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Autore: _Malila_Pevensie    04/05/2019    1 recensioni
Prima storia della serie "Le Saghe di Finian"
Il mondo di Finian non conosce giustizia da quasi cento anni, fin dall'istante in cui la tirannia della Regina Mirea ha avuto inizio.
Freya non l'ha mai vissuta in modo diretto, protetta dalla quiete delle Foreste di Confine in cui sua madre l'ha cresciuta. Le è stato fatto l'immenso dono della libertà e lei non ha mai pensato di lasciare il luogo che l'ha vista diventare ciò che è.
Aran, Principe alla corte di Errania, non ha mai visto in Mirea null'altro che la propria salvatrice. La sorte gli ha concesso ogni ricchezza e privilegio, ma gli ha lasciato anche un fardello d'immense bugie in cui non sa di star affondando sempre più.
La verità, celata dietro quelle esistenze che sembrano destinate a ripetersi sempre uguali a loro stesse, si rivelerà presto in tutta la sua schiacciante realtà.
Il loro destino, racchiuso in una Profezia antica di un secolo e ultimo lascito dei draghi, si presenterà proprio nell'instante in cui le loro vite entreranno inaspettatamente in collisione.
Il Tempo del Silenzio è giunto alla fine e il momento di scegliere si fa sempre più vicino.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 4
- INCONTRO DI ANIME -



Una strana e sempre crescente agitazione aveva animato il castello in quegli ultimi giorni, accompagnata da un'euforia a cui Aran non era abituato.
Non c'era abitante della corte di Errania che non mormorasse, mentre si affaccendava per sale e corridoi, chiedendosi di quale portata potesse essere l'ospite che aveva richiesto tanti preparativi. Era la sola cosa che il ragazzo fosse riuscito a capire: a palazzo si prevedeva un nuovo arrivo; con tutta probabilità, a portare la notizia era stato il messaggero giunto al castello in tutta fretta quasi una settimana prima. Scoprire l'identità del misterioso ospite, in ogni caso, sembrava impossibile; nemmeno parlare con sua madre, la Regina Mirea in persona, era servito aqualcosa, tranne che ad aprire ancor più interrogativi. L'unica risposta che aveva ottenuto era stata: "Capirai tutto a tempo debito." La Regina aveva sempre avuto l'innata passione di rispondere per enigmi.
Per quella ragione, terminate le proprie incombenze, si era appostato in cima alla scalinata principale del castello: voleva a tutti i costi vedere cosa ci fosse da capire. Il vento del tardo pomeriggio lo sferzava, freddo nonostante fossero ancora nei mesi estivi, ma lui non sembrava preoccuparsene più di tanto; tutta la sua attenzione era rivolta ai colori della sera che iniziavano a dilagare da ovest. Perso nelle profondità di quelle sfumature, finalmente nella calma, si ritrovò a sorprendersi di come il suo addestramento quotidiano gli avesse prosciugato così tanto tempo ed energia.
Era fin dal momento in cui aveva imparato a stringersi i lacci degli stivali che la sua istruzione nell'arte del combattimento aveva avuto inizio; quella intellettuale, la quale solitamente occupava le sue mattinate, risaliva ad ancor prima. La sua vita era organizzata in quelle attività oramai da anni, eppure la stanchezza a fine giornata era sempre la stessa; lo sentiva nelle proprie membra pesanti, sfiancate dall'interminabile serie di colpi che gli erano stati inferti dal fratello maggiore. Lo osservò di sottecchi, in piedi al suo fianco, e notò con una certa soddisfazione che anche Darragh, suo inseparabile compagno d'allenamento, sembrava sfinito tanto quanto lui.
«Sto iniziando a stancarmi di stare qui ad aspettare come un imbecille» commentò quest'ultimo  proprio in quell'istante, aggrottandole sopracciglia. «Non so nemmeno come tu abbia fatto a convincermi.»
La pazienza non era mai stata una delle virtù principali di Darragh, ma perfino Aran, del quale solitamente era un tratto distintivo, stava iniziando a perderla. Chi mai sarebbe potuto arrivare a quell'ora, oramai? Eppure, le sue gambe si rifiutavano di voltarsi, varcare il portone del castello e portarlo a ritirarsi in camera sua in attesa della cena, come faceva sempre. Non sapeva cosa stesse attendendo, ma non riusciva a ignorare quel senso di aspettativa che lo teneva inchiodato lì.
