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Autore: Teo5Astor    15/05/2019    19 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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16 – L’arcobaleno dopo la pioggia
 
 
 
 
Due anni prima
 
Un giorno, stanco di tutto quello che stavo passando, riesco a sgattaiolare fuori dall’ospedale per dirigermi alla spiaggia di Shichirigahama, raggiungibile a piedi da lì.
Mi sento a pezzi, più a livello mentale che fisicamente, nonostante le fasciature che continuano a coprire le profonde cicatrici con cui dovrò imparare a convivere.
Ho voglia di vedere il mare, di non pensare a niente. Di provare a fregarmene, come fa lui. Grande, immenso, forte. Sembra infinito.
Così blu, verso l’orizzonte. Così trasparente da sembrare di ghiaccio quando risale sulla battigia, sfiorandomi i piedi, ora che mi sono seduto sulla sabbia.
Fisso lo sguardo davanti a me, ma non sento nulla a parte il rumore rilassante delle onde e il profumo di sale. Mi sembra di essere un guscio vuoto. Mi sento solo. Tanto.
«Lo sai?»
Una voce allegra e gentile mi fa voltare di scatto alla mia sinistra, non mi ero accorto che fosse arrivato qualcun altro in questa spiaggia deserta. C’è una ragazza, in piedi, scalza, che sorride e guarda il mare. Ha la mani dietro la schiena e indossa una divisa scolastica. Gonna corta blu, camicetta bianca e giacca marrone chiaro. I suoi lunghi e lucidi capelli neri sono legati in due codini laterali.
«Se calcolata all’altezza degl’occhi, la distanza dell’orizzonte è di circa quattro kilometri!» mi spiega, prima di guardarmi e sorridermi con una dolcezza con cui nessuno mi aveva mai sorriso prima. I suoi occhi sono blu, blu come il mare all’orizzonte. A quattro kilometri da me, a quanto pare.
La guardo, e non so cosa dire. Non riesco nemmeno a sorriderle, perché forse non so neanche più farlo. Però sento il cuore battermi nel petto, nel mio petto sfregiato. Lo sento battere forte, come non succedeva da tempo. Una, due, tre volte. E poi ancora, e ancora.
«Mi chiamo Videl Satan, frequento la terza media alla scuola Minegahara e tra poco comincerò lì anche il liceo!» spiega, sorridendomi ancora di più. «E tu? Come ti chiami?»
«R-radish Son, sono al secondo anno delle medie alla Fuji School» rispondo timidamente.
Lei si accuccia al mio fianco e mi sorride di nuovo. «Sei più piccolo di me, anche se non si direbbe!» esclama, furba. «Cosa ci fai qui?»
Le spiego tutto quello che mi è successo nell’ultimo periodo. Lei ascolta in silenzio, seria, senza distogliere mai i suoi grandi occhi blu dai miei.
«Non pretendo che tu mi creda» concludo. «Tanto non mi crede nessuno, pensano che sono pazzo» aggiungo sconsolato, riprendendo a guardare il mare.
«Io ti credo invece! Perché non dovrei farlo?» ride Videl, avvicinandosi al mare e entrando in acqua fino a bagnarsi le caviglie. Infila le mani sotto il pelo dell’acqua e schizza verso l’alto, creando un gioco di luce che ricorda i colori dell’arcobaleno grazie al riflesso del sole. «Hai visto?!» mi chiede, felice. «Dopo la pioggia torna sempre il sole, lo sai? A volte possiamo vedere addirittura l’arcobaleno dopo la pioggia! E, se non avesse piovuto prima, non ci saremmo potuti godere un simile spettacolo!» aggiunge allegramente. «Alla fine, se ci pensi, anche il rumore della pioggia può essere una canzone bellissima. Basta volerlo».
Le sorrido. Allora ne sono ancora capace, a quanto pare.
Lei è positività, è speranza. È tutto quello che pensavo di aver perso per sempre.
 
