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Autore: Enchalott    04/05/2019    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Siamo al capitolo XX, se non consideriamo il prologo, e questa storia procede (non sempre velocemente, me ne dolgo). Scrivo perchè voglio davvero ringraziare le persone (due in particolar modo) che hanno continuato a seguirla. Spero che ci sia qualcuno che legge senza lasciare recensioni e che non si stia annioiando terribilmente. Spero anche che, chi non si è più fatto sentire, si sia assentato per motivi personali e non perchè il mio scritto sia diventato una palla al piede. Ogni tanto mi prede un po' di sconforto, ma voglio davvero continuare e terminare. Quindi, grazie davvero a chi mi sostiene, perchè ne ho bisogno! ^^

Omnia munda mundis

Narsas guidò la principessa verso un punto del colle meno esposto al vento, tenendole saldamente la mano nella sua.
Scese giù per il declivio inceppato di sassi, finché non avvertì sull’epidermide che le folate provenienti dall’oceano non stavano perdendo il loro umorale vigore. Captò qualcosa di strano nel comportamento dell’aria, ma non vi diede eccessivo adito, attribuendo la stonatura delle correnti alla ripida discesa verso la disfatta ineluttabile dell’universo. Quella che avrebbe dovuto scongiurare ad ogni costo.
Aveva visto personalmente una delle oasi presso cui la sua gente si ristorava da sempre divenire fragile ghiaccio; aveva scorto il fiume di Elestorya trasformarsi in un fangoso rigagnolo rantolante e, infine, quell’apocalittica tempesta di colore viola tirare giù una costruzione millenaria. Perciò, nulla di cui sorprendersi se il vento, che lui percepiva quasi come una creatura viva e con il quale stabiliva una sorta di simbiosi per scagliare i suoi dardi, aveva in sé come una rabbiosa indecisione.
Niente di cui meravigliarsi, sì. Molto di cui preoccuparsi, altrettanto vero.
Quando aveva assunto la certezza che non ci sarebbe stato alcunché di semplice nella sua missione, non si era sbagliato. Aveva imparato da tempo a procedere per la strada che gli era stata destinata. Mai avrebbe immaginato di non doverla affrontare in solitudine. La principessa era diversa da come se l’era immaginata prima di incontrarla. Possedeva un’innocenza bruciante e inconsapevole, che si trasformava in sincerità profonda di pensiero e di parola. Non era in grado di celare le sue emozioni e la diplomazia certo non era una sua dote. Non riusciva a nascondere nulla di sé, figurarsi ordire un complotto e possedere la fredda doppiezza di una traditrice. Non poteva essere lei la nemica della Profezia… lei, che lo aveva onorato con la sua fiducia e la sua amicizia.
“Non può o non deve?” si disse Narsas in un impietoso autoesame “La verità è che tu non avresti mai creduto di sentirti così tanto legato a lei. Sei impreparato a questo e, soprattutto, sai che non puoi permettertelo”.
 
Adara gli si strinse al braccio senza fare domande e lo seguì giù per la china, avanzando cautamente per non inciampare.
L’arciere era riuscito con poche parole a sollevarle il morale e a trasmetterle una nuova energia, anche se certamente il peso della perdita le stava costantemente seduto, oppressivo, sul cuore.
Riflettendo, mentre incedeva al suo fianco con le dita agganciate a quelle sicure di lui, non poté fare altro che ritenersi fortunata. Non tanto per essere rimasta viva, quanto perché nella sua breve esistenza si era sempre trovata accanto degli uomini degni del loro nome e del loro ruolo e tutti l’avevano a loro modo amata.
Ebbe un’acuta fitta di nostalgia quando ripensò a suo padre, ai suoi occhi severi e vivaci su di lei, mentre le insegnava a maneggiare la spada; al suo abbraccio caloroso quando si ritirava nelle stanze private dopo i compiti di Stato e la sollevava in alto per farla divertire; alla sua risata schietta e indulgente, alla sua voce ferma.
