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Autore: Altair13Sirio    17/05/2019    2 recensioni
Non è mai stato facile vivere la vita dell'eroe per Robin, così come per Cyborg, Stella, Corvina e BB. Nonostante tutto, i Teen Titans sono riusciti a superare quel senso di "strano" che li circondava ovunque andassero e hanno deciso di andare avanti; sono diventati una famiglia, le loro amicizie e i loro amori si sono intrecciati e dopo tanto tempo finalmente i cinque eroi hanno capito cosa dovevano fare.
Tutto questo può sembrare normale agli occhi di un adulto, capace di comprendere quali siano i doveri di un supereroe e le difficoltà che porta questo tipo di vita, ma agli occhi di una bambina? Una piccola bambina eccentrica e piena di vitalità, incapace di vedere il male nella gente, come può vivere una situazione simile e in che modo potrà mai crescere se non riesce a distinguere il bene dal male?
Luna è una bambina cresciuta sotto una campana di vetro e che è sempre stata a contatto con questo mondo, vivendolo in prima persona; il suo amore per la sua famiglia è eguagliato solo dal suo desiderio di vivere la vita liberamente, incontrando tante persone e amici nuovi. Ma sarà difficile attuare questo sogno, essendo lei la figlia di un supereroe.
Genere: Azione, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Titans Legacy'
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Mentre Robin, Stella e Luna si avviavano verso l'uscita, la campanella della fine dell'ora strillò nei corridoi e dalle varie aule cominciarono a venir fuori gli insegnanti per fare il cambio. Da una classe vicina uscì Bill Grayson, il maestro di matematica di Luna Bianca, che non appena vide la famigliola tutta unita si illuminò e salutò i due genitori.
<< Signor Robin! E' un piacere vederla qui. >> Disse Grayson avvicinandosi, portandosi dietro quella sua borsa nera.
Robin gli fece un cenno, non molto in vena di sprecarsi in convenevoli. << Salve, Grayson. >> Mormorò. << Mi scusi se non ci fermiamo molto, ma abbiamo un po' di fretta… >>
Grayson sembrò un po' confuso, poi notò Luna Bianca che quasi si nascondeva alle spalle della madre e capì che qualcosa era andato storto. << Capisco, non c'è problema… Volevo solo salutarvi. E mi raccomando, fate studiare bene Luna per la prossima verifica! >> Aggiunse con un'occhiata di complicità.
Robin annuì. << Certamente, ma… Perché non dovremmo? >>
Grayson sembrò sorpreso da quella domanda. << Bé, sono certo che l'altra volta si sia trattato solo di un po' di sfortuna, ma sarebbe un peccato che Luna non riuscisse a recuperare il brutto voto dell'ultima verifica. >> Spiegò con un po' di rammarico. << Ma sono sicuro che non ci sarà problema questa volta! >>
In un primo momento Robin non sembrò capire a cosa si stesse riferendo il signor Grayson, si voltò a guardare Stella e Luna per un istante con in faccia un’espressione totalmente ignara, poi tornò a guardare l’insegnante di fronte a sé e con un sorriso tranquillo rispose:<< Giusto! Ha proprio ragione! >> Poi prese per mano la figlia e facendo qualche passo in direzione dell’uscita disse:<< Ora dobbiamo proprio andare. >> E lasciò alle proprie spalle il signor Grayson, che li salutò con familiarità.
Mentre Robin camminava portandosi dietro Luna Bianca, questa teneva lo sguardo basso e cercava di non pensare a quanto sarebbe stato arrabbiato suo padre dopo aver realizzato che lei gli aveva mentito su una faccenda così delicata come un brutto voto a scuola. Con questo e la lite con Emily avrebbe potuto scordarsi di vedere presto la fine della sua punizione.