Proprio mentre la mano di suo fratello correva a stringere il pomolo della spada che gli pendeva al fianco, segno che la sua impazienza stava raggiungendo il culmine, una piccola compagnia a cavallo spuntò oltre il cancello nero. A capeggiare il gruppetto, il capitano Craius, il quale giungeva al trotto sul suo stallone da battaglia. Questo spiegava l'assenza dell'uomo nelle ultime settimane, dettaglio di cui Aran si era accorto nonostante sua madre fosse sempre molto attenta a mantenere il massimo riserbo sulle sue faccende. Era forse per l'eccessiva riservatezza della Regina che il giovane aveva finito col diventare un ottimo osservatore e aveva imparato a trovare da solo le risposte che cercava.
In ogni caso, quella volta il segreto era stato mantenuto talmente bene che solo ora che gli stava venendo incontro poteva scoprire l'oggetto di tanta premura da parte di Mirea. Quando riuscì a scorgere la persona che stava arrivando accompagnata dai soldati, una sensazione sconosciuta lo strinse in una morsa ferrea, facendolo rabbrividire dalla radice dei capelli alla punta dei piedi. Non capiva a cosa potesse essere dovuta: era una ragazza, semplicemente una ragazza.
Naturalmente, Aran aveva già visto altre giovani donne prima di allora: era capitato che a corte si recassero le figlie dei generali e probabilmente, secondo i piani della Regina, due di loro sarebbero state un giorno le fortunate consorti dei suoi figli. Nonostante questo, non appena vide lei gli sembrò la prima. Aveva lineamenti particolari, resi tali dal volto affilato e dagli occhi leggermente allungati. Fu il colore di questi ultimi a catturare la sua attenzione al di sopra di ogni altra cosa: erano di un intenso azzurro screziato di verde, luminoso e limpido, che gli si marchiò in un luogo lontano in fondo al cuore. Solo in un secondo momento colse altri dettagli, come i suoi lunghissimi capelli color del rame fuso e le orecchie, terminanti in una punta ben visibile ai lati del suo viso. C'erano tante altre cose insolite in lei, dagli abiti chiaramente maschili all'arco che portava a tracolla con estrema naturalezza. Ne rimase completamente incantato.
I servitori del palazzo l'accolsero e la giovane si avvicinò a loro con la titubanza di chi trova sgradevole essere al centro di tanta attenzione. Non la conosceva, non si erano ancora scambiati nemmeno una parola, eppure Aran seppe che quell'incertezza era solo momentanea; c'era qualcosa, nella sua camminata e nella sua postura, che lasciava intuire una forza e una sicurezza che raramente aveva visto in altri. Mentre la guardava parlare con Malia, gli parve di essere avvolto in un silenzio d'ovatta che gli impediva di afferrare bene il senso delle loro parole, lontano da tutto il resto del mondo. Rimase profondamente turbato da quella sua reazione inspiegabile e, soprattutto, incontrollabile. Non era abituato a lasciarsi cogliere tanto di sorpresa dalle proprie emozioni. Aveva avuto molte fortune di cui sorprendersi, nella propria vita, ma quella non era il genere di meraviglia grata che gli era capitato di provare pensando a queste ultime; era qualcosa che la sua mente non era in grado di processare.
La ragazza si mosse, un passo alla volta, percorrendo la scalinata fino al portone. Aran fece appena in tempo a notare che dovesse essere stanca, prima che quegli occhi che tanto lo avevano colpito si posassero nei suoi. Il mondo cessò del tutto di esistere, qualcosa di inafferrabile baluginò nella sua mente; tutto nel giro del brevissimo istante in cui si trovarono uno di fronte all'altra.
Poi, sentì Darragh dire qualcosa, prima di rivolgersi a lui direttamente con molta poca delicatezza: «Aran?... Aran, diamine!»
Ritornò presente a se stesso tutto di un colpo, rammaricato di quel suo attimo di defezione; si aspettò di trovare un'espressione divertita da parte della loro ospite, ma tutto ciò che vide fu un riflesso del proprio stesso smarrimento. Con non poca confusione, realizzò che Darragh aveva già porto le proprie presentazioni alla giovane e che lui doveva fare altrettanto.