Si domandò se fosse ormai rientrato dalla visita diplomatica presso gli Aethalas: trascorrendo tutto quel tempo con Narsas, si era quasi scordata del fatto che il reggente del Sud aveva attraversato il deserto per spegnere i fuochi di una possibile ribellione di quella tribù lontana. Le riusciva difficile credere che le dinamiche che i messaggeri avevano riportato al sovrano fossero totalmente veritiere. Se tutti i Guardiani del Mare erano come il suo affascinante compagno di strada, si sarebbe affidata a loro senza esitazioni. Così come stava accadendo ora tra loro due su quella collina distante da casa di entrambi. Eppure, il guerriero del deserto era giunto ad Erinna formulando delle accuse ben precise e le aveva confermato che, al termine del viaggio, qualcuno avrebbe assaggiato la sua freccia mortale.
Forse, suo padre era riuscito già a smascherare il colpevole e a rassicurare gli abitanti del deserto. Così Narsas non sarebbe stato costretto ad uccidere nessuno.
Aveva notato nei suoi occhi di onice una sfumatura dolorosa, quando gli aveva incautamente chiesto se avesse mai avuto l’animo sanguinante dal dolore. Si era pentita della domanda un decimo di secondo dopo che le era uscita dalla bocca, ma a quel punto il danno era fatto e, insieme con esso, la solita figura della ragazzina egoista che cerca per sé tutte le attenzioni.
Invece, lui aveva negato senza scomporsi, perché era un altro uomo di inestimabile valore. Eppure, qualcosa era sfuggito al suo controllo e il suo sguardo si era velato di una profonda tristezza, come se stesse nascondendo una parte di sé.
Ciononostante, l’Aethalas le aveva giurato amicizia ed era al suo fianco.
Così come lo era stato Aska Rei fino all’ultimo.
Il pensiero volto al giovane soldato rinnovò aspramente la sofferenza. L’adorato capitano era stato il suo maestro d’armi, un consigliere sincero, un amico indispensabile, un fratello. Rivide il suo portamento guerriero, i suoi modi bruschi e pratici, i suoi duri occhi del colore dell’acciaio fuso. Riascoltò la sua voce profonda e ironica che la sosteneva, la prendeva bonariamente in giro, la metteva in guardia, la rimproverava senza remore.
Neppure le profetiche stelle potevano avere idea di quanto Rei le mancasse! Però, lui non avrebbe tollerato di vederla scoraggiata. Si sarebbe adirato e le avrebbe dato una bella strapazzata. Prima di morire, le aveva ricordato con fermezza i suoi compiti. E l’aveva invitata a non essere inopportuna con l’arciere.
Adara amava Stelio come una figlia e Rei come una sorella, ma quali erano i suoi sentimenti per Narsas? Non era innamorata di lui o se ne sarebbe resa conto… anche se in realtà nessuno, fino a quel momento, le aveva mai rapito brutalmente il cuore.
Una volta, curiosa come tutte le giovani donne, ne aveva parlato con Dionissa, che le aveva fatto notare gli sguardi che si scambiavano i loro genitori.
“Quando un uomo ti scruterà così, come papà sta facendo con mamma adesso” aveva bisbigliato la veggente per non farsi sentire “E tu lo ricambierai parimenti, allora potrai essere sicura delle tue reali emozioni…e anche delle sue”.
“Tu osservi Rei allo stesso modo, Nissa” aveva constatato lei con garbo “E lui perde tutta la sua impenetrabilità quando ti fissa come incantato”.
Dionissa era arrossita fino alla radice dei capelli e si era coperta le guance in fiamme con la fascia di organza verde che portava sulle spalle.
“Adara!” aveva esclamato scandalizzata “Ma che dici!”
“Non vorrai negarlo…” aveva insistito lei, allontanandole la stola dal viso.
La sorella maggiore si era arresa, dopo un debole negare, e le aveva rivelato con impaccio la loro storia d’amore, pregandola di custodire il segreto fino al momento più consono per tutti.
“Questo dimostra che, quando sarà il tuo turno, non avrai problemi a capirlo, tesoro mio” aveva infine sancito la maggiore con un sorriso gioioso e un abbraccio complice.
Sua sorella l’avrebbe compreso. L’avrebbe scorto attraverso il Kalah, che Rei se n’era andato per sempre. Se la malattia fosse progredita, indebolendo ulteriormente la sua visione, Dionissa in qualche modo lo avrebbe comunque capito… e sarebbe morta di dolore. No. No!
Jarlath. Jarlath e Anthos… e la Profezia.
“La soluzione per tutto è laggiù” si disse.
 
“Ci possiamo fermare qui” mormorò Narsas, interrompendo quei burrascosi pensieri.