Da quel giorno, le mie fughe dalla stanza d’ospedale diventano sempre più frequenti. Continuano a tenermi ricoverato, ma ogni giorno che passa mi sento meglio, sia fisicamente che mentalmente. Ogni giorno scappo dall’ospedale e mi dirigo alla spiaggia. E, ogni giorno, Videl è lì ad aspettarmi. Non ci diamo appuntamento, non ho nemmeno il suo numero. Non mi sembra nemmeno di averne bisogno, perché tanto so che la troverò lì.
Uno di quei giorni guardiamo il mare, in piedi, uno accanto all’altra. In silenzio. La brezza marina fa ondeggiare i suoi codini neri e anche la gonna corta della sua divisa scolastica. Io mi sento bene, così vicino a lei. Mi sento vivo.
«Stai pensando a tuo fratello, Rad?» mi chiede, con la sua voce che si sovrappone al rilassante suono delle onde, senza smettere di fissare l’orizzonte.
«No, stavo pensando a te» rispondo, senza pensarci. Ormai siamo entrati in confidenza, mi piace parlare con lei. Stare con lei.
Mi piace e basta.
«Capisco. Stavi facendo qualche pensiero sconcio?»
«Ci crederesti se ti dicessi di no?»
«Uhm… no» ribatte, voltandosi verso di me con un sorriso dolce stampato sul volto. I suoi occhi blu riflettono la luce del sole. E sono bellissimi.
«Però mi stavo davvero chiedendo come mai hai deciso di credermi quando ti ho raccontato la mia assurda storia» sorrido a mia volta, prima che lei distolga lo sguardo dal mio e riprenda a osservare il mare. «Nessuno crede a quello che è successo a me e a Goku. Alla Sindrome della Pubertà, a tutto il dolore che ho provato».
«Il mio pensiero è che ci siano tante prospettive diverse quante sono le persone» risponde, con un tono talmente sereno da farmi sentire una piacevole sensazione nel petto all’istante. Sta sorridendo, mentre si sistema una ciocca di capelli neri mossi dalla brezza marina. «Per esempio, tu riesci a vedere un orizzonte più distante rispetto a quello che vedo io. Sei più alto di me, e hai anche una sensibilità che nemmeno tu sai di avere. Io credo che tu sia destinato a fare grandi cose nella tua vita, Rad. Ad essere felice, prima di tutto. E a rendere felici gli altri».
«Perché, invece, tutte le persone con cui ho parlato sembrano avere la stessa prospettiva?» le chiedo.
«Forse sei stato solo sfortunato, non sempre incontriamo persone che hanno un punto di vista sulle cose simile al nostro o che siano disposte a buttare almeno un’occhiata dalla prospettiva di qualcun altro».
«Già…» sospiro.
«Però poi hai incontrato me, ad esempio» riprende, in tono allegro. «E io avevo un punto di vista diverso da quelli con cui ti eri imbattuto prima, anche se non mi conoscevi».
«Videl, io…» provo a dirle, prima di interrompermi goffamente. Vorrei dirle che la amo, anche se in realtà non so neanche bene cosa sia l’amore. Non so se la amo o se mi piace solo fisicamente. Non so se le sono semplicemente grato o se c’è davvero qualcosa di più.
«Guarda la brezza marina, ad esempio» riprende, allargando le braccia e chiudendo gli occhi. Il vento le fa volare indietro i suoi due codini e le fa muovere le pieghe della gonna. «C’è chi la trova piacevole e chi invece non la sopporta, perché gli rende la pelle e i capelli appiccicosi. A te piace?» chiede, voltandosi improvvisamente verso di me e avvicinandosi.
Siamo così vicini che sento il suo respiro sulla pelle. Non siamo mai stati così vicini. Mi sento il cuore in gola.
I suoi grandi occhi blu sono incatenati ai miei, mentre non smette di sorridere. Ha le mani dietro la schiena ed è piegata leggermente in avanti.
Forse sono confuso e disorientato, ma la sua bocca mi sembra a pochi centimetri dalla mia.
«A… a me sì…» farfuglio.
«Anche a me piace» sorride lei. «Tanto» aggiunge, prima di azzerare improvvisamente le distanze tra noi e baciarmi dolcemente.
Il mio cuore perde un battito, forse anche più di uno, mentre la sua lingua incontra la mia ed entro in contatto col suo sapore. Un sapore che mi fa rinascere, che mi fa pensare che le cose dovranno andar bene per forza da adesso in poi.
Sento le sua mani cingere la mia schiena. La abbraccio forte, la stringo a me. Non sento più nulla. Ogni suono, profumo e sensazione mi appare lontano. Ogni problema, soprattutto, mi sembra non sia mai esistito. È il mio primo bacio, e non poteva arrivare in un momento migliore per me.
Mi basta lei, le sue labbra morbide, la sua essenza. Mi basta sapere che ogni volta che avrò bisogno, lei ci sarà.
 