La famiglia raggiunse l’automobile il più rapidamente possibile, come se dovessero scappare in fretta da lì. Quando tutti e tre si furono chiusi dentro l’abitacolo, Robin rimase a guardare fisso davanti a sé e chiese:<< Che cosa intendeva Grayson? >>
Luna alzò lo sguardo preoccupata. Non aveva ancora capito cosa fosse successo o voleva solo chiarita la situazione? In ogni caso sarebbe stata una pessima idea mentire in quel momento. Luna avrebbe tanto voluto non aver mai prestato ascolto ai consigli di Emily…
<< Un po’ di tempo fa… Ho preso un brutto voto a una sua verifica. >> Mormorò con arrendevolezza la bambina.
Robin fece entrare e uscire l’aria attraverso le narici con forza più volte. Si voltò a guardare Stella accanto a sé e lei gli lanciò un’occhiata preoccupata. << Perché non ce lo hai detto? >> Chiese con voce atona.
Luna rimase in silenzio per qualche secondo, chiedendosi quale motivazione avrebbe potuto giustificare quel suo comportamento. << Avevo paura che vi arrabbiaste. >> Mormorò.
Robin sospirò. << E avevi intenzione di non dirci nulla anche se avresti ottenuto un brutto voto alla prossima verifica? >>
Luna tentò di rispondere, ma il padre alzò una mano e le disse di lasciar perdere. Sembrava che si fosse subito pentito di quella sua domanda.
<< Come ti è venuta questa idea? >> Chiese dopo.
Luna tornò a sprofondare nella vergogna. Se avesse detto la verità in quell’istante si sarebbe ritrovata in guai ancora peggiori di quelli in cui era in quel momento, ma poteva fare diversamente? In fondo ormai i suoi genitori stavano scoprendo tutto quanto di quello che lei aveva tentato di nascondergli, era quasi come se quella fosse la sua punizione per non essere stata onesta sin dall’inizio.
Con un sospirò molto pesante, Luna Bianca disse:<< E’ stata Emily a consigliarmelo… >>
Questa volta fu Stella quella che sembrò più preoccupata da quella cosa. Fece scorrere lo sguardo da Robin a Luna più volte tenendosi le mani davanti alla bocca, ma non disse nulla. Robin invece rimase calmo.
<< La stessa Emily che hai riempito di botte nell’intervallo? >> Chiese con aria stanca il padre abbandonandosi allo schienale del suo sedile. << La bambina che ti ha chiamato mostro e che ha detto un sacco di cose brutte alle tue spalle? E’ di lei che ti sei fidata? >>
Luna non ebbe la forza di rispondere. Si limitò ad annuire debolmente mentre suo padre continuava a fissare il vuoto davanti a sé.
Robin sospirò di nuovo. << Corvina ci ha detto di aver incontrato la tua maestra di disegno, oggi. >> Disse cambiando discorso. << Le ha consegnato una tela distrutta che sembra essere stata dipinta da te, ma non sembra avere alcuna idea di come si sia ridotta in quel modo. >>
Luna si ricordò della tela distrutta. Sua madre aveva tirato fuori dal nulla quell’argomento mentre erano nell’ufficio della direttrice e in quel momento non ci aveva capito nulla; adesso non riusciva a spiegarsi come avesse fatto a finire nelle mani della maestra Laurel, dopo tutto quello che era successo.
<< Emily non c’entra con questo? >> Chiese Stella voltandosi indietro. Lo aveva già chiesto prima, ma voleva essere sicura che si trattasse di una faccenda totalmente diversa.
Luna scosse la testa con forza. Quando si fermò sentì un forte disorientamento e per un attimo tutto quanto all’interno della macchina sembrò girare.
<< E allora che cosa è successo? >> Chiese preoccupata la madre sporgendosi ancora di più dal sedile.
Luna abbassò lo sguardo. Non sapeva se fosse giusto dirglielo; non voleva portare altro dispiacere alla sua famiglia, anche se sembrava non esserci modo che potesse peggiorare quella situazione. Con un sospiro stanco, la bambina si decise a raccontare come erano andate veramente le cose.