Si trovavano su un breve pianoro con qualche albero rado e inclinato nella direzione opposta al mare. Adara annuì, guardandosi intorno.
Il giovane si sfilò l’arco dalle spalle e appoggiò a terra la faretra, estraendo una sola freccia dall’impennaggio rosso fuoco. La incoccò con maestria e la puntò in direzione di un tronco spoglio poco distante. Il dardo partì cinguettando e si piantò con forza nella ruvida corteccia, vibrando come una nota d’assolo.
La principessa seguì l’operazione, pensando che per l’arciere quello fosse un bersaglio davvero troppo semplice e chiedendosi che cosa stesse mai combinando.
“Bene” mormorò lui soddisfatto “Il vento qui non disturba eccessivamente il tiro”.
Poi, estrasse il pugnale ricurvo che portava al fianco e si diresse verso l’albero che aveva colpito. Incise la scorza rugosa e la levigò con la lama, snudando una porzione di legno fresco e liscio. Dopodiché rinfoderò l’arma e raggiunse la ragazza.
“Prendi” le disse, porgendole l’arco.
“Ma…” balbettò Adara, osservando il prezioso oggetto con deferenza.
Lui sorrise al suo sguardo carico di timore reverenziale.
“Mi avevi proposto di insegnarti ad usarlo o sbaglio?”
“S-sì, ma mi sono resa conto… cioè, Rei mi ha spiegato che la mia è stata una richiesta a dir poco oltraggiosa, di cui ancora ti domando venia…”
Narsas le sollevò il viso, in modo che lo guardasse nonostante il palese imbarazzo.
“Lo è, in un certo senso” mormorò divertito “Ma io la accetto”.
“Davvero?” fece la ragazza sbarrando gli occhi, incredula.
L’arciere le indicò il fusto con ancora conficcata la freccia, senza fornire ulteriori spiegazioni.
“Quello è l’obiettivo. Su di esso devi convogliare tutti i tuoi pensieri, escludendo qualsiasi influenza esterna. Colpiscilo. Finché non sarai concentrata e priva di distrazioni non riuscirai a farlo. Io ti aiuterò”.
La principessa esitò, ma comprese che l’intento primario del guerriero era quello di sgomberare la sua mente dalle preoccupazioni e dall’angoscia, a costo di rivelarle una prassi che era un segreto di famiglia… o forse molto di più.
“Io voglio che tu sappia che la tua fiducia mi onora” gli disse con voce ferma.
“Anche la tua rivolta a me” rispose lui con un lieve inchino.
Adara accettò l’arco dalle sue mani: era pesante e poco maneggevole per lei che era avvezza a combattere con la spada.
“Tienilo con la sinistra” suggerì il giovane “La tua mano dominante è la destra a quanto ho visto, con essa dovrai invece tendere la corda”.
Lei sollevò l’arma con un certo sforzo, faticando a tenerla difronte a sé. Narsas si collocò alle sue spalle, correggendole la linea della spalla e del braccio.
“Cerca di non stare rigida, perché la tua tensione si trasmette al lancio e ti ostacola”.
“È una parola…” replicò la ragazza, forzandosi a mantenere quella posa innaturale.
“Segui me” mormorò lui lì accanto “Ecco, senti su di te la mia posizione…”
Adara percepì il suo petto contro la schiena e il suo viso a pochi centimetri. La sua mano che le sorreggeva il polso e la indirizzava verso il bersaglio. I suoi capelli sfiorarle la guancia. Arrossì, ma riprodusse la postura meglio che poté.
“Bene” commentò lui “Devi tenerti perpendicolare all’oggetto che desideri colpire. Immagina di avere un filo che parte dai tuoi piedi e arriva fino alla freccia che ho scoccato io prima”.
La principessa visualizzò una lunga linea rossa, dello stesso colore dell’orecchino che pendeva baluginando al lobo sinistro dell’arciere e calda come il suo abbraccio.
Narsas avvertì la sua agitazione e le fece modificare nuovamente la stasi.
“No, devi bilanciarti bene sulle gambe e le tue spalle devono essere in linea retta con l’obiettivo. Quella sinistra deve addirittura puntargli contro. È una mossa che serve anche a offrire meno possibilità di colpire a chi sta mirando a te”.
Lei trattenne il fiato, più per la sua prossimità che per la concentrazione.