«Visto che è stato il destino a farci incontrare, voglio darti un consiglio magnifico come tua senpai di vita!» mi dice, dopo essersi sciolta dal mio abbraccio e da quel lungo e indimenticabile bacio.
«Non avevo mai sentito nessuno definire “magnifici” i propri consigli!» le sorrido, prendendola per mano.
«Beh, ma io sono diversa, no?» mi fa l’occhiolino, prima di intrecciare le sue dita intorno alle mie e voltarsi di nuovo in direzione del mare.
La imito, ed è stupendo guardare l’orizzonte mano nella mano con lei dopo averla appena baciata.
«La mia vita non è mai stata piena di sogni o di speranze, però sono riuscita comunque a darle un significato» mi spiega, mentre la brezza riprende a farle svolazzare i codini. «Sai cosa ho capito, Rad? Che la vita ci mette davanti delle sfide con lo scopo di farci diventare più gentili».
«Per diventare più gentili?» le chiedo, voltandomi verso di lei.
«Sì, io ho deciso di vivere con la speranza di diventare ogni giorno una persona un po’ più gentile!» mi sorride, felice. Emette serenità con la sua sola presenza.
Non so nemmeno io perché, ma mentre la guardo i miei occhi si riempiono di lacrime.
«Dimmi una cosa, Videl» sussurro, cercando di non piangere. «Posso sperare anch’io in una vita simile alla tua?»
«Ma certo, Rad!» esclama, facendo un passo verso di me e accarezzandomi dolcemente la guancia. La guardo negli occhi, mentre mi sorride, e le lacrime cominciano a scorrermi sul volto. Non so perché piango. Mi sento così felice per quello che è appena successo. Ma mi sento tanto male dentro, per tutto quello che sto attraversando.
E poi, non lo so…  tutto questo sa tremendamente d’addio.
«Ora che hai sperimentato un dolore che gli altri non sono in grado di comprendere, sono convinta che diventerai la persona più gentile del mondo!» riprende Videl, asciugandomi le lacrime e puntando il suo indice e il suo pollice alle estremità della mia bocca. Sposta entrambe le dita verso l’alto e disegna un sorriso sul mio volto ancora bagnato dalle lacrime. Lacrime che si porta via la brezza marina. «Diventerai un grande sostegno per molti!» aggiunge, felice. I suoi occhi blu sono così luminosi, così belli.
«Come potrò aiutare gli altri se non sono riuscito a proteggere nemmeno me stesso, per non parlare di mio fratello?»
«Aiutare gli altri significa sostenerli quando sono spaventati, no? Sono certa che ce la farai!»
«Tu… tu non hai mai paura?»
«Certo che ne ho, Rad! Ma, per quanto possa essere spaventata, cerco di sorridere sempre come se andasse tutto bene. Perché chi ride è più forte, secondo me!»
«Sì…» sorrido, senza bisogno delle sue dita sulla bocca. «Sì!» ripeto, sempre più convinto.
«E, se un giorno ti sentirai di nuovo al limite, pensa per cosa stringi i pugni. Per chi combatti, per chi devi andare avanti» riprende, accarezzandomi una guancia. «Per chi devi sorridere».
«Lo farò» le dico, stregato dalle sue parole. Dalla sua filosofia di vita. Dalla sua personalità.
«Sono fiera di te, Rad!» esclama, mollando la presa della mia mano. «Sono felice di averti conosciuto! Ora devo andare!» aggiunge, salutandomi con la mano e allontanandosi dalla spiaggia senza mai voltarsi indietro, leggiadra come una piuma.
La guardo andarsene, senza riuscire a dirle una parola.
 