<< Il giorno che abbiamo dipinto in classe ero molto contenta del mio disegno. >> Disse con voce tremante. << Volevo tanto farvelo vedere una volta tornata a casa, ma prima di poter uscire sono stata bloccata da un gruppo di ragazzini. Non capivo cosa volessero, continuavano a farmi domande… Poi mi hanno chiesto di vedere il mio quadro. Io gliel’ho dato, ma a un certo punto è successo qualcosa e loro lo hanno rotto per sbaglio… >>
Luna si fermò qua. Neanche lei ci credeva più a quella storia, dopo tutto quello che le era successo sembrava quasi che tutti si fossero messi d’accordo per rendere la sua vita un inferno.
<< Forse non lo hanno rotto per sbaglio… >> Mormorò tristemente, rendendosi conto di quanto fosse stata ingenua.
Stella Rubia, sconvolta da ciò che aveva appena sentito, le chiese:<< E poi che cosa hai fatto? Perché non hai parlato con la maestra? >>
Luna rimase immobile con lo sguardo basso, come se si vergognasse immensamente di quello. In effetti, ripensandoci, aveva mentito così tanto pur di non far sapere quella cosa ai suoi genitori e non aveva fatto altro che mentire a sé stessa, fuggire da un’eventuale soluzione del problema, e così facendo era arrivata a quel punto dove aveva finalmente perso completamente la pazienza. Forse il fatto che avesse aggredito Emily non c’entrava con tutto quello, o forse sì…
<< No… >> Disse a bassa voce. << Avevo paura che dicesse che era colpa mia, perché non avevo prestato abbastanza attenzione. >>
Stella sembrò sul punto di piangere quando vide sua figlia così sconsolata, prendersi la colpa di qualcosa che non c’entrava niente con il suo agire. La sua unica colpa era stata fidarsi troppo di chi non lo meritava, e sembrava che questo fosse un problema ricorrente per Luna Bianca.
<< Così ho buttato il quadro nella spazzatura sperando che nessuno lo trovasse e sono scappata. >> Concluse Luna. << A casa non sapevo come giustificarlo e mi sono messa a piangere… >>
Prima che Stella potesse fare qualcosa, Robin alzò lo sguardo al cielo e disse a denti stretti qualcosa che né sua moglie sua figlia riuscirono a sentire. Sembrava veramente arrabbiato, Luna si preoccupò temendo che lo fosse con lei. Dopo qualche secondo, però, sembrò calmarsi e poggiate le mani sullo sterzo rimase in silenzio per qualche secondo.
<< C’è qualcos’altro che è successo e che non hai voluto dirci? >> Chiese dopo un po’ cominciando ad avviare l’auto.
Luna rimase in silenzio cercando di ricordare se ci fossero altri eventi che valesse la pena di menzionare e le venne in mente quanto accaduto fuori da scuola, il giorno che Emily era stata assente.
<< Una volta dei bambini mi hanno raggiunta fuori da scuola… Sembrava che volessero parlarmi, ma a un certo punto hanno cominciato a spingermi, a prendermi in giro… Mi hanno anche preso lo zaino e hanno cominciato a rovistare tra i miei quaderni. Mi hanno detto tante cose brutte e per poco non strappavano il mio album dei disegni… >> Gli occhi di Luna si inumidirono quando pronunciò quelle parole e la sua voce le si strozzò in gola, ma la bambina andò avanti. << La signorina Jella mi ha salvata. Li ha scacciati come una vera eroina e poi mi ha accompagnata a casa. >>
Robin e Stella si scambiarono delle occhiate sorprese. Non si aspettavano quel cambio di situazione con l'entrata in scena di Jella, ma da come ne parlava Luna sembrava molto contenta che fosse successo. Ma se Jella aveva assistito a quelle scene perché non aveva detto nulla a Cyborg e agli altri quando li aveva incontrati?
<< Capisco… >> Mormorò Robin facendo partire la macchina e immettendosi nella carreggiata. << Grazie per essere stata onesta, Luna Bianca. >>
Robin rimase in silenzio dopo di quello e Luna si fermò a fissarlo come in attesa di qualche altro commento. Sia lei che Stella si limitarono a fissarlo mentre con calma guidava la T-Mobile in mezzo al traffico.