“Respira, Adara…” sussurrò Narsas “Continua a tirare la corda, devi sentire una sorta di punto d’ancoraggio per guadagnare la massima apertura. Cerca di usare i muscoli che hai qui, il resto del tuo corpo deve essere rilassato”.
La ragazza sentì l’indice e il medio di lui congiunti poco al di sotto delle sue scapole. Rabbrividì, ma raccolse le sue forze in quel punto, che sentiva bruciare come fiamma.
“Manca solo la freccia” rise lui, notando che l’allieva era pronta a liberare il lancio.
“Oh, che stupida!” si disse Adara, abbassando l’arco con un sospiro imbarazzato.
“Non dire così… è importate acquisire familiarità con la postura all’inizio. La precisione è una sua conseguenza, in fondo” commentò lui porgendole un dardo “Ecco, ora rimettiti in linea. Provaci ancora”.
La principessa ripercorse mentalmente tutti i passaggi fino al punto in cui era giunta. Narsas, dietro di lei, la faceva spostare impercettibilmente ma con decisione. Era difficile ricordare tutto, arduo tenere l’arco sollevato, impossibile non pensare al suo respiro leggero sul collo.
“Il fondo della freccia deve agganciarsi alla corda tra due delle tre ali. Puoi reggerla tra indice e medio oppure con il pollice, come ti senti più comoda. L’importante è avere una protezione adatta, perciò non farlo mai a mani nude…”
“Per questo porti sempre i bracciali di cuoio e l’anello, anche quando riposi?”
L’arciere sgranò gli occhi scuri, colpito dal suo spirito di osservazione.
“Sì, ormai è un’abitudine” rispose “Fanno quasi parte di me”.
Adara sollevò il gomito, spinto dalla sua mano ferma in modo che fosse parallelo al suolo e tese la corda fino al suo orecchio, così come lui le aveva consigliato.
“Mira” disse lui, piegandosi nella sua direzione per osservare l’asse della freccia “Pensa solo a quel punto laggiù e lasciala andare!”.
La ragazza scoccò, attenta a non farsi frustare dal rinculo della corda che rientrava.
La saetta partì veloce e sfiorò il tronco, piantandosi nell’erba a pochi metri.
“Accidenti” sbuffò lei, un po’ delusa.
“Non devi avere fretta. Il suono che ha prodotto la corda mi ha rivelato che le tue braccia hanno avuto un tremito prima del rilascio, ma è del tutto normale. L’arco è pesante e sei stata ferma a lungo prima di scoccare. È faticoso per un principiante guadagnare la coordinazione perfetta e rapida di tutti questi movimenti ed effettuarli come se fossero uno solo”.
Adara lo fissò sorpresa: era addirittura in grado di cogliere un errore da una vibrazione. Abbassò l’arco e si voltò, restituendoglielo.
“Ti ringrazio, Narsas…” sussurrò.
“Possiamo provare ancora, se ti va…”
Lei sollevò gli occhi castani nei suoi, che erano così profondi, così vicini.
“Ne sarei lieta” replicò “Ma non vorrei che gli Aethalas se la prendessero con te, accusandoti di istruire un’estranea nell’arte che è loro propria e riservata”.
Lui scosse la testa e le sfiorò dolcemente una guancia con le dita.
“Non so che cosa ti hanno raccontato di noi” affermò più serio “Ma per la mia gente, quando una donna domanda ad un arciere di imparare la sua tecnica, è come se gli stesse chiedendo di diventare la sua sposa. Di divenire parte della sua famiglia. Nessuna lo farebbe solo per curiosità o per competizione. In questo senso un’istanza del genere potrebbe apparirci offensiva…”
“C-cosa?!” balbettò Adara, sconvolta.
“Tu non sei un’Aethalas e non potevi saperlo. Hai solo voluto essere gentile e strapparmi all’isolamento” continuò lui con un sorriso “Ho notato il sospetto e il disprezzo con cui mi osservavano gli altri membri della spedizione. Tu sola sei stata aperta e cordiale, sebbene io non abbia fatto molto per meritarmelo”.
La ragazza lo guardò a lungo, ammirando i suoi tratti regolari e la sua pelle abbronzata, la sua tranquillità interiore, che filtrava all’esterno in tutta la sua persona, prima di porgli la domanda che le stava a cuore.
“Un conto è scusare una richiesta irriverente a chi non ne è consapevole” dichiarò con voce vacillante “Un altro è accondiscendervi”.