Il giorno seguente vengo dimesso, e prima di tornare a casa, torno alla spiaggia come avevo fatto ogni giorno fino a quel momento. Videl non c’è, però. Aspetto a lungo, ma inutilmente.
Decido di fare ritorno a casa, a quel punto, prima che si faccia troppo tardi. Mia madre nel frattempo è stata trasferita in una casa di cura e mio padre ha bisogno che torni  da Goku. Sulla via del ritorno mi fermo a comprare una penna con la capocchia a forma di tirannosauro e un diario blu con stampata sulla copertina una sfera arancione sulla quale sono raffigurate quattro stelle rosse. Consegno tutto a Goku, non appena lo rivedo, chiuso in camera sua. È felice di vedermi, ha gli occhi lucidi.
«Stai meglio, fratellone? Che cos’è?» mi domanda. «Tu sei stato male per colpa di Goku?»
«Io sto bene, non devi preoccuparti più per me, chiaro? E non dire mai più una cosa simile!» gli dico, scompigliandogli i suoi capelli a palma. «Ho pensato che su quel diario potresti scrivere ogni giorno quello che hai fatto e i tuoi pensieri, tutto con parole tue, per divertimento. Scrivere i tuoi obiettivi, le cose che ti piacciono».
«Urcaaa! Sembra una cosa divertente!» sorride, stringendo al petto il diario. «La penna è bellissima, piace un sacco a Goku!»
«Potresti inaugurarla scrivendo il tuo nome sul diario!»
«Va bene!» risponde, afferrando la penna con la mano sinistra e facendo per scrivere. Si blocca all’improvviso e se la passa nella mano destra, accingendosi di nuovo a scrivere il suo nome. La sua mano trema leggermente.
«Aspetta» lo fermo. «Non devi sforzarti di scrivere con la destra, se ti trovi meglio con la sinistra».
«Ma la mamma quando era a casa diceva sempre che Goku-san scriveva con la destra e che Goku non deve scrivere con la sinistra! Anche il papà dice sempre così…» sospira mestamente, abbassando la testa.
«Tu sei Goku o Goku-san?» gli chiedo.
«G-goku…».
«E a Goku piace scrivere con la mano sinistra?»
«S-sì…».
«E allora scrivi con la sinistra, io la penso come te! Non ti diranno più niente, tranquillo» gli sorrido. «Ci penso io a spiegarglielo».
Lui mi guarda e sorride, disorientato. I suoi occhi sono pieni di lacrime, però. «La mamma… la mamma sta male per colpa di Goku perché preferiva Goku-san, vero? E anche il papà la pensa così… Goku l’ha capito da solo… Goku non piace a nessuno…» singhiozza.
«Non devi pensare a queste cose, perché tu non hai fatto niente di male! La mamma sta bene, ha solo bisogno di un po’ di riposo, capita a tutti di aver bisogno di riposo, a volte. E a lei ci penserà papà, non ti devi preoccupare» provo a rassicurarlo. «E smettila di pensare a Goku-san. Io davanti a me vedo Goku, e sono felicissimo di parlare con lui!» aggiungo, accarezzandogli di nuovo la testa. «Mi dispiace per tutto quello che è successo, ma insieme ce la faremo ad essere forti, ok?»
Mio fratello scoppia in un pianto disperato, mentre mi abbraccia così forte da farmi male. «Tu sei l’unico a vedere Goku per quello che è!» grida, in lacrime. «A Goku fanno paura gli sguardi delle persone, anche quello delle mamma e del papà! Ma il tuo no! Grazie… grazie, fratellone!»
 
