di picchiarti, certe volte.»
«Bulma...» gli piace pronunciare il suo nome, se l’è tenuto dentro per così tanto tempo, che adesso dirlo sembra quasi una sorta di liberazione.
La osserva divertito mentre lei gli circonda il busto con le sue braccia esili e poggia l’orecchio lì dove il suo cuore sembra per esplodere
«Perché mi stai abbracciando se vuoi litigare con me?»
«Sei tu che vuoi litigare con me,» puntualizza con voce flebile, assonnata «io voglio solo dormire.»
«Dormi, allora.»
«Tu non te ne vai?»
«Beh, questa è la mia stanza, dove dovrei andarmene, scusa?»
«Resti con me per tutta la notte?»
«Sì.»
«Vegeta...»
«Che c’è?»
«Niente, volevo solo vedere se riuscivi ancora a sentirmi.»
Vegeta ripensa alla sera in cui Bulma era scomparsa nel nulla, nella notte, e l’unica cosa a cui lui si era aggrappato era la sua voce che lo invocava nel buio.
In tutti i suoi incubi, lui non riesce mai a sentirla, in tutti i suoi incubi continua a cercarla senza più riuscire a trovarla.
Adesso, invece, è proprio lì, fra le sue braccia, che si stringe a lui con la stessa disperazione con cui lo aveva fatto quella stessa notte.
«Sarebbe difficile non riuscirci...» le sussurra all’orecchio, e quando quella notte si addormentano insieme, nessun incubo, nessun mostro sbuca fuori dall’oscurità per tornare a tormentarli.
 


 
FINE#15
  
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