Narsas appoggiò il puntale dell’arma a terra e distolse lo sguardo, indecifrabile.
“Dunque, perché hai deciso di istruirmi?”
Nelle iridi nere del guerriero transitarono mille sfumature, segno che stava soppesando con cura le parole da restituire.
“Perché penso che sia necessario”.
Un’affermazione volutamente a metà tra la diplomazia e l’illeggibilità. Adara sospirò, facendo un passo nella sua direzione e la loro prossimità si fece ancora più stretta.
“Che cosa non mi stai dicendo, Narsas?”
Lui socchiuse le palpebre, cercando di sfuggire alla questione diretta, ma la principessa gli posò le mani sul viso e non lo liberò dall’impasse: trattenne a stento le emozioni, si impedì di rivelare se stesso nell’unico modo che conosceva.
Piegò un ginocchio e si abbassò davanti a lei. I capelli bruni gli scivolarono sulle spalle e sul volto, adombrandolo. Strinse la mano di lei tra le sue e vi posò un bacio leggero e riguardoso.
“Potrei risponderti che tu mi rammenti mia sorella… o che non conosco la fine che ci riserverà questo viaggio e vorrei lasciarti qualcosa di me, se io dovessi fallire… oppure che ciò che ti sto insegnando potrebbe un giorno salvarti la vita. Ma sarebbero solo parole, seppur veritiere. Perciò ti prego, non chiedermi nulla di più. Non adesso”.
Adara si inginocchiò accanto a lui, scostandogli i riccioli dalla fronte e per un istante fu quasi certa di avere scorto brillare una lacrima all’angolo dei suoi occhi.
“Narsas…”
L’intreccio delle loro dita si fece più serrato. Erano quasi appoggiati l’uno contro l’altra in una sorta di abbraccio, ostacolato solo dal fatto che lui stesse ancora puntellando l’arco a terra con la sinistra.
“Ti perdo d’occhio per un momento e ti trovo rischiosamente incollato alla principessa, Aethalas!” ringhiò una voce severa e alquanto infastidita.
Dare Yoon avanzò a passi lesti nella loro direzione, tirando i cavalli per le redini.
“Pensavo volessi concederle un po’ di tregua, non approfittare del suo dolore! Un comportamento del genere è inaccettabile!”
L’arciere si raddrizzò, corrugando la fronte, per nulla intimorito dall’infamante accusa.
“Tutte le cose sono pulite solo per chi ha un animo pulito” rispose secco.
“Ma come osi!?” sbraitò il soldato, sempre più irritato.
I due uomini si fronteggiarono, squadrandosi con aria torva.
“Non ti hanno insegnato a concedere il beneficio del dubbio, Dare Yoon?” intervenne Adara con fermezza “E poi ho già chiarito che non desidero che tu ti rivolga a me usando il mio titolo. Noi stiamo condividendo questo viaggio e questa missione, dunque abbiamo pari rilevanza, specialmente in ragione del fatto che dobbiamo guardarci le spalle a vicenda. Se viene a mancare tra noi la fiducia, abbiamo già perso in partenza”.
“Perdonatemi, mia signora, ma io mi sto solo preoccupando per voi!”
“Credi che Narsas non stia facendo la stessa cosa?”
“N-non saprei…”
“O che io sia una sprovveduta?”
“No, certo che no! Io non mi premetterei mai…”
“Non scusarti, Dare Yoon. Apprezzo molto il tuo interessamento nei miei riguardi e ti ringrazio. Ma evidentemente non sei il solo a tenere a me. Mi state proteggendo entrambi, ciascuno a suo modo e siete due persone completamente diverse. Dunque, non rivolgere delle accuse a Narsas solo perché non comprendi il suo modo di agire. Non mi ha mai mancato di rispetto e tu lo sai bene. Lo aveva capito anche Aska Rei… o non mi avrebbe lasciata nella retroguardia con lui”.
Lo sguardo del soldato si intristì al nome del suo defunto capitano. Si inchinò rispettosamente e annuì.
“L’oceano ci aspetta” concluse lei “Ora dobbiamo davvero andare”.
Prese le briglie del suo destriero e montò in sella, seguita dai compagni.
 
 
Zheule scostò il telo d’ingresso della tenda, che era collocata al centro dell’accampamento dei Thaisa, distinguibile dalle altre per le strisce verticali color terra tracciate sulla robusta stoffa tinta corda.