<< Siete arrabbiati? >> Chiese Luna. Dovevano esserlo: aveva mentito su di un sacco di cose e poi aveva picchiato una sua compagna in quel modo così violento. Se fosse potuta tornare indietro avrebbe tanto voluto non fare niente ad Emily, ma non era possibile. La cosa che più la faceva star male era che, mentre colpiva la sua compagna, Luna si era sentita bene; le era piaciuto mandare a segno ogni singolo colpo sul viso di Emily, era come se si stesse liberando di tutte le pene vissute fino a quel momento. Non si era sentita così nemmeno quando aveva affrontato quei criminali per strada.
Robin scosse la testa senza distogliere lo sguardo dalla strada. << No. E' solo… >> Sembrò fare fatica a trovare le parole. Robin non era arrabbiato: nella sua mente c'era molto di più che sola rabbia, ma quei pensieri non erano rivolti verso sua figlia; lui incolpava sé stesso per non essersi accorto di nulla prima. Le parole di Soldato Hive riecheggiavano nella sua mente e adesso, dopo moltissimo tempo, finalmente trovavano un senso: Si dice che una certa bambina aliena stia avendo qualche problemino nella sua nuova scuola…
Cercando di non pensare a quelle cose, Robin provò a insistere sull'argomento di prima:<< Perché non ce ne hai voluto parlare prima? >>
Stella si voltò per osservare la reazione di Luna a quelle parole. La bambina abbassò la testa e pensò per un momento alla risposta. << Non lo so. >> Disse rialzando lo sguardo. << Avevo paura che vi arrabbiaste. >>
Robin sospirò esasperato mentre Stella Rubia tornava a guardare in avanti e si abbandonava all'abbraccio del suo sedile. Anche lei sembrava sconfortata, come se non sapessero più cosa dire.
La famiglia rimase in silenzio per alcuni minuti. L'interno della T-Mobile sembrava un cimitero per l'atmosfera che vi regnava e nessuno fece niente per cercare di cambiare le cose. I palazzi si scambiavano di posto uno dopo l'altro mentre la macchina si muoveva lungo le strade della città; Luna guardava distrattamente il mondo esterno e per la prima volta non le sembrava tanto bello e accogliente: la luce del sole le bruciava gli occhi, le vie erano anonime e qualsiasi pedone adocchiasse ai lati della strada aveva un'espressione triste o minacciosa. Era la prima volta che lasciava la scuola prima dell'orario di uscita, e per farlo aveva dovuto scatenare un vero putiferio con la persona di cui più si era fidata.
Mostro. Aveva perso ormai il conto di quante volte avesse sentito quella parola rivolta a lei. Dopo un po' perdeva il suo effetto, ma il senso rimaneva lo stesso: lei era qualcosa di diverso. Lei non apparteneva a quel mondo. Se così tanti bambini pensavano quello di lei, doveva significare che fosse vero. Lei era un mostro e, in quel momento, stava scontando la sua pena.
<< Luna. >> Mormorò a un certo punto Stella distraendo la bambina dai suoi pensieri negativi. Luna girò la testa e guardò la madre interrogativa senza chiedere cosa volesse dirle. Stella continuò senza che lei chiedesse niente. << Devo spiegarti una cosa. E' importante che tu capisca che non si può passare alla violenza ogni volta che qualcuno ci fa un torto. La vita non è un campo di battaglia e, pur sapendo che in te scorre sangue tamaraniano e quindi anche l'indole focosa del nostro popolo, vorrei che tu non dovessi mai arrivare a colpire qualcuno per difenderti, qualunque sia il motivo. >>
Sembrava che Stella fosse molto dispiaciuta mentre diceva quelle cose. Non credeva che avrebbe mai dovuto fare un discorso simile a sua figlia, quando lei stessa era cresciuta in un ambiente dove le battaglie erano all'ordine del giorno.