«Aran di Errania», riuscì a mala pena a tirar fuori. «È un onore fare la vostra conoscenza.»
Un breve e rispettoso cenno del capo precedette le parole della ragazza. «Freya, figlia di Eleana e Harden. L'onore è mio.»
Malia sembrava aver già ricevuto precise istruzioni, al contrario di loro che si erano dovuti presentati così,   su due piedi, perciò condusse Freya all'interno. Aran rimase lì, piantato sul gradino, almeno fino a che Darragh non lo afferrò per un braccio con veemenza, altro tratto caratteriale che non li accomunava. Erano cresciuti insieme, come veri fratelli, nonostante non condividessero una sola goccia di sangue; eppure, erano completamente diversi.
La mancanza di tratti somatici in comune non sorprendeva, considerando l'adozione di Aran: lui non aveva gli stessi lineamenti marcati, né gli stessi occhi azzurri e capelli castani di Darragh. Quest'ultimo, poi, era alto e imponente, mentre Aran era leggermente più basso e asciutto, anche se ugualmente forte; spesso i loro duelli di allenamento finivano in una sfinita parità. Lo stesso, però, si poteva dire delle loro personalità, paragonabili solo al giorno e alla notte; erano molte le volte in cui si ritrovavano a discutere per le differenti opinioni. Certe volte, risultava difficile capire cosa li tenesse tanto uniti.
«Non sarà bastata la vista di una bella fanciulla a rammollirti» lo canzonò Darragh, in tono malizioso.
Aran si divincolò dalla sua presa ferrea e per tutta risposta si limitò ad acquisire un'espressione impenetrabile. Non avrebbe mai dovuto perdere il controllo in una simile maniera, si rimproverò. Era stato educato per affrontare qualsiasi situazione con calma e raziocino, che si trattasse di amministrazione, combattimento o sentimenti; poco importava che un simile modo di fare non fosse nelle sue corde. Se gli fosse stato concesso di essere se stesso forse sarebbe stato più aperto e ironico, così com'era con le persone che lo conoscevano davvero, ma era qualcosa che non si poteva permettere con tutti.
Ostentando un'aria sicura e tranquilla seguì i passi del corteo che stava accompagnando la giovane, Freya, verso la Sala del Trono, dove un giorno Darragh sarebbe seduto come Re del Regno di Rìagan. Quell'attimo di debolezza non avrebbe dovuto ripetersi mai più.


֍ ֍ ֍


Mettere un piede davanti all'altro: era tutto ciò che doveva fare per raggiungere la sua meta.
Eppure, la mente di Freya vagava molto lontano da lì e a ogni passo doveva sforzarsi per non voltarsi indietro, là dove sapeva che il ragazzo dagli occhi grigi la stava seguendo. Non senza un certo imbarazzo, dovette ammettere a se stessa che non aveva fatto altro che guardare lui, mentre saliva la scalinata; solo il suo senso dell'equilibrio sviluppato le aveva impedito di inciampare nei gradini di pietra.
Cercò di dirsi che quella reazione fosse dovuta semplicemente al fatto che, prima di allora, non avesse mai avuto a che fare con molti ragazzi della sua età, ma sentiva che in fondo sarebbe stata una bugia. C'era qualcosa, in lui, qualcosa che l'attirava inesorabilmente e le faceva perdere in qualche modo l'orientamento. La giovane sapeva perfettamente che quella era l'ultima cosa di cui avesse bisogno, in quel momento, ma sembrava che al suo cuore non importasse affatto: la sensazione che aveva provato il primo istante in cui il suo sguardo si era posato su di lui era ancora lì, ben presente e poco intenzionata ad andarsene.
Dopo quella che parve un'eternità, il percorso di corridoi lungo il quale era stata condotta sembrò terminare; di fronte a lei stava solo un'altra immensa porta, magistralmente decorata e intarsiata. Prima che potesse anche solo cercare di capire quale disegno gli artigiani avessero deciso di seguire, i pesanti battenti vennero spalancati da due guardie in casacca viola, armate di alabarde dall'aria letale. Solo allora si rese conto di non aver pensato a nulla da dire, di non aver progettato come nascondere alla donna più temibile di Finian che di lei ancora non si fidava. Deglutì a vuoto, in ansia, e capì che forse il problema principale sarebbe stato più che altro riuscire a dire una qualunque cosa: aveva la gola così secca che iniziò a temere che la voce le sarebbe uscita strozzata, o peggio, non ne sarebbe uscita affatto.