Sul suo viso, incorniciato dalla corta barba scura, che si andava imbiancando, c’era una linea dura e tesa. Gli occhi castani, screziati di nocciola, erano serrati in una fessura irata e autorevole. La sua mano stringeva un minuscolo cilindro argentato, decorato con motivi floreali, dall’interno del quale sporgeva uno scritto.
C’erano due uomini ad attenderlo all’esterno: passeggiavano nervosamente all’ombra di un padiglione realizzato con drappi multicolori intrecciati e il sole che filtrava attraverso le giunture disegnava sui loro abiti sgargianti luci e ombre.
Il più anziano dei due era armato di una lancia a doppia lama ricurva, che teneva eretta e con la quale accompagnava le falcate nervose; il secondo portava al fianco una corta scimitarra senza punta, che comunque incuteva un certo timore e baluginava metallica tra le fasce cremisi che ne costituivano il fodero. Sulla sua fronte era annodata una striscia di seta dorata, a indicarne il rango elevato.
Il più giovane si voltò a fissare con aria interrogativa e pressante il capotribù, che emise un sospiro tutt’altro che rassicurante.
“Mia figlia ci informa che il reggente di Elestorya è tenuto in ostaggio dagli Aethalas” annunciò, frenando a stento la rabbia che trapelava in quelle le parole “E che mia nipote Dionissa è fortuitamente sfuggita ad un avvelenamento, del quale i Guardiani del Mare sono i principali sospettati”.
“Ma è impensabile!” saettò il ragazzo, mentre la mano si mosse inconsciamente all’elsa dell’arma bianca “Pazzesco e oltraggioso!”
Zheule annuì con aria grave, avvicinandosi agli interlocutori.
“Sono d’accordo con te, Neyla. Tuttavia la regina ci chiede di intervenire in difesa di Stelio e non all’attacco di Varsya. Al momento, non può muoversi da Erinna per gravi ragioni e investe me quale suo portavoce. Inoltre, non sono accuse fondate su prove certe e inconfutabili”.
L’ira nello sguardo del giovane non si estinse affatto, ma il suo corpo irrigidito dalla collera si rilassò sensibilmente. Scosse la testa, turbato.
“Azhulio è volato verso Erinna già qualche ora fa. Che cosa le hai risposto, padre?”
“Che me ne occuperò immediatamente. Lo strik porta un messaggio in codice”.
“Lascia che sia io ad accompagnarti, te ne prego!”.
Il capotribù lo fissò con grande orgoglio e un lieve sorriso gli curvò le labbra.
“Ma sicuro” rispose “Tu verrai con me. E anche Iokresia” aggiunse indicando l’altro uomo presente allo scambio verbale “Ci andremo… tutti!”.
Il guerriero con la lancia spalancò la bocca, ma non emise alcun suono.
“Che cosa intendi?” fece Neyla, certo di non aver inteso.
“Fai subito levare le tende” ordinò Zheule al più maturo “Si muoveranno tutti i Thaisa al gran completo”.
“Ai vostri ordini, bailye!” scattò Iokresia, abbandonando immediatamente la conversazione ed eclissandosi rapido tra le tende.
“Ma certo” sogghignò il giovane “Un’intera tribù che si sposta è un fatto comune e non dà nell’occhio. Saggia decisione, padre”.
“Non solo” aggiunse il portavoce “In questo momento, non possiamo permetterci di restare divisi. Se io portassi con me una sparuta delegazione, sarei alla mercé degli Aethalas nella stessa misura in cui lo è il reggente. Se, invece, io partissi con un manipolo di guerrieri scelti, per prima cosa attirerei l’attenzione e poi lascerei indifesi i miei. Inoltre, Stelio è stato catturato anche se era affiancato dalla sua guardia personale, che è certo più preparata dei nostri combattenti”.
Intorno a loro iniziarono a udirsi i rumori e le voci delle persone che stavano preparandosi a lasciare l’oasi. Erano dei suoni familiari e tranquilli, nessuna concitazione in un’operazione che i Thaisa eseguivano reiteratamente da millenni.
“Sono d’accordo” fece Neyla “Mia sorella sta bene?”
“Potremmo affermare questo quando Eudiya è lontana da Stelio, figlio mio?
“No” replicò il giovane senza esitazione.
 
   
 
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