Il giorno dopo, mio padre mi prende da parte. È stravolto, sembra sul punto di crollare anche lui. Però tiene duro, in qualche modo. Mi sorride. Un sorriso spento. Stanco.
«Mi dispiace, Radish. Per tutto» sospira. «Non ho saputo proteggere nessuno della mia famiglia, e per questo odio ancora di più doverti fare questo discorso».
«Dimmi. Io sto bene ormai, non crollerò più».
«Tu stai bene davvero?» mi domanda con voce stanca. Non sembra neanche più lui.
«Sì…» sospiro, distogliendo lo sguardo dal suo.
«Ho bisogno che tu ti prenda cura di Goku, perché io devo dedicarmi totalmente a tua madre. I medici dicono che può farcela, ma che ha bisogno di stare tranquilla. Tu e Goku non potrete vederla per un po’, non so per quanto» mi spiega, tenendosi la testa tra le mani. «Per il bene di tuo fratello, i medici consigliano anche che voi due cambiate casa. Un nuovo ambiente dovrebbe aiutarlo a ricominciare da zero e stare tranquillo, in più solo con te riesce ad essere felice. Ho preso in affitto un appartamento in un altro quartiere, vicino alla stazione. Farò gli straordinari al lavoro e nel tempo libero andrò dalla mamma, credo che ce la farò» aggiunge, guardandomi negli occhi. «So quello che hai passato anche tu, ma da solo non posso farcela. E, in più, i medici consigliano anche a me di stare lontano da Goku per un po’, sembra che gli metta troppa pressione addosso senza nemmeno che me ne renda conto. Sono un fallimento come padre, Radish».
Non l’ho mai visto così rassegnato.
«Non sei un fallimento, papà» provo a rassicurarlo. «Pensa a prenderti cura della mamma, di Goku mi occuperò io. Ne usciremo tutti insieme, vedrai».
Quello stesso giorno io e Goku abbiamo messo insieme le nostre cose e ci siamo trasferiti nel nuovo appartamento insieme a Balzar.
«Radish, ti affido tuo fratello. Mi raccomando» si congeda mio padre, quella sera.
«Tu pensa alla mamma, noi ce la caveremo» gli rispondo, mentre Goku resta seminascosto alle mie spalle, stringendo forte il mio braccio e la mia maglia sulla schiena.
«Goku» lo chiama mio papà, sorridendogli. Lui lo guarda per un istante, prima di abbassare la testa e stringersi più forte a me. «Prenditi tutto il tempo che ti serve, non devi strafare. La mamma e il papà ti aspetteranno anche per sempre, se sarà necessario» aggiunge, prima di uscire dalla porta della nostra nuova casa.
«Hai visto, fratellone?» sospira sconsolato Goku. «Tutti vedono solo Goku-san… e a Goku fanno paura le altre persone».
 
 
«Ovviamente spero anch’io che Goku riacquisti la memoria» dico a Lazuli, che non ha smesso un secondo di fissarmi negli occhi durante il mio racconto. «È scontato che vorrei tornasse il vecchio Goku… però… però mi sono chiesto più volte cosa accadrebbe al Goku attuale se quello vecchio ricomparisse».
«Pensi che si dimenticherebbe tutto quello che è successo negli ultimi due anni? Il rapporto che avete costruito?» domanda Lazuli.
«È la cosa che mi fa più paura» ammetto. «Sarebbe… sarebbe quasi come se morisse davanti ai miei occhi».
«Io penso che non si dimenticherà mai quello che tu hai fatto per lui» prova a rassicurarmi. «Gli stai facendo anche da padre, sei tutto il suo mondo… magari non sarà facile all’inizio, ma poi si ricorderà tutto».
«Lo spero…».
«Piuttosto, perché non mi hai raccontato subito tutta la storia su Goku e la tua famiglia?!» chiede, un po’ irritata e un po’ offesa. «Ti sarei potuta stare vicina fin da subito, scemo» aggiunge, distogliendo lo sguardo dal mio.
«Perché vedevo che Goku si affezionava sempre di più anche a te e avevo paura che le cose sarebbero cambiate se tu avessi saputo subito che lui era una persona diversa, un tempo» sospiro, sconsolato. «Ti chiedo scusa, non volevo farti arrabbiare».
«Guarda che non sono mica arrabbiata per la storia di Goku» ribatte, gelida.
«Sì, che lo sei…».
«Sono arrabbiata per quella sgualdrina!» esclama, conficcando le unghie nella mia mano e tornando di scatto a guardarmi negl’occhi. «L’hai più rivista dopo che ti hanno dimesso dall’ospedale?!»
«Per alcuni giorni sono andato alla spiaggia, ma non l’ho mai più vista. E anche a scuola, come già ti avevo spiegato, sembra non essere mai esistita una ragazza iscritta con quel nome, sia alle medie che al liceo» le spiego, mentre sento la mano pulsarmi dal dolore. Mi fa piacere che sia gelosa, però così mi fa male sul serio!
«Sei sicuro che non ti piaccia più?!» chiede, premendo più forte con le unghie. «A quanto pare hai sempre avuto una predilezione per le tue senpai».
«Ma certo che non mi piace più, lo sai che ho in testa solo te, Là!» provo a giustificarmi. «Lo sai che ti amo, quello che provavo per lei non era amore. Era ammirazione, gratitudine… che cazzo ne so… solo che allora non me ne rendevo conto».
«Sarà meglio» sibila, mollando la presa sulla mia mano dolorante e afferrandomi il mento. Avvicina la sua faccia alla mia e mi guarda dritto negl’occhi. «Sai, odio quella ragazza per il fatto di averti rubato il primo bacio» mi spiega, glaciale. «Però le sono grata per alcune cose: ti ha aiutato a uscire da un momento terribile; ti ha insegnato una filosofia di vita che ammiro, anche se io tendo ad odiare tutti per come sono fatta; ha fatto sì che ti iscrivessi al Liceo Minegahara, così abbiamo potuto fare la stessa scuola noi due».
«La penso come te» le sorrido. «Anche se col senno di poi avrei preferito darlo a te il mio primo bacio, davvero» aggiungo. Accarezzandole i capelli. Il suo respiro accarezza le mie labbra. I suoi occhi di ghiaccio mi scavano dentro, mentre continuano a fulminarmi. La mia “sweet and psycho” preferita.
«E invece hai baciato quella là perché sei un maiale e lo eri già allora, scemo» sibila. «E poi le sono grata per una cosa, soprattutto: quella di essere sparita dalla tua vita dopo averti baciato» aggiunge, prima di infilarmi la lingua in bocca all’improvviso e regalarmi un bacio che mi toglie letteralmente il fiato.
Un vento di passioni, un impeto di sensualità. Un bacio avido. Breve ma intenso.
Si stacca da me e mi fissa con sguardo duro. Non tradisce emozioni.
«Deduco che tu non sia più arrabbiata con me» le sorrido sghembo.
«Certo che lo sono» ribatte, distaccata, mentre si rialza e raccoglie i suoi vestiti per terra. Si dirige verso l’uscita della mia stanza, e mi perdo per un istante a fissare il ponpon bianco sopra il suo magnifico sedere.
«E allora perché mi hai baciato?»
«Per segnare il territorio, no?» mi spiega, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Accenna un sorriso furbo, mentre i suoi di ghiaccio brillano più delle stelle che splendono stanotte. «Per far capire a quella là di starsene al suo posto, se mai dovesse decidere di tornare a farsi viva».
 