Luna sembrò protestare, ma voleva solo essere sicura di quella cosa. << Però quel signore aveva ragione: voi combattete contro i cattivi tutti i giorni. >>
Stella sembrò in difficoltà. << E' una cosa diversa! >> Spiegò. << Noi combattiamo per impedire che gente malvagia faccia delle cose malvagie. E' un modo per mantenere la pace e proteggere i più deboli. La violenza non andrebbe mai usata nel modo sbagliato. >>
Luna era d'accordo con sua madre, ma non capiva. << Ma quale sarebbe il modo giusto allora? >> Chiese quasi infastidita che continuassero a girare attorno a quella cosa senza raggiungerla mai. << Emily ha detto delle cose brutte, mi ha ferita! Io mi ero fidata di lei e… Lei mi ha buttata via! >> Parlò velocemente, come se stesse cercando di tirare fuori tutto prima che perdesse le parole.
Stella sospirò e annuì. << Sì, quello che ha fatto Emily è stato veramente brutto. Ma tu non avresti dovuto reagire in quel modo. Emily si sarà anche meritata quelle botte, ma hai rischiato di farle veramente male! Invece avresti dovuto lasciare che vedesse che tu sei superiore e non ti curi dei suoi attacchi. >>
Robin era strabiliato. Non riusciva a credere che proprio Stella Rubia, la più emotiva del loro gruppo, stesse facendo quel discorso a Luna Bianca. Però, ripensandoci, Stella si era ritrovata in una situazione molto simile anni addietro, quando i Titans incontrarono l'eroe intergalattico Val-Yor, carico di pregiudizi verso il popolo dei Tamaraniani. Allora Stella non aveva reagito alle provocazioni del Vernathiano e, anzi, aveva dimostrato un comportamento pacato e aveva finito col salvare la vita a Val-Yor, che tuttavia non aveva voluto chiedere scusa per tutte le cose orribili che aveva detto sul suo conto.
Luna abbassò lo sguardo con delusione. << Sì, mamma… >> Mormorò. << Mi dispiace… >>
<< E' anche colpa nostra. >> Disse Robin. << Io, in particolare, ti ho sempre allenata con l'intenzione di farti diventare sempre più forte, ma non pensavo che le cose potessero mettersi così… Volevo che tu potessi crescere con la consapevolezza della tua forza e la determinazione a usarla per il bene… >> Fece una pausa pensando molto a quello che avrebbe detto dopo. << Forse dovremo porre fine alle nostre sessioni di allenamento insieme. >>
Questa volta Luna sembrò veramente preoccupata. Come quando le era stato tolto il diritto di tornare a casa da sola, adesso sembrò infiammarsi per proteggere quella cosa a cui sembrava tenere veramente tanto. << No! Per favore. Sarò brava, lo giuro! Non farmi anche questo, papà! >>
Le supplice della bambina erano veramente strazianti. Robin non pensava che un allenamento con lui potesse essere così importante per sua figlia, eppure sembrava che Luna non desiderasse altro in quel momento. << Vedremo… >> Mormorò cercando di non mostrare quanto forte lo avessero colpito le suppliche della figlia.
Dopo di quello Robin decise di allentare la pressione. << Ora riposati. >> Le disse concentrandosi sulla strada. << Non c'è più bisogno di pensare a quello che è successo. Adesso, tutto quello che devi fare è pensare a cosa farai dopo. Ma non è questo il momento per quello. >> Quindi rimase in silenzio.
Luna si rilassò un poco al pensiero di essere riuscita a convincere il padre a non cancellare i loro allenamenti insieme e lasciò andare un lungo sospiro. Aveva come un macigno sul petto che le impediva di distendere i nervi, sentiva ancora le mani che si muovevano incontrollabili per colpire qualcosa e ora che si concentrava meglio pensava di avere qualche tipo di bruciatura sui palmi, come se picchiando Emily si fosse fatta male anche lei. La bambina rimase a fissarsi le mani per un po', chiedendosi se la sua compagna in quel momento stesse guardando le proprie ferite e stesse pensando a quello che avrebbe potuto fare per evitare di procurarsele.
   
 
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