Ciò che vide, però, non fu ciò che si era aspettata. O meglio, chi si era aspettata. La Sala del Trono era magnifica, con i suoi muri ricoperti di arazzi e il soffitto decorato da uno stupendo mosaico di marmo e gemme. Sulla parete in fronte alla porta, sollevato su un gradone di pietra, c'era il trono: era imponente, adornato da pietre di onice, ossidiana e ametista e foderato da morbidi cuscini di seta viola scuro. Freya fu perfettamente in grado di coglierne ogni dettaglio, perché era vuoto.
Una figura solitaria stava a lato dell'alto scranno, ma sicuramente non si trattava della Regina; era anzi un uomo, vestito di nero e viola dalla testa ai piedi. La sua tunica recava lo stemma di Mirea. Si avvicinò a loro, le mani intrecciate dietro la schiena dritta come un fuso e nessuna espressione in volto. Una scarica di terrore puro l'attraversò, come un terribile e ambiguo presagio, ma Freya riuscì in qualche modo a ignorarla e a impedirsi di fare un passo indietro.
«Dunque, ecco la figlia della più potente Incantatrice che la nostra Regina Mirea abbia mai avuto al suo servizio. Non so esprimervi quale onore sia conoscervi» esordì l'uomo, prendendo la mano della giovane fra le sue e baciandone il dorso. La sua galanteria le parve esagerata,quasi artefatta.
«Il mio nome è Freya. Ringrazio la Regina Mirea per la generosa ospitalità che mi ha offerto»rispose la ragazza, riuscendo a ritrovare la parola. Quella brutta sensazione non se ne andò nemmeno quando fu riuscita a ritirare la mano; sapeva di non poter giudicare a quel modo una persona con cui aveva scambiato a mala pena due battute, ma non poté evitare di trovare qualcosa di sinistro in quell'individuo.
«Il mio nome è Gorman, Lady Freya. Sono il Primo Consigliere della Regina» si presentò lui, un sorrisetto sulle labbra che non raggiunse mai gli occhi. Distolse l'attenzione da lei solo per rivolgere uno sguardo alle sue spalle; Freya ebbe l'impressione che si stesse interrogando sulla presenza dei due ragazzi.
«Malia, la vostra ancella, vi condurrà negli appartamenti che vi sono stati messi a disposizione, così che possiate prepararvi» le annunciò poi, tornando a guardarla. «L'incontro con la nostra Signora avverrà non appena vi sarete ripulita dalla polvere del viaggio.»
Gorman fece un cenno alla donna che l'aveva accolta all'entrata del castello e lei le rivolse un breve sorriso, inchinandosi con deferenza. «Sarò lieta di essere a vostro servizio» le disse, tenendo lo sguardo basso.
Freya si domandò come si potesse pretendere che qualcuno fosse felice di dover servire qualcun altro e fu tentata di dir loro che non vedeva la necessità di avere un'ancella. Non era però certa di come sarebbe stata accolta una simile esternazione, perciò decise di contenere il proprio disappunto. Senza toccarla, la donna le fece gentilmente segno di seguirla verso l'uscita.
La giovane si voltò e si trovò a rivivere l'insolito tuffo al cuore già avvertito in precedenza. Stordita da quello strano miscuglio di emozioni, sulla scalinata, non aveva osservato null'altro che il volto di quel ragazzo. Solo in quel momento riuscì finalmente ad avere una sua immagine d'insieme: era più alto di lei, anche se non di molto, e la sua pelle era più scura di quella di chiunque avesse visto fino ad allora, quasi olivastra. Aveva i capelli non troppo corti, neri e ricci, che gli cadevano a volte sugli occhi, l'unica cosa di cui avesse notato lo splendente colore: grigio ardesia, prima acceso da una luce che ora sembrava sparita dietro una maschera di rigida compostezza.
Sia lui che l'altro ragazzo, Darragh, le rivolsero un leggero inchino prima che uscisse, gesto che lei cortesemente ricambiò. Lo sguardo penetrante di Aran fu l'ultima cosa che sentì su di sé, prima che le porte della Sala del Trono si richiudessero alle sue spalle.
   
 
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