 
 
 
 
 
 
Note: eccoci, con un pizzico di PsychoLà nel finale per stemperare i toni anche stavolta. Alla fine ha reagito meglio del previsto, credo. ;-)
Capitolo dolceamaro direi, spero vi sia piaciuta sia la parte su Videl, che tuttavia non ha risolto gli interrogativi che accompagnano questo personaggio fin dall’inizio, che quella su Goku, in cui scopriamo come mai i due fratelli Son vivono da soli.
Ovviamente tutti sperano che Goku torni il vecchio sé stesso, ma Rad introduce uno spunto non banale: cosa succederebbe al Goku-kun degli ultimi due anni se dovesse tornargli la memoria e la personalità di Goku-san?
E Videl, cosa ne pensate di lei? Rileggendo il capitolo mi sono reso conto che ricorda molto All Might di “My Hero Academia” in certe cose che dice, a me personalmente piace la sua filosofia di vita. Che fine avrà fatto?
 
Come anticipato, da mercoledì prossimo si torna alla vicenda di Lunch, ormai prossima alla soluzione. Negli ultimi tre capitoli la narrazione si è sostanzialmente interrotta alla sera dell’8 luglio, quando Lazuli torna dalle riprese e si veste da coniglietta mentre studia con Radish a casa di lui per gli esami di fine prime semestre, che si terranno l’11 luglio. Ecco, nel prossimo capitolo vedremo il giorno degli esami e, soprattutto, il 18 luglio, cioè l’ultimo giorno di scuola prima della pausa estiva e ultimo giorno di Lunch come finta fidanzata di Rad. Cosa dite, andrà tutto bene?
 
Ringrazio anche oggi tutti voi che continuate a leggere con entusiasmo questa storia, perché siete tantissimi e io davvero non avrei mai potuto immaginarlo con questi protagonisti insoliti. Quindi grazie ancora, e grazie soprattutto a chi mi lascia sempre il suo parere e mi fa sentire che c’è, che apprezza o mi dà consigli. Grazie poi a chi riesce a seguire anche Mythos, con cui ci rivediamo domenica, sappiate che ne sono onorato perché so che non è semplice seguire due storie in parallelo dato che portano via molto tempo.
Bene, non mi resta che darvi appuntamento a mercoledì prossimo con “Il ritorno del Demone”, un titolo che è tutto un programma!
 
Teo
   
 
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